Presidente del Consiglio

Giuseppe Conte (in quota M5S)
Nato 54 anni fa a Volturara Appula, paesino in provincia di Foggia, da una famiglia devota a padre Pio, Conte ha conseguito la laurea in giurisprudenza alla Sapienza di Roma nel 1988. È considerato un esperto di pubblica amministrazione. Oltre a sedere nel Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa in quota M5S ("Non sono dei vostri, il mio cuore batte a sinistra", avrebbe detto allora), Conte è avvocato cassazionista e si occupa soprattutto di diritto civile e commerciale, ed è considerato uno specialista in materia di arbitrati.
Di formazione cattolico-democratica, prima di diventare due volte premier nel giro di 14 mesi, Giuseppe Conte è stato avvocato di un grande studio romano, professore di Diritto privato all'università di Firenze, docente nella facoltà di economia dell'università della Confindustria Luiss di Roma e responsabile scientifico dal 2006 del corso "Giurista d'impresa", nonché membro della Commissione cultura di Confindustria.
Durante la permanenza a Firenze ha avuto occasione di avvicinarsi alla cerchia di Renzi, che ha conosciuto personalmente, e allacciare rapporti di amicizia con l'allora ministra delle Riforme Maria Elena Boschi. Tant'è che Di Maio aveva pensato di sfruttare questi suoi rapporti quando non aveva ancora deciso per l'alleanza con la Lega. Li sfrutterà invece Renzi per fregare Salvini e aprire la strada al Conte-due. Si parla anche di suoi contatti personali con Verdini e con esponenti di Forza Italia, e anche quelli potranno tornargli utili nel prossimo futuro.
Il suo mentore a cui si rivolge sempre per consigli è il professor Guido Alpa, allievo di Stefano Rodotà, presidente per molti anni del Consiglio nazionale forense, con una lista di incarichi sterminata in varie aziende pubbliche, grazie anche alle raccomandazioni di Verdini. Nel 2002 il futuro premier entra nello studio del luminare diventando il suo allievo preferito. È grazie al professore che Conte riesce ad ottenere la nomina ad una impressionante serie di cariche di prestigio, per cui dopo la nomina a presidente del Consiglio emerge anche un vistoso conflitto di interessi, visto che "l'allievo" potrebbe sfruttare i suoi poteri per agevolare gli interessi del suo "maestro".
Nel 1983, dovendo soggiornare a Roma per seguire i corsi alla Sapienza, Conte entra nel collegio universitario gratuito "Villa Nazareth" e lì conosce e diventa amico personale del cardinale Achille Salvestrini, diventando nel tempo anche suo consigliere giuridico. È Salvestrini che gli fa conoscere il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, di cui è tutt'ora amico personale. Durante la crisi di agosto Conte ha partecipato alle esequie dell'ultranovantenne Salvestrini, e in quell'occasione ha incontrato anche papa Bergoglio, che lo ha incoraggiato ad andare avanti nella trattativa con il PD per formare il nuovo governo.
Iniziata come una scialba figura di tecnocrate al servizio dei due veri premier, Salvini e Di Maio, nel corso del tempo Giuseppe Conte è cresciuto politicamente creandosi un suo spazio personale soprattutto a livello internazionale, e in particolare a livello europeo, dove i capi di governo di Francia e Germania e i vertici della Commissione europea preferivano trattare con lui piuttosto che avere a che fare con i "populisti" Salvini e Di Maio. A poco a poco ha assunto ai loro occhi la figura di una sorta di "garante" contro le loro intemperanze nazionaliste ed antieuropee.
Mentre coltivava all'estero il suo futuro di vero premier di un altro governo, immaginando evidentemente che l'alleanza Lega-M5S non sarebbe durata a lungo, come poi è effettivamente successo, ciò non gli impediva però di firmare senza praticamente fiatare, finché è stato in vita, tutte le peggiori nefandezze fasciste e razziste del governo nero Salvini-Di Maio. Da cui si è tirato fuori in una sola mossa, cancellandole con un colpo di spugna, nel cogliere al volo l'occasione offertagli dallo stesso aspirante duce d'Italia per presentarsi come l'"anti Salvini" capace di riportare il Paese in Europa.
Il plauso delle cancellerie europee e addirittura di Trump alla sua abile operazione trasformistica, certifica che è ormai diventato un ambizioso "politico di razza" degno della più immarcescibile tradizione democristiana di matrice dorotea, come dimostra il suo trasformismo. Il 24 marzo 2019 ha dichiarato: “Non si può pensare, come nella vecchia politica, a una chance di governo futuro, sarebbe una prospettiva sbagliata. Io personalmente l'ho detto: 'Non ho la prospettiva di lavorare per un altro governo, la mia esperienza di governo termina con questa'”

