Discorso di Enrico Chiavacci, a nome del CC del PMLI, per il 43° Anniversario della scomparsa di Mao
Mao, il fronte unito e la lotta per il socialismo

Compagne e compagni, amiche e amici,
è una grande gioia trovarci qui oggi riuniti su invito del Comitato centrale del PMLI, a nome del quale mi onoro di parlare, per commemorare Mao e per dare battaglia alla classe dominante borghese attualmente rappresentata dal governo trasformista liberale Conte, al servizio del regime capitalista e neofascista.
Da quando è scomparso, il 9 Settembre 1976, per ben 43 volte, compresa l’attuale, ci siamo riuniti nel ricordo di Mao.
Nella prima di queste commemorazioni, il 9 ottobre del 1976, a trenta giorni dalla sua morte, il compagno Giovanni Scuderi, allora Segretario dell’Organizzazione Comunista Bolscevica Italiana Marxista-Leninista che il 9 Aprile del 1977 diede vita al PMLI, disse: “La scomparsa del presidente Mao ci ha storditi, ma noi dobbiamo superare questo stordimento ed andare avanti con la stessa fede e la stessa decisione di prima stringendoci ancor di più l’uno a l’altro, per tentare di fare tutti insieme quello che prima faceva lui da solo ”.(1)
L’abbiamo fatto sempre con l’obiettivo di tenerne viva la memoria, ma soprattutto per studiare e per riflettere sul suo pensiero e sui suoi insegnamenti e per applicarli alla realtà specifica del nostro Paese.
Il contributo di Mao alla lotta contro il revisionismo moderno dentro e fuori al Partito, all’interno ed all’esterno della Cina, a partire dall’Unione Sovietica di Krusciov, è stato - tra gli altri capolavori teorici, politici e pratici - la sua punta di diamante senza la quale il proletariato internazionale e noi compresi saremmo oggi sotto l’esclusivo controllo della borghesia e dei revisionisti, senza alcuna speranza di riscossa.
Ecco perché nessuno dei partiti sedicenti comunisti sul panorama nazionale ed anche europeo, a partire dal PC dell’opportunista e imbroglione Rizzo, prendono ad esempio i suoi insegnamenti. Sarebbero smascherati essi stessi, gruppi dirigenti burocrati e revisionisti, alle volte trotzkisti e comunque in fin dei conti al servizio della borghesia, e lontani anni luce dai bisogni della loro base.
A Mao, al Partito comunista e al popolo cinese dobbiamo la nascita della Repubblica Popolare Cinese che, dopo la guerra di resistenza contro il Giappone e le due guerre civili contro i nazionalisti di Chiang Kai-shek, viene proclamata il primo ottobre del 1949. Il fatto che oggi la Cina sia governata dalla cricca fascista e revisionista del nuovo imperatore Xi Jinping, figlio diretto della cosiddetta “Riforma e apertura” - leggi passaggio al capitalismo - di Deng Xiao ping, nulla toglie a questo grande capolavoro politico e militare.
 

Biografia di Mao
 
Ma come ha fatto Mao a divenire una guida per il proletariato cinese e di quello di tutto il pianeta? La risposta è nella sua biografia. Qui ne riportiamo i punti salienti fino a quando conquista il potere politico nel Partito comunista cinese. La riprendiamo dal volume “Mao e la lotta del PMLI per il socialismo” edito dal PMLI il 26 dicembre 1993, centenario della nascita del grande Maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi.
Capiremo così in quale contesto nasce e cresce il giovane Mao, come pone la sua vita senza risparmiarsi, divisa fra attività politica pratica e studio; capiremo il suo approccio al marxismo-leninismo ed in seguito come Mao abbia affrontato numerose battaglie anche in seno al partito stesso, vicende che lo hanno forgiato e che gli hanno fatto meglio comprendere come la borghesia sia, sempre, in qualche forma all’interno del partito del proletariato.
Mao Zedong nasce il 26 dicembre nel villaggio di Shaoshan, capitale della provincia dello Hunan che contava 30 milioni di abitanti, sede di vivaci tendenze riformiste e rivoluzionarie e dell’attività di numerose e combattive società segrete contadine contrarie alla dinastia mancese.
Il padre, in origine contadino povero, diventa infine ricco col commercio di cereali. All’età di sei anni e fino ai sedici, Mao lavora nei campi del padre la mattina presto e la sera tardi, in orario extrascolastico, mentre frequenta le elementari e la scuola primaria, appassionandosi ai testi confuciani e a quelli sui ribelli della Vecchia Cina, fino alle altre materie sulla cultura europea e sui riformatori cinesi. Da bambino credeva in Budda, ma non ancora adolescente si libera di questa influenza religiosa. La sua infanzia e la sua adolescenza sono caratterizzate da continue proteste contro l’autoritarismo paterno e contro i metodi feudali del maestro.
Nel 1911, quando inizia la rivoluzione contro l’imperatore e l’imperialismo per la Repubblica, Mao si trasferisce a piedi a Changsa dove entra a far parte del movimento rivoluzionario locale, prestando servizio per 6 mesi nell’esercito repubblicano. Per dimostrare il suo sentimento ostile alla dinastia Manciù, si taglia il codino ed esorta altri studenti a fare altrettanto. In questo periodo legge per la prima volta su di un giornale la parola “socialismo” e ne apre numerose discussioni.
Dal 1912, si iscrive alla Scuola Normale di Changsa ed inizia in parallelo uno studio da autodidatta di molteplici testi (fra i quali “L’origine della specie” di Darwin) e così le sue idee politiche cominciano a prendere forma. L’impegno, totale, nello studio gli comporta la necessità di tagliare tutto ciò che considera futile e dispersivo, e si concentra esclusivamente su quello che può servire a “salvare la Cina”.
In questo modo, con lavoro, impegno, umiltà, coraggio e passione, diviene un leader degli studenti, fondando nel 1915 l’Associazione per l’Autogoverno, dando spazio e rilievo alla partecipazione delle donne. Attraverso l’associazione, Mao dirige le dimostrazioni in piazza degli studenti contro l’imperialismo giapponese e contro i signori della guerra, anche all’interno del movimento del 4 maggio 1919.
Nel 1917 pubblica “Uno studio sull’educazione fisica” sulla rivista rivoluzionaria “Xin Qingnian” (gioventù nuova). Si tratta di uno scritto importante della fase premarxista-leninista di Mao.
Nello stesso anno fonda la Nuova Associazione popolare di studio che avrà una vasta influenza sul destino della Cina, occupandosi anche dell’oppressione della donna attraverso il sistema feudale di matrimonio. La maggior parte dei suoi membri furono uccisi nella controrivoluzione del 1927.
Nell’autunno di questo stesso anno, diviene capo del battaglione di autodifesa della scuola ed organizza un reparto di “investigazioni sociali” e forma gruppi di studenti che visitano le fabbriche per studiarne le condizioni di lavoro, istituisce corsi serali per lavoratori dove insegna storia ed “affari correnti” e legge loro giornali. Elabora infine un programma per creare la “federazione di studenti di tutta la Cina”.
Dopo essersi anche diplomato alla Normale, va a Pechino dove lavora come assistente alla biblioteca dell’università, aderisce alla società di giornalismo ed a quella di filosofia, entrando anche nel gruppo di “Studio marxista” fondato da Li Dazhao, responsabile della biblioteca stessa.
Il 4 maggio del 1919 a Pechino si svolge una grande manifestazione di studenti e di intellettuali contro l’imperialismo e le misure inique della conferenza di Versailles contro la Cina. Subito dopo si svolgono altre manifestazioni in 220 città alle quali partecipano 20 milioni di persone, e così inizia una nuova fase della rivoluzione democratica borghese contro l’imperialismo ed il feudalesimo.
Su questa scia sorgono ovunque associazioni di studio del marxismo e la scuola mista diviene normale nelle università; Mao diviene direttore della “Rivista del fiume Xiang” che sosteneva l’emancipazione femminile in opposizione al sistema feudale, sulla quale pubblica l’articolo “L’esercito rivoluzionario delle donne”, brano importante ed avanzato, ma non ancora marxista-leninista.
Nell’estate del 1920, Mao studia a fondo la Rivoluzione d’Ottobre e legge per la prima volta il Manifesto del Partito Comunista di Marx ed Engels, condividendolo e divenendo così un marxista-leninista cosciente, al punto di organizzare per la prima volta i lavoratori, oltre agli studenti. Ha finalmente trovato la strada giusta “Per salvare la Cina”!
Il primo luglio del 1921 Mao partecipa al congresso di fondazione del Partito Comunista Cinese (PCC) a Shanghai: è fra i 12 delegati in rappresentanza di alcune decine di comunisti cinesi, forse 52, al massimo 57. Per sfuggire alla polizia locale il Congresso viene terminato in una barca sul lago “Sud”.
Diviene così segretario del PCC dello Hunan, ed inizia il suo lavoro per organizzare i sindacati fra i minatori, i ferrovieri, i tipografi, gli impiegati municipali ed i lavoratori della zecca statale, senza però dimenticare l’organizzazione degli studenti che dirige in numerose lotte al fianco degli operai.
Nel 1922 fonda la prima cellula di partito fra i minatori di Anyuan e viene eletto alla presidenza del Congresso dei sindacati dello Hunan.
A luglio si tiene anche il secondo congresso del PCC ma Mao non riesce a parteciparvi poiché non riesce a ricordarsi l’indirizzo segreto…
Nel 1923 il governatore dello Hunan ordina l’arresto di Mao, il quale si trasferisce a Shanghai lavorando alla direzione del PCC come responsabile del coordinamento tra il PCC ed il Kuomintang, il partito nazionalista cinese. Tutti i membri del PCC aderiscono anche al Kuomintang. Mao al terzo congresso viene eletto nel Comitato Centrale del PCC che allora contava in totale 342 militanti.
Dopo essere stato eletto anche come membro supplente del comitato esecutivo centrale, un anno dopo al IV congresso del PCC Mao non viene rieletto nel Comitato Centrale e si dedica allo sviluppo del primo nucleo del movimento contadino dello Hunan in qualità di membro dell’apparato centrale del Kuomintang a Guangzhou, dirigendo anche il periodico “Settimanale politico”, pubblicando su un altro periodico il saggio “Analisi delle classi nella società cinese” dove per la prima volta viene applicato il marxismo-leninismo nello studio di una società feudale semicoloniale. Saggio che viene attaccato, e comincia così la lotta di Mao contro l’opportunismo di destra.
Nel 1926 assume la direzione della sezione contadina del PCC di Shanghai, ma in agosto di quello stesso anno torna nello Yunan per dirigere il movimento contadino dove, dopo una serie di inchieste, pubblica l’importante “Rapporto d’inchiesta sul movimento contadino nello Hunan”, al fine di convincere il Comitato Centrale del PCC ad adottare una nuova linea politica verso i contadini che a suo avviso, in Cina, costituiscono la forza principale della rivoluzione di nuova democrazia.
Un anno dopo, dopo esser sfuggito ad un nuovo colpo di Stato anticomunista, al V congresso del PCC è fra gli 80 delegati (in rappresentanza di 57.976 membri) ma non viene inserito nel Comitato Centrale; tuttavia i delegati dello Hunan impongono la sua inclusione tra i membri supplenti.
Diviene invece presidente dell’Associazione nazionale dei contadini cinesi, sfuggendo ancora ad uno nuovo tentativo di arresto nello Hunan per aver guidato le insurrezioni nella provincia. E’ il 1927, e con l’insurrezione di Nanchang, viene fondato l’esercito popolare di Liberazione.
Il 7 agosto, su iniziativa di Mao ad una riunione straordinaria del CC del PCC, Chen Duxiu viene destituito dalla carica di segretario generale per il suo opportunismo di destra; gli succede Qu Qiubai.
È invece l’8 settembre quando dopo il fallimento di una insurrezione Mao insieme ad 800 uomini disposti a seguirlo, si ritira sui monti Jinggang dove crea la bandiera rossa con la falce ed il martello in una stella; giorni dopo inizia a ricostituire l’esercito costituendo in ogni compagnia una cellula del PCC. Costituisce anche un soviet a Chaling, sempre nello Hunan, stabilendo sui monti Jinggang la prima “base rossa”.
Nonostante ciò, nel novembre all’interno di una riunione allargata, Mao viene destituito dall’Ufficio politico e dal Comitato centrale per il suo “moderatismo” nei confronti dei contadini medi e ricchi. In questa fase all’interno del PCC prevale la corrente degli opportunisti di sinistra che, sulla base della teoria trotzkista della “rivoluzione permanente”, sostenevano che la rivoluzione cinese aveva già un carattere socialista e praticavano azioni di piccolo gruppo nelle città.
Nel 1928, in concomitanza col VI congresso del Komintern, si svolge a Mosca il VI congresso del PCC. Mao non c’è, ma nella risoluzione vengono approvate l’organizzazione dei contadini e la guerra partigiana condotta da Mao; in questo modo egli viene rieletto membro del Comitato centrale e gli viene riassegnato l’incarico di segretario per il Fronte.
In questo anno il PCC sfugge a ben due campagne di rastrellamento contro la zona del Jinggang lanciate dal Kuomintang, ed è autore di interessanti rapporti, fra i quali “Perché può esistere in Cina il potere rosso?” e “La lotta sui monti Jinggang” dove riporta le sue principali idee nel campo della rivoluzione cinese. Redige anche la legge agraria per la base del Jinggsang.
Gli anni '29 e '30 sono decisivi nella lotta contro la corrente trotzkista cinese che guidava allora il PCC.
Mosca elogia Mao criticando il segretario Li Lisan e redigendo al IX congresso del PCC il bilancio dell’esperienza della costruzione dell’Esercito Rosso per voltarla in senso marxista-leninista liberandosi di tutte le influenze degli eserciti di vecchio tipo. Il titolo è indicativo “Come correggere le idee errate nel Partito”, in riferimento indiretto proprio ai trotzkisti di Li Lisan.
Mao scrive anche la lettera “Una scintilla può dar fuoco a tutta la prateria”, confutando il pessimismo, anch’esso presente nel partito, e partecipa attivamente in varie zone del Paese per discutere il programma dei futuri soviet e per le linee di politica agraria, fino al settembre del 1930 quando in sessione plenaria, Mao viene eletto per la prima volta nell’Ufficio politico del PCC che ha per nuovi segretari Wang Ming e Bo Gu.
Da un punto di vista militare, nel 1931 il PCC sconfigge ben 3 campagne di annientamento mosse dal Kuomintang, mentre la testa del PCC rimane nelle mani di Wang Ming che porta avanti la linea deviazionista di “sinistra” di Li Lisan, proprio nel momento in cui, a settembre, il Giappone invade la Cina, occupa la Manciuria e successivamente Shanghai.
Nel novembre viene proclamata la Repubblica cinese dei soviet e sono approvati la costituzione, un programma politico, la legge agraria, la legge sul lavoro e una risoluzione sull’esercito rosso e sul lavoro economico. Mao viene eletto Presidente dei soviet ed immediatamente lancia un appello al popolo cinese per la guerra di resistenza all’aggressione giapponese, oltre a redigere una serie interminabile di documenti legislativi per tradurre in pratica le risoluzioni del congresso.
Dal 1932 al 1934 è forte la lotta tra le due linee di partito; la prima, quella della direzione di Wang, di carattere avventurista e settaria, anche e soprattutto nel campo delle alleanze nella lotta contro l’invasore giapponese, le seconda, quella di Mao che verrà ancora una volta privato di quasi tutte le sue cariche e funzioni, con un più prudente ed equilibrato approccio militare, e aperta alle alleanze poiché aveva individuato nell’imperialismo giapponese la contraddizione principale, il primo ostacolo da superare per potere poi continuare la lotta per il socialismo. Torna ad essere membro del consiglio esecutivo del governo nel mese di maggio.
Il 16 ottobre del 1934, su sua ispirazione, inizia quell’opera colossale, la Lunga Marcia dell’esercito rosso per sfuggire all’accerchiamento del potente e moderno esercito del Kuomintang, gettando le basi della rivoluzione. 12.500 chilometri in un anno, combattendo quasi ogni giorno e superando difficoltà materiali di ogni genere. Al paragone, la marcia di Annibale attraverso le Alpi, è soltanto una gita di piacere.
Nel gennaio del 1935, mentre la lunga Marcia è ancora in corso, si tiene a Zunyi una riunione storica allargata dell’Ufficio politico del CC del PCC nella quale viene destituita la vecchia direzione ed eletto Mao presidente dell’Ufficio politico; una svolta di grandissima importanza per lo sviluppo e per la vittoria della rivoluzione di nuova democrazia poiché trionfa la strategia della guerra popolare rivoluzionaria di lunga durata elaborata da Mao.
Il 20 ottobre, la colonna diretta da Mao arriva a Weichicheng, nello Shensi, e qui si conclude la lunga marcia e inizia la storia del PCC sotto la guida di Mao.
Abbiamo visto in quale contesto nasce e cresce il giovane Mao, come pone la sua vita senza risparmiarsi, divisa fra attività politica pratica e studio, il suo approccio al marxismo-leninismo, ed in seguito di come Mao abbia affrontato numerose battaglie anche in seno al partito stesso; vicende che lo hanno forgiato e che gli hanno fatto meglio comprendere di come la borghesia sia, sempre, in qualche forma all'interno del partito del proletariato.
 

