Revisionismo dalmata-giuliano a Trieste
No alla statua di D'Annunzio “vate” del fascismo
Contromanifestazione antifascista

 
Nel maggio scorso che la giunta comunale di Trieste targata Forza Italia e Lega deliberò la realizzazione della mostra dal titolo: “Disobbedisco. La rivoluzione di D’Annunzio a Fiume 1919 –1920”; mostra poi inaugurata il 12 luglio. Nella stessa delibera il Comune si impegnò anche “a farsi carico della produzione e collocazione in luogo da individuare di una statua di Gabriele D’Annunzio”. Per questa iniziativa, spinti dal vento dei fascisti del XXI secolo allora al governo e in piena ascesa di consensi, furono stanziati ben 382.190 euro di soldi pubblici.
Queste delibere, tra di loro strettamente legate, hanno provocato la forte reazione della parte democratica e antifascista della città: in particolare il gruppo “Resistenza storica” del quale fanno parte noti storici quali Cernigoi e Kersevan da sempre in prima linea nel combattere il revisionismo neofascista, che promossero un appello per respingere il progetto. Tuttavia, come programmato fin dall'inizio di questo vile tentativo di riabilitazione fascista, il monumento, chiaro elogio della sopraffazione, della violenza razzista e fascista e dell'imperialismo italiano, è stato inaugurato il 12 settembre scorso, nel centenario dell'occupazione di Fiume.
 

Chi fu D'Annunzio, oltre il poeta
In questo contesto, è indispensabile soffermarsi qualche riga su D'Annunzio e, più che sulla sua opera letteraria più conosciuta e scorrettamente posta “super partes” dagli organismi istituzionali a partire dal Ministero dell’Istruzione, sulla sua figura politica nazionalista, antesignana del fascismo e poi anche formalmente fascista.
Sul fatto in questione, fu D'annunzio che il 12 settembre del 1919, partendo dall'abitato di Ronchi (che oggi porta con se il nome di“Ronchi dei legionari”, voluto dal fascismo proprio per omaggiare l'impresa di Fiume) si recò con i suoi camerati eversori, ad occupare la città di Fiume allora sotto il controllo di forze interalleate, per sottrarla ai croati che D'Annunzio considerava “razza inferiore”, “schiaveria bastarda”, “mandrie di porci”.
Per fare alcuni esempi sul suo feroce interventismo permeato da una viscerale violenza antislava, citiamo la lettera ai Dalmati, nella quale così scriveva: “il croato lurido, s’arrampicò su per le bugne del muro veneto, come una scimmia in furia, e con un ferraccio scarpellò il Leone alato”, oppure: “quell’accozzaglia di Schiavi meridionali che sotto la maschera della giovine libertà e sotto un nome bastardo mal nasconde il vecchio ceffo odioso”.
È indubbio che D'Annunzio, già massone, pose le basi del fascismo attraverso la sua morale guerrafondaia, imperialista e aristocratica, e ne è testimonianza il seguente passo pronunciato da Mussolini durante un viaggio nella Venezia Giulia nel settembre del 1920: “Di fronte a una razza come la slava, inferiore e barbara, non si deve seguire la politica che dà lo zuccherino, ma quella del bastone. Io credo che si possano sacrificare 500.000 slavi barbari a 50.000 italiani”.
Come si può notare, l’arringa lo mostra in piena sintonia con il linguaggio, lo stile, i contenuti e l'intento dannunziano che ha caratterizzato, come abbiamo già visto, anche i suoi versi razzisti nei confronti della comunità slava, tant’è che già nel 1919 Mussolini avviò una sottoscrizione pubblica per finanziare l'Impresa di Fiume, con la quale raccolse quasi tre milioni di lire.
D'Annunzio, fra l'altro, si iscrisse ai Fasci di Combattimento nel 1920 senza mai prendere anche in seguito le distanze dal regime, oltre ad aver avuto stretti e continui contatti con il fascismo che gli attribuì anche numerose cariche pubbliche. Assieme a Filippo Tommaso Marinetti, fu uno dei primi firmatari del “Manifesto degli intellettuali fascisti”, pubblicato il 21 aprile del 1925.
Ed è provata la sua intenzione di marciare su Roma, come poi fece Mussolini il 28 ottobre del 1922, segnando l'ascesa del PNF al potere in Italia.
 