Interno

Luciana Lamorgese (prefetto)
Nata a Potenza nel 1953, laureata in giurisprudenza, avvocata, lavora per il Viminale dal 1979. È stata viceprefetta e prefetta a Varese negli anni '90 fino ai primi anni 2000, poi prefetta di Venezia dal 2010 al 2013. In quell'anno viene nominata capo di Gabinetto dell'allora ministro dell'Interno Angelino Alfano e confermata nell'incarico anche da Marco Minniti.
Nel 2017 Minniti la nomina prefetta di Milano, e dal novembre 2018, dopo essere già andata in pensione, ringraziata pubblicamente da Salvini per "il buon terreno di lavoro che lascia a chi verrà", viene nominata Consigliere di Stato dal Consiglio dei ministri del primo governo Conte. Lamorgese è la terza donna a ricoprire il ruolo di ministra dell'interno dopo Rosa Russo Iervolino e Annamaria Cancellieri.
Non si conosce una sua appartenenza o simpatia partitica, per cui viene considerata un ministro tecnico e non politico. Si dice che sia stata voluta fortemente da Mattarella, ma c'è anche chi dice che invece Mattarella avrebbe preferito un politico. La scelta è caduta su un tecnico per via dei veti incrociati tra M5S e PD, anche per stoppare le ambizioni di Di Maio che in prima battuta voleva per sé il ministero lasciato da Salvini. Ma intanto si pensa ad affiancarle due viceministri politici come Emanuele Fiano (PD) e Carlo Sibilia (M5S).
Lamorgese è stata scelta anche per la sua fama di funzionaria "equilibrata" nell'affrontare il problema della collocazione dei migranti, la più adatta per "voltare pagina" dopo Salvini: suo era infatti il "patto per l'accoglienza dei migranti", che prevedeva la redistribuzione di alcune migliaia di richiedenti asilo da Milano nei comuni limitrofi, che trovò un'ostinata opposizione di diversi sindaci della Lega ma anche alcuni del PD.
Viene considerata "equidistante" dai partiti, tuttavia alcune intercettazioni del 2012 fecero emergere anche la sua amicizia con Isabella Votino, allora portavoce dell'ex governatore leghista della Lombardia Roberto Maroni. E anche se l’europarlamentare PD ed ex assessore alle Politiche sociali nelle giunte Pisapia e Sala, Pierfrancesco Majorino, sia convinto che la Lamorgese "cancellerà la stagione dell’odio sull’immigrazione", hanno fatto molto discutere i suoi blitz assai duri per sgombrare i migranti dalla stazione di Milano e gli sgomberi, ben 127, da lei ordinati di palazzi occupati soprattutto da immigrati e tossicodipendenti. E intanto i porti italiani continuano a restare chiusi alle navi delle ong in base al decreto sicurezza di Salvini, senza che la nuova ministra abbia ancora battuto un colpo.

Sottosegretario alla presidenza del Consiglio

Riccardo Fraccaro (M5S)
Nato a Montebelluna (Treviso) il 13 gennaio 1981, già ministro per i Rapporti col parlamento del governo Lega-M5S, ha iniziato la sua carriera nel M5S nel 2010 a Trento, città in cui si è laureato in Giurisprudenza: lì ha fondato il primo meet up del capoluogo trentino, sposando soprattutto la battaglia contro l'inceneritore. Nel 2013 è stato l'unico deputato M5S eletto in Trentino. Per il M5S era diventato anche portavoce del gruppo e segretario dell'ufficio di presidenza.
Fraccaro è un fedelissimo della stretta cerchia di Di Maio, tant'è che il ducetto pentastellato ha fatto fuoco e fiamme per volerlo come sottosegretario di Conte, posto che secondo gli accordi sarebbe spettato ad un esponente PD, e in subordine al segretario di Conte, Roberto Chieppa; arrivando per questo a minacciare di far saltare l'accordo M5S-PD all'ultimo momento, e costringendo addirittura Conte a ritardare l'incontro con Mattarella per sciogliere la riserva.
Tramite lui Di Maio pensa di controllare Conte e di blindare Palazzo Chigi come sua dependance di fatto, così come pensa di controllare il Consiglio dei ministri tramite i suoi uomini e donne piazzati in altrettanti posti chiave.

