Decreto sul clima: tanto fumo e poco arrosto
Niente soldi per la ricerca, la digitalizzazione, la tecnologia e lo sviluppo. Nessun taglio ai sussidi fossili.
Friday for future: “ Pretendiamo l'obiettivo emissioni zero entro il 2030”

 
Alla fine l'elefante ha partorito il topolino. Il governo italiano, di fronte ad un tema che la scienza descrive da anni come “urgentissimo e grave”, ha stanziato 450 milioni di euro per il suo Decreto Clima. Tanto per fare un raffronto tutto interno alla UE si consideri che la Germania, pur a serio rischio di recessione, ha stanziato cinquanta miliardi di euro nel tentativo di rivedere innanzitutto le estrazioni e il consumo di carbone.
Il Decreto sul clima approvato il 10 ottobre scorso, nei fatti non è un decreto contro l'emergenza climatica, innanzitutto perché non contiene gli annunciati e necessari tagli ai sussidi delle attività dannose per l'ambiente, né spiega il modo in cui avverrà la loro cancellazione lineare del 10% su base annuale entro il 2040, misura anch'essa – a patto che venga raggiunta – del tutto insufficiente anche per il rispetto degli impegni dell'arcinoto quanto inconsistente accordo di Parigi.
 

Il ministro Costa
Le parole di Sergio Costa, pentastellato ministro dell'Ambiente confermato anche dal nuovo governo trasformista liberale Conte bis, celebra i progressi del testo inquadrandoli in quella che definisce “una complessa architettura normativa composta dalle legge Salva Mare in discussione alla camera, dal Cantiere Ambiente all'esame in Senato e dal Decreto Clima ”, ma allo stesso tempo si lascia sfuggire appunti che ne smascherano l'inconsistenza e la subalternità all'industria capitalista e alle leggi di “mercato”.
Il provvedimento non è esaustivo – sostiene il ministro - C'è tutto un percorso da fare . (…) La nostra idea è fare un taglio costante negli anni, da qui al 2040, ma senza penalizzare nessuno. L'obiettivo principale è tutelare l'ambiente, salvaguardando al tempo stesso il nostro sistema produttivo. (…) La riduzione dei sussidi ambientalmente dannosi sarà contemplata nella legge di bilancio .”.
È chiaro come il sole che ancora una volta sia il PD, le cui mani sono sporche del petrolio delle trivelle, sia il Movimento 5 Stelle, si arrendono – o meglio si fanno complici – degli interessi della grande industria italiana, delle sue lobby e dei suoi voti. Confindustria se ne lava le mani commentando che “non c'è stato confronto ”, mentre sindacati e associazioni ambientaliste gridano all'inconsistenza del provvedimento.
 

I contenuti del Decreto Clima
Al momento il Decreto descrive il modo in cui il governo intende regolarsi nella giungla di 161 sussidi con un impatto economico complessivo di 41 miliardi. Secondo il ministero dell’Ambiente i sussidi dannosi sarebbero il 45% del totale che nel settore energetico equivalgono a 12 miliardi, 4,6 miliardi per l’Iva agevolata, 1,4 miliardi nei trasporti, 279 milioni tra agricoltura e pesca e 655 milioni in altri settori. Non una parola però è dedicata a spiegare dove inzierà a ridurre e a tagliare, né tantomeno e come reinvestirà il gettito fiscale supplementare, previsto di circa lo 0,1 per cento del Pil.
Sono stati approvati un “buono mobilità” per le città ammontante a 255 milioni di euro, 1.500 euro sono previsti per la rottamazione dell’auto fino alla classe euro 3 e fino a 500 euro per i motocicli a due tempi; è stato istituito un fondo di 40 milioni di euro per la realizzazione delle corsie preferenziali in città e 20 milioni di euro per accompagnare gli alunni nelle scuole elementari e medie a bordo di mezzi ibridi, elettrici non inferiori a euro 6; trenta milioni di euro saranno destinati alla piantumazione, al reimpianto degli alberi e alla creazione di foreste urbane nelle città metropolitane e nelle periferie; aumenteranno i poteri dei commissari che si occupano delle bonifiche delle discariche abusive e della depurazione delle acque per affrontare il problema delle infrazioni ambientali e infine venti milioni saranno destinati ai commercianti – con un tetto di cinquemila euro ciascuno - per la realizzazione di “Green corner” per la vendita di prodotti sfusi.
Cifre irrisorie di fronte all'emergenza se non si procede a tagliare drasticamente le emissioni da fonti fossili, che ne rappresentano di gran lunga la causa principale.
Nel testo definitivo è sparito il comitato interministeriale sui cambiamenti climatici e la qualità dell’aria previsto al Cipe, è stato tagliato l’articolo sulla velocizzazione della pianificazione sul trattamento dei rifiuti, ed è scomparsa anche la campagna di informazione ambientale nelle scuole “#iosonoAmbiente”, importante per rendere concreto l'approccio ambientalista delle nuove generazioni “allevate” nel consumismo eletto a legge del nostro sistema economico.
Inoltre, sono insufficienti le misure ipotizzate nel puntare su tram e piste ciclabili nelle aree metropolitane, così come per la mobilità elettrica nelle città; nulla si fa poi per contrastare la grande distribuzione che continua a dettare legge sui rifiuti e imballaggi.
 

