Solo parole al vertice dell'Onu sul clima
L'intervento di Greta Thunberg cade nel vuoto. Nemmeno Conte lo raccoglie, mentre ciancia di un “nuovo umanesimo”

 
A fronte di un crescente movimento attento alle questioni ambientali, scosso dai disastri ambientali causati dal capitalismo che ricerca unicamente il massimo profitto e che divora le risorse esistenti danneggiando il clima, la salute pubblica e pregiudicando il futuro; di un movimento che scende in piazza, protesta contro lo scempio del pianeta e chiede interventi almeno contro le maggiori fonti di inquinamento come ha confermato il terzo sciopero mondiale dei Friday for Future del 27 settembre scorso, l'Onu ha risposto. Ma solo con l'ennesimo vertice sul clima pieno di parole, di discorsi fumosi su una serie infinita di promesse che saranno regolarmente disattese, di intese inutili e inapplicate e comunque mai risolutive, salvo alcuni interventi a favore dei capitalisti che hanno puntato a investimenti nel settore ecologico da cui trarre il profitto.
Il vertice sul clima dell'Onu, il Climate Action Summit del 23 settembre era stato voluto dal Segretario generale delle Nazioni Unite, il portoghese Antonio Guterres, in vista della 25esima Conferenza che si terrà il prossimo dicembre in Cile per richiamare i governi agli impegni, disattesi, che si erano presi con gli Accordi di Parigi del dicembre 2015, dai quali uno dei grandi inquinatori del pianeta, l'imperialismo americano, si è ritirato. Col presidente Donald Trump che sostiene che non ci sia un’emergenza climatica.
L'obiettivo sarebbe quello di ridurre le emissioni dei gas serra almeno del 45% entro il 2030 per arrivare a emissioni nette zero nel 2050, che servirebbe, secondo l'ultimo Rapporto Speciale dell'IPCC, il foro scientifico dell'Onu sul cambiamento climatico, a contenere il riscaldamento globale a +1,5 ºC. Il segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo), Petteri Taalas, nel rapporto sul clima globale 2015-2019 avvertiva che “è urgentissimo ridurre le emissioni, soprattutto della produzione di energia, dell’industria e dei trasporti. Il livello dei mari cresce e temiamo che scioglimento dei ghiacci nell’Antartico e in Groenlandia renderà più acute le crisi future. Abbiamo già visto quest’anno la catastrofe umanitaria ed economica verificatasi nelle Bahamas e in Mozambico”.
Dai dati relativi al 2016 Usa, Cina, India, Russia, Giappone, Germania, Brasile e Indonesia sono le maggiori potenze economiche e contemporaneamente i maggiori inquinatori del pianeta che sfruttano le risorse dei paesi poveri e in via di sviluppo, paesi che in aggiunta dovranno pagare entro il 2030 tra 140 e 300 miliardi di dollari per i danni causati nei loro paesi dai cambiamenti climatici, secondo calcoli dell'Onu.
La denuncia al vertice sul clima di Greta Thunberg, che riportiamo a parte, ha quindi più di una ragione per essere decisa nel chiedere azioni concree e non parole. Ma al Palazzo di vetro il suo intervento è caduto nel vuoto. Intanto partiva la denuncia ufficiale, firmata da lei e da altri 17 giovani di 12 paesi, al Comitato dell'Onu sui diritti dell'infanzia contro cinque potenze, Argentina, Brasile, Francia, Germania e Turchia, accusate di non affrontare la crisi climatica, un atto che costituisce una violazione dei diritti dei minori, dei bambini non protetti dagli impatti devastanti dei cambiamenti climatici.
Dal palco del vertice sul clima il segretario generale Guterres annunciava passi in avanti che non erano altro che nuove promesse: 66 Paesi, 102 città e 93 imprese (tra cui Nestlé, Nokia e L'Oréal) si impegnavano a raggiungere zero emissioni entro il 2050. L'obiettivo è quello già insufficiente degli Accordi di Parigi, accordi cui aderiva anche la Russia che finora si era tenuta fuori. La Cina confermava gli impegni presi a Parigi e al momento registra dei progressi ma grazie al rallentamento della sua economia mentre maggiori difficoltà ha la concorrente India in piena crescita economica e che nel 2016 l'India ha conquistato il recordo di primo inquinatore di anidride solforosa, SO2. Il presidente francese Emmanuel Macron ricordava ai suoi colleghi inquinatori imperialisti la necessità di inserire la lotta ai cambiamenti climatici nelle loro politiche commerciali e finanziarie e affermava che “abbiamo bisogno che i giovani ci aiutino a cambiare le cose”. Magari intanto potebbe cominciare lui alla guida della Francia.
Se Trump si è permesso arrogantemente di ignorare il vertice e di sbeffeggiare Greta Thunberg, altri si sono sbracciati nel tentativo se non di recuperare consensi quantomeno di ammortizzare lo scontro con nuove promesse. Tra questi il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte che ha usato la tribuna dell'Onu per indicare che un “umanesimo inclusivo è la strada da seguire per un multilateralismo efficace che abbia come stella polare il rispetto della persona e quindi l’impegno per l’ambiente e per il clima, rispetto al quale l’Italia si pone in prima linea e punta a un ruolo di leadership globale”, sintetizzava efficacemente il sito Onuitalia.
Dal palco della 74esima Assemblea generale delle Nazioni Unite, il 24 settembre, Conte presentava il progetto per la lotta ai cambiamenti climatici del suo governo centrato su “questo umanesimo inclusivo, espressione a cui amo spesso far riferimento, è la cifra distintiva del governo da me presieduto. Il nostro obiettivo è promuovere una democrazia autenticamente 'umana’, è la vera conquista della modernità” sosteneva, autoelogiandosi affermando che “in Italia abbiamo inaugurato una nuova stagione riformatrice che punta a costruire un futuro sostenibile per tutti coloro che verranno dopo di noi”. Conte era tutto impegnato a glorificare il suo “nuovo umanesimo” mentre il ghiacciaio Planpincieux sul Monte Bianco era sulle prime pagine per il rischio crollo. Dobbiamo ascoltare “la voce di reclama un mondo migliore. Il dovere di noi governanti è di ascoltare queste voci e riuscire a tradurle in atti concreti”, sosteneva in riferimento all'appello di Greta Thunberg che anche per lui cadeva nel vuoto.
Intanto i dati sul periodo 2014-2019 dell'organizzazione meteorologica mondiale dimostrano che questi sono stati i cinque anni più caldi mai registrati, con un aumento di 0,2 gradi rispetto al periodo 2011-2015. Dal periodo preindustriale a oggi la temperatura media globale è cresciuta di 1,1 gradi; ben 0,2 negli ultimi cinque anni, una crescita esponenziale del surriscaldamento del pianeta.

2 ottobre 2019