Esteri

Luigi Di Maio (M5S)
È nato ad Avellino nel 1986 da una famiglia di estrazione borghese di idee fasciste. Il padre Antonio è stato dirigente del MSI ai tempi del fucilatore di partigiani Giorgio Almirante e successivamente di AN di Gianfranco Fini. La famiglia oggi risiede a Pomigliano D'Arco.
Si iscrive senza successo alla Facoltà di Ingegneria all'Università degli Studi di Napoli Federico II e successivamente a Giurisprudenza ma non riesce a laurearsi.
Nel 2006 muove i primi passi in politica come consigliere di facoltà e di presidente del Consiglio degli Studenti nella Facoltà di Diritto. In questo periodo conosce il Movimento 5 Stelle del quale diventa subito “un attivista modello”. Nel 2007 fonda il primo Meetup a Pomigliano e Grillo lo ricopre di lodi e apprezzamenti fino a dichiarare che: “Io stesso imparo sempre dal giovane Di Maio anche quando è in silenzio”.
Nel 2010 si candida alle elezioni comunali a Pomigliano D'Arco come consigliere ma raccoglie appena 59 preferenze e non viene eletto. Ma il ducetto non si scoraggia e diventa in pochi mesi l'allievo prediletto di Grillo e Casaleggio. Nel febbraio 2013 si candida nella circoscrizione Campania 1 risultando il secondo candidato più eletto nella sua lista, e un mese dopo viene eletto vicepresidente della Camera.
A settembre 2017 viene ufficialmente incoronato da Grillo capo politico del Movimento e candidato premier alla festa del M5S di Rimini, carica sancita con le elezioni farsa sulla piattaforma Rousseau di Casaleggio, in cui risulta primo su altri sei illustri sconosciuti ma con appena 31 mila voti su un totale di 104 mila elettori certificati. Ciò non ha impedito a Grillo e Casaleggio di fare del loro pupillo una sorta di plenipotenziario dei Cinquestelle per governare con pugno di ferro non solo il Movimento, ma anche i gruppi parlamentari il ristretto gruppo che ha gestito le trattative governative.
Da allora Di Maio inizia un lungo apprendistato da aspirante premier accreditandosi come leader affidabile per la grande borghesia nazionale e internazionale, senza trascurare neanche la sua ala più reazionaria. Si fa persino fotografare mentre bacia il sangue di San Gennaro dalle mani del cardinale Sepe.
Poi lancia la sua crociata razzista contro le Ong operanti nel Mediterraneo per salvare i migranti, da lui definite sprezzantemente, strizzando già l'occhio alla Lega neofascista e razzista e da buon figlio di fascista, “taxi del mare”. Quella stessa concezione razzista e fascista alla base della sua totale approvazione della politica dei "porti chiusi" e dei decreti anti migranti e contro le manifestazioni, i blocchi stradali e le occupazioni attuata da Salvini in base al "contratto" privato con lui stipulato, dopo le politiche del 2018, per formare il governo nero fascista e razzista Lega-M5S.
Il resto è la storia dei 14 mesi del governo Conte-uno, in cui da quell'ambizioso ducetto megalomane qual è ha ricoperto il ruolo di vicepremier, ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo economico, lasciando irrisolte tutte le vertenze che gli sono passate per le mani. Facendo approvare solo provvedimenti elettoralistici e di bandiera come il reddito di cittadinanza, il "decreto dignità", la "spazzacorrotti" e poco altro, e lasciando cadere una ad una tutte le rivendicazioni storiche che avevano fatto le fortune elettorali del movimento, dalla Tav al Tap all'Ilva di Taranto. E approvando supinamente tutti i provvedimenti di Salvini, dai due decreti sicurezza alla legge sulla "legittima difesa sempre", dai condoni fiscali allo "sblocca cantieri" che liberalizza gli appalti e apre ai tentacoli della mafia.
Una politica di appiattimento su Salvini che nel giro di un anno ha portato il M5S a dimezzare i voti in tutte le elezioni regionali e alle europee. E probabilmente il ducetto avrebbe fatto passare anche la flat tax, l'autonomia differenziata e il nuovo condono voluti dalla Lega, se non fosse stato lo stesso Aspirante duce d'Italia Salvini a staccare la spina al governo ad agosto. Prova ne sia che Di Maio ha fatto di tutto per far fallire la trattativa col PD e tornare a governare con lui, se non fosse stato per l'intervento di Grillo e di Conte che glie l'hanno impedito.
Ora si ritrova comunque, anche se "declassato", a dirigere la politica estera del nuovo governo e manifesta chiaramente la voglia di imporre la sua egemonia, trattando il PD come Salvini faceva col M5S. Anche a dispetto di Conte, che vede ormai come un suo diretto rivale. Prova ne sia anche l'atteggiamento di cupa impassibilità, senza neanche un applauso di solidarietà al premier, da lui tenuto durante le tempestose sedute alla Camera e al Senato sulla fiducia al nuovo governo.

Giustizia

Alfonso Bonafede (M5S)
Avvocato, nato a Mazara del Vallo 43 anni fa, Alfonso Bonafede dal 1995 abita a Firenze dove si è laureato in Giurisprudenza ed è rimasto collaboratore come cultore di Diritto Privato e dove ha conosciuto Giuseppe Conte, docente di privato nello stesso ateneo, facendolo avvicinare al M5S.
Ha iniziato l'attività politica nel 2006 quando è entrato a far parte del gruppo degli "Amici di Beppe Grillo" del Meet-up di Firenze. Ha fatto parte del direttorio politico M5S nella scorsa legislatura ed è rimasto coinvolto nelle vicende politiche che hanno travolto il Campidoglio e la sindaca Raggi. È uno dei parlamentari più fidati e vicini a Luigi Di Maio, che non a caso ha puntato i piedi per riaverlo alla Giustizia, vincendo il veto del PD che chiedeva "discontinuità" col precedente governo.
Sua è la legge cosiddetta "spazzacorrotti", con la prescrizione bloccata dopo il primo grado, ma di cui la Lega fece posticipare l'entrata in vigore al 2020, condizionata alla controriforma della giustizia.