Le reazioni del mondo ambientalista e di Fridays for Future Italia
Sono necessari provvedimenti ben più radicali di questo decreto – ha commentato Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia – A partire da una seria svolta pro-rinnovabili e da una drastica rimodulazione dei sussidi ai combustibili fossili. Facciamo inoltre notare al governo che l’Italia non è all’avanguardia in fatto di contrasto ai cambiamenti climatici, come affermato nelle ultime ore da Luigi Di Maio. Le emissioni del settore energetico nazionale sono infatti in ripresa, a causa della frenata data alle rinnovabili dai diversi esecutivi in carica in questi anni, dal governo Monti in poi ”.
Hanno duramente criticato l'inconsistenza del decreto clima i giovani del movimento Fridays for Future Italia, usciti recentemente da una assemblea nazionale con una piattaforma davvero interessante e avanzata sui temi ambientale e politico-sociale, che collega giustamente la battaglia per l'ambiente alla lotta alla povertà e al fascismo, e “pretende” l'obiettivo emissioni zero entro il 2030.
Non è sicuramente questa radicalità che serve oggi per affrontare la crisi climatica, – si legge nel loro comunicato – sostanzialmente questo non è un decreto sul clima, dato che inciderà davvero molto poco sulla lotta all'emergenza climatica in corso . (…) Facciamo inoltre notare al Governo che l'Italia non è all'avanguardia in fatto di contrasto ai cambiamenti climatici, come affermato nelle ultime ore da importanti esponenti della maggioranza. Purtroppo la crisi climatica non può aspettare: solo 11 anni ci separano dal punto di non ritorno.
 

La critica della CGIL
Anche la CGIL, per voce della vice-segretaria generale Gianna Fracassi, giudica il decreto come “insufficiente ed inadeguato alle sfide e alle emergenze ambientali che siamo costretti a dover affrontare ”.
Al centro della critica c'è il poco coraggio nelle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici e la scarsità di risorse previste: “Meno di 400 milioni sono cifre alquanto irrisorie. Non ci sono risorse per la ricerca, lo sviluppo, l'innovazione tecnologica e la digitalizzazione, indispensabili per la transizione ecologica e nessun finanziamento per le misure di accompagnamento dei lavoratori coinvolti ”.
Inoltre, la seconda carica del più grande sindacato italiano denuncia l’assenza di qualsiasi riferimento al tema della partecipazione e del coinvolgimento delle parti sociali, chiedendo che venga attivato da subito, prima del varo della legge di bilancio e del decreto-clima, un “percorso democratico” con le organizzazioni sindacali.
 

Il decreto clima conferma l'inconsistenza delle politiche ambientali in linea con i governi precedenti
Insomma, invece della svolta ambientale annunciata, il Decreto sul Clima procede sulla linea tracciata dai governi precedenti che si sono alternati al potere confermando le politiche ambientali subalterne agli interessi delle grandi multinazionali dell'energia e delle grandi banche.
D'altra parte cosa spettarsi dal Pd che con Renzi e Gentiloni è stato artefice di numerosi provvedimenti che hanno messo a rischio l'ambiente - su tutti il già citato sdoganamento delle trivellazioni in terra e in mare in cambio di royalties irrisorie per le multinazionali del gas e del petrolio - , ma anche dai Cinque stelle che nel frattempo sono diventati campioni nel tradimento delle lotte che dicevano di sostenere, su tutte la TAV e il TAP, barattando la loro seconda “stella” che nel simbolo del movimento rappresenta appunto l'ambiente, per il potere e le poltrone.
La cartina di tornasole a conferma di tutto ciò è già nelle nostre mani, rappresentata dall'indirizzo dell'attuale bozza di PNIEC (Piano Nazionale Integrato Energia e Clima) che pone il gas naturale al centro del sistema e che comunque impedirebbe l'obiettivo di azzeramento delle emissioni del Paese nel 2050.
 

23 ottobre 2019