Citazioni dei due grandi Maestri del proletariato internazionale e cofondatori del socialismo scientifico
Marx ed Engels: Il sistema economico capitalistico depreda l'operaio e la natura

“...l'animale si limita a usufruire della natura. esterna, e apporta ad essa modificazioni solo con la sua presenza; l'uomo la rende utilizzabile per i suoi scopi modificandola: la domina . Questa è l'ultima, essenziale differenza tra l'uomo e gli altri -animali, ed è ancora una volta il lavoro che opera questa differenza.
Non aduliamoci troppo tuttavia per la nostra vittoria umana sulla natura. La natura si vendica di ogni nostra vittoria. Ogni vittoria ha infatti, in prima istanza, le conseguenze sulle quali avevamo fatto assegnamento; ma in seconda e terza istanza ha effetti del tutto diversi, impreveduti, che troppo spesso annullano a loro volta le prime conseguenze. Le popolazioni che sradicano i boschi in Mesopotamia, in Grecia, nell'Asia Minore e in altre regioni per procurarsi terreno coltivabile, non pensavano che così facendo creavano le condizioni per l'attuale desolazione di quelle regioni, in quanto sottraevano ad esse, estirpando i boschi, i centri di raccolta e i depositi dell'umidità. Gli italiani della regione alpina, nel consumare sul, versante, sud gli abeti così gelosamente protetti al versante nord, non presentivano affatto che, così facendo, scavavano la fossa all'industria pastorizia sul loro territorio; e ancor meno immaginavano di sottrarre, in questo modo, alle loro sorgenti alpine per la maggior parte dell'anno quell'acqua che tanto più impetuosamente quindi si sarebbe precipitata in torrenti al piano durante l'epoca delle piogge. Coloro che diffusero in Europa la coltivazione della patata, non sapevano di diffondere la scrofola assieme al tubero farinoso. Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato”.
(Engels Parte avuta dal lavoro del processo di umanizzazione della scimmia” giugno 1876, dell'opera “Dialettica della natura” scritta dal 1873 al 1883, http://www.pmli.it/articoli/2015/20151202_45i_engelsParteavutadallavoro.html )
 
“Il modo di produzione capitalistico completa la lacerazione del vincolo originario di parentela fra agricoltura e manifattura, da cui le forme infantilmente inevolute di entrambe erano unite; ma crea nello stesso tempo le premesse materiali di una sintesi nuova e superiore, l’unione di agricoltura e industria, sulla base delle loro forme antagonisticamente elaborate. Con la preponderanza sempre crescente della popolazione urbana che esso stipa in grandi aggregati umani, da un lato accumula la forza di propulsione storica della società, dall’altro sconvolge il ricambio organico fra uomo e terra, cioè il ritorno al suolo dei suoi elementi costitutivi consumati dall'uomo sotto forma di mezzi di nutrizione e abbigliamento, e quindi la condizione naturale eterna di una sua fertilità duratura. Così, il modo di produzione capitalistico distrugge insieme la salute fisica dell’operaio urbano e la vita intellettuale del lavoratore agricolo; ma, nello stesso tempo, con l’eliminazione delle circostanze prodottesi in modo puramente naturale e spontaneo di quel ricambio, impone di riprodurlo sistematicamente come legge regolatrice della produzione sociale, e in una forma adeguata al pieno sviluppo dell’uomo. [...] Come nell'industria cittadina, così nell'agricoltura moderna, la produttività aumentata e la crescente mobilitazione del lavoro si pagano con la devastazione e l’inaridimento della forza-lavoro”.
(Da K. Marx, Il Capitale, Libro Primo, Cap. 13. Editori riuniti (1970), vol. 1, pagg. 551-552)
 