Difesa

Lorenzo Guerini (PD)
Nato a Lodi 52 anni fa, il neo ministro della Difesa ha cominciato giovanissimo la sua carriera politica nella DC nei primi anni '90. Eletto per due volte consigliere comunale nella sua città e assessore ai Servizi sociali. Nel 1994 fu scelto come coordinatore locale del nascente Partito popolare, per essere poi eletto l'anno dopo presidente della Provincia di Lodi in una coalizione di "centro-sinistra".
Nel 1999 aderì alla Margherita, di cui divenne dirigente nazionale. Nel 2005 fu eletto sindaco di Lodi e nel 2007 entrò con altri dirigenti della Margherita nel PD. Nel 2010 lo ritroviamo di nuovo sindaco di Lodi, carica che ricoprì fino al dicembre 2012 per presentarsi candidato alle elezioni politiche del febbraio 2013.
Eletto deputato, dopo alcuni mesi fu nominato membro della segreteria nazionale del partito col ruolo di portavoce, e nel giugno 2014, dopo la conquista della segreteria da parte di Renzi, fu nominato vicesegretario insieme a Debora Serracchiani. La sua massima visibilità fu durante la leadership di Renzi, tanto da esserne di fatto il portavoce (era chiamato non caso "il Forlani di Renzi"), e da condurre per lui le trattative politiche più riservate, a cominciare da quella per il famigerato patto del Nazareno con Berlusconi.
Rieletto deputato nel 2018, è diventato coordinatore della segreteria nazionale e ha tenuto fino ad oggi la presidenza del Copasir, il comitato parlamentare per la sicurezza.
È considerato tutt'ora un renziano, anche se si è fatto il suo gruppo, "Base riformista", insieme a Luca Lotti.

Economia e Finanze

Roberto Gualtieri (PD)
Romano, 53 anni, allievo di Beppe Vacca all’Istituto Gramsci, dello storico del fascismo Renzo De felice e dell'operaista pentito Mario Tronti, professore di storia contemporanea alla Sapenzia, ha iniziato la sua carriera politica nella Fgci e sposato nei decenni tutte le ripetute svolte a destra del principale partito della "sinistra" borghese, dal PCI revisionista al PD della gestione Zingaretti, passando per i “giovani turchi” d’area dalemiana e per l'adesione alla leadership di Matteo Renzi. Membro della segreteria romana dei Ds dal 2001 al 2006, Gualtieri è stato scelto da Romano Prodi tra i "saggi" incaricati di stilare il manifesto del Pd, dove è poi entrato nella direzione nazionale.
È eurodeputato dal 2009 ed è stato fino alla sua nomina a ministro dell'Economia il presidente della Commissione per i problemi economici e monetari del parlamento europeo. È in questi anni che ha presieduto comitati, tessuto relazioni e stretto solide amicizie negli ambienti politici europei. Al punto da essere considerato oggi uno dei personaggi più influenti della Ue.
Non a caso è stato scelto da Zingaretti, per cementare la svolta europeista del nuovo governo M5S-PD e per garantire una politica che coniughi l'austerità con la flessibilità. Gualtieri è considerato infatti uno che è sempre stato ligio alle regole europee (fra l'altro ha partecipato alla stesura del "fiscal compact" e del "bail in" sulle banche che tanti disastri hanno fatto in questi anni), ma che oggi si dichiara favorevole a cambiare quelle stesse regole che ha contribuito a creare.
Significativa, a questo proposito, la dichiarazione di investitura a Gualtieri arrivata dalla sua amica Christine Lagard, recentemente eletta alla presidenza della Bce al posto di Mario Draghi: la nomina di Gualtieri "è un bene per l'Italia e per tutta l'Europa". Una dichiarazione del tutto irrituale, dato che i presidenti della Banca centrale europea hanno sempre evitato di entrare pubblicamente in merito alle decisioni politiche dei governi europei, che la dice lunga sulla sponsorizzazione del Conte-due da parte dei vertici della Ue.

Sviluppo Economico

Stefano Patuanelli (M5S)
45 anni, ingegnere triestino esercitante la libera professione, è un militante del M5S fino dal 2005 quando diede vita al Gruppo Beppe Grillo nella sua città. Dal 2011 al 2016 è stato consigliere comunale a Trieste e nel 2018 è stato eletto senatore nella circoscrizione Friuli-Venezia Giulia, assumendo la guida del gruppo M5S al Senato, carica che ha mantenuto per tutta la durata del primo governo Conte. È stato, insieme all'altro capogruppo alla Camera, D'Uva, tra i principali negoziatori della nuova maggioranza M5S-PD.
È considerato un fedelissimo di Di Maio, che non a caso lo ha voluto come suo successore al ministero dello Sviluppo economico, imponendolo di forza al PD che lo aveva prenotato per la De Micheli: "La mia sarà una gestione in continuità con quella di Di Maio, non vedo perché dovrei cambiare", è stata infatti la sua prima dichiarazione.
Tuttavia gode anche della fiducia di Grillo e di Casaleggio, e perfino Roberto Fico e la sua cerchia pare abbiano buoni rapporti con lui: un personaggio assai "flessibile", insomma, nel destreggiarsi con i vari capibastone del Movimento, nonostante che durante il precedente governo si sia dimostrato invece assolutamente inflessibile nel costringere il suo gruppo parlamentare a votare tutti i provvedimenti neofascisti e razzisti della Lega, fino ad espellere i dissidenti.