Il fronte unito
 
Perché quest’anno abbiamo scelto come tema della Commemorazione il fronte unito? Perché in generale, il fronte unito è fondamentale per unire le masse e le forze politiche e sindacali amiche per raggiungere gli obiettivi immediati e a lungo termine. In particolare esso è fondamentale in questo momento in cui spira un furioso vento di destra, ed è assolutamente necessario unire quante più forze antifasciste possibile per combattere il regime capitalista e neofascista e il governo che ne regge le sorti.
Inoltre, il lavoro di fronte unito è molto importante per entrare in contatto con le masse, specie con gli elementi più avanzati di esse che rappresentano i nostri interlocutori principali. Un lavoro da intensificare soprattutto oggi, con un attivismo giovanile in grande crescita.
Vedremo comunque dopo, nel dettaglio, gli argomenti da privilegiare per questo nostro tipo di lavoro; cercheremo di comprendere alcune sfumature del concetto di fronte unito, come comportarsi quando ne facciamo parte, a cosa stare attenti, quando temporeggiare e quando pestare sull’acceleratore.
Il lavoro di fronte unito è complesso, poiché ci comporta continue lotte ideologiche, politiche e pratiche per l'egemonia.
Nel Documento del Comitato centrale del PMLI sulla Terza Internazionale, che il 2 marzo scorso ha compiuto cento anni, a proposito del fronte unito si legge: “Nel dicembre del 1921 infatti l’Internazionale Comunista approvò all’unanimità 25 'Tesi sul fronte unico dei lavoratori (…)' e fu lanciato dunque un fronte unito 'dal basso', nonostante l’opposizione di alcuni Partiti, fra i quali anche la direzione bordighiana del PCd’I di cui facevano parte Gramsci e Togliatti.
Un fronte che è da sempre nel DNA dei veri comunisti. Il Programma della Terza Internazionale Comunista, approvato al VI Congresso nel 1928, sposava la tattica del fronte unico proletario in quanto mezzo fondamentale di mobilitazione di classe del proletariato contro il capitale, nonché come metodo di conquista della maggioranza della classe operaia per il comunismo.
Nel 1933, nell''Appello del Comitato esecutivo per il fronte unico del proletariato', lo stesso giorno dell’ascesa al potere di Hitler in Germania, si leggeva: “L’offensiva del capitale va assumendo forme più acute, la borghesia lancia una campagna contro tutte le conquiste politiche ed economiche realizzate dalla classe operaia, la reazione fascista si impadronisce di un paese dopo l’altro. L’instaurazione in Germania di una aperta dittatura fascista mette milioni di lavoratori di tutti i paesi di fronte al bisogno urgente di organizzare il fronte unico di lotta contro l’offensiva fascista della borghesia”.
Il VII Congresso, svoltosi nell'estate del 1935, mutata la situazione internazionale e l'atteggiamento della socialdemocrazia, lancia il fronte popolare costituito da tutti i partiti antifascisti senza distinzione ideologica, per abbattere i regimi fascisti e nazisti.
La linea dei fronti popolari trovò subito attuazione anche in Cina alla fine del 1935 contro l’aggressione dell’imperialismo giapponese, il PCC si pronunciò per “il più ampio fronte unico nazionale” e Mao criticò aspramente “il settarismo ristretto” a cui indulgevano ancora alcuni settori del partito.
L’applicazione della corretta linea del fronte popolare nella seconda guerra mondiale, farà emergere come giganti i partiti comunisti nella lotta antifascista e antinazista. Questi partiti però proseguirono con diversi atteggiamenti. Quello italiano fu in questo senso un esempio negativo. Non andò oltre la restaurazione della democrazia borghese e abbandonò la lotta per il socialismo.
 

I tre tipi di fronte unito
Come ebbe a dire il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nella Commemorazione di Mao del 2006: “nel nostro caso vi sono tre tipi di fronte unito che noi dobbiamo praticare.
Il fronte unito per le lotte immediate, il fronte unito internazionale contro l'imperialismo e per la libertà dei popoli, il fronte unito rivoluzionario per l'Italia unita, rossa e socialista” (1). Ebbene, oggi, tredici anni dopo, ribadiamo la correttezza e l'attualità di questa affermazione, che ispira e orienta il nostro lavoro di fronte unito.
È di tutta evidenza che i primi due fronti dobbiamo praticarli quotidianamente, mentre il terzo non è oggettivamente ancora maturo perché la rivoluzione proletaria non è dietro l'angolo. Tuttavia, fin da ora, possiamo dire che questo tipo di fronte unito dovrà essere costituito da tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religiose che sono favorevoli al socialismo, che hanno lo stesso programma e che accettano la direzione del proletariato attraverso il suo Partito. Naturalmente quest'ultimo elemento potrà essere attuato solo quando il Partito otterrà l'egemonia su queste forze rivoluzionarie.
Come recita il VI punto del Programma generale del PMLI, “La regola d'oro del Partito per la costruzione del Fronte unito rivoluzionario è questa: nel fronte unito non contano le distinzioni religiose, filosofiche e ideologiche, ma solo quelle politiche, perciò chiunque sia disposto a impugnare il fucile contro la borghesia potrà trovare posto al suo interno. Un posto di rilievo deve essere dato alle donne e ai giovani che hanno sempre dato prove storiche immortali di eroismo e di dedizione alla causa del proletariato”.
In generale, il fronte unito per le lotte immediate deve essere realizzato praticamente ogni volta che se ne presenta l’occasione, ed in ogni ambito del nostro lavoro. Questa indicazione vuol dire in sostanza che è compito di ogni istanza, di ogni singolo militante e simpatizzante del Partito, unirsi alle lotte alle quali partecipano forze con le quali condividiamo obiettivi comuni. In questo caso, poco importa se ci dovessimo trovare a fianco di partiti, gruppi ed elementi indesiderati, anche di destra, poiché quello che conta sono le diverse motivazioni, l'indipendenza e l'autonomia del nostro Partito.
Noi dobbiamo promuovere una larga politica di alleanze, e quindi di fronte unito, in particolare nel sindacato, nel movimento operaio, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle università, nel movimento studentesco e nel movimento “Non una di meno”, nei comitati antifascisti così come in quelli ambientali ed in certe esperienze culturali, poiché solo attraverso il lavoro di massa possiamo aiutare le masse lavoratrici, disoccupate, pensionate, femminili, studentesche a risolvere i loro problemi immediati ed ottenere così la loro stima e la loro fiducia, e per far loro abbracciare gradualmente la nostra causa.
Quotidianamente dobbiamo servire il popolo con tutto il cuore e con grande devozione, dobbiamo legarci alle masse e non staccarci mai da esse, agendo in conformità ai loro bisogni ed i loro desideri e non anteponendo a questi un nostro desiderio che, seppur ben intenzionato, non è ciò che esse al momento desiderano.
Per noi è ovvio che le masse, a cominciare dal proletariato, abbiano obiettivamente bisogno di una radicale trasformazione sui piani ideologico, politico e organizzativo, ma esse non hanno ancora coscienza di questo bisogno, al momento non hanno né il desiderio né la volontà di compiere questa trasformazione.
Dobbiamo quindi lavorare con pazienza e perseveranza per far maturare questa coscienza, questo desiderio e questa volontà, incalzando, soffiando sul fuoco, svolgendo al meglio il nostro ruolo di avanguardia, consapevoli che riusciremo a realizzare questa trasformazione solo quando, in seguito al nostro lavoro, le masse stesse saranno nella maggior parte divenute coscienti di questo bisogno e acquisteranno il desiderio e la volontà di soddisfarlo.
Per conquistare qualsiasi obiettivo infatti, per realizzare anche la minima aspirazione delle masse, è necessario che le masse stesse siano, almeno in una certa misura, protagoniste convinte di questa lotta. Nulla si può fare forzandole o pensando di poter dirigere movimenti, fronti uniti inclusi, se esse sono poco convinte. Impensabile e controproducente è comunque sostituirsi a loro interamente. Come fanno gli “ultrasinistri”.
Mao sosteneva: “'La fretta non porta al successo'. Bene inteso, ciò non vuol dire che non sia necessario agire con rapidità, significa soltanto che non bisogna gettarsi all’avventura, poiché l’avventurismo conduce inevitabilmente all’insuccesso. È così per ogni lavoro, e in particolare per il lavoro culturale ed educativo che mira alla rieducazione ideologica della masse. Si tratta qui di due principi: il primo riguarda i bisogni reali delle masse e non quelli nati dalla nostra immaginazione; il secondo riguarda i desideri liberamente espressi dalle masse, le decisioni che hanno preso da sole e non quelle che noi prendiamo al loro posto ”.(2)
In generale, il fronte unito internazionale contro l'imperialismo e per la libertà dei popoli è composto da tutti i popoli, i movimenti, i partiti e i governi del mondo che lottano contro le guerre di aggressione, di occupazione, contro le rapine ed i saccheggi delle risorse, le ingerenze, i soprusi, le imposizioni e i ricatti dei paesi imperialisti. Vi fanno parte anche i popoli, i movimenti e i partiti che combattono contro le dittature borghesi e reazionarie dei propri Paesi.
Il nostro Partito fa parte integrante di tale fronte e appoggia incondizionatamente tali lotte, indipendentemente dalle forze che le dirigono, anche se sono anticomuniste e non ne condividiamo certi atti e metodi di lotta. Noi continueremo a prendere le nostre posizioni avendo bene a mente questo concetto fondamentale. Chiunque combatte l'imperialismo, compresi i movimenti islamici, definiti terroristici da parte dei governanti imperialisti, della Nato e dell'UE, non può non avere l'appoggio del PMLI. Noi siamo dalla parte delle forze che combattono per la libertà della Palestina, dell'Afghanistan, dell'Iraq, della Libia, della Siria, del Kashimir e del Saharawi. Noi siamo contro le superpotenze imperialiste americana, cinese, russa ed europea e contro tutte le alleanze militari, a cominciare dalla Nato. Ma pensiamo che il contributo più grande che noi possiamo dare alla lotta all'imperialismo è quello di combattere e abbattere l'imperialismo italiano.
Noi appoggiamo le cinque condizioni del grandioso movimento giovanile e popolare di Hon Kong che lotta da quasi quattro mesi per la democrazia, affrontando con ammirevole coraggio le forze repressive del governo al servizio dei socialimperialisti di Pechino. Così come appoggiamo la lotta delle masse con in testa i giovani di Mosca per i diritti elettorali e contro il nuovo zar Putin.
Nel 1941, all’indomani dell’attacco nazista all’Unione Sovietica di Stalin, Mao lanciò un importante appello: “Il compito dei comunisti di tutto il mondo è in questo momento quello di mobilitare i popoli di tutti i paesi e di creare un fronte unito internazionale per combattere il fascismo, difendere l'Unione Sovietica, difendere la Cina, difendere la libertà e l'indipendenza di tutte le nazioni. In questo periodo occorre concentrare tutte le forze nella lotta contro l'asservimento fascista”.
I compiti del Partito Comunista Cinese, in tutto il paese, sono i seguenti:
Perseverare nella politica del fronte unito nazionale antigiapponese, perseverare nella cooperazione fra il Kuomintang e il Partito comunista, scacciare dalla Cina gli imperialisti giapponesi e, così facendo, aiutare l’Unione Sovietica.
Opporsi risolutamente a qualsiasi attività antisovietica e anticomunista svolta dagli elementi reazionari della grande borghesia.
Nelle relazioni internazionali, allearsi contro il nemico comune con tutti coloro che in Gran Bretagna, negli Stati Uniti e negli altri paesi sono contro i governanti fascisti della Germania, dell’Italia e del Giappone”. (3)
 

