Processati a Pavia gli antifascisti per aver contestato un corteo neofascista
Segreteria nazionale ANPI: “Protestare contro un corteo apologetico del fascismo non è reato”

 
 
Il 5 novembre del 2016, centinaia di antifasciste e antifascisti pavesi scesero in piazza per protestare contro il corteo indetto per quel giorno dall’associazione “Recordari”, un’accozzaglia neofascista in cui convergono il gruppo Pavia Skinheads e le sezioni locali di Casapound e Forza nuova.
Come purtroppo accade tutt’ora in molte città d’Italia, in barba anche alla Costituzione del ’48 e delle leggi Mancino e Scelba, questura e prefettura non solo autorizzarono il corteo neofascista, ma arrivarono perfino a negare l’agibilità di piazzale Ghinaglia, intitolato al giovane dirigente comunista ucciso dalle squadracce fasciste il 21 aprile 1921, dove avrebbe dovuto tenersi la manifestazione richiesta dal fronte antifascista, con l’ANPI in testa.
Coraggiosamente allora gli antifascisti si radunarono spontaneamente altrove compiendo quello che la stessa sezione locale dell’ANPI definì “un atto di disobbedienza civile”; un presidio numeroso, unito e combattivo ma altrettanto pacifico che però fu ugualmente caricato più volte dalle forze dell’ordine borghese, che alla fine portarono sul tavolo della prefettura trenta denunce a carico degli antifascisti, ventitrè delle quali furono però archiviate nei mesi seguenti.
Ai sette imputati tutt’ora in via di giudizio, all’udienza di Pavia di venerdì 19 è stato contestato l’oltraggio a pubblico ufficiale e la manifestazione non autorizzata; fra l’altro, tipologie di “reato” che affondano le radici proprio nel codice penale Rocco, ministro della giustizia fascista, e nel testo unico delle leggi di pubblica sicurezza promulgato in pieno ventennio, nel 1926.
È chiaro che questo processo è caratterizzato da una forte valenza politica, poiché, nei fatti, gli imputati si trovano paradossalmente “alla sbarra” per aver fatto il loro dovere di antifascisti, tentando di fermare ciò che per la stessa legge le istituzioni non dovrebbero tollerare.
Come fa notare il fronte antifascista pavese, “questo processo riveste una particolare importanza poiché è in discussione molto semplicemente la libertà di manifestare, ed in gioco è infatti il principio di cui all’art. 17, per cui è libera ogni manifestazione che non sia esplicitamente vietata. E nessun divieto riguardò mai la manifestazione tenutasi a Pavia il 5 novembre, per come concretamente si svolse.”.
In gioco, aggiungiamo noi, c’è in sostanza l’antifascismo e la libertà di manifestare contro le squadracce fasciste, che ormai appestano indisturbate il Paese grazie alla protezione e all'incoraggiamento del governo nero Salvini-Di Maio.
Un antifascismo represso tra le norme sempre meno applicate di una Costituzione ormai ridotta a carta straccia, in particolare proprio nelle sue migliori espressioni finali, quali l’uguaglianza sociale, i diritti, la casa, il lavoro ed anche lo stesso antifascismo che il governo Salvini-Di Maio e i suoi apparati cercano costantemente di sopprimere o di ridurre ad un orpello nostalgico ed inutile.
Un antifascismo che però, nonostante tutto, in realtà è vivo e vegeto nelle coraggiose mani dei progressisti, degli antifascisti militanti, e di tanti giovani e giovanissimi per i quali la Resistenza e i suoi insegnamenti rimangono un perno della propria esistenza.
L’Anpi e tutte le associazioni componenti il fronte unito antifascista pavese hanno chiesto a gran voce una larga mobilitazione di protesta contro i provvedimenti di questore, magistratura e prefetto, invitando a partecipare all’udienza sia per solidarietà con i processati, sia per protestare con gli organi dello Stato borghese amici dei fascisti.
La stessa segreteria nazionale dell’ANPI, attraverso un comunicato di solidarietà, ha invitato antifascisti e democratici a mobilitarsi, sottolineando che “Succede ancora che i difensori della legalità repubblicana vengano denunciati, mentre gli eversori di tale legalità possano tranquillamente sfilare in corteo (…). Protestare contro un corteo apologetico del fascismo non è un reato, lo impone la Costituzione della Repubblica”.
Naturalmente noi ci associamo alla solidarietà espressa e siamo vicini alle ragazze e ai ragazzi processati, che sono un esempio di coraggio e di militanza antifascista che, nonostante tutto, deve crescere e moltiplicarsi in ogni strada o piazza del nostro Paese contro le politiche antipopolari, discriminatorie, fasciste e razziste che il governo nero Salvini-Di Maio applica quotidianamente sulla pelle dei lavoratori, degli antifascisti e dei migranti.

24 luglio 2019