Per riferire sul Russiagate a scoppio ritardato
Conte va in parlamento, Salvini per ora si rifiuta di andarci
Ciascuno dei due cerca di salvare se stesso e il proprio futuro politico. Il massone Meranda indagato e perquisito. Perquisita la casa dell'ex PD Vannucci. Il capo dei servizi segreti (Aisi) Carta incredibilmente minimizza i fatti
L'aspirante duce d'Italia deve dimettersi

La vicenda del cosiddetto Russiagate, esplosa a scoppio ritardato il 10 luglio con la pubblicazione sul sito americano BuzzFeed delle registrazioni audio che comprovano la trattativa intercorsa il 18 ottobre 2018 all'Hotel Metropol di Mosca tra emissari della Lega e negoziatori russi, finalizzata ad ottenere un finanziamento occulto di 65 milioni di dollari per sostenere la campagna per le elezioni europee di Salvini, vicenda già svelata da L'Espresso cinque mesi fa, ha registrato nuovi sviluppi con l'emersione del terzo uomo che partecipò a quella trattativa, e con la pubblicazione, da parte del settimanale di nuovi documenti che dimostrano come quella trattativa non si limitò solo a quell'incontro moscovita, ma proseguì almeno fino allo scorso febbraio.
Il terzo italiano, nominato "Francesco" o anche "il nonno", che affiancava il capo delegazione Gianluca Savoini, presidente dell'associazione Lombardia-Russia, uomo di fiducia di Salvini e suo anello di collegamento con il partito di Putin e il mondo russo, e l'avvocato calabrese massone Gianluca Meranda, già indagati dalla procura di Milano, è Francesco Vannucci di Suvereto (Livorno), ex dipendente di Mps, ex dirigente locale della Margherita fino al 2006 e membro del direttivo del PD fino al 2010. Vannucci è venuto allo scoperto dichiarando all'Ansa di aver partecipato a quell'incontro "in qualità di consulente esperto bancario che da anni collabora con l’avvocato Gianluca Meranda", e che lo scopo dell’incontro "era prettamente professionale e si è svolto nel rispetto dei canoni della deontologia commerciale. Non vi sono state situazioni di natura diversa rispetto a quelle tipiche previste dalle normative che disciplinano i rapporti d’affari".
Si mantiene cioè sulla stessa linea difensiva degli altri due, minimizzando l'importanza della trattativa con i russi avente per oggetto la vendita all'Eni di una grossa partita di gasolio e kerosene per 1,5 miliardi di dollari, e riducendola ad una pura faccenda commerciale, senza nessun risvolto politico, e che del resto non sarebbe nemmeno andata a buon fine. Vannucci ora è indagato per corruzione internazionale come Savoini e Meranda, e come loro si è avvalso della facoltà di non rispondere, aspettando di vedere che cosa hanno in mano gli inquirenti prima di rischiare passi falsi. La sua casa a Suvereto è stata passata al setaccio dalla guardia di Finanza, che ha prelevato diverso materiale e lo ha accluso a quello già sequestrato agli altri due, i particolare quello intorno all'associazione di facciata Lombardia-Russia definito "di interesse" dagli inquirenti.