Politiche Agricole

Teresa Bellanova (PD)
Pugliese, di Ceglie Messapica, classe 1958, ha iniziato la sua carriera sindacale nella Cgil da giovanissima bracciante, eletta a 15 anni come capolega alla Camera del Lavoro di Ceglie, per poi diventare coordinatrice regionale delle donne per la Federbraccianti in Puglia,fino alla carica di segretario provinciale della Flai Cgil di Lecce. E successivamente nominata segretario dei tessili della Filtea Cgil nel leccese.
Nel 2006, come tanti altri ambiziosi dirigenti sindacali hanno fatto prima di lei, abbandona il sindacato per entrare in politica sfruttando il suo passato di sindacalista, e viene eletta deputata per due legislature nelle liste del "centro-sinistra". Poi, con una spettacolare conversione dalle lotte dei braccianti al renzismo, nel febbraio 2014 è nominata sottosegretario al Lavoro del governo Renzi, e promossa successivamente, nel gennaio 2016, viceministra allo Sviluppo economico, mantenendo la carica anche nel successivo governo Gentiloni.
Aderisce prima al PCI, poi ai DS e infine al PD, entra a far parte nel 2005 del Consiglio Nazionale dei Democratici di Sinistra.
Come sindacalista aveva difeso l'articolo 18, ha aiutato Renzi ad abolirlo approvando il famigerato "Jobs Act". E da viceministra avallò anche il licenziamento collettivo dei 1666 dipendenti Almaviva, che furono sostituiti da lavoratori precari.

Infrastrutture e Trasporti

Paola De Micheli (PD)
Piacentina, classe 1973, laurea in Scienze politiche, De Micheli entra in politica negli anni 90 tra gli ex Dc del Partito popolare, poi confluito nella Margherita. Dal 2007 al 2010 è assessore al bilancio a Piacenza, due anni dopo entra nella segreteria del concittadino Pier Luigi Bersani in quota Enrico Letta, di cui era una fedelissima. In quegli anni è una delle più vivaci animatrici di Vedrò, il "pensatoio" dell’ex premier che univa il PD con il capitalismo italiano. Tra i finanziatori si contavano Enel ed Eni, Telecom e Sisal, Autostrade e Lottomatica. Poi la conversione: nel 2014 entra nel governo del “rottamatore” Renzi come sottosegretaria al Tesoro con delega ai giochi. Nel 2016 diviene commissario alla ricostruzione nei territori del centro Italia colpiti dal terremoto, con risultati pari a zero.
La neo ministra che subentra alla gestione fallimentare di Danilo Toninelli ed è anche un'imprenditrice nel settore delle conserve: dal 1998 al 2003 ha presieduto la cooperativa Agridoro, specializzata nella trasformazione del pomodoro, finita nel 2004 in liquidazione coatta. Dopo un passaggio come consulente di un colosso cinese oggi è in aspettativa da una multinazionale delle conserve del Nord Italia.
Appena nominata non ha perso tempo per far capire che al ministero la musica è cambiata, lanciando subito un segnale alle grandi imprese di costruzione e in particolare alla società dei Benetton, rimarcando che le grandi opere si faranno, dalla Tav al Terzo valico alla Gronda di Genova, e che ad Atlantia non sarà revocata la concessione sulle autostrade ma che saranno solo rivisti i contratti, suscitando le ire di Di Maio e dei suoi giannizzeri che ancora fingono di essere contrari alle grandi opere.
Non è un caso che all'annuncio della sua nomina il titolo di Atlantia abbia chiuso con un +6% in Borsa, a livelli antecedenti al crollo del ponte Morandi, mentre i primi a congratularsi con lei siano stati i vertici del Comité Transalpine Lyon-Turin: “Siamo lieti, il suo impegno per l’opera è noto in Francia”.

Ambiente

Sergio Costa (M5S)
Sessantenne, napoletano, è laureato in scienze agrarie alla Federico II, nel 1987 è entrato nel Corpo forestale dello Stato, diventandone comandante regionale della Basilicata e comandante provinciale di Napoli fino al 2014 e successivamente comandante regionale, con una parentesi di quattro anni come comandante della polizia provinciale di Napoli. Dal 2017, con il trasferimento del personale all'arma dei carabinieri, ha assunto il grado di generale di brigata.
In Campania, all'inizio del 2000, ha guidato la sua indagine più famosa: quella sui rifiuti tossici interrati dal clan dei Casalesi nella cosiddetta "terra dei fuochi", la piana agricola del Casertano al confine con Napoli. Costa subentra a sé stesso al ministero dell'Ambiente, dove era stato nominato nel 2018 grazie alla sua fama e alla forte sponsorizzazione di Di Maio. Il PD aveva rivendicato quel ministero per Andrea Orlando, che lo aveva ricoperto nel governo Letta, ma Grillo lo ha preteso assolutamente da Conte, essendo il tema dell'ambiente una bandiera del M5S, e Orlando è rimasto a bocca asciutta dovendosi contentare del ruolo di capo delegazione del PD al governo.

