Alla manifestazione promossa dall'UIKI e dalla Rete Kurdistan
In ventimila a Roma per chiedere il ritiro immediato delle truppe di Erdogan dal nord est della Siria
Sfilano nel combattivo corteo partiti, sindacati, associazioni, centri sociali, studenti. In testa le donne curde. Adesione del PMLI. Schedati i manifestanti nei bus del Piemonte e di Napoli
Appoggiamo la causa del popolo curdo combattendo L'imperialismo

 
Nel pomeriggio del primo novembre, un corteo di circa ventimila persone provenienti da tutta Italia, ha attraversato le strade della capitale, al grido di “Io sto con i curdi”, per protestare contro l'attacco militare della Turchia in Siria ai danni della popolazione curda.
La manifestazione, promossa dall'Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia (Uiki) e dalla Rete Kurdistan alla quale aderiscono numerose organizzazioni che sostengono questa battaglia, è partita da piazza della Repubblica per terminare in piazza della Madonna di Loreto, attraversando viale Luigi Einaudi, piazza dei Cinquecento, via Cavour, piazza dell'Esquilino, largo Corrado Ricci, e via dei Fori Imperiali.
 

La piattaforma degli organizzatori
Nell'appello per l'iniziativa, che definisce il Rojava come “il simbolo mondiale della resistenza all'ISIS”, si attacca fortemente il fascista Erdogan sostenendo a ragione che il pretesto del pericolo di sicurezza per la Turchia è solo un vile quanto ingiustificato alibi, dal momento in cui dal marzo 2011, anno di inizio della guerra in Siria, nessun tipo di iniziativa o di attacco sono stati intrapresi né contro il confine, né tanto meno contro la Turchia stessa.
Erdogan invece, com'è noto, non ha esitato a bombardare ripetutamente aree civili, incluse scuole ed ospedali, utilizzando anche armi chimiche al fosforo, come sarebbe emerso nell'attacco alla città di Serekaniye.
Nel documento, si invoca il necessario intervento dell'Italia, dell'Europa e della “comunità internazionale” al fine di far cessare immediatamente la guerra con il conseguente ritiro delle truppe turche dalle zone occupate, di far istituire una No-Fly-Zone sotto l’egida delle Nazioni Unite e della comunità internazionale con lo schieramento di una forza internazionale di interposizione militare, ed un corridoio umanitario per l'evacuazione dei feriti dalle zone di guerra.
Al centro della piattaforma anche lo stop immediato alla cooperazione militare e diplomatica dell’Italia e dell’Unione Europea con la Turchia e la liberazione immediata di Ocalan, leader del PKK, e degli altri oppositori politici rinchiusi nelle carceri turche.
 

Il corteo
La manifestazione di Roma, inserita nel World Kobane Day che ogni anno riempie tante piazze in tutto il mondo a difesa del popolo curdo, è stata molto partecipata da associazioni, studenti, centri sociali e partiti che hanno colorato le vie di Roma con tante bandiere rosse, gialle e verdi e con la stella rossa del PKK, al fianco di quelle dell'Arci, della Fiom, della Cgil, dei Cobas, di Potere al popolo e di Rifondazione comunista, accompagnate da numerosi ritratti di Ocalan, di Hevrin Khalaf, segretaria generale del Partito del Futuro siriano trucidata 20 giorni fa a Qamishlo, e dei caduti stranieri, fra i quali il fiorentino Lorenzo Orsetti, che hanno combattuto a fianco di Ypg.
Il PMLI ha aderito ufficialmente e convintamente alla mobilitazione.
Il corteo era aperto dalle donne curde. Tante persone da tutta Italia che non sono arrivate a Roma senza problemi: un bus proveniente dal Piemonte è stato fermato dalle forze dell’ordine per identificare tutti i presenti, così come ai due che arrivavano da Napoli gli agenti hanno tentato il sequestro del grande striscione sul quale era scritto “Erdogan terrorista”.
I manifestanti si ergono anche in difesa del cosiddetto “Confederalismo democratico”, il sistema sociale in vigore nel Kurdistan in Siria.
Alfio Nicotra, co-presidente di “Un ponte per”, unica Ong italiana attiva nel Kurdistan siriano e da anni impegnata in quello iracheno, ha dichiarato che la reale intenzione di Erdogan “è cacciare le persone che vivono nella Siria del nord-est dalle loro case per sostituirle con i profughi di guerra che si trovano in Turchia. Questa pratica si chiama sostituzione etnica ed è un crimine contro l’umanità, proibito dal diritto internazionale”.
 

