Testo del video sui 50 anni dell'Organo di stampa del PMLI
50 anni di giornalismo marxista-leninista contro il capitalismo, per il socialismo e il potere politico del proletariato

Il Bolscevico nacque in pieno Autunno caldo per dare voce, per la prima volta in Italia, agli autentici marxisti-leninisti, ai fautori del socialismo, al proletariato e alle masse popolari. Fu subito costretto a cambiare testata e a uscire come numero unico per quasi due anni poiché non disponeva di un giornalista che lo firmasse, secondo quanto prescrive la legge fascista sulla stampa.
La sua nascita fu ispirata e influenzata da due splendidi avvenimenti storici: la Grande rivoluzione culturale proletaria cinese, diretta da Mao, e la grande Rivolta studentesca, operaia e popolare del ’68-69. Fu battezzato Il Bolscevico per manifestare e rivendicare il cordone ombelicale che lo lega alla prima grandiosa rivoluzione socialista della storia, portata alla vittoria in Russia dal partito bolscevico di Lenin e Stalin, e all'epica esperienza della costruzione del socialismo in URSS, mentre l'effigie di Mao integrata nella testata come una sorta di stella polare, sottolinea che senza il pensiero e gli insegnamenti di questo grande Maestro del proletariato internazionale il giornale mai avrebbe potuto contribuire al raggiungimento dell'obiettivo strategico del Partito marxista-leninista italiano di portare alla vittoria il socialismo nel nostro Paese. L’originalità del Bolscevico sta appunto in questa felice combinazione: fedeltà a Lenin e Stalin (e di conseguenza a Marx ed Engels) che hanno dato i natali ai marxisti-leninisti separandoli ideologicamente, politicamente e organizzativamente con la 3a Internazionale dai socialdemocratici, socialtraditori e socialsciovinisti, e partecipazione attiva alla battaglia storica dei marxisti-leninisti capeggiata da Mao contro i revisionisti moderni, cioè contro coloro che hanno liquidato il socialismo: quando si trovavano al potere, erano responsabili del rovesciamento e sostituzione degli Stati socialisti con dittature fasciste e, quando dirigevano i partiti non al potere, turlupinavano e fiaccavano il proletariato e le masse col riformismo, il pacifismo e l’imbellettamento del sistema economico e politico capitalistico.
A ideare Il Bolscevico e a fondarlo insieme ai primi tre pionieri marxisti-leninisti fu Giovanni Scuderi, che poi lo dirigerà personalmente per molti anni e tuttora continua a ispirarlo, alimentarlo, indirizzarlo e incoraggiarlo.
"La pubblicazione del Bolscevico - ricorderà Scuderi - sembrava un'impresa impossibile. Non sapevamo da che parte incominciare ed eravamo sprovvisti di tutto: di esperienza giornalistica, di soldi e mezzi, di giornalisti e intellettuali rivoluzionari. Per pagare il primo numero, uscito il 15 Dicembre 1969, un mensile a due pagine fitte fitte, con una tiratura di 10 mila copie, ricorremmo a una colletta per raccogliere le centomila lire che ci occorrevano. Possedevamo solo una vecchia e antiquata macchina da scrivere, tre vecchi e traballanti tavolinetti, qualche sgangherata sedia e un po' di cancelleria " (Il Bolscevico n. 46/99 pag.3).
Allora l'impresa del Bolscevico poteva apparire azzardata perché il revisionismo di destra non si era del tutto smascherato fino all'anticomunismo di oggi: il PCI e l'Unità contavano su milioni di iscritti e lettori, e persino l'Avanti e il PSI dei socialtraditori Turati, Nenni e Craxi parlavano genericamente di socialismo di tipo liberale e dunque borghese. Esisteva inoltre un guazzabuglio di organizzazioni e testate a sinistra del PCI, ben foraggiate e teleguidate dai padroni e dalla classe dominante capitalistica che cercavano in ogni modo di creare confusione, impedire la netta separazione dei rivoluzionari autentici dai riformisti e dei marxisti-leninisti dai revisionisti moderni.
Mentre Il Bolscevico percorreva con passo da montanaro molta strada e molta ancora ne percorrerà, quei dirigenti sedicenti rivoluzionari si sono nel tempo definitivamente smascherati ed eclissati, ritornando come pecorelle smarrite all'ovile ricompensati in molti casi con i posti chiave della seconda repubblica: nel governo, TV, carta stampata, istituzioni, e alla direzione dei partiti parlamentari, dei sindacati e delle imprese.
Persino la dolorosa sospensione nel settembre 2013 della pubblicazione cartacea, imposta dalla difficilissima situazione economica attraversata dal PMLI è stata tutt'altro che letale giacché Il Bolscevico ha continuato a essere puntualmente pubblicato in formato pdf in una veste grafica più ricca e stimolante, e con migliorie e nuove soluzioni editoriali che sul supporto cartaceo sarebbero risultate impossibili o difficilmente realizzabili. Il 7 novembre 2013 la Sede centrale del PMLI e del Bolscevico traslocava in una più grande e moderna rispetto alla precedente e il 15 settembre 2019 si teneva un'importante e strategica Riunione allargata della Redazione centrale e della Commissione centrale di stampa e propaganda.
 