La vigliacca cerimonia fascista e la risposta antifascista
Alla cerimonia di inaugurazione della statua, nel suo intervento, l'assessore alla cultura del comune di Trieste, Giorgio Rossi, non ha nascosto il centrale riferimento né all'impresa di Fiume, né al ruolo di precursore del fascismo del protagonista: “Celebriamo D’Annunzio in una doppia veste, quella di insigne letterato e per un atto rimasto nella storia, essere arrivato a Fiume, ma soprattutto per la Carta del Carnaro, atto illuminante che prospettava una civiltà del futuro” che poi nella sostanza, aggiungiamo noi, fu appunto il fascismo..
Addirittura, l’assessora all’istruzione Angela Brandi, ha concluso il suo breve intervento dicendo “…e grazie a D’Annunzio possiamo tutti ricordare Fiume italiana!”. L’ennesima vergogna istituzionale in piena continuità con le inaccettabili parole di Tajani, presidente dell'Europarlamento, che già alla scorsa celebrazione della Giornata del Ricordo – primo grande cavallo di Troia istituzionale utile alla riabilitazione del fascismo di cui fu responsabile anche la sinistra di governo – proprio a Trieste, tuonò: “Viva l'Istria Italiana, Viva la Dalmazia italiana, Onore a coloro che difendono i valori della nostra patria”; senza che nessun governante in Italia o in Europa ne chiedesse le dimissioni.
Nonostante in piazza a Trieste fosse presente pochissima gente, fra cui singoli fascisti locali inclusi alcuni giovani che indossavano una maglietta nera con su scritto a lettere cubitali “O Fiume o Morte”, questa vergognosa iniziativa ha rappresentato l'ennesimo sfregio all'antifascismo, alla Resistenza ed all’Aned, col suo cippo situato a venti metri di distanza, che ricorda i deportati nei lager nazifascisti; una legittimazione istituzionale con la quale si celebra l’imperialismo della “riscossa” italiana dopo la prima guerra mondiale, e il nazionalismo quale caposaldo fascista, nel tentativo di rinnovarli entrambi all’oggi.
L'inaugurazione è stata seguita da una seconda iniziativa fascista e militarista, che ha celebrato in maniera specifica la marcia su Fiume, tenutasi a San Polo, presso il monumento dedicato all'impresa, sul confine tra i comuni di Monfalcone e Ronchi dei Legionari, dove hanno partecipato in parata, militari, automezzi d’epoca, autorità sia civili che militari, sindaci in prevalenza leghisti ed appartenenti a liste di destra dei quali ha fatto gli onori di casa Anna Cisint, sindaca di Monfalcone e, per sottolineare il carattere apertamente fascista della manifestazione, militanti di Forza Nuova assieme ai labari degli Arditi e della X Mas.
Forte e decisa è stata però la risposta del mondo antifascista che non si è fatta attendere e, l’ANPI, dopo avere inutilmente chiesto al sindaco di Ronchi (“centro-destra”) di non autorizzare celebrazioni così provocatoriamente fasciste e anticostituzionali, ha promosso la contro manifestazione nella piazza centrale del paese.
Ronchi che, pur essendo entrata nella storia per esser stato il luogo di partenza per l'occupazione di Fiume, non diede alcun legionario a D'Annunzio, bensì consacrò 147 martiri della Resistenza, dei molti che partirono il 9 settembre del 1943 quando si formò la Brigata Proletaria che combatté a Gorizia e poi ancora nel Collio e sul Carso, facendo meritare nei fatti al paese di Ronchi la medaglia d’argento al valor militare. Altro che D’Annunzio!
Nel suo intervento conclusivo, il responsabile provinciale e membro del Comitato nazionale dell’Anpi Patrik Zulian ha denunciato come il territorio fosse “ancora qua, a subire le stesse provocazioni, a dover rispondere al revisionismo, a un’idea malata di patria”. Il filone di tutta l’iniziativa può essere riassunto con questa frase: “ …è storicamente inconfutabile il nesso intercorrente tra l’impresa di D’Annunzio ed il movimento fascista di allora..”. Grande merito dunque all'ANPI ed agli antifascisti e democratici friulani che hanno dato idealmente un calcio all'ultimo episodio di bieco revisionismo giuliano-dalmata, ripristinando la verità storica dei fatti.
 

Le proteste croate
La collocazione della statua e tutto ciò che essa si porta dietro, ha suscitato numerose proteste sul fronte croato, che sono giunte all’inoltro di una missiva formale del ministro degli esteri croato che in una lettera consegnata al Consolato italiano a Zagabria, l’ha definita “iniziativa che contribuisce a turbare i rapporti di amicizia e di buon vicinato tra i due Paesi”.
Dopo la nota diplomatica di protesta di Zagabria per l’inaugurazione del monumento dedicato a Gabriele D’Annunzio a Trieste, anche la presidente della Croazia, Kolinda Grabar Kitarovic, ha fermamente condannato “l’inaugurazione della scandalosa statua della discordia”.
In tutta risposta alle proteste croate, il portone del Consolato croato a Trieste è stato ricoperto da manifesti con la firma VFS – Veneto Fronte Skinheads - con slogan inneggianti a Fiume italiana con la foto di D’Annunzio. Le stesse affissioni sono state fatte anche in altre città italiane, fra le quali Verona, Padova e Bolzano.
Comunque sia, senza timore, il sindaco di Rijeka, denominazione odierna di Fiume liberata, ha parlato chiaramente e senza mezzi termini di provocatorio e inaccettabile tentativo di onorare “l’occupatore di terre altrui”, e ha ragione poiché, come scrive anche l’ANPI di Udine: “L’avventura fiumana inaugura una nefasta stagione di violenza e barbarie di cui il fascismo di allora si appropria e che il fascismo di oggi usa come mezzo di pericolosa legittimazione pubblica, in aperto e frontale contrasto con la legge “Scelba”, la legge “Mancino e la Costituzione Italiana tutta!”.
 

23 ottobre 2019