Dalla padella alla brace in Israele
Alle elezioni Gantz batte Netanyahu

 
La coalizione Kahol Lavan (Blu e Bianco) guidata dall’ex generale Benyamin Gantz ha battuto alle elezioni politiche anticipate del 17 settembre il Likud dell'ex premier Benyamin Netanyahu e si appresta a sostituirlo alla guida del governo: dalla padella di Bibi Netanyahu alla brace di Benny Gantz al quale il capo dello stato Reuven Rivlin dovrebbe dare l'incarico di costituire un esecutivo di coalizione, la cui formazione non sarà comunque semplice.
L'ipotesi sponsorizzata il 23 settembre dal presidente Rivlin al termine della prima tornata di consultazioni con le forze politiche è quella di una grande coalizione fra i due schieramenti principali, la stessa proposta dal premier uscente a urne appena chiuse, che preveda una rotazione alla guida dell'esecutivo. In prima battuta Gantz aveva rispedito al mittente la proposta che adesso dovrà per forza valutare.
Nelle elezioni politiche anticipate del 9 aprile scorso Netanyahu aveva puntato a rafforzare la sua decennale guida del governo ma il progetto era fallito nelle urne che avevano assegnato lo stesso numero di seggi alla Knesset, 35, al Likud e al Blu e Bianco. Il boia Netanyahu, aveva definito il risultato “una vittoria immensa” e si preparava al quinto mandato da premier alla guida di un altro governo sionista-nazista ma non aveva fatto i conti con l'oste, nel caso il leader della formazione di destra Yisrael Beitenu del suo ex ministro della Difesa e degli Esteri Avigdor Lieberman che aveva rifiutato l'alleAnza con le altre formazioni di destra degli integralisti ebrei che avrebbe permesso alla coalizione di avere almeno almeno 65 seggi, sui 120 della Knesset.
Netanyahu, pressato anche da una serie di inchieste della magistratura per corruzione, rilanciava la sua politica di destra con l'annessione formale della Cisgiordania e gli attacchi frontali all'Iran e al Libano chiedendo pieni poteri nelle riconvocate elezioni anticipate del 17 settembre.
Circa un terzo dell'elettorato continuava a disertare le urne come il 9 aprile e dalle urne usciva vincitore la coalizione Blu e Bianco con 33 seggi contro i 31 del Likud; seguivano la coalizione della Lista araba unita (Lau) con 13 seggi, che recuperava i seggi persi alle precedenti elezioni dove si era presentata divisa in due formazioni, e Yisrael Beitenu con 8. Fra le formazioni minori si confermavano i laburisti che riuscivano almeno a mantenere i 6 seggi che avevano portato a casa dal tracollo del 9 aprile.
“Saremo una destra più gentile”, aveva sostenuto in campagna elettorale Gantz che aveva cercato di raccattare voti financo nella minoranza araba promettendo il miglioramento del servizio sanitario, dell’istruzione e dell’assistenza sociale. Quelle sfumature che lo differenziano da Netanyahu. Non certo la parità di diritti per gli arabi israeliani considerati di serie B nello Stato ebraico.
Tanto era però bastato ai vertici dell'alleanza araba che hanno dichiarato la disponibilità a appoggiare un esecutivo a guida Blu e Bianco. Già nello scorso agosto il leader della Lau, Ayman Odeh, si era detto pronto a partecipare a una coalizione di “centrosinistra” in cambio della ripresa dei negoziati con i palestinesi nei Territori occupati e della cancellazione della legge che proclama Israele lo Stato degli ebrei. L’offerta era stata respinta da Blu e Bianco ma Odeh ci riprova. Se l'esecutivo avrà i voti di Lau non avrà quelli altrettanto necessari per una maggioranza alla Knesset di Yisrael Beitenu, dichiarava Lieberman. L'unica via di uscita sembrerebbe appunto la grande coalizione dipinta dal presidente Rivlin.
Una coalizione guidata da Gantz incontrerebbe i favori anche dell'imperialismo americano secondo il messaggio del 18 settembre del presidente americano Donald Trump che ricordava come la Casa Bianca ha rapporti con Israele non col solo Netanyahu, scaricato con un tweet.
D'altra parte Gantz offre le stesse garanzie di Netanyahu, a partire dal fatto che è il comandante dell'esercito che ha messo a ferro e fuoco Gaza nel 2012 e nel 2014, con un bilancio di oltre duemila morti e migliaia di feriti palestinesi. Ha tutte le carte in regola per sostituire l'oramai usurato concorrente interno sionista.
Poche e coraggiose organizzazioni pacifiste, di renitenti alla leva, sono rimaste all'opposizione dopo il tracollo dei laburisti, che comunque guidavano i governi in una falsa alternanza e identica sostanza politica sionista e antipalestinese con la destra. La scena politica di Tel Aviv è occupata da formazioni di destra, magari “gentile”, ultradestra e di integralisti ebrei che hanno proseguito la politica imperialista e egemone locale costruita sulla negazione dei diritti del popolo paletinese, sulla creazione di uno Stato su base religiosa e razzista verso la minoranza araba ma spacciato come l'unica “democrazia” del Medio Oriente e che continua illegalmente a allargarsi con le colonie nei territori della Cisgiordania; su una politica di costante aggressione verso i paesi vicini a partire da Siria e Libano e di occupazione di loro territori grazie all'alleanza di ferro con l'imperialismo americano per tenere il mirino puntando anche contro l'Iran, indipendentemente che a Washington ci sia una guida democratica o repubblicana; sulla compiacenza fino alla complicità oramai palese di paesi arabi reazionari come l'Arabia Saudita e l'avallo di fatto dell'imperialismo europeo, da Bruxelles a Londra, da Parigi a Roma. Le direttrici su cui si muoverà anche il prossimo governo.
 

25 settembre 2019