Alle ultime elezioni regionali siciliane
87 rinvii a giudizio per voto di scambio
Tra essi Pagano (Lega) e Cuffaro

 
La Procura della Repubblica di Termini Imerese ha concluso la complessa inchiesta, denominata “voto connection”, riguardante il voto di scambio praticato sistematicamente da numerosi esponenti politici siciliani, che alle ultime elezioni regionali siciliane svolte nel novembre 2017 non hanno esitato, in base agli elementi di indagine raccolti, a promettere, in cambio del voto, posti di lavoro, trasferimenti di ufficio, accesso ai corsi di laurea a numero chiuso, affidamenti di servizi, superamento degli esame di maturità.
Il rinvio a giudizio riguarda 87 persone - tra essi ci sono deputati, sindaci, professionisti e avvocati che hanno tratto profitto dal voto - e l'udienza preliminare si terrà il prossimo 4 dicembre davanti al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Termini Imerese.
I nomi più importanti, tra gli imputati, sono quelli dell'ex presidente di centrodestra della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro, già condannato in via definitiva a sette anni di reclusione per favoreggiamento alla mafia e rivelazione di segreto istruttorio, e dell'attuale deputato della Lega al Parlamento nazionale Alessandro Pagano.
Cuffaro è accusato di avere favorito l'assunzione presso l'Assemblea regionale siciliana di un attivista del partito dei Popolari e autonomisti, Giuseppe Amodeo, in cambio del voto di quest'ultimo e di tutta la sua numerosa famiglia a favore del candidato alle elezioni regionali Filippo Tripoli, il quale peraltro non fu eletto all'assemblea regionale ed è diventato pochi mesi fa sindaco di Bagheria.
Il deputato leghista Alessandro Pagano è invece accusato, insieme ai fratelli Salvino e Mario Caputo, del reato di attentato ai diritti politici dei cittadini per avere organizzato una vera e propria truffa elettorale ai danni del popolo: fu sua infatti, secondo l'accusa, l'idea di candidare al posto del noto deputato regionale uscente, nonchè ex sindaco di Monreale, Salvino Caputo (incandidabile per la legge Severino) suo fratello Mario, del tutto nuovo alla politica e per questo sconosciuto, con la dicitura presente nei manifesti e nelle schede elettorali “detto Salvino”, come se 'Salvino' fosse stato un soprannome di Mario Caputo. Le indagini, tuttavia, hanno accertato che mai Mario Caputo era stato soprannominato in tal modo, e che il nome di “Salvino” era stato aggiunto allo scopo di ingannare gli elettori, facendo loro credere che il vero candidato era un uomo politico già noto, e non uno sconosciuto.
Altro imputato eccellente è l’assessore regionale al Territorio e ambiente Salvatore Cordaro, che secondo l'accusa avrebbe assunto un vero e proprio corriere, incaricato di promettere a centinaia di persone utilità varie in cambio del voto all’allora candidato alle comunali di Termini Imerese Francesco Giunta (eletto, ma costretto quasi subito alle dimissioni dopo essere stato accusato di peculato), mentre un altro imputato, il capogruppo all’Assemblea regionale del movimento del governatore, Alessandro Aricò, avrebbe promesso l’assunzione di un tirocinante presso un centro sanitario privato per 500 euro al mese in cambio del sostegno alle ultime elezioni regionali.
L'inchiesta ha complessivamente fatto emergere un quadro squallido nella politica borghese siciliana, fatto di sistematiche promesse, in cambio di voti, non soltanto di posti di lavoro, ma anche altre utilità quali trasferimenti di ufficio, accesso ai corsi di laurea a numero chiuso e superamento degli esami di maturità.

4 settembre 2019