3 anni prima del Russiagate
Salvini-Savoini, mazzetta dal Marocco
150 mila euro partiti da Rabat consegnati a Parigi e depositati in una banca italiana

Nella primavera del 2016, quindi almeno 3 anni prima del Russiagate al “Metropol” di Mosca, Matteo Salvini e il suo ex portavoce e uomo di fiducia Gianluca Savoini, oggi indagato per corruzione internazionale nell'inchiesta su rubli e petrolio, furono protagonisti di un'altra trattativa a dir poco sospetta avvenuta con le stesse modalità e per le stesse finalità, in un hotel di Parigi.
A rivelarlo è “il Fatto Quotidiano” che nell'edizione del 31 luglio rivela che prima di quella russa, ci fu la trattativa per una mazzetta da 150 mila euro partita dal Marocco, passata per la Francia e finita in una turca.
Al centro c’è sempre Savoini. La storia, riferita da due fonti convergenti, racconta di Savoini seduto in un bistrot di boulevard Pereire, non lontano dall’Arc de Triomphe, con un'altra persona. A un certo punto i due si passano fugacemente un plico alto come un pacchetto di Marlboro, fasciato in fogli di giornale. Al suo interno ci sono 150mila euro in contanti. Savoini va in bagno a contare la sua parte, un altro cliente irrompe e le banconote nuove di zecca finiscono dritte nello scarico. Lui le ripesca dal fondo della turca e le pulisce una a una.
Mezz’ora prima Savoini e il suo complice – raccontano ancora le fonti - nella sala de Le Méridien Etoile, a due passi dall’Ambasciata del Marocco, hanno ricevuto il prezioso plico dalle mani di Mohamed Khabbachi, ex direttore generale dell’agenzia di stampa nazionale Map, emissario di re Mohammed VI per le attività di lobby su scala europea, Italia compresa.
Il suo profilo WhatsApp riporta tutt’ora una veduta della stazione centrale dal Pirellone, dove Savoini è stato capo ufficio stampa e oggi è vicepresidente Corecom.
Qual era la contropartita di quel denaro? Savoini era a Parigi per un affare privato o per conto della Lega? Raggiunto sul cellulare della moglie, l’ex portavoce di Salvini riattacca al primo accenno alla vicenda. Monsieur Khabbachi, che in Marocco ha fama di essere ufficiale di collegamento tra il mondo dei Servizi e la manipolazione dei media a fin di propaganda, nega: “Sono un giornalista, seguo cosa succede nel mondo, ma non dò soldi”.
Cosa c’è dietro? “L’incontro all’hotel Le Méridien – spiega una fonte - era stato organizzato per definire una lista di aziende italiane da segnalare per futuri appalti in Marocco e per garantire una copertura di stampa favorevole al governo di Rabat”. A spianare la strada è stata una missione leghista in Marocco di ottobre 2015, quando Salvini e Savoini vanno alla corte di Re Mohammed dove, tra gli altri, incontrano un magnate della tv e i ministri dell’immigrazione e dei lavori pubblici.
L'organizzatore del tour è Claudio Giordanengo, dentista di Paesana (Cuneo) che si presentava come “responsabile esteri della Lega” e a marzo si è candidato a Saluzzo.
Giordanengo conosce Savoini dal 1997 e ha un’antica amicizia col fascioleghista Mario Borghezio. Della delegazione fanno parte anche due figure esterne al partito. Sono Massimo Gerbi, figlio dell’ex padrone del Torino calcio Mario Gerbi, e Kamal Raihane, ex agente di leve calcistiche del Maghreb che in quel periodo faceva sfoggio di foto con Salvini e rivendicava: “Gli ho organizzato l'incontro con alcuni esponenti del mondo politico marocchino. S'è parlato di politica e non solo. Un incontro costruttivo".
Da fine 2017 Raihane è titolare di Eurafrica srl, una società di Torino da 10mila euro di capitale sociale, che si occupa di procacciamento di affari.
Pressato dalle domande, Giordanengo ha spiegato che: “L’iniziativa era nata con un intento provocatorio: la Lega che va a parlare di immigrati in Marocco”. C’erano altri interessi? “C’era un interesse parallelo, credo legittimo, di unire alla missione politica anche la presentazione di aziende interessate a operare in Marocco. Se poi ci sono stati altri personaggi che hanno stabilito rapporti economici non lo so”.
Di sicuro c'è che Salvini rimane molto soddisfatto della missione tant'è che il 1° novembre 2015 twitta “È una terra stupenda”, e in un’intervista al Corriere afferma: “Qui in Marocco si deve investire”. E infatti nelle settimane successive i rapporti con gli emissari del governo di Rabat vanno avanti e vengono suggellati da una serie di visite di Khabbachi a Milano fino all’appuntamento di Parigi, all’hotel Le Méridien Etoile.
Ma qui, proprio come a Mosca, non fila tutto per il verso giusto. Khabbachi dà conto a Savoini di un incidente che ostacola le operazioni di intermediazione per cui si erano spesi: i dossier delle imprese italiane erano da tempo sulla scrivanie delle autorità marocchine, già verificati.
Evidentemente qualcuno li ha battuti sul tempo. I sospetti ricadono subito sugli intermediari marocchini, ma a Savoini a questo punto importa ben poco. Lui ha già incassato la sua parte di mazzetta e non vede l'ora di rientrare in Italia con i pacchi di banconote nascoste nella giacca, nei pantaloni e nelle scarpe e subito depositati nella cassetta di sicurezza di una banca italiana.

6 novembre 2019