Nonostante il ritiro della legge
Le masse di Hong Kong non mollano la piazza
Il movimento chiede le dimissioni della governatrice Lam

L'abbocco tentato dalla governatrice Carrie Lam lo scorso 4 settembre per mettere fine al movimento di protesta delle masse di Hong Kong che da quasi tre mesi si batte per il ritiro della legge sulla estradizione, il suffragio universale e la democrazia, non è riuscito.
In un video registrato e trasmesso alle 18 in tv Lam, che prima ha difeso a spada tratta la norma sulle estradizioni e poi l'aveva solo sospesa, ha annunciato che “Il governo ritirerà la legge per calmare le preoccupazioni dei cittadini”. Non solo. Col chiaro intento di spaccare il movimento Lam ha anche annunciato la creazione di una commissione di esperti che indaghi sui problemi della città.
Una giravolta di 180 gradi che non ha minimamente convinto il movimento, che ha rilanciato la lotta aggiungendo alle cinque rivendicazioni fin qui sostenute: ritiro della legge, suffragio universale, democrazia, apertura di un’inchiesta indipendente sulle violenze perpetrate dalla polizia, e amnistia per gli arrestati, anche le dimissioni delle stessa Lam.
La conferma è arrivata il 6 settembre quando alla stazione di Prince Edward i manifestanti hanno organizzato un sit-in per chiedere ai funzionari della stazione di non cancellare le immagini delle telecamere di sicurezza che hanno registrato gli scontri del 31 agosto durante i quali - accusano i manifestanti - la polizia ha usato il pugno di ferro per reprimere la protesta.
Immediata la reazione della polizia che ancora una volta ha usato il manganello e i lacrimogeni per arginare la protesta.
Due dimostranti con i volti coperti durante una conferenza stampa improvvisata davanti alla sede del consiglio legislativo hanno ribadito che “Il ritiro della legge è come un cerotto su carne in putrefazione... Troppo poco e troppo tardi”. Il movimento “ha posto cinque condizioni, non ne accetterà una di meno”. Anzi, d'ora in avanti, lo slogan “Tutte e 5 le rivendicazioni, nessuna esclusa” rilanciato durante le manifestazioni diventerà: “Tutte e 6, nessuna esclusa” incluse quindi le dimissioni di Lam.
Joshua Wong, uno dei leader delle proteste pro democrazia durante la “rivolta degli ombrelli” del 2014 ha ribadito che: le manifestazioni a Hong Kong dovranno proseguire almeno fino al primo ottobre, festa nazionale in Cina: “Pechino e le autorità cinesi stanno solo cercando di fermare la nostra protesta”. Già allora Hong Kong per tre mesi vide in strada la “rivolta degli ombrelli”, in contrasto con la decisione del Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo di Pechino di riformare il sistema elettorale. La proposta, poi non adottata, era stata percepita come una misura restrittiva dell’autonomia della regione, poiché avrebbe stabilito una “preselezione” dei candidati alla leadership di Hong Kong da parte del Partito comunista cinese (PCC).

11 settembre 2019