Lotta e unità nel fronte unito
Lavorando nei fronti uniti, dobbiamo tenere a mente anche altri aspetti che per noi sono fondamentali, in primis il consolidamento e l’allargamento del fronte del quale facciamo parte. Per raggiungere questo obiettivo e per far rimanere il fronte sulle posizioni e sugli obiettivi condivisi, dobbiamo necessariamente unire le forze più avanzate, conquistare con pratica e dialettica le forze intermedie, e combattere e isolare le forze opportuniste di destra.
Innanzitutto, dunque, bisogna saper individuare le componenti nostre amiche del fronte, gli elementi sui quali possiamo fare affidamento e quelli che possono essere pericolosi per l’unità, l'azione e lo sviluppo del fronte stesso. Nel fronte unito le contraddizioni sono inevitabili, Mao insegna come si affrontano e qual è il mezzo per raggiungere l’unità. In sintesi: l’unità perdurerà ricercandola attraverso la lotta; si sgretolerà se la si ricerca nel “quieto vivere” e attraverso concessioni fuori misura. Questa verità l’abbiamo verificata sul campo, nelle diverse esperienze di fronte unito fatte dalle istanze di base del Partito.
È un errore passare sopra le contraddizioni per paura che si rompa il fronte unito, così come è un errore pensare che si debba lottare ciecamente senza distinguere tra alleati e avversari, senza fare un ragionamento tattico. Insomma bisogna saper gestire la politica di fronte unito facendo bene attenzione a non sbandare a destra o a “sinistra”.
 

L’indipendenza del Partito nel fronte unito
Nel fronte unito ogni partito o gruppo politico che ne fa parte, nessuno escluso, deve avere effettivamente la propria indipendenza ideologica, politica ed organizzativa. È chiaro però che essa può solo essere relativa e non assoluta; considerarla assoluta vorrebbe dire sabotare la politica di unità e di azione comune. Tuttavia nessuno deve negarla a nessuno né dal punto di vista ideologico né da quello politico; una libertà che naturalmente non deve contrapporsi all’obiettivo comune.
Per dirla con Mao: “In breve, non dobbiamo assolutamente rompere il fronte unito, ma non dobbiamo in nessun caso legarci mani e piedi; perciò non dobbiamo lanciare la parola d’ordine 'tutto attraverso il fronte unito'. (…) La nostra politica è quella dell’indipendenza e dell’autonomia in seno al fronte unito, ossia una politica di unità e al tempo stesso di indipendenza ”.(4)
 

La direzione del fronte unito
Il nostro obiettivo strategico non può che essere quello di dirigere il fronte unito, naturalmente senza controproducenti forzature, ma quando ne abbiamo create le condizioni e corrisponde al desiderio delle masse coinvolte. Come sappiamo, ciò non si ottiene spontaneamente e per concessione, ma attraverso una dura lotta per l'egemonia conquistando il consenso e l'appoggio della maggioranza del fronte unito e dimostrando nella pratica di saperlo dirigere e di saper far raggiungere alle masse gli obiettivi prefissati. Altrimenti la nostra direzione è destinata a non esserci mai o a essere persa per incapacità a mantenerla.
Riuscire ad ottenere la direzione dei fronti uniti ai quali partecipiamo è una questione di fondamentale importanza perché il PMLI va fino in fondo nelle battaglie che intraprende, è fedele alle masse in lotta, spinge sempre in avanti il movimento e non molla mai la presa finché le masse non conquistano la vittoria.
Anche sotto una direzione riformista i movimenti possono riuscire a soddisfare le richieste immediate delle masse, ma non potranno mai essere rivoluzionari. Solo sotto una direzione proletaria rivoluzionaria e marxista-leninista i movimenti possono valicare i confini istituzionali e costituzionali borghesi e assumere, nel tempo, un carattere anticapitalista e per il socialismo.
Ascoltiamo Mao: “In questo modo il nostro Partito (dirigendo il movimento) non solo si assicurò la possibilità di vincere l’imperialismo giapponese nel periodo in cui si abbandonava all’aggressione, ma anche, quando Chiang Kai-Shek dopo la capitolazione del Giappone sferrò la sua guerra controrivoluzionaria, la possibilità di passare senza difficoltà e senza subire perdite a una guerra rivoluzionaria popolare per opporsi alla guerra controrivoluzionaria di Chiang Kai-Shek, e di riportare una grande vittoria in un breve periodo di tempo. Tutti i compagni del Partito devono aver bene impresso a mente questo insegnamento storico ”.(5)
 

Le deviazioni nel fronte unito
La nostra linea sul fronte unito è, come detto, una potente arma, ma se non la sappiamo usare con correttezza non serve a nulla. Bisogna prestare una particolare attenzione alle possibili deviazioni di destra o di “sinistra” cui possiamo andare incontro.
L'opportunismo di destra è il pericolo maggiore che corriamo nel lavoro di fronte unito. Questo pericolo consiste nel non combattere per far valere le nostre posizioni e le nostre proposte, nell'evitare di sviluppare il dibattito politico, nel fare concessioni che possono essere evitate, nel mettersi alla coda dei riformisti di sinistra. Va da sé che se noi lavoriamo in subordine ad essi, nulla può giovarci, poiché non rappresenteremo né l’avanguardia più cosciente del movimento da un punto di vista di classe, né riusciremo mai a ricoprire il ruolo di leader riconosciuti, perdendo la possibilità di attirare le masse sia al fronte in maniera diretta, sia al Partito in maniera indiretta.
Possiamo permetterci di non ottenere il consenso degli autentici comunisti, delle ragazze e dei ragazzi sinceramente rivoluzionari perché rimaniamo a rimorchio o all’ombra dei riformisti di sinistra? Certo che no.
Un altro atteggiamento erroneo nel lavoro di fronte unito è indubbiamente il settarismo.
Mentre fronte unito significa unire grandi forze, quante più possibili, per un obiettivo comune, essere settari significa nei fatti combattere una battaglia che da soli non potremmo mai vincere. Un atteggiamento tipicamente anarchico, “ultrasinistro” e piccolo borghese che attualmente non riguarda nessuno nel PMLI, ma è bene stare in guardia per combatterlo se dovesse un giorno manifestarsi.
Ecco cosa dice Mao su questo argomento: “I difensori dell’altra tattica (settarismo) dicono: (…). Le forze della rivoluzione devono essere pure, di una purezza adamantina, e la strada della rivoluzione deve essere dritta, assolutamente dritta. È vero solo ciò che è scritto nel 'Libro Sacro'. Tutta la borghesia nazionale è sempre stata controrivoluzionaria, e lo sarà sempre. Ai contadini ricchi non si devono fare concessioni. Contro i sindacati gialli, lotta a morte. Se stringiamo la mano a Tsai Ting-kai, dobbiamo, nello stesso momento, tacciarlo di controrivoluzionario. Esiste un gatto che non ami il lardo, esiste un signore della guerra che non sia un controrivoluzionario? Gli intellettuali restano rivoluzionari per non più di tre giorni, perciò è pericoloso fare proseliti fra loro. Di qui la conclusione che il chiuso settarismo sarebbe la panacea di tutti i mali e il fronte unito una tattica opportunista. Compagni, cosa è giusto, il fronte unito o il chiuso settarismo? Quale dei due il marxismo-leninismo approva? Io rispondo senz’altro: il fronte unito, non il chiuso settarismo ”.(6)
Il settarismo fa “rintanare il pesce nel fondo dell’acqua e gli uccelli nel folto del bosco ”.(7), come a dire che esso spinge le masse che vogliono raggiungere un obiettivo che anche noi condividiamo, nelle braccia della borghesia e dei partiti revisionisti o trotzkisti che senza il PMLI hanno la strada spianata.
No quindi al settarismo, ma come abbiamo già detto, attualmente dobbiamo prestare una seria attenzione all'opportunismo di destra, alla condivisione e all'apertura incondizionata di tutto ciò che ci viene proposto. Questa deviazione col tempo fa dissolvere la lotta come una bolla di sapone.
Ascoltate ancora Mao: “La lotta ideologica su due fronti deve adattarsi alle circostanze concrete in ogni caso; non bisogna mai affrontare un problema in modo soggettivo né indulgere alla vecchia e cattiva abitudine di mettere le 'etichette' alla gente.
Nella lotta contro le deviazioni, dobbiamo fare molta attenzione a combattere il doppio gioco. (…) Acconsentire in pubblico e disapprovare in privato, dire di sì e pensare di no, dire cose gentili in faccia e giocare brutti tiri dietro le spalle: queste sono tutte forme di doppio gioco”. (8)
A quattro mesi alla proclamazione della Repubblica Popolare Cinese, Mao così traeva un bilancio di quelli che erano stati gli ingredienti fondamentali che avevano consentito al PCC di ottenere la vittoria prima sull’aggressore giapponese, poi sulle armate nazionaliste del Kuomintang: “Noi abbiamo fatto molte esperienze preziose. Un partito disciplinato, armato della teoria marxista-leninista, che pratica l’autocritica ed è legato alle masse popolari; un esercito sotto la direzione di tale partito; un fronte unito di tutte le classi rivoluzionarie e di tutti i gruppi rivoluzionari sotto la direzione di tale partito: ecco le tre armi principali con le quali abbiamo sconfitto il nemico.
Ed è ciò che ci distingue dai nostri predecessori. Fidando su queste tre armi, abbiamo ottenuto fondamentalmente la vittoria. Abbiamo percorso una strada tortuosa. Abbiamo lottato contro le deviazioni opportunistiche sia di destra che di 'sinistra' manifestatesi nel nostro Partito.
Ogni qualvolta abbiamo commesso seri errori in questi tre campi, la rivoluzione ha subito dei rovesci. Ammaestrati dagli errori e dai rovesci, siamo diventati più saggi e facciamo al meglio il nostro lavoro. È difficile per qualsiasi partito politico e qualsiasi individuo evitare errori, ma bisogna farne il meno possibile. Una volta commesso un errore, dobbiamo correggerlo: più rapidamente e completamente lo faremo, meglio sarà”. (9)
Che tutto il Partito tenga bene a mente questa verità.
 

