Samer Arbid, attivista del Fronte popolare per la liberazione della Palestina
Ridotto in fin di vita dalle torture dei servizi israeliani

 
I servizi segreti sionisti hanno il premesso di usare “misure straordinarie” nel corso degli interrogatori di persone arrestate se ritengono che queste possano fornire informazioni in grado di fermare un attacco imminente, per fermare la “bomba ad orologeria”. In altri termini gli agenti sionisti hanno la copertura legale per l'uso della tortura durante gli interrogatori. Come nel caso recente di un esponente del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Fplp), Samer Arbid, ridotto in fin di vita dalle torture.
Il palestinese era stato prelevato dalla sua abitazione ad al-Bireh (Ramallah) agli inizi di settembre, ma rilasciato per mancanza di prove, nel corso delle indagini su un attentato nei pressi dell’insediamento coloniale ebraico di Dolev del 23 agosto scorso, nel quale era morta una giovane israeliana e feriti il padre e il fratello. Il 30 settembre Samer Arbid era stato di nuovo arrestato assieme a altri tre palestinesi e brutalmente torturato, denunciava il suo avvocato, tanto da dover essere ricoverato in ospedale con delle costole fratturate e un blocco renale e attaccato ad un respiratore artificiale. La denuncia era ribadita anche dall'associazione Addameer per la tutela legale dei prigionieri politici.
La ipocrita difesa dello Shin Bet, il servizio israeliano di sicurezza interna, si attestava sull'affermazione che Arbid “non si è sentito bene” durante un interrogatorio ed è stato trasportato in ospedale per controlli. Non ci ha creduto la famiglia né la popolazione palestinese che hanno dato il via a una serie di proteste tanto da costringere il ministero della giustizia di Tel Aviv a avviare un’indagine.

6 novembre 2019