Lavoro e politiche sociali

Nunzia Catalfo (M5S)
Catanese, classe 1967, attivista 5S fin dal 2008, è al suo secondo mandato in parlamento. Prima di essere eletta per la prima volta nel 2013 è stata impiegata come formatrice per conto della Regione Sicilia. Fedelissima di Di Maio, che ha puntato i piedi col PD perché le fosse assegnato il dicastero che lasciava, ha presieduto la Commissione Lavoro del Senato, ed è considerata la madrina del cosiddetto reddito di cittadinanza, che nella prima versione prevedeva un costo di 15 miliardi quando il M5S era all'opposizione, poi fortemente ridimensionato quando è diventato legge di governo.
Suo è anche il progetto di salario orario minimo per legge, di cui è stata relatrice. "Fin da subito, voglio continuare l’ottimo lavoro (quale? ndr) svolto dal ministro Luigi Di Maio", ha scritto in un post su Facebook appena appreso della nomina a ministra del Lavoro del Conte-due.

Istruzione, Università e Ricerca

Lorenzo Fioramonti (M5S)
Quarantaduenne, romano, docente di politica economica a Pretoria in Sudafrica, era viceministro nel Conte-uno quando a Viale Trastevere c’era il leghista Marco Bussetti, dove fece parlare di sé con la cosiddetta "tassa sulle merendine" (la tassa sul "cibo-spazzatura" per finanziare la ricerca). Già assistente parlamentare di Antonio Di Pietro nel 1997, fu eletto ella squadra di governo immaginata da Di Maio per le elezioni del 2018 era collocato allo Sviluppo economico, che invece il ducetto si prese per sé.
Fece discutere anche la sua nomina di Dino Giarrusso, già protagonista della trasmissione televisiva "Le Jene" e oggi deputato europeo dei Cinquestelle dopo il flop alle politiche del 2018, al ruolo di "segnalatore di irregolarità e raccomandazioni nei concorsi universitari".
Contrario all'autonomia differenziata applicata alla scuola, appena nominato ha riproposto in un'intervista al Corriere della Sera le sue idee su come reperire subito due miliardi per la scuola e uno per l’università e la ricerca: "Dove si trovano? Non voglio togliere soldi a nessuno. Vorrei delle tasse di scopo: per esempio sulle bibite gasate e sulle merendine o tasse sui voli aerei che inquinano. L’idea è: faccio un’attività che inquina (volare), ho un sistema di alimentazione sbagliato? Metto una piccola tassa e con questa finanzio attività utili, la scuola e stili di vita sani".

Beni Culturali e Turismo

Dario Franceschini (PD)
Ferrarese, classe 1958, laureato in giurisprudenza a Ferrara, ha esercitato la libera professione dal 1985, e come iscritto all'albo dei revisori contabili è stato anche membro del collegio sindacale dell'Eni nei primi tre anni della privatizzazione.
La sua carriera politica inizia a livello studentesco nelle file cattoliche, e prosegue all'ombra del DC Benigno Zaccagnini.
Iscritto alla DC dal 1975, nel 1980 diventa consigliere comunale a Ferrara, Allo scioglimento della DC aderisce ai Cristiano Sociali, col quale partito tenta inutilmente di farsi eleggere sindaco della sua città. Rientrato nel Partito Popolare, dal 1997 al 1999 ne diventa uno dei vicesegretari nazionali insieme a Enrico Letta. Sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle riforme istituzionali nel secondo governo D'Alema, e riconfermato anche nel governo Amato, sarà tra gli estensori delle modifiche federaliste al Titolo V della Costituzione.
Tra i fondatori della Margherita e del PD, nel 2007 diventa vicesegretario di Veltroni e nel 2009, dopo le dimissioni di quest'ultimo, ne diventa segretario fino al 2009, quando perde le primarie in favore di Bersani. Da allora, sempre rieletto deputato ad ogni tornata elettorale, ha attraversato indenne tutte le stagioni politiche, e sempre ricoprendo incarichi di alto livello.
A dimostrazione del suo trasformismo, nel 2006 ebbe a dire di Berlusconi che era "un mago, l'unico che ha dimostrato di aver capito tutto il Paese". Da buon democristiano di vecchio stampo, ha utilizzato accortamente il suo pacchetto di voti per spostarsi sempre dove tirava il vento, da Bersani a Renzi, a Gentiloni e a Zingaretti. Ed oggi a Conte, essendo stato uno dei principali artefici, insieme a Renzi, del nuovo governo M5S-PD. È grazie al suo impareggiabile trasformismo se è riuscito infatti a riottenere il ministero che aveva detenuto con Renzi e Gentiloni, dopo aver rinunciato alla vicepresidenza del Consiglio per non far saltare l'accordo.
La sua gestione dei Beni culturali è stata caratterizzata da un'impronta privatizzatrice e di mercificazione del patrimonio museale e archeologico, con lo smembramento delle Soprintendenze la concentrazione delle (poche) risorse solo nei grandi musei e nei grandi eventi turistico-culturali. Tutto lascia immaginare che continui la sua opera nefasta, anche se per ingraziarsi gli ambientalisti ha promesso di vietare Venezia alle grandi navi entro l'anno.