I nuovi documenti provano che la trattativa proseguì
L'Espresso , dal cui scoop del 24 febbraio scorso sulla trattativa di Mosca avvenuta durante una visita di Salvini in Russia il precedente ottobre, aveva preso le mosse l'inchiesta della procura milanese, pubblicava intanto nuovi documenti comprovanti che la trattativa andò avanti, 11 giorni dopo il Metropol, con un'offerta di acquisto al gigante petrolifero russo Rosneft inviata dalla banca d'investimento anglo-tedesca Euro-IB, di cui Meranda era consulente legale; e che i termini della proposta di transazione ricalcavano quasi alla lettera quelli di cui si era parlato a Mosca: 3 milioni di tonnellate di gasolio in un anno, destinati a un non meglio specificato "compratore finale", a cui aggiungerne altri 3 di kerosene per aerei, con uno sconto del 6,5% sul prezzo di mercato (gli emissari di Salvini avevano ipotizzato un minimo del 6%, di cui il 4%, circa 65 milioni, sarebbero finiti nelle casse della Lega per la campagna elettorale, e il resto sarebbe andato ai mediatori russi, da cui il reato di corruzione internazionale).
Il rappresentante della banca, l'italiano Glauco Verdoia (che è in società con Vannucci in un'azienda vinicola a Suvereto, e che aveva assunto Meranda su sua raccomandazione) assicura che si trattò di una pura "manifestazione di interesse non vincolante", che a quella proposta non seguì alcuna risposta e che la cosa morì lì; ed inoltre nega che il carburante fosse diretto all'Eni, che peraltro smentisce qualsiasi coinvolgimento nella vicenda. Ma un altro documento dell'8 febbraio 2019 su carta intestata della banca, firmato da Meranda e inviato a Savoini, prefigura uno scenario diverso: dalla lettera emerge infatti che vi fu un tentativo di approccio anche all'altro colosso petrolifero russo, Gazprom, sempre per il solito quantitativo di combustibile, e qui stavolta si fa riferimento esplicito ad Eni. C'è allegata anche una lettera datata 2017 di referenza commerciale per la Euro-IB firmata da Eni Trading and Shipping. Di questo documento e di questa trattativa con Gazprom, Verdoia ha dichiarato di non saperne nulla, e che Meranda avrebbe usato indebitamente la carta intestata della banca, quando già era cessato ogni suo rapporto con lui.
Ciò non toglie che questo confermi che la trattativa ci fu, e che le sue tracce coprono un arco di tempo che va almeno dal luglio 2018 (quando Savoini fece un primo tentativo con una società vicina all'oligarca Konstantin Malofeev) fino al febbraio 2019, fino a pochi giorni prima che l'articolo de L'Espresso accendesse i riflettori sull'oscura vicenda. Anche i pm di Milano vogliono vederci più chiaro, tanto che si parla di possibili richieste di rogatoria a Londra sulla Euro-IB, dopo già le voci di possibili rogatorie in Russia. C'è da valutare infatti anche la posizione del leghista Andrea Mascetti, del cda di Banca Intesa Russia, il cui nome era stato fatto da Meranda ("lì c'è un nostro uomo") nel caso si fosse usata quella banca per effettuare la transazione.

Salvini non poteva non sapere della trattativa
Una cosa è certa: questi nuovi documenti, anche ammesso che non ce ne siano altri e più compromettenti tenuti in serbo da qualche parte, rendono sempre più insostenibile e ridicola la posizione di Salvini di negare di avere a che fare con la trattativa, di averne mai saputo nulla e di liquidarla come una "millanteria" di tre trafficoni improvvisati. Deve ancora chiarire che cosa fece e chi incontrò in gran segreto tra le 17 e le 21 del 17 ottobre 2018, da quando cioè terminò la conferenza organizzata per lui dai suoi amici di Confindustria Russia (il direttore Luca Picasso e il presidente leghista Ernesto Ferlenghi, ex manager Eni e da lui messo guarda caso anche alla presidenza del Forum Italia-Russia, quello stesso Ferlenghi che insieme al suo consigliere al soldo del ministero dell'Interno, Claudio D'Amico, si adoperò per far invitare Savoini alla cena del 4 luglio in onore di Putin), a quando il leader della Lega partecipò ad una cena che lo ritrae con tutti questi personaggi.
Secondo L'Espresso incontrò il vicepremier con delega all'energia Dmitry Kozak, nello studio legale di Vladimir Pligin, uomini della stretta cerchia di Putin, e riferimenti a quell'incontro emergono anche nelle registrazioni del Metropol: per quale motivo, se non per parlare della trattativa che sarebbe proseguita sul piano tecnico la mattina dopo tramite i suoi emissari? Lui non ha mai confermato né smentito l'incontro, sostenendo di aver incontrato "tanta gente" e di non ricordare. Ma ha detto anche di non sapere nulla dell'incontro del giorno dopo al Metropol, mentre la testimonianza di Fabrizio Candoni, suo amico personale e fondatore di Confindustria Russia, lo smentisce implicitamente, quando rivela di averlo sconsigliato di partecipare a quell'incontro, e che in effetti non vi andò: segno che ne era quantomeno a conoscenza.