“Tutti i modi di produzione fino ad oggi esistiti si sono sviluppati avendo di mira i risultati pratici più vicini, più immediati, del lavoro. Le ulteriori conseguenze manifestantisi solo in un tempo successivo, operanti solo per graduale accumulazione e ripetizione, rimanevano del tutto trascurate. L'iniziale proprietà collettiva del suolo corrispondeva da una parte a uno stadio di sviluppo dell'uomo, che limitava in generale il suo orizzonte alle cose più vicine, e presupponeva d'altra parte una certa abbondanza di terreno a disposizione, che consentiva un certo giuoco di fronte ad eventuali cattivi risultati di quell'economia primitiva di tipo forestale. Esauritasi questa sovrabbondanza di terreno, si disgregò anche la proprietà collettiva. Ma tutte le forme superiori di produzione hanno portato alla divisione della popolazione in diverse classi e con ciò al contrasto tra classi dominanti e classi oppresse; con ciò però l'interesse della classe dominante diveniva l'elemento che dava impulso alla produzione, nella misura in cui quest'ultima non si limitava alle più indispensabili necessità di vita degli oppressi. Questo processo si è sviluppato nella maniera più completa nel modo di produzione capitalistico oggi dominante nell'Europa occidentale. I singoli capitalisti, che dominano la produzione e lo scambio, possono preoccuparsi solo degli effetti pratici più immediati della loro attività. Anzi questi stessi effetti - per quel che concerne l'utilità dell'articolo prodotto o commerciato - vengono posti completamente in secondo piano: l'unica molla della produzione diventa il profitto che si può realizzare nella vendita.
La scienza borghese della società, l'economia politica classica, si occupa soprattutto degli effetti sociali immediatamente visibili dell'attività umana rivolta alla produzione e allo scambio. Ciò corrisponde completamente all'organizzazione sociale, di cui essa è l'espressione teorica. In una società in cui i singoli capitalisti producono e scambiano solo per il profitto immediato, possono esser presi in considerazione solo i risultati più vicini, più immediati. Il singolo industriale o commerciante è soddisfatto se vende la merce fabbricata o comprata con l'usuale profittarello e non lo preoccupa quello che in seguito accadrà alla merce o al compratore. Lo stesso si dica per gli effetti di tale attività sulla natura. Prendiamo il caso dei piantatori spagnoli a Cuba, che bruciarono completamente i boschi sui pendii e trovarono nella cenere concime sufficiente per una generazione di piante di caffè altamente remunerative. Cosa importava loro che dopo di ciò le piogge tropicali portassero via l'ormai indifeso humus e lasciassero dietro di sé solo nude rocce? Nell'attuale modo di produzione viene preso prevalentemente in considerazione, sia di fronte alla natura che di fronte alla società, solo il primo, più palpabile risultato. E poi ci si meraviglia ancora che gli effetti più remoti delle attività rivolte a un dato scopo siano completamente diversi e per lo più portino allo scopo opposto; che l'armonia tra la domanda e l'offerta si trasformi nella loro opposizione polare, come mostra l'andamento di ogni ciclo industriale decennale (e anche la Germania, nel "crac", ne ha esperimentato un piccolo preludio); ci si meraviglia che la proprietà privata basata sul lavoro personale porti come necessaria conseguenza del suo sviluppo alla mancanza di ogni proprietà per i lavoratori, mentre tutti i possessi si concentrano sempre di più nelle mani di chi non lavora”.
(Engels Parte avuta dal lavoro del processo di umanizzazione della scimmia” giugno 1876, dell'opera “Dialettica della natura” scritta dal 1873 al 1883, http://www.pmli.it/articoli/2015/20151202_45i_engelsParteavutadallavoro.html )
 
