Lo rivela il rapporto della Fondazione Openpolis
Nel Mezzogiorno gli asili nido non arrivano alla doppia cifra
Nelle province di Crotone e Caserta quasi il 90% dei posti è offerto in strutture private

Dal nostro corrispondente della Calabria
Il Consiglio europeo riunito a Barcellona nel 2002 ha stabilito per tutti gli Stati membri della UE imperialista degli obiettivi minimi in termini di diffusione di servizi per l'infanzia anche in funzione dell'incentivazione dell'occupazione femminile.
In particolare, per quanto riguarda gli asili nido, l'obbligo di raggiungere l'obiettivo di
garantire la presenza di asili nido e servizi per l'infanzia ad almeno il 33% dei bambini sotto i 3 anni in ogni Paese membro.
Secondo il recente rapporto della fondazione Openpolis però il nostro Paese è ancora almeno 8 punti (dati del 2015) lontano dal 33%, con enormi differenze tra il Nord e il Sud, senza considerare poi che molti degli asili nido sono privati e costosi.
La soglia raggiunta dall'Italia è di circa il 25%, 23 posti in asili nido ogni 100 bambini in età compresa da 0 a 2 anni, quindi molto lontana dalla soglia che dovrebbe garantire un posto ogni tre bambini residenti.
C'è il rischio, secondo Openpolis, che il calo demografico e la diminuzione delle nascite portino a sottovalutare il problema. In effetti i residenti in Italia nella fascia 0-2 anni sono diminuiti dagli 1,7 milioni del 2011 agli 1,42 milioni del 2018 su una popolazione stabile intorno ai 60 milioni di abitanti (dati Istat).
Se il quadro generale è già sconfortante per i numeri molto lontani da quelli previsti dalla UE imperialista, già di per sé orientata su di un parametro bassissimo, il 33%, senza dimenticare la contraddizione palese che vede la UE, decenni dopo la sua nascita, incentivare servizi, specie privati, per favorire il diritto delle donne e i diritti dell'infanzia. Diritti che non riesce evidentemente per sua natura a garantire.
Il misero obiettivo del 33% indicato dalla UE imperialista poi è orientato alla crescita e al profitto dell'offerta privata, come si può infatti pensare di raggiungerlo in Italia con investimenti pubblici visto il capestro dei parametri europei di spesa imposti all'Italia e l'infame pareggio di bilancio inserito nella Costituzione democratico-borghese del '48, ormai ridotta a carta straccia?
La qual cosa è già una dimostrazione del fatto che la UE imperialista è un inferno per le masse popolari e le nuove generazioni, un vero e proprio mostro economico, politico, militare e istituzionale completamente al servizio dei monopoli europei, che non si può riformare e va distrutto, cominciando a tirarne fuori il nostro Paese, come il PMLI sostiene da sempre.
Tornando agli asili nido, il rapporto analizza le enormi differenze fra le varie aree dell'Italia, in un quadro nazionale già sconfortante.
La forbice per regione va dal 42% dell'offerta della Valle d'Aosta al 6,6% della Campania nel quadro appunto del 25% medio nazionale che include sia i posti disponibili negli asili nido pubblici che privati, che a sua volta vanno distinti tra quelli ''puri'', ossia dove la proprietà stabilisce le sue tariffe da libero mercato e quelli convenzionati con i comuni dove si pagano rette seguendo il tariffario comunale in base al reddito, i quali comunque risultano poco sviluppati a livello nazionale, e coprono infatti appena un posto su 10.
Fanalino di coda sono Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Campania.
Il rapporto fra il pubblico e il privato non è omogeneo. Vi sono regioni dove il privato vede aumentare i posti disponibili tra 2013 e il 2015 addirittura al 52% dell'offerta complessiva come nel Trentino-Alto Adige, nella quale cresce anche il pubblico (19% in più di posti disponibili) e il caso opposto del Molise in cui il privato scende del 24% e il pubblico aumenta del 19%.
In genere sia il pubblico che il privato vanno malissimo al Centro-Sud e nelle zone interne o ultraperiferiche in via di spopolamento sia al Nord che al Sud.
Il dato migliora infatti nelle città, mentre nelle periferie e nei comuni periferici e più piccoli i posti diminuiscono, rendendo più costoso il servizio per via dei trasporti specie da parte delle famiglie più povere.
Nel biennio citato il caso peggiore è quello della Sicilia, nella quale diminuiscono pesantemente i posti sia nel pubblico che nel privato, all'esatto opposto del Trentino-Alto Adige.
Anche considerando il dato dei soli capoluoghi di regione appare evidente il divario Nord-Sud: se Bolzano ha 56 posti disponibili ogni 100 bambini, fanalino di coda sono Napoli, 9,5% di posti disponibili, quindi Bari e Palermo ferme al 7%, dunque capaci di garantire un posto in asilo nido pubblico o privato a meno di un bambino su 10.
Stesso discorso per i capoluoghi di provincia: positivo il dato di Siena che con il 60% di disponibilità supera perfino Bolzano col 56%, seguita da Sassari con il 51%. Mentre il dato di molte province meridionali è lontano anni luce, la situazione peggiore a Crotone con il 4,7% di posti disponibili ogni 100 bambini fra 0 e 2 anni, preceduta di un soffio da Messina con il 4,8%, Catania con il 5,8% e Barletta con il 6,5%. In genere i capoluoghi di provincia del Sud e i relativi comuni stentano a raggiungere percentuali a due cifre e è massiccia la sproporzione fra gli asili nido privati e quelli pubblici. A Crotone e Caserta già i posti disponibili sono pochi, ben il 90% poi è offerto solo dal privato, quindi asili nido pubblici praticamente inesistenti.
Il Rapporto Openpolis fa una media della dicotomia pubblico-privato spalmandola sulle varie tipologie di comune, dalla grande città fino ai comuni più isolati e meno popolati, generalmente in questi ultimi è maggiore l'offerta del pubblico sul privato mentre nei centri più grandi si può arrivare alla situazione opposta, nelle metropoli italiane invece prevale mediamente ancora il pubblico sul privato, naturalmente sempre alla luce del divario Nord-Sud.
Questi dati dimostrano la totale insufficienza degli asili nido e dei servizi pubblici per l'infanzia in Italia, troppo lontana perfino dallo striminzito 33% previsto dalla UE imperialista, la crescita del privato sul pubblico e ovviamente fotografano chiaramente ancora una volta che la Questione Meridionale è la prima vera questione nazionale.
 

27 novembre 2019