Latina
Braccianti indiani incrociano le braccia
“Basta schiavismo. Vogliamo diritti e dignità”

 
Lo scorso 21 ottobre i braccianti agricoli indiani della provincia di Latina, in gran parte provenienti dallo Stato indiano del Punjab, hanno incrociato le braccia in una giornata di sciopero generale provinciale della categoria indetto da Flai Cgil, Fai Cisl e Uila, manifestando nel pomeriggio sotto la prefettura del capoluogo.
Pullman da tutta la provincia hanno portato nella piazza del capoluogo pontino almeno cinquemila lavoratori agricoli, che hanno manifestato al grido dello slogan, scandito significativamente sia in italiano sia nella lingua del Punjab, “I nostri diritti dacceli qui!”.
Già nell'aprile del 2016 i braccianti indiani della provincia di Latina avevano indetto una giornata di mobilitazione che aveva portato in piazza migliaia di lavoratori, ma evidentemente in tre anni e mezzo la situazione non è cambiata, e così questa comunità di lavoratori, stanca di essere pagata pochi euro l’ora per oltre dieci ore di lavoro al giorno nei campi e senza diritti, ha nuovamente sentito la necessità di mobilitarsi.
Del resto i motivi contingenti della protesta sono noti: lo scorso 7 ottobre un lavoratore indiano, che non era stato pagato dal suo padrone, si è sdraiato per protesta sui binari della stazione ferroviaria di Priverno, mentre negli stessi giorni a Fondi un‘operazione di polizia scovava 15 aziende agricole totalmente in nero con centinaia di lavoratori senza alcuna tutela, e il 12 ottobre a Terracina un imprenditore agricolo veniva arrestato dalla polizia perché sorpreso a sparare colpi di fucile in direzione dei braccianti indiani per esortarli a lavorare di più. Nell’intera provincia di Latina ci sono più di 11.000 imprese agricole che impiegano fino a 40.000 braccianti nel periodo estivo, quasi tutti indiani del Punjab.
Il comizio del 21 ottobre si è svolto in due lingue, italiano e punjabi, con l‘intervento di sindacalisti italiani e indiani.
Nel suo discorso Gurmukh Singh, presidente della Comunità indiana del Lazio, ha detto chiaramente in entrambe le lingue “Basta sfruttamento! Non possiamo lavorare come schiavi. Vogliamo diritti e dignità, sicurezza sul lavoro, contratti regolari” , mentre Anselmo Briganti della Cgil ha messo in risalto il carattere unitario della manifestazione: “siamo orgogliosi di aver organizzato il primo sciopero il 18 aprile 2016 – ha detto Briganti - e di aver convinto Cisl e Uil a fare questa manifestazione unitaria. La battaglia per battere caporalato e sfruttamento sarà lunga, bisogna fare un salto di qualità culturale” . E dal canto loro il segretario generale della Fai Cisl, Onofrio Rota, ha affrontato il drammatico tema del caporalato, e Stefano Mantegazza, segretario generale della Uila Uil, ha detto che “non ci sono lavoratori indiani o italiani, ci sono solo lavoratori che si spaccano la schiena sui campi” .
Ecco qual è la situazione del lavoro in agricoltura: i migranti sono privati di qualsiasi diritto, pagati una miseria e ridotti allo stato di schiavitù.

30 ottobre 2019