Il Partito
Mao indica nel Partito lo strumento più importante della lotta di classe, perché senza di esso non è possibile né creare né dirigere nulla che abbia un carattere e delle posizioni rivoluzionarie.
Naturalmente quello al quale fa riferimento Mao non è certo un qualsiasi partito di tipo socialdemocratico o revisionista, ma un partito dalle marcate caratteristiche ideologiche, politiche, programmatiche e organizzative proletarie rivoluzionarie ben precise, che abbia come linea di pensiero il marxismo-leninismo e che sia basato sul centralismo democratico.
Un partito di quadri responsabili, coscienti, istruiti politicamente, disciplinati, e capaci di organizzare e guidare le masse, in tutte le stagioni, anche in tempi non rivoluzionari come questi.
Nel nostro Paese, il PMLI ha queste caratteristiche; tuttavia è ancora troppo piccolo e debole per dare il meglio di sé e per essere completamente all'altezza dei grandi compiti rivoluzionari che gli spettano.
Come ben sappiamo, non riusciremo mai a coinvolgere le masse nella lotta per il socialismo senza interessarci dei loro problemi concreti e immediati, senza difenderle ideologicamente e materialmente dagli attacchi della borghesia in ogni campo, essendo fra di loro sempre e tenendo presente i loro punti di vista per farli coincidere coi nostri, attraverso un lavoro dialettico di persuasione e convincimento. Solo in questo modo potremo far crescere gradualmente la loro coscienza politica fino al punto di abbracciare la causa socialista e lottare per portarla alla vittoria.
"Io sostengo davanti a questo congresso - sottolineava Mao - che bisogna prestare seria attenzione ai problemi della vita delle masse, da quelli della terra e del lavoro a quelli della legna, del riso, dell'olio e del sale (...). Dobbiamo aiutare le larghe masse a capire che rappresentiamo i loro interessi, che la loro vita è la nostra stessa vita. Dobbiamo aiutarle a capire, partendo da queste cose, i compiti ancora più alti che abbiamo posto, i compiti della guerra rivoluzionaria, in modo che esse appoggino la rivoluzione e la estendano in tutto il paese, rispondano ai nostri appelli politici e lottino fino in fondo per la vittoria della rivoluzione ".(10)
Per conquistare qualsiasi obiettivo, per realizzare anche la minima aspirazione delle masse, è necessario che le masse stesse siano protagoniste convinte di questa lotta. Nulla si può fare forzandole o pensando di dirigere movimenti, fronti uniti inclusi, se esse sono poco convinte. Impensabile e controproducente è poi sostituirsi a loro interamente. L’abbiamo già visto.
Pensate ad esempio ai tanti giovani che negli anni passati hanno speso vanamente la loro vita nel terrorismo cosiddetto "rosso", senza rendersi conto del grave danno che hanno arrecato alle masse e alla causa rivoluzionaria.
Ci auguriamo che ciò, testimoniato dai fatti che registrano il fallimento totale di questa strategia, sia compreso dai ragazzi e dalle ragazze di oggi sinceramente rivoluzionari affinché non si facciano più invischiare in questa pratica di lotta individualista e piccolo borghese, che rappresenta una trappola mortale, soprattutto a livello politico, per loro stessi e per la rivoluzione.
Le masse proletarie e popolari, per esperienza diretta, per le circostanze che si determineranno e per l'azione politica dei marxisti-leninisti, arriveranno senz’altro a comprendere la necessità di agire sui temi che proponiamo e, prima o poi, a far propria anche la necessità rivoluzionaria. Ma finché non avranno questa coscienza, è inutile e controproducente spingerle ad azioni delle quali non sono convinte, a maggior ragione se ancora dobbiamo conquistare la loro fiducia sul piano politico.
Non importa il tempo che ci vorrà per accumulare le forze rivoluzionarie necessarie; ciò che conta è non essere impazienti, non gettarsi in avventure, e non stancarsi mai nel perseguire i nostri obiettivi immediati e tantomeno quello strategico della rivoluzione socialista, anche se dovessimo impiegarci tutta la vita.
"Noi dobbiamo agire - ci insegna Mao - in base alle condizioni concrete e raggiungere il nostro scopo naturalmente, senza forzature. Per la nascita di un bimbo, ad esempio, occorrono nove mesi, se il medico la vuole provocare al settimo mese, esercitando una pressione, è un male: è una deviazione di 'sinistra'. Se si tenta di impedire la nascita, quando i nove mesi sono già trascorsi e il bambino stesso desidera veramente venire alla luce, è quello che chiamiamo deviazione di destra. In breve, le cose evolvono nel tempo, quando è il momento di agire bisogna farlo, se lo si impedisce si devia a destra; ma se il momento non è ancora arrivato e si forza ad agire si devia a 'sinistra'". (11)
 

Il PMLI e il fronte unito
 
La pratica del fronte unito, del lavoro di massa, dell’unità d’azione con altri partiti che comprendono anche settori della “sinistra” borghese per combattere il fascismo, il razzismo e il governo in carica, sono una costante dell’attività del PMLI.
Una linea politica ben determinata e che si affina, si arricchisce e che migliora in base all’esperienza che man mano acquisiamo nella lotta di classe e nelle nostre esperienze sul campo.
Anche la creazione di un fronte unito - quantomeno anticapitalista - con i partiti che hanno ancora la bandiera rossa con la falce ed il martello è un obiettivo che il PMLI persegue da tempo; tuttavia non dobbiamo sopravvalutare l’importanza di questo fronte, poiché la conquista dei sinceri comunisti e delle masse e lo sviluppo della lotta di classe non dipendono da esso.
D’altra parte, come dimostrano i fatti, se tale fronte unito non si è ancora potuto realizzare, salvo in certi casi a livello locale, non è colpa del PMLI ma dei partiti che si definiscono comunisti, i quali non solo ci evitano e non ci coinvolgono nelle iniziative unitarie promosse da loro o da altri, ma addirittura operano per isolarci ed emarginarci dalle organizzazioni di massa delle quali facciamo parte e dalle manifestazioni di piazza.
Certo è che il nostro Partito è pienamente disponibile a confrontarsi dialetticamente con coloro che si professano comunisti, ed è pronto a riceverli nel PMLI anche se non condividono tutta la sua linea politica. Lo consente la Risoluzione della sesta Sessione plenaria del 5° CC in cui è stabilito che “può essere ammesso al PMLI anche chi non condivide qualche punto particolare della linea del Partito purché sia d’accordo con lo Statuto, il Programma generale e l’astensionismo elettorale tattico, strategico nel caso delle elezioni europee”.
Conquistare chi si ritiene e si onora di essere comunista è un nostro compito rivoluzionario di primaria importanza, indispensabile per ribaltare il rapporto di forza fra noi e l’alveo riformista, parlamentarista e costituzionale.
Il PMLI ha sempre perseguito una politica di fronte unito. Per la memoria è utile ricordare qualche suo passaggio principale, a partire dalle lettere aperte degli anni ’70 ai partiti e ai gruppi che si definivano comunisti marxisti-leninisti invitandoli ad unirsi per fondare assieme un unico Partito rivoluzionario marxista-leninista; gli appelli unitari alla base del PRC che generosi compagni diffusero alle manifestazioni nazionali annuali che quel partito svolgeva a Roma; gli sforzi, attraverso i compagni Emanuele Sala e Dario Granito, nel tentare di stabilire delle alleanze con i gruppi cattolici di sinistra allora più autorevoli e sulla cresta dell’onda, quali i Beati costruttori di pace di Albino Bizzotto, di “Nigrizia” allora diretta dal missionario comboniano Alex Zanotelli, di “Testimonianze” di padre Ernesto Balducci, del gruppo di don Enrico Chiavacci, con Pax Christi e, negli anni più recenti, con Vitaliano Della Sala e con altri preti “di grido”.
Ricordiamo anche alcune grandi battaglie unitarie che il Partito ha combattuto in questi anni, le cui esperienze ci servono ancora oggi sia per ispirazione, sia per migliorare il nostro lavoro: il Movimento per il Centro sociale e di servizi del quartiere 4 di Firenze diretto dalla compagna Monica Martenghi con a fianco “Lucia” Nerina Paoletti; la Biblioteca popolare del quartiere 4 di Firenze; la Biblioteca popolare “Marco Marchi” di Firenze; il 1° Maggio in Piazza dell’Isolotto di Firenze promosso e diretto indirettamente per lunghi anni con alla testa la compagna Claudia Del Decennale e Angela Rossi; il Comitato 6 Ottobre dei giovani di Firenze diretto dal compagno Simone Malesci; il Comitato dei giovani dell’Isolotto, Argingrosso, Le Torri, Legnaia e Soffiano. In questi movimenti giovanili un ruolo importante l'ha svolto il compagno Marcello, che ha messo alle corde, in un confronto diretto svoltosi in piazza dell'Isolotto, l'allora sindaco di Firenze Elio Gabbuggiani. Vanno inoltre ricordati il Comitato donne del quartiere 4 di Firenze; il Comitato di scienze politiche dell’Università di Firenze durante il movimento della “Pantera” diretto dal compagno Erne Guidi; Studenti di Giurisprudenza in lotta a Napoli promosso e diretto indirettamente dalla Cellula “Vesuvio Rosso” di quella città; il Coordinamento contro la guerra e il “25 Aprile” di Palermo, il Comitato giovani di Reggio Calabria e il Comitato contro la chiusura dell'ospedale di Varallo Sesia, promossi e diretti indirettamente dalle locali Cellule del Partito; i Comitati per la difesa del diritto di sciopero e per la difesa della scala mobile diretti dal compagno Emanuele Sala; i Comitati per la difesa dell’articolo 18 e per l’acqua pubblica, la partecipazione nei movimenti contro la Tav, le Trivelle, il Tap, la partecipazione alle campagne su altri referendum, in particolare a quelli sulla controriforma costituzionale promossa prima da Berlusconi e successivamente da Renzi, che hanno coinvolto sostanzialmente tutte le istanze del Partito.
Recentemente abbiamo svolto un proficuo lavoro unitario in tutto il Paese per celebrare il Centenario della Rivoluzione d’Ottobre e il Bicentenario della nascita di Marx.
Gli ultimi esempi di fronte unito, sono il Comitato antifascista di Scandicci, in cui le compagne e i compagni del luogo stanno dando l’anima per la chiusura del covo di CasaPound; il Comitato per la celebrazione del Sessantotto a Rufina il cui perno è stato l’Organizzazione locale del Partito; la partecipazione al movimento contro il Muos e per la chiusura della base di Sigonella in Sicilia che vede molto attiva la Cellula “Stalin” della provincia di Catania diretta dal compagno Sesto Schembri; l’alleanza di fatto con “il sindacato è un’altra cosa” per il congresso della CGIL che ha visto protagonisti diversi nostri compagni come relatori della mozione di opposizione; alcuni movimenti di Ischia in cui svolge un ruolo di primo piano l’Organizzazione locale del Partito diretta dal compagno Gianni Vuoso.
In sostanza, non c’è battaglia nazionale e locale che non veda il PMLI praticare una politica unitaria e di grande apertura verso le masse e di chi, organizzatori o meno, sta a sinistra del PD. Una politica espressa con particolare forza, convinzione e determinazione dal CC che, nel suo documento emesso subito dopo la costituzione del governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio, ha chiesto formalmente a tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose democratiche e antifasciste, a cominciare dai partiti con la bandiera rossa e la falce e martello, di unirsi per buttarlo giù.
 

Il fronte unito sindacale
Al primo posto del lavoro di massa e di fronte unito del PMLI, c’è da sempre il lavoro sindacale, che deve essere svolto dalle lavoratrici e pensionate, dai lavoratori e dai pensionati militanti e simpatizzanti del Partito dentro e fuori la CGIL con l’obiettivo strategico di costruire quando ce ne saranno le condizioni il Sindacato delle Lavoratrici e dei Lavoratori, delle pensionate e dei pensionati. Una proposta non facile da accettare perché, tra l'altro, richiede lo scioglimento di tutti gli attuali sindacati, confederali e non confederali. Però potrebbe essere facilitata dal fatto che già si parla ai vertici di CGIL, CISL e UIL di un unico sindacato confederale.
In ogni caso tutti i membri e simpatizzanti del PMLI che lavorano, che sono pensionati o che sono disoccupati devono iscriversi alla CGIL, salvo particolari eccezioni che possono essere valutate singolarmente dalla propria istanza. Non perché la CGIL rappresenti il nostro modello sindacale, tutt’altro; questo passo si rende necessario poiché è in essa che è presente la maggioranza delle masse lavoratrici e pensionate di ogni categoria e con le quali dobbiamo entrare in contatto per far maturare loro la coscienza di classe. E dobbiamo farlo in maniera organizzata dando vita, avendo i numeri, alla Corrente sindacale dei marxisti-leninisti aperta agli anticapitalisti e agli antifascisti che condividono la nostra strategia sindacale, anche se non sono d'accordo in tutto o in parte con la nostra ideologia e con la nostra proposta di socialismo.
Lenin ha scritto: “Proprio l’assurda teoria della non partecipazione dei comunisti ai sindacati reazionari mostra con la massima evidenza con quanta leggerezza questi comunisti di sinistra affrontino il problema dell’influenza sulle masse e quale abuso facciano nei loro sproloqui del termine masse. Per aiutare le masse e conquistarsi la simpatia, l’adesione, il sostegno, non si devono temere le difficoltà, gli intrighi, gli insulti, le persecuzioni da parte dei capi (…) e bisogna lavorare assolutamente là dove sono le masse. Bisogna saper sopportare qualsiasi sacrificio, superare i maggiori ostacoli, per svolgere una propaganda e un’agitazione sistematiche, tenaci, costanti e pazienti (…) dovunque si trovino le masse proletarie o semiproletarie ”.(12)
La nostra attività all’interno della CGIL, ad oggi, non può essere che quella di far parte dell’area di minoranza “Riconquistiamo tutto”, della quale condividiamo gran parte del documento politico. Un'adesione leale di fronte unito, ma anche in piena autonomia, portando avanti la nostra linea sindacale e dando il nostro contributo contro la destra della CGIL e nel lavoro quotidiano per la difesa dei diritti dei lavoratori e dei pensionati.
Nei fatti, i benefici che ne derivano sono maggiori degli svantaggi, anzitutto quello di avere una maggiore possibilità di collegarci con la base della CGIL e di rompere l'isolamento sindacale.
Dunque: Buon lavoro alle lavoratrici e alle pensionate, ai lavoratori e ai pensionati e ai sindacalisti rossi!
 