“Ma esaminiamo ora di nuovo i singoli fatti, con particolare riferimento alle condizioni sanitarie degli operai. Già l'accentramento della popolazione in grandi città esercita un'influenza deleteria; l'atmosfera di Londra non potrà mai essere pura e ricca di ossigeno come quella di una zona rurale; due milioni e mezzo di polmoni e duecentocinquantamila camini ammassati in uno spazio da tre a quattro miglia quadrate consumano un enorme quantità di ossigeno, che si rinnova soltanto con difficoltà, poiché l'edilizia cittadina in se e per se rende difficile la ventilazione.
L'anidride carbonica prodotta della respirazione e dalla combustione grazie al suo peso specifico permane per le strade, e la corrente principale del vento passa al di sopra delle case. I polmoni degli abitanti non ricevono l'intero quantitativo di ossigeno di cui avrebbero bisogno e ciò produce di conseguenza un indebolimento fisico ed intellettuale e un rilassamento delle forze vitali.
Per questo motivo, gli abitanti delle grandi città sono si meno esposti alle malattie acute, particolarmente infiammatorie che non gli abitanti delle campagne, che vivono in una atmosfera libera e normale, ma in compenso soffrono molto più di malanni cronici. E se la vita nelle grandi città già in se e per se non è confacente alla salute, quali danni dovrà provocare questa atmosfera abnorme nei quartieri operai, dove, come abbiamo visto, si trovano radunati tutti i fattori che possono peggiorare l'atmosfera?
In campagna può essere relativamente poco dannoso avere proprio accanto alla casa un immondezzaio, poiché qui l'aria circola liberamente da tutte le parti, ma nel mezzo di una grande città, tra viuzze e cortili circondati dappertutto da edifici, chiusi ad ogni corrente d'aria, la cosa è molto diversa. Tutte le sostanze putrescenti di origine animale e vegetale sviluppano gas decisamente dannosi alla salute, e questi gas non trovando via libera devono necessariamente ammorbare l'atmosfera. La sporcizia e le pozzanghere permanenti nei quartieri operai delle grandi città, che producono appunto quei gas portatori di malattie, arrecano quindi gravissimo danno alla sanità pubblica e lo stesso deve dirsi delle esalazioni dei corsi d'acqua inquinati”.
(Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, 1845, Editori Riuniti, Pagg.133-134)
 
“Ad ogni passo ci vien ricordato che noi non dominiamo la natura come un conquistatore domina un popolo straniero soggiogato, che non la dominiamo come chi è estraneo ad essa, ma che noi le apparteniamo con carne e sangue e cervello e viviamo nel suo grembo: tutto il nostro dominio sulla natura consiste nella capacità, che ci eleva al di sopra delle altre creature, di conoscere le sue leggi e di impiegarle in modo appropriato”.
(Engels, Dialettica della natura, Opere Complete Marx – Engels, Editori Riuniti, vol. XXV, p.468)
 
“Dal punto di vista di una superiore formazione socio-economica [cioè del comunismo – ndr], la proprietà privata di singoli individui sul globo terrestre apparirà non meno assurda della proprietà privata di un uomo su un altro uomo. Neppure un'intera società, una nazione, anzi tutte le società di una stessa epoca prese assieme, neppure esse sono proprietarie della terra. Ne hanno soltanto il possesso, l’usufrutto, e hanno il dovere, da boni patres familias, di trasmetterla migliorata alle generazioni successive”.
(K. Marx, Il Capitale, Libro Terzo, Cap. 46. Editori Riuniti (1970), vol 3, pag. 887)
 
“Nei paesi industriali più progrediti noi abbiamo domato le forze naturali e le abbiamo costrette al servizio degli uomini; abbiamo così moltiplicato all'infinito la produzione, tanto che un fanciullo oggi produce più di quello che producevano ieri cento adulti. E quali sono i risultati? Crescente sopralavoro e miseria crescente delle masse, e una grande crisi ogni dieci anni. Darwin non sapeva quale amara satira scrivesse sugli uomini, ed in particolare sui suoi compatrioti, quando dimostrava che la libera concorrenza, la lotta per l'esistenza, che gli economisti esaltano come il più alto prodotto storico, sono lo stato normale del regno animale . Solo un'organizzazione cosciente della produzione sociale, nella quale si produce e si ripartisce secondo un piano, può sollevare gli uomini al di sopra del restante mondo animale sotto l'aspetto sociale di tanto, quanto la produzione in generale lo ha fatto per l'uomo come specie. L'evoluzione storica rende ogni giorno più indispensabile, ma anche ogni giorno più realizzabile una tale organizzazione. Essa segnerà la data iniziale di una nuova epoca storica nella quale l'umanità stessa, e con essa tutti i rami della sua attività, in particolare la scienza della natura, prenderanno uno slancio tale da lasciare in una fonda ombra tutto ciò che c'è stato prima”.
(Engels, “Dialettica della natura” - Introduzione – 1875-'76, http://www.pmli.it/articoli/2015/20150729_31_introdialetticaengels.html)

2 ottobre 2019