La tattica dilatoria e terroristica di Salvini
Intanto il duce dei fascisti del XXI secolo è già stato costretto a desistere dalla tattica ridicola del "Savoini chi?", e ad ammettere che non era un ospite a sua insaputa in tutte le sue visite istituzionali in Russia, anche le più riservate, ma "un amico che conosco da 25 anni, dal tempo della Statale, che ritengo una persona corretta fino a prova contraria". Ora sta cercando di guadagnare tempo, cosciente che su questa vicenda rischia di infrangersi la sua carriera politica, sperando che non ci siano altre rivelazioni in arrivo e che la magistratura non abbia molto di più in mano di quello che è già emerso. Per questo sta ritardando il più possibile la sua audizione in parlamento, snobbando il PD che la richiede con insistenza. Pur se Zingaretti esita a presentare anche una mozione di sfiducia come chiedono a gran voce i renziani, nel timore di ricompattare Di Maio e Conte con Salvini per salvare il governo, come avvenne sul caso della nave Diciotti.
Intanto in parlamento ci va invece Conte, il 24 luglio al Senato, nell'intento di fare scudo al ministro dell'Interno, il quale mentre scriviamo non ha ancora fatto sapere se ci sarà e se interverrà, magari dai banchi della Lega e non del governo, per non essere obbligato a rispondere come ministro a domande scomode. Anche Conte si gioca il futuro politico, suo e del suo governo, a seconda di come gestirà questa spinosa vicenda. Salvini ha già fatto capire ai suoi alleati che non esiterebbe a far cadere il governo e andare alle elezioni (cosa che si è quasi concretizzata nella giornata del 18 con le voci di un'imminente crisi, sollecitata da tempo anche da Giorgetti e da molti altri dirigenti della Lega) se essi non faranno quadrato intorno alla sua persona, terrorizzandoli con la prospettiva di perdere la poltrona e spingendoli a mettere la sordina a qualsiasi voce critica nel M5S che intendesse sollevare il problema dei fondi russi alla Lega.

Domande inquietanti sui servizi segreti italiani
Conte perciò ha un sentiero molto stretto da percorrere al Senato, e sicuramente l'avrà concordato nei minimi dettagli con Salvini. Molto probabilmente, evitando accuratamente di entrare in merito alle rivelazioni de L'Espresso e di BuzzFeed , si limiterà a fornire rassicurazioni sulla collocazione internazionale dell'Italia e sulle sue alleanze, negando che questa vicenda possa aver messo in pericolo la sicurezza nazionale. Questa linea di comodo è già stata anticipata con l'audizione presso il Copasir, il comitato parlamentare sulla sicurezza, il 17 luglio dal direttore dell'Aise (i servizi segreti esterni), Luciano Carta. Nominato di recente da Salvini al posto di Alberto Manenti, costui ha del tutto minimizzato l'importanza del Russiagate, giudicando improbabile la trattativa di una quantità di combustibile pari al fabbisogno annuale dell'Italia, e per il resto si è trincerato dietro il riserbo per l'istruttoria della magistratura in corso.
Però ha anche detto che Savoini, D'Amico e gli altri erano noti ai servizi e le loro mosse monitorate da tempo, anche se "non erano stati ravvisati rischi per la sicurezza nazionale". Il che apre diverse inquietanti domande: ne aveva messo al corrente il premier Conte, come sarebbe stato doveroso, specie dopo le rivelazioni de L'Espresso di febbraio, visto che è Conte ad avere la delega ai servizi segreti? Se sì, perché allora Conte ha detto di non conoscere affatto Savoini? Se no, perché i servizi segreti non l'hanno fatto? Forse perché essendoci la Lega al governo si sono allineati e coperti alla politica di Salvini? Cosa hanno fatto o non hanno fatto in questi 5 mesi da quando i fatti del Metropol erano già stati resi pubblici nella loro sostanza e anche la magistratura aveva aperto un'inchiesta? E perché pur sapendo chi era, hanno lasciato che Savoini partecipasse anche alla cena con Putin insieme agli invitati ufficiali? Possibile che non l'abbiano segnalato al premier Conte?
In ogni caso c'è materia più che sufficiente per chiedere che l'aspirante duce d'Italia si debba dimettere, come in qualunque altro paese europeo sarebbe già successo, vedi le dimissioni che il suo omologo austriaco, il fascista Strache, è stato costretto a dare dopo uno scandalo simile ma meno vasto e concreto del Russiagate in cui Salvini appare invischiato fino al collo. Fermo restando che è sulla lotta delle masse antifasciste nelle piazze che bisogna puntare fino in fondo per contestarlo e buttarlo giù, insieme al governo nero fascista e razzista Lega-M5S.

24 luglio 2019