Il fronte unito giovanile e studentesco
Accanto al lavoro sindacale, nelle nostre priorità sta quello giovanile e studentesco, come stabilito dal 5° Congresso nazionale del Partito. Dobbiamo lavorare in parallelo su questi due fronti decisivi per lo sviluppo della lotta di classe e per lo sviluppo del PMLI.
Nonostante oltre mezzo secolo di decomunistizzazione delle masse operata prima dal vecchio PCI revisionista e poi dai partiti falsi comunisti nati da esso, nonché per colpa degli ideologi borghesi che proclamano la morte delle ideologie, i giovani rimangono i più suscettibili al cambiamento, i più aperti verso le idee progressiste e rivoluzionarie, i più liberi dai condizionamenti.
Non può essere che nostro il difficile compito di elevare la loro coscienza politica, trasmettergli il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea proletaria rivoluzionaria del PMLI. Dobbiamo confutare le menzogne della borghesia, dei suoi scribacchini e degli imbroglioni revisionisti di destra e di "sinistra", proponendo instancabilmente il socialismo come unica vera alternativa all'imperialismo e al sistema capitalista di oppressione e di sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Dobbiamo raccontare loro la vera storia del movimento operaio internazionale e l'esperienza del socialismo realizzato nell'URSS di Lenin e Stalin e nella Cina di Mao. Se lo facciamo bene, ne resteranno entusiasti, almeno le ragazze e i ragazzi più avanzati e combattivi. “Il Bolscevico”, di cui il 15 dicembre di quest'anno ricorre il 50° Anniversario della fondazione che salutiamo con calore, è una fonte preziosissima su questi temi.
Dobbiamo fare di tutto per legarci ai giovani e ottenere la loro fiducia e il loro appoggio militante perché è nel nostro come nel loro interesse; per questo le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti devono interessarsi a fondo delle loro problematiche e intervenire tempestivamente, con proposte e rivendicazioni che sappiano dare risposta alle loro esigenze, in particolare alla carenza di lavoro ed al precariato, che legano a doppio filo questo fronte a quello operaio e sindacale.
Dobbiamo continuare a considerare centrale l'attività negli organismi di massa studenteschi, specialmente nei collettivi di ciascuna scuola, facoltà e ateneo. Quando già ce ne sono, promossi dalla "sinistra" borghese o anche dall'"ultrasinistra", dobbiamo stabilire se ci sono le condizioni per lavorare al loro interno dando vita, assieme ai simpatizzanti e agli studenti che condividono la nostra linea scolastica e universitaria, alla Corrente studentesca marxista-leninista; se non ci sono le forze per farlo, i singoli studenti marxisti-leninisti devono comunque impegnarsi per applicare e far passare la nostra piattaforma. Quando invece questi collettivi mancano, dobbiamo cercare di promuoverne noi, naturalmente dopo esserci conquistati una base che ci permetta di renderli effettivamente di massa. Dobbiamo conoscere a menadito la linea studentesca e sull'istruzione del PMLI, che ha al centro la parola d’ordine Scuola e università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti e sforzarci di applicarla al meglio, tenendo conto delle situazioni specifiche in cui operiamo. Per orientarsi, dobbiamo seguire la bussola del Vademecum delle studentesse e degli studenti marxisti-leninisti.
Dunque: Buon lavoro alle studentesse e agli studenti marxisti-leninisti!
 

Il fronte unito delle donne
Per il PMLI le masse femminili sono una componente fondamentale del popolo, senza la quale è impossibile fare avanzare sui piani politici, sociali, economici e rivendicativi la lotta di classe. Come ha detto il compagno Scuderi nelle conclusioni alla Riunione allargata della Commissione donne del CC del PMLI del 10 novembre 1990 “Non è possibile che avvenga l'emancipazione del proletariato se non avviene l'emancipazione femminile. Sono due cose dialetticamente legate fra loro. È il proletariato, e perciò il Partito del proletariato, il nostro Partito, che ha questo problema; è l'intero Partito che l'affronta, è l'intero Partito che lo cura, è l'intero Partito che lo vuol risolvere grazie a voi, grazie alla Commissione femminile centrale e a tutte le Istanze del Partito.”
Purtroppo al momento attuale non disponiamo di un numero sufficiente di compagne, militanti e simpatizzanti del PMLI, per poter fare fuoco e fiamme sul nevralgico fronte femminile. Ma quello che possiamo fare, facciamolo e facciamolo bene, unendoci con tutte le forze femminili di sinistra ed in particolare con “Non una di meno”, che è attualmente l'unico movimento rappresentativo, attivo e combattivo delle masse femminili di sinistra a livello nazionale. Per quanto è possibile e là dove è possibile, noi dobbiamo lavorare entro di esso, in considerazione anche del fatto che è l'unico veicolo specifico per arrivare alle masse femminili.
Siamo convinti che un nostro intervento all'interno delle sue Assemblee, sia locali che nazionali, può valere più di mille volantini diffusi tra le masse femminili. Non condividiamo in toto la linea politica del movimento, ma certi suoi importanti aspetti, come l'aver individuato le responsabilità della violenza di genere sulle donne, sulle lesbiche, sui gay e le persone transessuali nel capitalismo e nel neoliberismo, così come le rivendicazioni sui bisogni immediati delle masse femminili e la difesa di diritti come l'aborto, la battaglia per avere più lavoro, e quella per i servizi sociali come consultori e asili nido, sono un buon punto d'incontro per svolgere bene il nostro lavoro di fronte unito sulla base della linea femminile del PMLI e per rilanciare, con i dovuti accorgimenti tattici, a una platea che già è predisposta a recepirla, la nostra strategia del socialismo.
Anche all'interno di “Non una di meno”, così come nell’ANPI, in CGIL e ovunque a livello di massa, lavorano partiti della “sinistra” borghese, partiti falsi comunisti e trotzkisti con i cui rappresentanti ci dovremo misurare: applichiamo la linea femminile e di fronte unito del Partito, attuandola in maniera intelligente per far valere le nostre opinioni e proposte, per orientare correttamente il movimento elevandone la coscienza politica e la combattività anticapitalista. La risoluzione dei problemi immediati delle masse femminili, primi fra tutti quelli del lavoro e della violenza maschile sulle donne, devono essere al centro delle nostre attenzioni e interventi.
Allo stesso modo dobbiamo continuare a mobilitarci in maniera unitaria contro il disegno di legge Pillon che va ritirato.
È una vergogna il tentativo di riportare indietro l’orologio della storia proponendo la figura di una donna sottomessa, senza diritti sociali e civili, relegata ad essere un “angelo del focolare”, così com’è inaccettabile e pericolosa l’intolleranza che muove questo decreto nei confronti degli omosessuali, dei transessuali e di tutte le persone LGBTQIA.
 

Il fronte unito antifascista
Il nostro Partito per natura, per l'ideologia e la pratica sociale è antifascista e quindi non possiamo assolutamente rinunciare all’antifascismo, anzi, abbiamo una posizione d'avanguardia che oggi significa denunciare, combattere e sconfiggere il fascismo del XXI secolo.
Lo scorso 25 Aprile è stato senz'altro uno dei più partecipati e combattivi degli ultimi decenni. In tutta Italia, il popolo antifascista, democratico e progressista è sceso risolutamente in piazza per celebrare ma anche difendere il 25 Aprile, comprendendo perfettamente l'importanza della posta in gioco, in questo momento in cui è particolarmente grave l'attacco alla memoria della Resistenza ed all'antifascismo da parte dei nostalgici dichiarati di Mussolini ma anche dei fascisti mascherati come Salvini, che con l’azione del suo governo appoggiato da Di Maio e Conte, li ha incoraggiati e li protetti.
Numerose amministrazioni di destra hanno boicottato lo scorso 25 Aprile, con gesti alle volte eclatanti, a testimoniare che il governo è stato amico dei fascisti e nemico degli antifascisti.
L’appoggio in ambito istituzionale a CasaPound, Forza Nuova e alle altre formazioni neofasciste e neonaziste è stato chiaro come il sole; mai come in questo periodo le loro squadracce hanno imperversato nel nostro Paese, hanno avuto agibilità ed appoggio. Potremmo fare centinaia di esempi.
Tuttavia le contestazioni antifasciste che non hanno dato tregua al duce Salvini, inseguendolo per tutto il Paese ovunque sia andato a spargere la sua sporca propaganda, hanno risvegliato l'attenzione e il dibattito sul pericolo del fascismo in Italia.
Ma non tutti gli antifascisti l'hanno avvertito; incredibilmente nemmeno chi si professa comunista, nè chi ha avuto un passato “comunista” come Norma Rangeri, direttrice de “il manifesto” trotzkista, o Marco Rizzo, segretario generale del sedicente partito comunista che non si è vergognato neppure di stare in mezzo a Simone Di Stefano, segretario di CasaPound, e a Roberto Fiore, segretario di Forza Nuova, senza nemmeno attaccarli, pur di partecipare ad una recente tribuna elettorale su Rai3.
Non ha parlato di fascismo nemmeno Viola Carofalo, portavoce di Potere al Popolo, per la quale si trattava al massimo di una “stretta autoritaria”, né Paolo Flores d'Arcais, direttore di Micromega, che parlò di “pre-fascismo che può non diventarlo”.
Ezio Mauro di “Repubblica”, tutt’ora, vede la “reincarnazione” del fascismo nei gruppi neofascisti ma non l’ha mai colta in Salvini al quale addirittura chiese “un giudizio politico” su di essi. Dopo le elezioni dello scorso maggio, non potendo ignorare come si comportò in campagna elettorale, sempre su “Repubblica” scrisse che “Salvini ha superato furiosamente le colonne d'Ercole della politica italiana e occidentale, spingendosi nel mare oscuro di un'ultradestra che nel dopoguerra non avevamo mai conosciuto”.
Siamo d’accordo, ma allora perché non definirlo chiaramente fascismo? Perché non dire che Salvini aspirava – come aspira tutt’ora - a diventare il nuovo duce d'Italia?
Tra gli intellettuali della sinistra liberale e cattolica nel riconoscere la realtà del pericolo fascista sotto le nuove forme in cui si presenta oggi e le sue connessioni con l’ex-governo, il più deciso e impegnato è senz’altro Tomaso Montanari, ex presidente dell'associazione Libertà e Giustizia, elettore di La Sinistra, anche se lo attribuisce solo alla Lega e a Salvini.
Tuttavia, la battaglia antifascista di tutti gli oppositori di Salvini e dei gruppi neofascisti è apprezzabile, ma è parziale e limitata perché si svolge interamente nel quadro della Costituzione del 1948, come se essa potesse rappresentare un baluardo invalicabile per la politica fascista, razzista, xenofoba e nazionalista della Lega, di Fratelli d'Italia e dei gruppi neofascisti e neonazisti.
Un orizzonte che cozza palesemente contro la realtà dei fatti. Ne è un esempio lampante la recente battaglia al Salone del Libro di Torino, dove paradossalmente era proprio l'editore nero di CasaPound ad appellarsi alla libertà di espressione sancita dall'articolo 21 della Costituzione, spalleggiato di fatto, sempre in nome della Costituzione, dal Comitato organizzatore e da un buon numero di intellettuali della "sinistra" borghese.
Questa Costituzione non può essere un baluardo contro il fascismo perché la XII disposizione transitoria e finale che vieta "la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista" non è mai stata di fatto applicata in oltre 70 anni dalla sua promulgazione, contro le numerose forme che ha assunto via via il fascismo, dal MSI del fucilatore di partigiani Almirante, passando per AN di Fini fino a Fratelli d'Italia della Meloni, né tanto meno oggi contro le organizzazioni apertamente fasciste come CasaPound, Forza Nuova e altre, ammesse perfino alle competizioni elettorali.
Questi fatti sono la dimostrazione che ciò che di buono c'è scritto sulla Carta non vale nulla per la classe dominante borghese ed i suoi governi. Ma d’altra parte la Costituzione del '48 in sostanza non esiste più, poiché è stata demolita da destra in un lungo arco di tempo, a forza di stravolgimenti di fatto e di controriforme da parte dei governi di "centro-destra" e di "centro-sinistra"; al pari, non c'è più neanche la repubblica democratica borghese antifascista disegnata su quella Costituzione.
La borghesia attraverso ciascuno dei suoi governi ha plasmato la nostra società fino a ridurla a quel regime capitalista neofascista nel quale viviamo oggi, un progetto nato tra il 1975 e 1976 dal "Piano di rinascita democratica" della P2 di Licio Gelli, e attuato pezzo per pezzo principalmente da Craxi, Berlusconi, D'Alema e Renzi. L'avvento del governo nero Salvini-Di Maio ha rafforzato questo progetto, lo ha incarognito e imbarbarito.
Dunque il fascismo in Italia non è un pericolo ma una realtà che ha il volto di Salvini che per 14 mesi è stato seduto direttamente nel governo Lega-M5S.
Una realtà, il fascismo, che è una forma della dittatura della classe dominante borghese che essa alterna e mescola con la forma liberale e democratico-parlamentare a suo piacimento a seconda della situazione economica e politica del momento. Come è avvenuto ora col governo Conte.
Noi vogliamo davvero liberare il Paese dal fascismo, ecco perché invitiamo tutti gli antifascisti a porsi oltre i limiti angusti e inconsistenti della Costituzione borghese, e dare alla battaglia antifascista un chiaro e solido orizzonte anticapitalista.
 

