Voti in cambio di appalti
In galera i capigruppo della regione Calabria di PD e FdI
Serbi (PD) e Nicolò (FdI) sono accusati di associazione mafiosa, concorso esterno, estorsione. In totale 17 arresti nella 'ndrina “Libri”

Con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, concorso esterno e estrorsione, il 31 luglio 17 esponenti della 'ndrina dei Libri di Cannavò di Reggio Calabria sono finiti in manette nell'ambito dell'operazione “Libro nero” condotta dalla Dda su ordine della procura reggina.
Tra gli arrestati spiccano: il consigliere regionale Sandro Nicolò, ex Forza Italia e oggi capogruppo alla Regione Calabria per Fratelli d’Italia; e il boss del PD Sebi Romeo, attuale capogruppo del PD al consiglio regionale, accusato di tentata corruzione.
Nei suoi confronti il giudice per le indagini preliminari ha disposto i domiciliari così come per il maresciallo della Guardia di finanza Francesco Romeo al quale il boss politico si era rivolto per avere informazioni in merito a possibili indagini giudiziarie nei suoi confronti.
Per quanto riguarda invece la posizione di Nicolò gli inquirenti lo ritengono addirittura affiliato alla ’ndrangheta in quanto rappresenta “l’espressione dei Libri in seno alle istituzioni”.
Un politico costruito a “tavolino” dalla cosca con cui è sceso “a patti” per rastrellare voti in tutte le tornate elettorali: dalle comunali alle regionali passando per le provinciali. In cambio il boss di FdI elargiva favori concordati nello studio dentistico di Giuseppe Tortorella: ex assessore comunale ai tempi delle giunte di centro “sinistra” del Ds Italo Falcomatà; medico odontoiatra, ma ritenuto dagli inquirenti un “colletto bianco” affiliato alla potente cosca di Cannavò che, sfruttando il suo patrimonio di relazioni politiche, è considerato dagli inquirenti l’uomo di collegamento tra la cosca dei Libri e la politica reggina, di destra e soprattutto di “sinistra” a cominciare dal renziano Demetrio Naccari Carlizzi: cognato dell’attuale sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà (PD), ex assessore regionale del PD, indagato a piede libero con l'accusa di concorso esterno con la ‘ndrangheta.
I magistrati parlano di un suo “stabile, solido e proficuo accordo con i più importanti clan, in occasione di elezioni comunali e regionali”. Chiedeva voti per sé e per i suoi amici di cordata e “ha avuto nel corso degli anni un rapporto privilegiato” con Tortorella che nel suo studio si vantava di essere più spietato di Riina: “Sai qual è la differenza tra me e Riina? - amava ripetere l'odontoiatra mafioso - Che Riina li squaglia, li squaglia nell’acido, io me li porto a Cannavò, ho una ‘livara’ (albero di ulivo, ndr), li appendo là con una corda e una scimitarra. Ogni tanto gli taglio un pezzo e gli metto al cane. Questa è la differenza tra me e coso”.
Nell’inchiesta compare anche il nome del padre di Nicolò, vittima di “lupara bianca” nel 2004 affiliato alla cosca dei Libri ma inviso al capobastone don Mico. Tant'è che in una intercettazione uno degli arrestati ricorda che “Questo – riferito a Nicolò – ha vinto con i voti di quelli che gli hanno sotterrato suo padre”. E quando “Sandro”, come lo chiamano gli affiliati, viene eletto, tutti sono raggianti. “Sandro è cosa nostra, con Sandro abbiamo vinto, abbiamo vinto”.Tutti felici anche in casa Fratelli d’Italia, quando, dopo le scorse elezioni politiche, Nicolò decise di passare dalla loro parte e viene accolto con un comunicato entusiasta firmato da Giorgia Meloni e Wanda Ferro, senatrice e sicuro candidato governatore alle prossime regionali calabresi, in cui fra l'altro si sottolineava che: “L’ingresso di Nicolò rappresenta per il nostro partito un valore aggiunto…”.
Per i pm, invece, Nicolò era “patrimonio del clan Libri”, un uomo che andava sostenuto. “Sandro – si sente in una intercettazione tra appartenenti alla cosca alla vigilia delle ultime regionali – è un nostro candidato, altri non li dovete votare”. E il pentito De Rosa: “Io Sandro Nicolò lo conoscevo come espressione della famiglia Libri”.

13 novembre 2019