Salute

Roberto Speranza (LeU)
Nato a Potenza nel 1979, il neo ministro della Salute è laureato in scienze politiche alla Luiss, e la sua carriera politica inizia nel 2005 da dalemiano nella Sinistra giovanile dei DS, diventandone presidente nel 2007. Ha fatto il consigliere comunale a Potenza dal 2004 al 2009 e l'assessore all'urbanistica dal 2009 al 2010. Nel 2012 Bersani lo nomina coordinatore della sua campagna per le primarie.
Eletto deputato nel 2013 viene eletto capogruppo del PD, mantenendo questa carica con i governi Letta e Renzi, dimostrandosi in questa veste uno zelante esecutore degli ordini del segretario premier. Almeno fino all'aprile 2015, quando darà le dimissioni in dissenso col voto di fiducia posto da Renzi sulla legge elettorale Italicum.
Nel febbraio 2017 lascia il PD per fondare insieme a Bersani e altri parlamentari Articolo 1-MDP, di cui diventa coordinatore nazionale. Nel 2018 è rieletto deputato con Liberi e Uguali nella circoscrizione Toscana.
Speranza ha avuto il ministero della Salute in riconoscimento dell'appoggio di LeU al governo M5S-PD subentrando alla Cinquestelle Grillo. Una posizione del resto già considerata sacrificabile dal M5S nel precedente governo. Il neo ministro ha così commentato l'accordo col M5S: "Io ci ho creduto dal 2013, quando Bersani da segretario del Pd sfidò i 5 Stelle al governo del cambiamento. Mi sono battuto per far crollare il muro di incomunicabilità tra M5S e centrosinistra e ora, finalmente, si realizza il nostro disegno originario".

Rapporti con il parlamento

Federico D'Incà (M5S)
Veneto, 43 anni, laureato in economia e commercio, analista di sistemi informatici, consigliere nella fondazione Italia Usa, impegnato in progetti umanitari in Italia e all'estero.
Eletto deputato del M5S nella precedente legislatura e successivamente nominato capogruppo alla Camera nel 2015. Rieletto deputato nel 2018 è stato nominato questore della Camera e fa parte della Commissione Bilancio e di altri organismi parlamentari, tra cui il Copasir. È l'altro ministro considerato vicino al presidente della Camera Roberto Fico.

Innovazione tecnologica e digitalizzazione

Paola Pisano (M5S)
Torinese, 42 anni, docente di gestione dell'innovazione all'università cittadina, non ha la tessera del M5S ma fin dall'inizio è diventata assessora all'Innovazione e alla digitalizzazione nella giunta di Chiara Appendino, dove si è sbizzarrita nelle sperimentazioni più disparate, dal 5G, alle auto a guida autonoma e ai droni, cercando di attirare e intrecciare rapporti con diverse aziende italiane ed estere, americane comprese. Guadagnandosi la nomea di "donna più influente nel digitale in Italia", ma attirandosi anche le critiche dell'opposizione, che le ha contestato la cattiva gestione delle anagrafi cittadine e certe megalomanie come il "drone show" al posto dei fuochi artificiali per il patrono della città.
Di Maio ne rimase subito conquistato, proponendola come capolista nel Nord-Ovest per le europee e lodandola perché aveva rifiutato "per rimanere al servizio della sua città". Cosa che però non le ha impedito pochi mesi dopo di accettare la carica ben più ambita propostole da Conte.

Pubblica Amministrazione

Fabiana Dadone (M5S)
35 anni, di Mondovì (Cuneo), è militante M5S della prima ora fin dai meet up di Grillo e considerata fedelissima di Roberto Fico. Avvocata come la ex ministra Giulia Bongiorno di cui ha preso il posto, è al secondo mandato in parlamento e capogruppo del Movimento in Commissione Affari costituzionali della Camera. È stata anche relatrice in aula del ddl sul referendum propositivo. Dal settembre 2018 è subentrata ad Alfonso Bonafede come referente della piattaforma Rousseau per la funzione "scudo della rete", e dal 25 giugno di quest'anno è stata eletta anche tra i probiviri del Movimento, su nomina di Di Maio.