Il lavoro antifascista nell’ANPI
L’ANPI, la maggiore associazione antifascista italiana, rimane il nostro luogo di attività principale sul fronte antifascista; in sostanza valgono le stesse riflessioni che ci portano a fare attività in CGIL, e cioè che in essa militano la stragrande maggioranza degli antifascisti attivi, ed intorno ad essa si sviluppa un importante numero di semplici iscritti che partecipano alle sue iniziative e ne subiscono l’influenza.
L'ANPI è oggi in prima linea nella lotta ai gruppi neofascisti e neonazisti, come dimostra l'esposto della presidenza nazionale alla procura di Roma nel quale si chiede lo scioglimento di CasaPound, Forza Nuova e di tutti i movimenti neofascisti affini, nonché il sequestro della sede di CasaPound a Roma occupata abusivamente. Una encomiabile iniziativa concreta antifascista senza precedenti, che noi appoggiamo senza riserve con tutte le nostre forze e in maniera militante, invitando tutte le forze antifasciste a fare altrettanto.
Da un punto di vista politico, la linea dell’ANPI rispecchia in larga parte quella della sinistra istituzionale, attualmente più a sinistra del PD in particolare dopo la grande battaglia referendaria del 4 dicembre del 2015 quando l’attacco alla Costituzione da parte di Renzi mise per la prima volta nella storia del nostro dopoguerra, l’ANPI ed il maggior partito della sinistra istituzionale su due campi contrapposti per una questione di grande importanza.
Quella battaglia, inedita quanto coraggiosa, ha senz’altro dato autonomia all’ANPI, inaugurando una nuova stagione. È indubbio che la stella polare dell’ANPI rimane il rispetto della Costituzione borghese del ’48, e che ai suoi vertici rimane ad oggi ben salda la componente riformista della sinistra istituzionale, ma ciò non toglie che il nostro compito di creare un vasto fronte unito antifascista non può non partire irrobustendo le sue file e dando il nostro contributo, qualificando l’antifascismo di oggi con la nostra linea.
Un ulteriore compito che ci spetta è quello di lavorare per unire l’ANPI agli altri comitati antifascisti che si pongono alla sua sinistra, e che rifiutano in maniera settaria e controproducente iniziative e lotte unitarie. Ci riferiamo agli organismi antifascisti anarcoidi o promossi dall’“ultrasinistra” che noi abbiamo il compito di convincere a mobilitarsi unitariamente quantomeno nelle grandi manifestazioni di piazza, nelle ricorrenze significative e nelle grandi battaglie.
Le nostre compagne e i nostri compagni come i nostri simpatizzanti sono pertanto invitati ad iscriversi alla sezione ANPI nel comune in cui vivono, sono invitati a lavorare al suo interno e ad entrare nei direttivi dai quali potranno, oltre ad aiutare lealmente l’associazione, anche promuovere la nostra idea sull’antifascismo, e sulla Costituzione del ‘48, che va comunque difesa da ogni attacco che vorrebbe peggiorarla ulteriormente.
Usare la tattica che il Partito insegna, essere leali e indipendenti, essere coraggiosi e dialettici e lavorare per unire la sinistra dell’ANPI. Questo dev'essere l’atteggiamento dei marxisti-leninisti nel lavoro di fronte unito antifascista nell’ANPI.
 

Il fronte unito antirazzista
Ormai non passa giorno che le cronache non registrino un caso di aggressione di stampo razzista a danno di migranti, rom, persone di colore, persone di fede musulmana.
Non c'è dubbio che il principale responsabile di questa situazione sia il caporione fascista e razzista della Lega, ex vicepremier e ministro di polizia, Matteo Salvini, che ha operato con l'avallo e la copertura del ducetto pentastellato, ex vicepremier e ministro del Lavoro, Luigi di Maio, e di Giuseppe Conte.
Purtroppo chiunque di noi può osservare intorno a sé, in famiglia, sul lavoro e nella vita sociale, che il veleno del razzismo e della xenofobia sta penetrando in profondità tra le masse, e questo grazie anche alla criminale responsabilità dei partiti riformisti e rinnegati della "sinistra" borghese che in questi anni le hanno disarmate ideologicamente, politicamente e culturalmente, lasciandole in balia di partiti qualunquisti, demagoghi e razzisti, per andare al governo e servire la grande borghesia capitalista. Come ha fatto il PD con Renzi, Gentiloni e Minniti che ha aperto loro la strada.
Salvini, con la complicità di Di Maio e Conte, ha spostato ad arte l'attenzione dei lavoratori e delle masse dai loro gravi problemi economici ai temi dell'immigrazione e della “sicurezza”, così come ha deviato la loro rabbia contro i migranti anziché contro i veri responsabili della crisi, che rimangono i capitalisti e la borghesia.
In sostanza egli ha applicato – e continuerà a farlo dagli scranni dell’opposizione - contro i migranti, i rom, i musulmani la stessa strategia di Hitler, che in piena crisi della Repubblica di Weimar riuscì a dirottare la rabbia delle masse dalla grande borghesia capitalista verso gli ebrei, additandoli come responsabili delle loro spaventose condizioni di miseria e disoccupazione.
Anche sul tema del razzismo noi dobbiamo partecipare e cercare di promuovere iniziative ed esperienze di fronte unito; è nostro, come degli altri antifascisti e antirazzisti coscienti il compito di chiarire con pazienza e fermezza alle masse la situazione, sconfiggere dialetticamente le idee razziste e xenofobe che hanno attecchito in loro, smascherare la vera essenza dell'ideologia seminata dai razzisti e fascisti e rieducarle alla solidarietà di classe, all'internazionalismo proletario e agli ideali antifascisti e antirazzisti.
Sappiamo che nei fronti uniti dovremmo concedere qualcosa, sappiamo che dovremmo pagare un prezzo immediato a livello politico, ma sappiamo anche che questo prezzo ci ripagherà.
Lenin ce lo insegna: “Immaginate che un rappresentante dei comunisti debba penetrare in un locale dove i delegati della borghesia fanno la loro propaganda dinanzi ad una assemblea molto numerosa di operai. Immaginate poi che, per farci entrare, la borghesia esiga da noi un prezzo elevato. (…). Se abbiamo pagato troppo caro per entrare in questo locale, abbiamo commesso incontestabilmente un errore. Ma è meglio pagare caro (almeno finché non avremo imparato a contrattare come si deve) piuttosto che rinunciare alla possibilità di esporre le nostre idee dinanzi ad operai che finora sono stati il “patrimonio” esclusivo – se così posso dire – dei riformisti, vale a dire, degli amici più fedeli della borghesia”. (13)
 
Compagne e compagni, impariamo allora a contrattare bene, poiché così pagheremo meno in contenuti politici di sintesi che emergeranno dai fronti uniti, nessuno escluso, nei quali la linea di certi partiti borghesi si scontrerà inevitabilmente con la nostra linea proletaria rivoluzionaria sul lavoro di massa.
In definitiva, è anche e soprattutto dalla partecipazione attiva e conseguente, e dal ruolo di avanguardia che il nostro Partito sarà in grado di svolgere nel lavoro di fronte unito che passa lo sviluppo e il radicamento del PMLI e la maturazione dei tempi per il successo della lotta per il socialismo in Italia.
 

Il fronte unito ambientalista
I giovani sono molto sensibili ai problemi ambientali; è per questo che lo scorso 15 marzo in centinaia di migliaia di essi sono scesi in tante piazze d’Italia e di tutto il mondo per la salvaguardia del clima e dell’ambiente.
Al centro delle rivendicazioni della loro piattaforma, oltre al noto pericolo del riscaldamento globale, è presente anche la necessità di estirpare le ingiustizie sociali che derivano dalle disparità territoriali, di impedire la rapina delle risorse naturali del paesi del Sud del mondo da quelli già considerati “ricchi” che hanno però una popolazione sempre più povera; per rendere le risorse ambientali, i cosiddetti “beni comuni”, a disposizione dei popoli, eliminando il profitto che oggi li rende merci nelle mani dei capitalisti, impedendone lo sfruttamento massiccio per gestirli in maniera che esse possano rigenerarsi e rimanere abbondanti anche per le prossime generazioni all’infinito.
Una bella piattaforma per un evento senza precedenti, che ha segnato l’inizio di tante altre mobilitazioni che hanno affiancato le numerosissime vertenze già aperte in Italia come quelle contro le grandi opere inutili e dannose quali il TAV, il MUOS, le trivelle in terra ed in mare, le tratte autostradali inutili, il gasdotto TAP, gli inceneritori da sostituire con una diversa gestione dei rifiuti che tenda alla strategia “Rifiuti Zero” e per la mobilità pubblica che aumenti la sicurezza degli utenti e ne riduca costi e impatto ambientale ed ogni volta che nei territori si è chiesta più sicurezza idrogeologica e sismica dopo episodi catastrofici o per prevenirli.
Noi appoggiamo con tutte le nostre forze questi movimenti, in particolare i Notav che, tra l'altro, offrono un esemplare esempio di fronte unito.
Consideriamo importante la recente protesta dei giovani davanti alla sede dell'ONU e facciamo gli auguri alla giovane svedese Greta Thunberg perché picchi duro sui governanti imperialisti nell'intervento che terrà il 23 settembre all'ONU sul cambiamento climatico.
Il nostro Partito non si è mai risparmiato su questo tema e dobbiamo continuare a farlo, nel tentativo di legare la lotta ambientale a quella per il socialismo, così come sostiene la Lettera aperta alle ambientaliste ed agli ambientalisti che in un suo passaggio recita: Questo è il salto di qualità che vi chiamiamo a fare, e cioè comprendere che la battaglia per l’ambiente (così come tutte le altre che hanno temi sociali), non può rimanere inserita in questo modello economico che mette in secondo piano l'ambiente stesso, il clima, l’inquinamento e la salute pubblica, rispetto agli interessi privati dei colossi multinazionali dell’energia, dell’acqua e dei rifiuti poiché, perdurando il capitalismo, si ripeteranno nella sostanza e magari con tendenze alterne in base allo sviluppo delle mobilitazioni e delle lotte che le popolazioni saranno in grado di imbastire, gli accordi di Parigi o poco più, pomposi ma di facciata, poiché inutili ed inapplicati, e mai risolutivi. E così il nostro pianeta continuerà a morire ”.
 

