Russiagate
Il Riesame respinge il ricorso di Savoini, ex portavoce di Salvini
I soldi dei russi erano per la Lega

Il 10 settembre il Tribunale del Riesame di Milano ha respinto il ricorso presentato dagli avvocati difensori di Gianluca Savoini con il quale i legali dell’esponente leghista, ex portavoce di Salvini e presidente dell’associazione Lombardia-Russia, avevano chiesto la restituzione degli effetti personali, in particolare cellulari, computer, chiavette Usb e documenti cartacei, sequestrati nel corso dell'inchiesta sul “Russiagate” in cui Savoini è indagato per corruzione internazionale assieme all’avvocato Gianluca Meranda e al consulente finanziario Francesco Vannucci.
L'inchiesta riguarda la famigerata compravendita di 250mila tonnellate al mese per tre anni di petrolio tra la società di stato russa Rosneft e l'Eni che avrebbe dovuto mascherare un finanziamento da 65 milioni di dollari alla Lega di Salvini.
I giudici del Riesame hanno respinto il ricorso proprio perché dall’audio captato durante la riunione all’hotel Metropol di Mosca e dai contenuti audiovisivi scaricati dai cellulari, pc e documenti sequestrati a Savoini emerge “la cristallizzazione degli accordi criminali” e la “conferma della natura illecita della trattativa”.
Ciò significa che le accuse mosse dal Procuratore aggiunto (Pa) Fabio De Pasquale e dai Pubblici ministeri (Pm) Gaetano Ruta e Sergio Spadaro contro Savoini si basano su inconfutabili prove investigative e raccontano di come l'ex portavoce di Salvini per conto della Lega “concordava con Ylia Yakunin (vicino all’avvocato e parlamentare Vladimir Pligin, nel cui studio Salvini avrebbe incontrato il vicepremier russo Dmitri Kozak, ndr ) l’acquisto da parte di Eni di ingenti quantitativi di prodotti petroliferi: 250mila tonnellate al mese per tre anni, vendute dalla società di stato russa Rosneft, prevedendo che una percentuale del 4 per cento del prezzo pagato da Eni sarebbe stata retrocessa» con l'obiettivo espressamente dichiarato di: “Finanziare la campagna elettorale per le elezioni europee del partito Lega, mentre una percentuale, tra il due e il sei per cento, sarebbe stata corrisposta tramite intermediari e studi legali a pubblici ufficiali di Rosneft”.
Per i giudici i contenuti audiovisivi scaricati dai device di Savoini chiariscono senza ombra di dubbio che “l’accordo sia già stato raggiunto nei termini essenziali” e che i protagonisti discutono anche della “possibilità di reiterarlo nel tempo”.
Non solo, secondo i giudici dai dialoghi registrati tra Savoini, Meranda e Vannucci emerge anche una grande preoccupazione per la tempistica dell'operazione. I tre hanno “la necessità di agire rapidamente per l’avvicinarsi delle elezioni europee” tant'è che ad un certo punto Meranda propone che: “La consegna sarà o da Rotterdam o dal mar Nero. La velocità è di estrema importanza, la prima consegna deve essere in novembre” e assicura i russi che “Sarà Francesco a vedere come organizzare il ritorno, lì bisogna essere prudenti... Lì bisogna essere non prudenti, ma di più! - risponde Savoini - perché noi avremo i telescopi addosso. Però io mi fido dell’abilità di tutti noi, ciascuno nel suo campo. Noi abbiamo creato questo triumvirato. Tu, io, lui. La cosa è proprio il compartimento stagno. Anche ieri Alexander diceva 'l’importante è che siete solo voi. Tu rappresenti la connection totale, da parte politica in particolare'”.
Per i i giudici, le conversazioni agli atti dell'inchiesta svelano anche “i contatti del partito politico Lega all’interno di Banca Intesa, necessari per il passaggio di denaro”. Non a caso ad un certo punto delle trattativa Meranda dice: “Finita questa riunione bisogna chiedere a lui, quel ragazzo che comincia con 'Ma' e finisce con 'etti' in Intesa perché Eni ha già i conti in Intesa, capito?”.
Il riferimento è a Andrea Mascetti, avvocato membro del cda di Intesa Russia, vicinissimo all’ex sottosegretario leghista alla presidenza del consiglio Giancarlo Giorgetti.

16 ottobre 2019