Affari regionali e Autonomie

Francesco Boccia (PD)
Pugliese di Bisceglie, classe 1968, è laureato in scienze politiche a Bari e vanta un master in affari economici alla Bocconi di Milano. Dopo un assessorato all'Economia al comune di Bari tra il 2004 e il 2008 entra nella cerchia di Filippo Andreatta e da lì la sua carriera politica decolla diventando prima consigliere dell'allora ministro dell'Industria Enrico Letta (1998-2001), e poi capo del Dipartimento per lo sviluppo delle economie territoriali
nel secondo governo Prodi.
Nel 2005 tenta il colpo alle elezioni per la presidenza della regione Puglia, sponsorizzato anche da D'Alema, ma viene sconfitto da Nichi Vendola. Nel 2008 è eletto deputato nella lista del PD per la circoscrizione Puglia, e da allora è sempre stato rieletto nelle legislature successive. Nel 2016 fu primo firmatario della "riforma" del Bilancio dello Stato che vincola i governi al pareggio di bilancio e che fu approvata con l'80% dei voti parlamentari.
Nel novembre 2016, come presidente della commissione Bilancio della Camera, durante la segreteria di Renzi, si rese complice di un colpo di mano per reintrodurre la possibilità per i presidenti di Regione di ricoprire l’incarico di commissari della sanità quando si verifica un percorso di rientro dai conti in rosso, una norma ad personam per favorire il boss campano Vincenzo De Luca.
Nel 2017 sostenne il governatore della Puglia, Michele Emiliano, con cui da allora intrattiene uno stretto sodalizio, e nel febbraio scorso ha appoggiato la corsa di Zingaretti alla segreteria, che lo premiò nominandolo Responsabile per l'economia e la società digitale. E che adesso, grazie alle sue comprovate e democristiane doti di adattamento a tutte le stagioni politiche e di mediazione gli ha affidato il delicato ministero che dovrà trattare l'“autonomia differenziata” con i governatori della Lega.

Mezzogiorno e Coesione territoriale

Giuseppe Provenzano (PD)
37 anni, siciliano di San Cataldo, economista esperto dei problemi del Sud, si è laureato in giurisprudenza a Pisa e dal 2016 è vicedirettore dello Svimez, l'Associazione per lo Sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno. Amico di Emanuele Macaluso, il suo mentore, dal 2012 al 2014 è stato capo della segreteria di Luca Bianchi, assessore per l’Economia della regione siciliana durante la giunta Crocetta.
Tra il 2013 e il 2014 ha ricoperto l’incarico di consulente dell’allora ministro dell'Ambiente Andrea Orlando, alla cui area fa ancora riferimento. Membro della direzione PD, nel 2018 rifiutò la candidatura per protestare di essere stato collocato in lista dopo Daniela Cardinale, figlia dell'ex ministro Salvatore Cardinale. Zingaretti lo ha voluto nella sua segreteria come responsabile delle Politiche del lavoro.

Sport e Politiche giovanili

Vincenzo Spadafora (M5S)
44 anni, originario di Afragola, è un politico di lunga carriera. È stato capo segreteria di Francesco Rutelli quando era ministro dell'Ambiente nel secondo governo Prodi. Dopo aver approdato al M5S è diventato consigliere diplomatico di Luigi Di Maio, per poi essere eletto deputato nel 2018 in un collegio uninominale. Ha ereditato la delega allo Sport che era di Giancarlo Giorgetti nel precedente governo, mentre è succeduto a sé stesso alle Politiche giovanili, che deteneva insieme a quella delle Pari opportunità.
Spesso si è trovato in contrasto con l'ex ministro leghista della Famiglia, Lorenzo Fontana, in particolare sul tema dell'adozione da parte di famiglie gay. Grazie ai suoi buoni rapporti col PD è' stato il regista della trattativa per la formazione della nuova maggioranza, riuscendo anche a riunire per un'unica volta Di Maio e Zingaretti a cena in casa sua.

Pari opportunità e Famiglia

Elena Bonetti (PD)
45 anni di Asola (Mantova), cattolica, Elena Bonetti viene dagli scout come Renzi, di cui è sempre stata una fedelissima. Laureata in matematica a Pavia nel 1997 al Collegio Ghisleri, con dottorato all'Università di Milano, dal 2016 è professoressa associata di analisi matematica presso questa università.
La sua carriera politica inizia con Renzi e la Leopolda, di cui è stata anche oratrice, che la vuole nella sua segreteria come responsabile nazionale Giovani e formazione. Nel 2018 è candidata alla Camera ma non viene eletta. Dal 2019 fa parte della Direzione nazionale del PD. Con Renzi ha organizzato i suoi Comitati di azione civile e la Convention di agosto al Ciocco.

Affari Europei

Enzo Amendola (PD)
Nato a napoli nel 1973, nel 1998 diventa responsabile Esteri della Sinistra giovanile, e nel 2006 entra nella segreteria nazionale dei DS di Fassino per poi diventare segretario campano del partito fino al 2014. Anno in cui viene nominato responsabile nazionale del PD con delega agli Esteri della segreteria Renzi.
Deputato dal 2013, nel 2016 è nominato sottosegretario agli Esteri e alla Cooperazione internazionale del governo Renzi, carica che manterrà anche nel governo Gentiloni.
Zingaretti lo chiama poi a ricoprire la carica di Responsabile nazionale Esteri del PD. Nel corso della sua carriera Amendola ha spesso accompagnato Mattarella nei suoi viaggi all'estero. La sua nomina agli Affari europei del nuovo governo sembrava quindi un destino quasi naturale, con una simile carriera e con così tanti sponsor di alto livello.

 

 
 
 
 
 

11 settembre 2019