Alle elezioni politiche in Grecia il 42,5% dell'elettorato diserta le urne
Tsipras perde il potere per aver tradito il popolo greco
“Il manifesto” trotzkista, con in testa Castellina esalta il modello governativo borghese e riformista del traditore greco

 
“Abbiamo assunto decisioni difficili per portare la Grecia dove è oggi e abbiamo pagato un pesante prezzo politico” e “accettiamo il verdetto del popolo” commentava il primo ministro uscente e leader di Syriza, Alexis Tsipras, ammettendo la disfatta alle elezioni politiche anticipate da lui stesso convocate per il 7 luglio dove la destra di Nea Dimokratia guidata da Kyriakos Mitsotakis conquistava la maggioranza dei voti validi, dei seggi in parlamento e il governo.
Detto in altre parole, le decisioni difficili altro non sono state che l'accettazione dei diktat della famigerata Troika, Ue, Banca europea e Fondo monetario, per far pagare la bancarotta della Grecia alle masse popolari. Non potevano certo farlo né la destra né i socialisti del Pasok, i responsabili del buco nei bilanci statali. Ci voleva un volto nuovo, credibile, quello di Tsipras che coi voti dell'elettorato socialista deluso e di parte di Nea Dimokratia (Nd) alla ricerca di una alternativa lo hanno portato al governo nel settembre 2015. A missione compiuta la destra si è ricompattata e i rapporti di forza sono tornati sostanzialmente quelli di prima delle politiche di fine 2015, Tsipras ha perso il potere per aver tradito il popolo greco ma non demordeva e rilanciava il suo modello governativo borghese che trova estimatori in Europa, a partire dalla “sinistra” borghese in Italia.
Intanto registriamo che il 7 luglio la diserzione delle urne è stata del 42,5%, quasi la metà dei circa 9,9 milioni di elettori, di poco sotto il valore delle precedenti elezioni politiche del settembre 2015; da considerare che in questa occasione veniva chiamata alle urne una nuova generazione di elettori, per la prima volta alle elezioni politiche hanno potuto votare anche i 17enni.
Nella spartizione dei voti validi prevaleva Nea Dimokratia che col 39,8% dei voti otteneva 158 seggi, 108 più altri 50, il premio al partito che ottiene il maggior numero di voti, che le garantiva la maggioranza assoluta sui 300 del parlamento. Syriza col 31,5% conquistava 86 seggi; alle politiche del settembre 2015 i rapporti erano pressoché invertiti con Syriza che aveva 145 seggi e Nd 75. Seguivano i socialisti di Kinal, il Movimento per il cambiamento nato sulle ceneri del Pasok, con l'8,1% e 22 seggi che ancor prima del voto aveva dato al sua disponibilità a governare cogli attesi vincenti d Nd; seguivano il partito comunista revisionista Kke con il 5,3% e 15 seggi, la destra nazionalista di Elliniki Lysi, Soluzione greca, con il 3,7% e 10 seggi e il MeRa 25 con il 3,4% e 9 seggi. Fuori dal parlamento per non aver superato la soglia di sbarramento i neonazisti di Alba Dorata, che erano il terzo partito con 18 seggi, e i Greci indipendenti-ANEL, la formazione di destra alleata con Tsipras dal suo primo governo del 27 gennaio 2015 e fino allo scorso gennaio, scomparsa dopo il fallimento alle elezioni europee.
MeRa 25 è la formazione politica guidata dall'ex ministro delle finanze Janis Varoufakis che lasciò il governo nel luglio 2015 perché avrebbe voluto tirare ancora di più la corda con la Ue contro il piano di lacrime e sangue accettato a suo dire troppo velocemente dal sodale Tsipras; il suo progetto allora prevedeva tra le altre l'emissione di una moneta parallela che oggi richiama alla mente i miniBot della Lega. Non voleva certo rompere con la Ue tanto che nel 2016 fondava il Movimento per la democrazia in Europa 2025 (Diem25) e si candidava senza successo alle europee del maggio scorso per riformare le istituzioni dell'imperialismo europeo; in patria nel marzo 2018 fondava il MeRa 25, il Fronte europeo della disobbedienza realistica, collegato a Diem25, e raccogliendo consensi persi a sinistra da Syriza entrava in parlamento e continuava nell'inganno dichiarando che “questa forza sarà una piccola candela accesa per poter uscire dal buio”.