La lotta del PMLI per il socialismo
 
Oggi il nemico principale del proletariato e delle masse popolari italiane è il governo trasformista liberale PD-M5S guidato da Conte, al servizio del regime capitalista e neofascista, così come lo erano ieri i governi Berlusconi, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, fino a quello dei fascisti del XXI secolo Salvini-Di Maio, al pari dei precedenti, poiché hanno rappresentato tutti, senza eccezione alcuna, gli interessi della borghesia.
Il capo dei fascisti del XXI secolo ed aspirante duce d’Italia infatti, per “capitalizzare il consenso raggiunto dalla Lega” alle elezioni europee, in pieno delirio di onnipotenza e sicuro di poter andare alle elezioni immediate ha chiesto al popolo di dargli “pieni poteri per governare”.
Evidentemente il nuovo Mussolini non aveva fatto bene i conti con le regole e i tempi del parlamentarismo borghese; in particolare non li ha fatti con un caposaldo storico del parlamentarismo, e cioè con la poca voglia degli “onorevoli” di lasciare spontaneamente le poltrone e andare a casa.
Soprattutto i parlamentari del M5S erano terrorizzati da questa; ma anche i renziani che Zingaretti non avrebbe certo ricandidato potendo approfittare delle elezioni per prendersi tutto il partito.
Non volevano lasciare Salvini a governare da solo – o in compagnia dell’altra fascista Meloni - così da "allontanare e impedire il rischio autoritario", ma nessuno di essi si è mosso in questo senso quando Salvini era in carica, nonostante tutte le sue politiche fasciste e razziste avallate da Conte e Di Maio.
In realtà, dopo le dimissioni di Conte, intorno alla trattativa M5S-PD per dare vita alla nuova maggioranza abbiamo assistito ai più vergognosi giochi di potere del parlamentarismo borghese, con una sfacciataggine assoluta, nei quali ha recitato un ruolo da protagonista Di Maio, oggi Ministro degli esteri, che blaterava contemporaneamente di nuovo governo col PD, di elezioni, e di ritorno all’alleanza con Salvini per un governo bis.
In sintesi, la caduta del governo nero fascista e razzista Salvini-Di Maio è stata senz'altro una buona cosa. Non dobbiamo dimenticarci però che esso è caduto da destra, poiché è stato il nuovo Mussolini Salvini che ha staccato la spina. Fosse stato per tutti gli altri gruppi parlamentari, esso sarebbe ancora in carica a devastare socialmente, economicamente e culturalmente il nostro Paese.
Tutti abbiamo seguito l’intervento in Senato di Conte del 20 agosto quando ha bacchettato l’ex vice-premier.
Sicuramente d’effetto, ma quella di Conte è stata nient'altro che un'abile sceneggiata per rifarsi una verginità democratica e ad uso dei Cinquestelle e della "sinistra" parlamentare, nonché dei milioni di italiani che assistevano in diretta tv, cogliendo al volo l'occasione per presentarsi come l'alternativa di Salvini, incarnando ora quell’uomo delle istituzioni già pronto per guidare il Paese verso l'uscita dalla pericolosa crisi che però – e non lo dice - lui stesso ha provocato.
Non ci è sfuggito, inoltre, che tutta la prima parte dell'intervento Conte l'avesse dedicata all'esaltazione del governo da lui presieduto fino a quel momento: "Un governo - aveva sottolineato tronfio di orgoglio - che procedeva operosamente e che, già nel primo anno, aveva realizzato molti risultati e ancora molti ne stava realizzando".
Compresi quindi i due decreti sicurezza fascisti e razzisti contro i migranti, le ong e la libertà di manifestare! E questo la dice lunga sulla spettacolare operazione trasformista operata da Conte nel giro di quaranta minuti in Senato: da "garante" del governo dei fascisti del XXI secolo, a traghettatore verso una nuova maggioranza con il PD al posto della Lega, senza rinnegare neanche un singolo provvedimento da lui sottoscritto.
Infatti la prima cosa che colpisce di questo nuovo governo liberale, antipopolare e anticomunista è proprio il gigantesco trasformismo, adottato in una misura che ricorda pochi analoghi precedenti nella storia del nostro Paese dall’Unità d'Italia.
Eppure le decine di dichiarazioni di Zingaretti, Di Maio e Conte prima dell''accordo, smentivano categoricamente e con toni accesi una soluzione di questo tipo; ecco una ulteriore riprova che i politicanti borghesi non sono mai né credibili, né affidabili poiché non hanno princìpi. A loro interessa esclusivamente far carriera politica e servire i propri finanziatori, trasparenti o occulti che siano.
“Realizzerò un Governo nel segno della novità”. Questo è ciò che ha detto Conte in parlamento all'atto della presentazione del nuovo governo.
Ma di tutto questo non c'è traccia nel suo programma: Conte infatti non si è impegnato a cancellare i due decreti sicurezza, né la legge sulla legittima difesa, o lo “sblocca cantieri”, e tantomeno il condono edilizio, i contratti a termine e la precarietà. Rimangono intatti il Jobs Act e la “Buona Scuola”, mentre non si pensa minimamente alla patrimoniale, ai contratti del pubblico impiego, né a ripristinare ed estendere l'articolo 18.
Rimarrà intatto l'articolo 81 della Costituzione che recepisce i vincoli europei di bilancio, eppure sentiamo parlare di “politica economica espansiva”; ma come potrà essere realizzata se per il governo stesso è essenziale “non mettere a rischio l'equilibrio della finanza pubblica”?
La nostra lettura di classe ci dice invece che arriveranno altri tagli e sacrifici per le masse. Il tutto, per assicurare la “competitività” del sistema capitalista italiano, faro borghese mai messo in discussione. Già si annunciano con l'imminente manovra finanziaria.
Quale “svolta” possiamo aspettarci se il governo rilancia il salario minimo per legge, conferma il Tav (eppure ora il Movimento 5 Stelle vede la sua posizione rafforzata nel Governo) e la Gronda?
Un nuovo “vecchio” governo che non ha nessuna intenzione, per fare un altro esempio, di revocare la concessione ad Autostrade per l'Italia dei Benetton, e che procede spedito verso “l'autonomia differenziata”, che favorisce le disuguaglianze sociali e territoriali, le mafie al Sud, la deriva del Mezzogiorno e la secessione del Nord più ricco.
Contro l'”autonomia differenziata” noi dobbiamo batterci attivamente e con spirito unitario all'interno del movimento per il ritiro di qualunque autonomia differenziata, di cui facciamo parte.
Dal punto di vista dell’assetto costituzionale, il Conte–bis punta dritto verso il taglio dei parlamentari come voleva la riforma Renzi bocciata col referendum del 4 dicembre 2016; un caposaldo del “Piano di rinascita democratica” e dello “Schema R” della P2 di Gelli poiché, sotto il falso proclama della riduzione dei costi si nasconde una infame misura golpista, già adottata sotto la dittatura fascista di Mussolini, che restringe la democrazia borghese e la sua rappresentanza ed allontana ancor più l'eletto dall'elettore dando più potere al governo rispetto al parlamento e ai segretari dei partiti parlamentari sulla scelta dei candidati.
Di Maio, in pieno stile ingannatorio solito dei vertici pentastellati, si è affrettato a sostenere che “questo governo non è di destra né di sinistra”; certamente, aggiungiamo noi, l’esecutivo non è di “sinistra”, nemmeno progressista, dal momento in cui non c'è traccia di “discontinuità”, “svolta e novità” nemmeno se si osserva la compagine governativa: è sotto gli occhi di tutti che ci sono oggi il premier, ministri e sottosegretari in posti fondamentali che occupavano anche nel governo precedente.
Inoltre i ministri e i sottosegretari del PD e di LEU ex comunisti revisionisti pentiti non l'hanno certo reso rosso, il colore che appartiene esclusivamente ai veri comunisti, cioè ai marxisti-leninisti. Essi, il cui colore è il bianco non il rosso, non sono altro che la nuova versione del liberale Giolitti, che si adoperò per integrare il proletariato e le masse lavoratrici nello Stato borghese per impedire la rivoluzione socialista che allora bussava alla porta.
Un governo benedetto anche dai mercati finanziari che hanno mostrato chiaramente di preferirlo alle elezioni, regalando un calo clamoroso dello spread che oscilla attorno ai 150 punti base ed un netto rialzo alla Borsa di Milano.
Segno evidente che il sistema economico capitalista e imperialista non ha nulla da temere dalla nuova compagnia governativa. Anzi ha tutto da guadagnare dalla presenza di due partiti della “sinistra” borghese che tengono ancora sotto controllo larga parte dell'elettorato di sinistra.
A suggellare ulteriormente il connubio fra la nuova ipotesi di governo, Conte e l’Europa, ecco giungere entusiasti elogi da parte di Macron, della Merkel, di Prodi, del Vaticano, della SPD tedesca e dai premier socialdemocratici di Spagna e Portogallo; ma non basta, per la gravità dei fatti è impossibile non citare l’appoggio del segretario generale della Cgil Landini ("in parlamento ha dimostrato coraggio politico e un profilo istituzionale importante"); di D'Alema ("Conte è una figura assolutamente presentabile"); del leader di SI Fratoianni ("insensato regalare il Paese alla peggiore destra per un nome"); ed addirittura del segretario del PRC Acerbo ("il veto su Conte del PD è assurdo perché l'avvocato è comunque più solido di Di Maio e Fico."). Anche se successivamente si è schierato all'opposizione del nuovo governo.
Quando infine è arrivato anche il peloso tweet di Trump impegnato a mantenersi un interlocutore prezioso in politica estera, per il "molto rispettato Giuseppe Conte" che "si spera rimanga primo ministro!", il quadro è apparso completo ed ampiamente sufficiente per sbloccare i veti incrociati tra PD e M5S e spianare a Conte la strada a Palazzo Chigi.
Infatti, non c'è da aspettarsi nulla di buono nemmeno dalla politica internazionale , incardinata nelle vecchie alleanze imperialiste con gli Usa, la Ue e la Nato e centrata sull'interventismo nel Mediterraneo, in Africa e nei Balcani, con i relativi rischi per il popolo italiano di essere coinvolto in una guerra imperialista e nella spirale guerra-terrorismo.
Ecco la genesi del Conte-bis a parti invertite: cioè col PD al posto della Lega, ma stavolta con il M5S egemone sul PD anziché sottomesso al Carroccio com'è stato finora.
Nessun cambio di passo si verificherà, così come nessun filo nero sarà spezzato poiché è proprio questo filo nero che li collega tutti e che rappresenta l’incessante e continuo spostamento a destra delle politiche sociali ed economiche nel nostro Paese, siano esse perpetrate con arroganza fascista o con il volto apparentemente più disteso ma altrettanto pericoloso del liberismo “riformista”.
Un nuovo governo dunque che consoliderà il capitalismo e che ha legittimato ancor di più un sistema alimentato dal teatrino parlamentare di turno, che schiaccia senza remore la volontà popolare, pur rimanendo paradossalmente all’interno delle leggi borghesi, a partire dalla Costituzione del ’48.
Ecco perché il documento dell'Ufficio politico del PMLI del 9 settembre scorso, in un suo passo, recita: “Da questo governo egemonizzato da Conte e dal M5S le masse popolari possono tutt'al più ottenere un piatto di lenticchie, non un pasto completo, cioè il socialismo e il potere politico del proletariato. Senza i quali non avranno mai democrazia, libertà, uguaglianza di genere e territoriale, benessere, giustizia sociale, una sanità e una istruzione pubbliche e gratuite, pensioni pubbliche e adeguate, salari giusti secondo il lavoro. “
“Per tutti questi motivi – sostiene ancora il documento dell’Ufficio politico - il PMLI non darà tregua al governo trasformista liberale Conte, e invita tutte le forze autenticamente di sinistra anticapitaliste, tutti gli sfruttati e gli oppressi, in primo luogo il proletariato, le ragazze e i ragazzi che si battono per un nuovo mondo, a unirsi per combatterlo e abbatterlo e poi proseguire ancora insieme per conquistare il socialismo e il potere politico del proletariato. In questo quadro e con questo spirito unitario il PMLI è pronto e disponibile a partecipare a qualsiasi iniziativa contro questo governo promossa dai partiti, gruppi e movimenti che hanno la bandiera rossa e la falce e martello.
Bisogna però che tutti coloro che si oppongono da sinistra al governo Conte capiscano che questa battaglia non può essere condotta esclusivamente sul piano parlamentare, costituzionale e legalitario. Bisogna affrontarla sul piano della lotta di classe ideologica, politica e di piazza, utilizzando tutte le forme di lotta ritenute necessarie secondo le circostanze specifiche, conformemente alla strategia della rivoluzione socialista. (…) Senza il socialismo e il potere politico del proletariato le masse popolari non potranno mai soddisfare interamente i propri interessi e creare le condizioni per eliminare le classi, lo Stato, i partiti instaurando il comunismo in cui le lavoratrici e i lavoratori potranno autogovernarsi e ricevere ciascuno ciò che gli occorre e ognuno potrà realizzare se stesso in tutta la sua pienezza. Come afferma solennemente il Programma generale del PMLI: “Solo nel socialismo la classe operaia avrà in mano tutto il potere politico e con esso i mezzi di produzione e di scambio, le fabbriche, le macchine, le miniere, le banche, la terra e tutte le risorse del Paese, e con ciò assicurare che quanto viene prodotto e i progressi della scienza e della tecnologia vadano a vantaggio di tutti i lavoratori e le masse popolari”.
Il socialismo è un passaggio storico inevitabile, indipendentemente dal tempo in cui matura, che non può avvenire per via parlamentare e pacifica, date le sue implicazioni economiche, politiche e sociali. La storia lo dimostra ampiamente.
Noi siamo fermamente convinti, come sostiene Mao, (…) che “Nella società divisa in classi, le rivoluzioni e le guerre rivoluzionarie sono inevitabili, che senza di esse è impossibile compiere una svolta nello sviluppo della società, è impossibile rovesciare le classi dominanti reazionarie e permettere al popolo di prendere il potere. I comunisti devono denunciare la propaganda menzognera dei reazionari, i quali affermano per esempio che la rivoluzione sociale non è necessaria, né realizzabile, i comunisti devono attenersi fermamente alla teoria marxista-leninista della rivoluzione sociale per aiutare il popolo a comprendere che la rivoluzione sociale non solo è assolutamente necessaria ma anche pienamente possibile” .(14)
Dal dopoguerra ad oggi, tutti i partiti della destra e della “sinistra” borghese , nessuno escluso, hanno sempre tessuto le lodi del presente “sistema democratico”, che sarebbe stato l'artefice di una “rivoluzione senza rivoluzione” poiché, a loro dire, avrebbe donato al nostro popolo una vera libertà democratica, nuovi rapporti economico-sociali capaci di sconvolgere i rapporti di classe fino ad annullarli grazie ad una altissima integrazione economica delle masse popolari.
Noi non la pensiamo affatto allo stesso modo, dato che la realtà è lì pronta a smentire sonoramente queste falsità. Infatti rimangono in essere le grandi contraddizioni del capitalismo, a partire della permanenza dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, prova che l'attuale democrazia è il regno della libertà e del privilegio per i ricchi e l'inferno per gli operai, le masse e i poveri, e infine perché al potere è ancora la stessa classe borghese. Anche le famiglie della piccola borghesia che se la passano meglio, sono praticamente tutte indebitate (pensiamo semplicemente al mutuo per la casa) e non hanno altra prospettiva che l’impoverimento.
Il capitalismo e la classe dominante borghese non hanno più nulla da offrire sul piano del progresso economico, politico e sociale. Quelle che furono le novità democratiche, economiche e istituzionali, introdotte dalla borghesia sulla spinta anche del proletariato a partire dalla Resistenza e dalle lotte operaie degli anni ’50 e ’60 si sono già trasformate in elementi propri di un regime neofascista, in cui sono erose anche le libertà democratico-borghesi.
Questa “democrazia parlamentare”, è bloccata a sinistra e aperta a destra. D'altra parte la Costituzione stabilisce dei vincoli insormontabili a sinistra che non consentono di cambiare l'attuale rapporto di forza esistente fra le classi per via istituzionale, elettorale e parlamentare. Per “legge” dunque non supereremo mai il capitalismo, checché ne dicano i falsi comunisti e gli opportunisti di sinistra. Sono solo illusioni utili al consolidamento del capitalismo e delle loro poltrone.
Ecco perché nel nostro Paese non c'è una reale e sostanziale democrazia, ma solo una democrazia formale, che tutela gli interessi della borghesia. "Libertà e democrazia - sostiene a ragion veduta Mao - esistono solo in concreto, mai in astratto. In una società in cui esiste la lotta di classe, se le classi sfruttatrici hanno la libertà di sfruttare i lavoratori, i lavoratori non hanno la libertà di sottrarsi allo sfruttamento; dove esiste democrazia per la borghesia non può esservi democrazia per il proletariato e per gli altri lavoratori ".(15)
Forse in Italia, così come in tutti i Paesi capitalisti, i lavoratori hanno le stesse condizioni economiche e sociali dei padroni? Forse in Italia, così come in tutti i Paesi capitalisti, i lavoratori dispongono di mezzi di comunicazione e di informazione nella stessa quantità e della stessa qualità di quelli in mano ai padroni?
Non ci risulta, e allora di quale democrazia si parla? Quali sarebbero allora gli elementi che dimostrerebbero nel nostro sistema “la democrazia per tutti”?
Parafrasando il nostro Segretario generale, il suffragio universale e le libertà formali - peraltro conquistate a caro prezzo dal proletariato - non possono essere considerate in alcun modo elementi probanti dell'esistenza di un regime democratico. Già Marx ha smascherato il carattere truffaldino dell'elettoralismo e del parlamentarismo borghese attraverso i quali le classi oppresse ricevono periodicamente il diritto di votare i rappresentanti della classe borghese che "rappresenteranno e schiacceranno" il popolo in parlamento.
Così come è un puro inganno e una finzione giuridica e costituzionale il principio secondo cui “il potere sta nella maggioranza”. Infatti i lavoratori, che pure costituiscono la maggioranza, non possono decidere nulla negli affari dello Stato, poiché essi sono esclusi dalla direzione delle varie istituzioni, e perché non possiedono né potere economico pur producendo tutta la ricchezza reale, né quello politico.
Per noi marxisti-leninisti invece la democrazia borghese è solo una tappa storica dello sviluppo della società, che va superato prima possibile.
Il passaggio successivo, verso una democrazia più avanzata e fatta su misura delle lavoratrici e dei lavoratori, non può certo avvenire senza una frattura netta col vecchio ordinamento, proprio perché questa volta il potere non passerà da una minoranza ad un'altra, ma da una minoranza di sfruttatori alla maggioranza degli sfruttati.
Dunque, in sintesi, solo il socialismo può risanare economicamente e moralmente l'Italia, salvarla dal fascismo e assicurarle un avvenire di pace, democrazia e benessere in un paese senza più sfruttamento, miseria, disoccupazione, disuguaglianze sociali e di genere ed arretratezze territoriali.
Anche questo aspetto è testimoniato dai fatti; dal dopoguerra ad oggi si sono sperimentate molte maggioranze governative con la partecipazione del PCI e del PSI, poi governi a maggioranza PDS, DS ed infine PD come i governi Renzi e Gentiloni, ma le cose sono addirittura peggiorate. Anche quando dei governi hanno fatto parte i falsi partiti comunisti PRC e PdCI.
Come stupirsi d’altronde, se già Berlinguer sosteneva che al mercato - cioè al sistema di produzione, commercio e scambio capitalistici - si doveva dare "uno spazio importante" e che la programmazione non doveva essere coercitiva, bensì sostenuta e anche pagata dalle "famiglie" e dai "cittadini", oltre a sostenere al XV congresso del PCI nel 1979 che "per realizzare una società socialista, non è necessario una statizzazione integrale dei mezzi di produzione"!
Un'affermazione significativa, in contrapposizione con la visione di Mao, il quale afferma che il socialismo "consiste nella distruzione della proprietà privata capitalista e nella sua trasformazione in proprietà socialista di tutto il popolo, nella distruzione della proprietà individuale e nella sua trasformazione in proprietà collettiva socialista ".(16)
Oggi continua questo grande inganno da parte dei sedicenti partiti comunisti e dei vecchi e nuovi movimenti riformisti, come La Sinistra e Potere al Popolo, i quali, minando gli interessi fondamentali del proletariato, ne travisano la cultura e la coscienza, boicottano la lotta per il socialismo, e la dirottano nel vicolo cieco del riformismo, del costituzionalismo, del pacifismo e del parlamentarismo.
Il PMLI invece non si stanca di propagandare e sostenere l'astensionismo elettorale tattico e cercare di dargli un carattere anticapitalista e rivoluzionario in modo che sia concepito coscientemente come un voto dato al PMLI e al socialismo. E di pari passo lavorare per far maturale la costituzione delle istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, cioè le Assemblee popolari e i Comitati popolari basati sulla democrazia diretta. Strumenti proletari e organizzativi fondamentali per combattere le istituzioni rappresentative borghesi e sviluppare la lotta di classe per il socialismo.
La nostra voce è ancora troppo debole, ma via via che il nostro Partito crescerà, anche grazie al nostro lavoro di fronte unito, essa diventerà più potente, e saremo capaci di distruggere il sistema capitalista e finalmente avremo il socialismo in Italia.
Noi dobbiamo affiancare le lotte giuste delle masse per conquistare diritti, senza dimenticare che una volta conquistati, essi vanno difesi comprendendo innanzitutto che nel capitalismo ogni conquista è a rischio e nulla si sottrae dai tentativi della borghesia per annientarli.
La battaglia è quindi pratica quanto culturale, e non ci possiamo permettere di tralasciare né l’uno né l’altro elemento.
Ciascun marxista-leninista deve avere come obiettivo finale la realizzazione dell'Italia unita, rossa e socialista, qualsiasi siano le vicissitudini e le difficoltà collettive e personali. Niente ci deve piegare, tanto meno le pallottole inzuccherate della borghesia, perché in coscienza sappiamo che stiamo compiendo un'impresa che non ha precedenti in Italia, quella di dare al proletariato italiano un forte Partito marxista-leninista che in cuor suo ha sempre sognato, ma mai avuto.
Un'impresa che non ha uguali, considerando i nostri peculiari problemi storici, politici, organizzativi, economici e pratici, e per la quale è indispensabile il contributo di ciascun attuale dirigente, militante e simpatizzante attivo del Partito.
È nostro il compito di lottare e di trascinare coscientemente le masse, a cominciare dal proletariato e dai giovani, al di fuori di ogni governo borghese e dalle istituzioni rappresentative borghesi, per accumulare le forze e creare le condizioni soggettive per la vittoria della rivoluzione socialista.
Poco importa se ci vorranno decenni. Ricordiamoci delle parole di Scuderi, pronunciate qualche anno fa da questa stessa tribuna: “Oggi più che preoccuparci di quando arriverà il socialismo, di quando avverrà la svolta rivoluzionaria della lotta di classe, di quando il proletariato si schiererà con noi, dobbiamo preoccuparci di dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso radicandolo ed estendendolo nelle città e regioni dove siamo presenti, in modo da ricavarne le forze per espanderlo in tutta Italia. Questo deve essere il nostro obiettivo strategico a medio termine. Questo è quello che ci è richiesto dall’attuale lotta di classe e dall’attuale situazione del nostro Paese. Se non ce la facciamo a raggiungere tale obiettivo a medio termine, non ci resta che rilanciarlo una o più volte fino a conquistarlo. Non tutto dipende da noi, cioè dalle nostre capacità e dal nostro impegno. Noi abbiamo in mano solo metà della chiave del problema, l’altra metà l’hanno la lotta di classe, il proletariato e le nuove generazioni”. (17)
Sappiamo bene che la via del socialismo non è lastricata di rose, ma non abbiamo timore di affrontare le difficoltà che troveremo sul nostro cammino. Siamo consapevoli che il nostro cuore è sincero e che stiamo incarnando i bisogni e gli interessi di tutto il proletariato del nostro Paese, anche se ciò, ancora, non ci è riconosciuto su larga scala.
Siamo animati dalla stessa volontà e dallo stesso spirito rivoluzionario dei nostri Maestri. Con le magnifiche parole di Mao ci rivolgiamo alle giovani e ai giovani rivoluzionari, alle ragazze e ai ragazzi progressisti, atei o credenti di qualsiasi religione, a partire dai cattolici e dai musulmani, affinché essi siano i più solerti a valutare la proposta rivoluzionaria del PMLI e ad abbracciare il socialismo: “Il mondo è vostro, come è nostro, ma in ultima analisi è vostro. Voi giovani, pieni di vigore e vitalità, siete nel fiore della vita, come il sole alle otto o alle nove del mattino. Le nostre speranze sono riposte in voi... Il mondo vi appartiene ”.(18)
Uniamoci per rafforzare e sviluppare il Partito del proletariato, della riscossa e del socialismo, il PMLI!
Uniamoci per difendere gli interessi del proletariato e delle masse lavoratrici pensionate, disoccupate, popolari, femminili e giovanili!
Uniamoci contro il governo trasformista liberale Conte al servizio del regime capitalista neofascista, per conquistare il socialismo e il potere politico del proletariato!
Uniamoci sulla via dell'Ottobre verso l'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri, il PMLI e il fronte unito anticapitalista e per il socialismo vinceremo!”
 
