Sotto la regia di Macron
Il G7 di Biarritz d'accordo per impedire all'Iran di avere l'atomica e per riformare il commercio mondiale
Manifestazioni contro il vertice dei governanti imperialisti

 
Il 45º vertice del G7 che si è svolto a Biarritz in Francia dal 24 al 26 agosto si è chiuso in maniera inusuale con una stringatissima dichiarazione finale e una inedita conferenza stampa a fue voci tra il padrone di casa, il presidente francese Emmanuel Macron, e quello americano Donald Trump che ospiterà probabilmente a casa sua in Florida il prossimo G7 nel 2020. Senza dubbio sono stati i due protagonisti del vertice, con Macron evidentemente soddisfatto di aver svolto un ruolo da primadonna per conto della Ue e per conto proprio, alla pari del collega imperialista americano che non è scappato anzitempo come alla penultima riunione dello scorso anno in Canada. Che questo nuovo clima registrato a Biarritz possa produrre novità nei rapporti conflittuali fra i principali paesi imperialsiti è tutto da vedere; intanto registriamo che hanno trovato un accordo quantomeno per impedire all'Iran di avere l'atomica e per riformare il commercio mondiale, scosso dalla guerra tra Usa e Cina.
Guerra dei dazi con Pechino scatenata dalla Casa Bianca e i rapporti conflittuali con la Russia e l'Iran erano stati i temi centrali anche del G7 canadese dell'8 e 9 giugno 2018 a Charlevoix in Quebec, finiti nel consueto prolisso documento finale presto archiviato. Trump non aveva firmato i documenti ufficiali ed era volato anzitempo a Singapore per il vertice col nordcoreano Kim. Allora lo scontro fra i 6 con gli Usa sembrava potesse mandare in frantumi il G7, oggi il clima sembrava diverso anche se, per esempio, l'annunciata da Trump tregua nella guerra commerciale con la Cina non è durata neanche una settimana, con l'avvio l'1 settembre del pacchetto di dazi già ampiamente annunciato dalla Casa Bianca. Che nei fatti rende una frase vuota la parte della dichiarazione finale dove sottolinea che “il G7 vuole cambiare in profondità l'OMC (il WTO, l'organizzazione mondiale sul commercio, ndr) al fine di essere più efficace nella protezione della proprietà intellettuale, risolvere le controversie più rapidamente e sradicare le pratiche commerciali sleali”. Finché Trump su questo tavolo gioca in presa diretta con la rivale Cina pensando di ricavarne vantaggi, il WTO riformato o meno resta un organismo secondario.
Riguardo all'altro tema caro all'imperialismo americano, tenere sotto tiro l'Iran a sostegno dei suoi alleati imperialisti sionisti di Tel Aviv nello scontro per l'egemonia nella regione, il G7 si compatta nel sostenere che “condividiamo pienamente due obiettivi: garantire che l'Iran non possa mai acquisire armi nucleari e promuovere la pace e la stabilità nella regione”. Che sono precarie sostanzialmente a causa delle aggressioni sioniste dalla Palestina al Libano e dagli interventi militari a partire proprio da Usa e Francia. Macron copriva da complice Trump e provava a fornirgli una via di uscita dallo scontro con Teheran sullo sviluppo del nucleare, intercedendo per un incontro con rappresentanti del governo iraniano.
“Se le circostanze lo permettono ci sono buone possibilità per un incontro” con Teheran e il presidente Hassan Rohani, dichiarava Trump, ma non offriva nulla in cambio e riceveva un rifiuto dal presidente iraniano: “prima dovete ritirare tutte le sanzioni illegali, ingiuste e sbagliate contro la nazione iraniana”. La risposta veniva dai sionisti di Tel Aviv col premier Benjamin Netanyahu che attaccava con droni a sud di Beirut minacciava l'escalation che in effetti metterà in pratica nei giorni successivi contro gli Hezbollah libanesi alleati dell'Iran. Una “dichiarazione di guerra” la definiva il presidente libanese, il cristiano Michel Aoun.
Trump lasciava la questione dell'Ucraina agli alleati imperialisti europei col compito di scongelare la situazione e rivitalizzare i negoziati tra Russia, Ucraina, Francia e Germania che nel febbraio 2015 aveva prodotto il protocollo di pace di Minsk. Tiene di più al rapporto diretto col nuovo zar del Cremlino Vladimir Putin tanto da volerlo di nuovo al G7 allargato, come tra il 1997 e il 2014, dopo l'espulsione dai vertici cinque anni fa per l'annessione della Crimea. Lo aveva già detto al G7 in Canada, lo ha ripetuto a Biarritz; forse l'occasione sarà il prossimo vertice in casa sua.
La dichiarazione dei capi di Stato e di governo del G7 di Biarritz si chiude con il passaggio sulla situazione di Hong Kong per richiamare il progetto di ritorno della città sotto la sovranità di Pechino definito nella Dichiarazione sino-britannica di Hong Kong del 1984 e chiedeva “di evitare la violenza” nella repressione delle attuali proteste anticinesi. Il passaggio faceva infuriare i socialimperialisti di Pechino che gridavano contro l'ingerenza dei concorrenti imperialisti. Una successiva dichiarazione di Trump spiegava che guerra commerciale e la condanna per la repressione a Hong Kong sono legate nella tattica della Casa Bianca per tenere sulla corda la rivale Pechino e non certo per solidarietà ai manifestanti.
Registriamo infine che il summit di Biarritz è stato il primo cui ha preso parte Boris Johnson, premier britannico dallo scorso 24 luglio, che aveva avuto l'investitura anticipata di Trump. Poteva essere l'ultimo del presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte che si era appena dimesso e invece è stato quello dell'appoggio dei maggiori governanti imperialisti alla sua riconferma, compresa l'investitura anticipata dell'amico Trump.
Nella sede del vertice non si sono sentiti gli echi delle proteste che pure si sono svolte in una città superblindata dalla polizia. L'apertura dei lavori la mattina del 24 agosto è stata contestata da un combattivo corteo di almeno 15 mila manifestanti che è partito dal porto di Hendaye per concludersi a Irun, sull’altro lato del confine con la Spagna. Un'altra manifestazione non autorizzata si è svolta nel pomeriggio nel centro di Bayonne, a pochi chilometri dal faro di Biarritz, con migliaia di manifestanti, tra i quali erano presenti anche numerosi Gilet Gialli protagonisti della lunghissima stagione di lotte in Francia, caricati e bloccati dalla polizia.
 

4 settembre 2019