Tutti i ticket sanitari vanno aboliti non “rimodulati”

In un video postato su Facebook il 1° ottobre il neo ministro della Salute, Roberto Speranza, illustrando le decisioni prese dal Consiglio dei ministri in vista della prossima legge di Bilancio, ha annunciato "importanti novità" in campo sanitario, tra cui una "rimodulazione" dei ticket sanitari, i gravosi balzelli che vengono applicati sui medicinali, sulle prestazioni specialistiche e sugli esami diagnostici dispensati dal Servizio sanitario nazionale. "Abbiamo deciso di collegare alla Finanziaria un disegno di legge di riordino della materia dei ticket e lo faremo con un criterio di progressività", ha annunciato infatti il ministro, spiegando che il criterio sarà improntato ad "un principio molto semplice: chi ha di più deve pagare di più".
L'idea in sostanza non è nuova, ed è quella di graduare l'importo del ticket in base al reddito familiare Isee, cioè il reddito familiare equivalente che tiene conto del numero dei componenti della famiglia, del loro reddito nominale complessivo e della relativa situazione patrimoniale. Nella Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza (Nadef) appena varata dal governo, in tema di Sanità si parla infatti di "una progressiva rivisitazione dell'attuale sistema di compartecipazione sulla base delle condizioni economiche reddituali finalizzato a rendere il sistema più omogeneo e equo".
Nella bozza del ddl annunciato da Speranza si precisa anche che saranno escluse dalla partecipazione alla spesa sanitaria "categorie di particolare interesse sociale" e "soggetti vulnerabili privi di reddito", e che nella graduazione dei ticket sarà tenuto conto anche di "malattie croniche e invalidanti o di malattie rare ovvero del riconoscimento di invalidità o dell'appartenenza a categorie protette". Inoltre sarà fissato un importo massimo annuale di partecipazione oltre il quale cesserà l'obbligo di pagamento dei ticket. Il nuovo regime dei ticket dovrebbe entrare in vigore entro il 31 marzo 2020, "con decreto del ministero della Salute da adottarsi di concerto con il ministero dell'economia e delle finanze", individuando le nuove quote di compartecipazione "in modo da assicurare l'invarianza del gettito sociale".
Contemporaneamente alla "rimodulazione" dei ticket il ministro ha annunciato anche altre due "novità": lo stanziamento di due miliardi per la Sanità nel 2020, e l'abolizione, o meglio "il superamento progressivo " del super ticket, ovvero il ticket aggiuntivo di 10 euro al ticket "ordinario" di 36 euro sulle prestazioni diagnostiche e di laboratorio imposto dal governo Berlusconi nel 2011 e sempre mantenuto anche dai governi successivi, che vale circa mezzo miliardo.

Conte frena sul progetto di Speranza
Finalmente "qualcosa di sinistra", se non addirittura una "rivoluzione", come scrive "il manifesto" trotzkista del 2 ottobre commentando il post del segretario di LeU? Tutt'altro. Tanto per cominciare il presidente del Consiglio Conte ha subito messo un bel macigno sul percorso delineato da Speranza, dichiarando che "gli interventi sul super ticket e sul ticket sanitario sono programmati non domani mattina ma in un arco di tempo più ampio". E a maggior chiarezza ha aggiunto: "Il nostro progetto non scade a dicembre ma è da attuare nel corso della legislatura, e anche i tempi degli interventi sono da dosare nel corso dei prossimi mesi e anche degli anni". Vale a dire, campa cavallo. Sempre che, naturalmente, la legislatura non abortisca prematuramente, come da più parti si ritiene probabile. Conte evidentemente si preoccupa dei contraccolpi elettorali che uno spostamento degli oneri sanitari verso i ceti più abbienti può comportare.
Ma a parte questo aspetto non da poco, che rende come minimo velleitario l'annuncio del ministro; e a parte che i due miliardi erano già stati destinati dalla precedente Finanziaria targata Salvini-Di Maio, dopo aver cancellato a sua volta il miliardo destinato a quest'anno; c'è un altro aspetto più importante e di principio per il quale il suo progetto è solo una finta misura di equità fatta per guadagnare consenso: quali sono infatti le categorie sociali che pagano il ticket di 36 euro, indipendentemente dal reddito, sulle prestazioni specialistiche e diagnostiche? Secondo gli stessi tecnici del ministero della Salute su 44 milioni di utenti della sanità pubblica gli esentati, per età, reddito, disoccupazione, disagio sociale e per patologie particolari, sono circa 24 milioni, il 54% del totale, che usufruiscono di circa il 70% delle prestazioni erogate complessive. Dal momento che i ceti più ricchi non si rivolgono alla sanità pubblica ma a quella privata, ne consegue che il grosso della spesa grava sui ceti intermedi: tra cui ci sono molti pensionati il cui reddito familiare supera anche di poco i 36 mila euro lordi l'anno, lavoratori dipendenti con stipendi non certo da nababbi, giovani con lavori precari, e così via. Tralasciando oltretutto il fatto che molti di questi utenti sono già costretti a rivolgersi alla sanità privata, a causa delle impossibili e scandalose liste di attesa e spesso anche perché in molti casi il ticket è addirittura superiore alla prestazione privata.

La sanità pubblica dev'essere gratuita
La "rimodulazione" prospettata da Speranza finirebbe quindi per gravare tutta sulle spalle di queste categorie sociali non certo privilegiate. Per cui, dal momento che l'operazione deve "assicurare l'invarianza del gettito totale", lungi dall'essere una misura di giustizia sociale sarebbe piuttosto un puro e semplice spostamento di pesi a somma zero all'interno dello stesso bacino di contribuenti che sorregge il SSN.
In un'intervista a "la Repubblica" del 6 ottobre, nel decantare la "rimodulazione" dei ticket come una misura improntata all'"equità e ai principi della Costituzione", Speranza afferma che "l'universalità del sistema sanitario nazionale è il patrimonio più importante del Paese, da difendere come una pietra preziosa". Ma se ciò fosse vero allora dovrebbe chiedere l'abolizione completa di tutti i ticket, poiché non si può definire universale un sistema sanitario che non è completamente gratuito per tutti. Si tratta semmai di assicurare che venga adeguatamente finanziato con la fiscalità generale, e qui allora vale il principio che chi ha di più paga di più, da rendere effettivo attraverso una spietata lotta all'evasione fiscale e una forte progressività delle imposte. Mentre nella realtà, dal primo governo Berlusconi ad oggi, compresi i governi di "centro-sinistra" di Prodi e quelli di Letta, Renzi e Gentiloni, si è sempre andati nella direzione opposta: riduzione della progressività, condoni fiscali, aumento dell'evasione fiscale, da una parte; e tagli ai finanziamenti al Sistema sanitario nazionale e imposizione di ticket, dall'altra. Fino a portare la sanità pubblica sull'orlo del collasso attuale.
Come rivendica il Nuovo Programma d'Azione del PMLI, occorre invece:
- Abolire il "sanitometro" (che ha istituito, sotto il governo Prodi, le fasce di reddito per il pagamento dei ticket, ndr), tutti i ticket sanitari e i contributi di malattia che gravano sul lavoro dipendente"
- "Sanità pubblica, universale, gratuita, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, che disponga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale".
 

9 ottobre 2019