Mentre languono i problemi atavici di Napoli, tra cui camorra, disoccupazione e periferie urbane
Con un atto di imperio De Magistris rimpasta la giunta nel tentativo di rilanciare la sua esperienza fallimentare di sindaco
Insurgencia e PRC lo coprono a sinistra

 
Redazione di Napoli
 
“Questa decisione è frutto esclusivamente della mia volontà. Mai come questa volta ho ritenuto di decidere in piena autonomia e me ne assumo la responsabilità piena nel bene e nel male. Questa scelta guarda alla necessità di dare ossigeno a questa amministrazione perché c'era un momento di stanca che è fisiologico e che ho notato”. Con queste parole De Magistris ha motivato le scelte che hanno portato al rimpasto di giunta con cui entrano giovani consiglieri; un vero e proprio atto d’imperio per coprirsi a sinistra dopo i malumori che probabilmente venivano dalla sua sinistra e dai centri sociali.
L’ex magistrato ha ufficializzato i nuovi componenti della sua giunta Eleonora De Majo, del centro sociale Insurgencia, e Luigi Felaco, dell’associazione anticamorra “Scetammece”; a loro si aggiunge l’ex UDS Rosaria Galiero di Sinistra in Comune. Ha fatto clamore l'ingresso in giunta della ex consigliera eletta tra le file del M5S, Francesca Menna, molto vicina al presidente pentastellato della Camera Roberto Fico. Un ingresso che evidentemente è frutto della nuova alleanza sottobanco siglata dalla partitina a biliardino con il cardinale Sepe tra Fico e De Magistris in vista di una possibile candidatura dell’ex pm alla Regione Campania, dopo l’annuncio strozzato in gola di verificare una lista nazionale per le elezioni parlamentari all’indomani della caduta del primo governo Conte.
Alla De Majo vanno le deleghe alla Cultura e al Turismo; a Felaco le deleghe al Verde e al decoro urbano; a Galiero le deleghe Commercio e attività produttive; a Menna le deleghe Pari opportunità, libertà civili e salute. Escono Roberta Gaeta, Mario Calabrese, l’ex “marxista-leninista” Nino Daniele (PD) e Laura Marmorale. Quest’ultima decisione non è piaciuta ai movimenti napoletani che fanno capo ad Alex Zanotelli che con un audio inviato a De Magistris sottolineava che “non mi aspettavo da te l’epurazione di Marmorale”; a cui seguiva una risposta tutt’altro che conciliatoria dell’ex pm: “un missionario prima di parlare dovrebbe pensare bene a ciò che dice”.
Noi marxisti-leninisti non concordiamo con quella parte della “sinistra” borghese che plaude al nuovo respiro culturale dato dall’ex assessore, il quale, vogliamo ricordare, nei quartieri popolari di Napoli si è limitato a mere forme espositive. E non siamo soli a esprimere questa posizione tanto che la curatrice Lucrezia Longobardi del PAN, Palazzo delle Arti Napoli, ubicato nello storico Palazzo Roccella, ha parlato di “avamposto delle arti a sede meramente espositiva, in un declino della struttura che era già cominciato con le precedenti amministrazioni”. E ancora: “l’assessore Daniele non ha avuto nessuna visione di progetto sulla città, non l’ha trattata per la metropoli che è, ma anzi ha dato vita solo a progetti dal piccolo calibro e senza nessuna incidenza reale”.
L'iniziale copertura del PRC alla giunta De Magistris veniva poi smentita dal segretario provinciale Rosario Marra che piccato annunciava un mero appoggio esterno alla giunta arancione, rammaricandosi dello spostamento delle alleanze a destra verso la parte delusa dal M5S incarnate in Roberto Fico: “L'ennesimo rimpasto della giunta comunale non nasce, ancora una volta, da un approfondito bilancio dei risultati dell'attività politico-amministrativa, ma dall'esclusiva esigenza di trovare nuovi e precari equilibri politici, con un occhio alle elezioni regionali: restano fuori dalla discussione i grandi problemi che riguardano la vita quotidiana di un milione di napoletani”.
Affetto da sfrenato narcisismo, De Magistris, affermava sul blog di Huffington Post del 4 novembre scorso che “Napoli è da circa tre anni la città che più cresce per offerta culturale e turismo, è oggi il primo polo cinematografico all’aperto d’Italia, terza città per start up giovanili”, mentre naturalmente nulla o quasi diceva su fallimentari risultati conseguiti dalla sua giunta nel combattere la camorra, la disoccupazione e il degrado e l'intollerabile abbandono in cui versano le periferie urbane. Parole che inducevano Marra all'amara considerazione: “pensiamo che la carica innovativa e l'anomalia dell'amministrazione napoletana siano esaurite, basti soltanto pensare alla progressiva privatizzazione del trasporto pubblico, alla situazione di Abc o al ritorno a vecchie soluzioni per il problema rifiuti”. Nonostante questa posizione del PRC da appoggio interno a esterno e le critiche esterne, la direzione neorevisionista tuttavia non andava a fondo nelle critiche e non aveva il coraggio di trarre la doverosa conseguenza di ritirarsi dalla giunta antipopolare.
All’indomani di un video pubblicato sul sito di Repubblica dove ben cinque consiglieri della maggioranza discutevano sul come logorare la giunta arancione e costringere l’ex pm a dare qualche poltrona ai ‘ribelli’, De Magistris finiva per confermare che il rimpasto della giunta risponde solo a ragioni elettoralistiche: “Salvo Napoli dai prestanome di Salvini e De Luca”; “mancano 5 mesi alle regionali e poco più di un anno alle comunali. Tra un anno saremo più forti e vinceremo anche le prossime amministrative. Ci candideremo alle elezioni per la Regione e credo che in lista ci saranno membri di questa Giunta. Motivo per cui, ci sarà la necessità di fare ulteriori cambiamenti perché chi si candida non potrà restare qui”.
Il rimpasto della giunta comunale è un'operazione elettoralistica e demagogica nel tentativo di rilanciare la sua fallimentare esperienza e non produrrà nessuno degli effetti vantati da De Magistris. Il proletariato e le masse popolari partenopee hanno ormai capito bene la natura dell’esecutivo arancione che è destinato al completo fallimento e alla disfatta a poco più di un anno dalla sua scadenza per legge.

20 novembre 2019