Appoggiare la causa curda combattendo l'imperialismo
Oltre alla questione etnica già accennata, i veri e più importanti motivi che hanno scatenato le guerre in Medio Oriente della quale l'occupazione turca rappresenta soltanto l'ultimo episodio, stanno venendo a galla in tutta la loro evidenza.
Una partita complessa che coinvolge in particolare i paesi imperialisti di Stati Uniti, Russia, Turchia, Europa, Iran e Iraq, e che si combatte sulla pelle dei popoli di queste regioni, per le questioni energetiche e per l'egemonia che hanno contraddistinto di fatto gli avvenimenti degli ultimi cento anni, da quel maggio 1908, anno in cui fu scoperto il petrolio in Medio Oriente.
In quest'ottica di rapina e di speculazione ad ogni costo, nulla è duraturo, né gli accordi, e tanto meno le “alleanze”, dettate senza eccezione da interessi immediati e contingenti sulle dirette fonti energetiche e sulle logistiche di collegamento – e quindi di commercio – nei paesi da rifornire, come ad esempio in questo caso dell'UE. Chi si stupisce oggi del tradimento degli USA nei confronti dei curdi, ha inquadrato male la situazione, perdendosi qualcosa per strada; riportiamo quindi di seguito alcuni brani tratti da un articolo pubblicato su “Il Bolscevico” nel marzo 2017, intitolato “Sulla questione curda: storia e attualità” che ben sintetizzava il passato, l'allora presente, ma anche il futuro del popolo curdo.
“Insomma strumentalizzati dagli USA, barattati dalla Russia di Putin, odiati da Assad e massacrati da Erdogan. Per il popolo curdo niente di buono sotto il cielo imperialista. Si dimostra ancora una volta vero il più antico proverbio curdo: 'Non abbiamo altro alleato che le nostre montagne'. (...)
Noi marxisti-leninisti italiani peroriamo la causa del popolo curdo e vorremmo che tutto il Kurdistan fosse unito, libero e indipendente (…), siamo convinti che nessuno degli attori imperialisti, USA in testa, una volta sconfitto l’IS, appoggeranno i diritti del Kurdistan e del suo popolo. La storia, che abbiamo sinteticamente trattato, e l’attualità ci danno ragione. Sia le amministrazioni USA democratiche sia quelle repubblicane hanno continuato nel tempo ad “assistere” e poi tradire il popolo curdo a favore degli interessi geostrategici dell’imperialismo americano. Nel 1973 Mustafa Barzani dichiarò:” Io mi fido dell’America. L’America è una potenza troppo grande per tradire un popolo piccolo come i curdi”. Da lì a poco cessarono le forniture di armi ai curdi che combattevano contro lo scia iraniano, protetto dagli USA, nel Bashur. Negli anni ‘80 l’amministrazione repubblicana di Reagan tolse l’Iraq di Saddam dalla lista degli Stati sostenitori del terrorismo in funzione antiraniana e permise l’utilizzo di gas tossici nello sterminio del popolo curdo. All’inizio del 1991 l’operazione “Desert Storm” non fu certo messa in atto per preoccupazioni umanitarie verso i curdi, quanto per il petrolio. E fino ai primi anni del Duemila l’amministrazione democratica di Clinton ha assistito militarmente la Turchia, vendendogli di tutto, nella sistematica distruzione di oltre 4.000 villaggi curdi oltre il confine del Kurdistan del nord. Niente è cambiato con il democratico Obama che ha strumentalizzato i curdi in funzione anti IS e niente cambierà con il dittatore fascista Trump che ha mandato i marines in Siria per unirsi alle forze militari siriane, russe e curde per l'assalto finale a Raqqa, capitale dello Stato islamico.”
 
 

6 novembre 2019