L'episodio emblematico della disfatta di Tsipras, quantunque il traditore delle promesse non mantenute al popolo greco abbia cercato di addolcirla evidenziando che era comunque un inaspettato risultato superiore di quello delle europee del 26 maggio, è la giravolta compiuta nel 2015 dopo il referendum sul memorandum concordato dal suo governo con la Ue: il popolo greco bocciò il piano ma Tsipras iniziò a attuare le riforme lacrime e sangue imposte da Bruxelles. Il governo di Atene ha avuto aiuti economici per quasi 300 miliardi di euro ma in cambio ha privatizzato, ossia svenduto, parte del patrimonio statale, dalla gestione degli aeroporti alla Germania al porto del Pireo alla Cina, ha aumentato le tasse, ha tagliato i salari dei dipendenti pubblici e le pensioni e creato più disoccupati e più poveri, col 15 % della popolazione che vive in condizioni di povertà estrema.
Tsipras è stato così bravo a servire la borghesia greca da aver superato gli obiettivi di risparmio e aver persino accantonato un “tesoretto” di 34 miliardi di euro. Una volta sancita con la Ue la fine della situazione di crisi, Tsipras all'inizio dello scorso maggio prometteva di tagliare le tasse e aumentare le pensioni dopo anni di austerità. Gli elettori greci non si sono lasciati infinocchiare.
Abbiamo perso ma non è stata “una débâcle strategica”, dichiarava Tsipras e molti esponenti di Syriza rilanciavano il ruolo della formazione della “sinistra” borghese greca definendola come una “forza di riferimento per tutto il mondo progressista”.
Una posizione sostenuta a spada tratta da Il manifesto trotzkista, con la Castellina che esaltava il modello governativo borghese e riformista del traditore greco.
Queste elezioni greche “sono anche cosa nostra”, sosteneva Luciana Castellina su Il Manifesto del 9 luglio e non solo perché si era candidata alle elezioni europee in Grecia nella lista di Syriza. Intanto ci spiegava che Tsipras ha fatto bene a “assumersi il fardello per liberare la Grecia dal diktat del Memorandum, per riconquistare sovranità”, nello scegliere una “strada impopolare ma la sola ragionevole, ha evitato populismi e demagogia. Ribaltando la logica dei fatti, la presenta non come quello che è, una resa alla Ue, ma addirittura come un modello da seguire. E lamentava che in questo non è stato appoggiato dalla altre formazioni parlamentari o meno di sinistra che sono rimaste divise, al contrario della destra che si è ricompattata su Nd. Una considerazione che non esce dalla perdente logica trotzkista dell'unità a prescindere dai contenuti, una unità con Tsipras che avrebbe fatto comunque perdere il popolo greco.
Tsipras non ha commesso errori, insisteva l'antica imbrogliona trotzkista, in fondo “non ha perso che qualcuno dei suoi voti”. Per Syriza è stato anzi un “successo” quello di essere arrivata a mantenere il sostegno di “questo 32% di elettorato”. E naturalmente nasconde che tale valore è riferito ai voti validi e in realtà vale quasi la metà a fronte della diserzione delle urne, ma il ragionamento scorretto e truffaldino le serviva per giustificare l'enfasi che poneva nell'insistere che la formazione politica deve continuare sulla stessa strada fino a “diventare un grande partito europeo”. Per “costruire rapporti di forza che ci consentano di cambiare l’Europa, insieme a Podemos, al Bloque portoghese, e ad altre esperienze, che pur fra tante difficoltà ci hanno in questi anni fatto sperare”. Con Syriza e Tsipras proiettati a livello europeo l'inganno continua.

17 luglio 2019