 
 
 
NOTE
1. Giovanni Scuderi, “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e sul fronte unito” discorso pronunciato a nome del CC alla Commemorazione per il 30° anniversario della morte di Mao, Firenze 10 settembre 2006
2. Mao, “Il fronte unito nel lavoro culturale”, 30 Ottobre 1944, Opere scelte, Vol. 3, pagg. 190/191, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1973
3. Mao, “A proposito del fronte unito internazionale contro il fascismo”, 23 giugno 1941, Opere scelte, Vol. 3, pag. 25, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1973
4. Mao, “L’indipendenza e l’autonomia nel fronte unito”, 5 novembre 1938, Opere scelte, Vol. 2, pagg. 224, 225, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1969
5. Mao, “La situazione attuale e i nostri compiti!, 25 Dicembre 1947, Opere Scelte Vol. 4, pag. 172, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1975
6. Mao, “Sulla tattica contro l’imperialismo giapponese”, 27 dicembre 1935, Opere Scelte Vol. 1, pag. 176, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1969
7. Mao, “Sulla tattica contro l’imperialismo giapponese”, 27 dicembre 1935, Opere Scelte Vol. 1, pag. 176, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1969
8. Mao, “Il ruolo del partito comunista cinese nella guerra nazionale”, Ottobre 1938, Opere Scelte Vol. 2, pagg.216, 217, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1969
9. Mao, Sulla dittatura democratica popolare, 30 Giugno 1949, Opere Scelte, Vol. 4, pagg. 434/435, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1975
10. Mao, “Preoccuparsi delle condizioni di vita delle masse, fare attenzione ai metodi di lavoro”, 27 gennaio 1934, Opere scelte Vol. 1, pag. 159, Casa Editrice in Lingue Estere Pechino, 1969
11. Mao, vedi "L'ape e il comunista" - numero speciale di "Corrispondenze internazionali", nn. 16/17 - ottobre/dicembre 1980
12. Lenin, "L’estremismo", 12 maggio 1920, Editori Riuniti, Opere complete, Vol. 31, pag. 43
13. Lenin, "Abbiamo pagato troppo caro", 9 aprile 1922, dalla Pravda n.81 del 11 aprile 1922, Editori Riuniti, Opere complete, Vol.33, pag. 298
14. Mao, “Sulla contraddizione”, Opere scelte, Vol. 1, pag. 362
15. Mao, “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo” - 27 febbraio 1957 – Volume 5, pag. Piccola biblioteca marxista-leninista.
16. Mao, “Bisogna aver fiducia nella maggioranza delle masse”, 13 ottobre 1957, Opere scelte - vol. V
17. Giovanni Scuderi, “Da Marx a Mao”, discorso pronunciato a nome del CC del PMLI per il 40° anniversario della morte di Mao, Firenze 11 settembre 2016
18. Mao, “Incontro con i cinesi che studiano o frequentano corsi di specializzazione a Mosca”, 17 novembre 1957 - Libretto rosso, Citazioni dalle Opere del Presidente Mao Zedong, pag. 302
 

18 settembre 2019