Un giornale perseguitato dalla borghesia
La persecuzione poliziesca e giudiziaria contro Il Bolscevico cominciò sin dai primissimi numeri. Mentre gli veniva intimato di sospendere le pubblicazioni poiché privo di un direttore iscritto all’Albo dei giornalisti, già nel 1970 Scuderi venne processato e condannato a 10 mesi di reclusione per propaganda sovversiva, per aver pubblicato sul giornale la posizione elettorale dei marxisti-leninisti dal titolo “Il potere politico nasce dalla canna del fucile”; nel 1974-75 altri processi e altre condanne riguardanti anche documenti sulla strage fascista di Milano e il governo clerico-fascista Andreotti. Nell’86 Giovanni Scuderi e Patrizia Pierattini furono processati e condannati per “istigazione di militari a disobbedire alle leggi” a seguito della pubblicazione di un discorso di Scuderi che denunciava la politica imperialista dell’allora presidente del Consiglio Craxi contro la Libia. Infine nel 1990-91 furono processati e condannati Giovanni Scuderi, Mino Pasca e Monica Martenghi insieme a due diffusori del Bolscevico per “istigazione alla diserzione e alla disobbedienza militare” per aver propagandato la parola d’ordine: "Disertare, non sparare, rivoltarsi” durante la prima guerra contro l'Iraq. Poi in appello saranno assolti.
Successivamente sarà più volte indagato a seguito dei suoi fulminanti articoli, come nell'ottobre 2013 quando la Procura della Repubblica di Firenze cercò invano di intimidirlo e tappargli la bocca, in questo caso a proposito dell'articolo dell'aprile precedente sullo “Squadristico presidio di poliziotti contro la madre di Aldrovandi”.
Alla repressione giudiziaria si è aggiunto l'inquietante oscuramento del sito del PMLI dal 3 al 29 agosto 2019, sito dove è possibile leggere e scaricare il settimanale on line, giustificato dal provider Tiscali come un “disguido tecnico”, giustificazione che apparirà poco credibile specie dopo che Tiscali intimerà, nell'ottobre successivo, di rimuovere entro 24 ore due articoli riguardanti Denis Verdini pena l'oscuramento politico del sito dei marxisti-leninisti.
 
In lotta contro il revisionismo moderno per la costruzione del Partito marxista-leninista Il Bolscevico ha dato e continua a dare un contributo insostituibile e inedito per il nostro Paese all'analisi, alla conoscenza e allo smascheramento del revisionismo moderno, che in Italia era rappresentato dal PCI, il più forte partito revisionista non al potere, e in URSS era stato all'origine del colpo di Stato kruscioviano del XX Congresso del PCUS. In particolare ha indagato e scoperto le radici storiche del revisionismo italiano, che affondano nel tempo, al momento della nascita nel 1921, nei gruppi dirigenti di Bordiga, Gramsci e Togliatti. Ecco perché il pur combattivo proletariato italiano è rimasto subalterno alla classe dominante borghese, non ha preso coscienza di essere classe per sé ed è stato allontanato dalla lotta per l'abbattimento del capitalismo e la conquista del socialismo.
I fatti ci avrebbero dato ragione in tutto: i falsi comunisti di ieri, che avevano rinnegato ogni idea di rivoluzione e di socialismo e si erano esauriti e identificati nella democrazia e Costituzione borghesi, si sarebbero poi autoliquidati trasformandosi in un partito liberale borghese, un partito di questo regime neofascista, fino a rivendicare oggi senza mezzi termini il loro aperto anticomunismo. Morto il PCI, gli imbroglioni revisionisti, neorevisionisti e trotzkisti, capeggiati allora da Bertinotti e Cossutta, ridavano vita agli inganni del passato ma Il Bolscevico ha saputo denudarli della loro fraseologia demagogica e dimostrare la loro natura anticomunista e il loro ruolo di copertura a sinistra del PD e della "sinistra" borghese.
Com'è il caso più recente dell'imbroglione falso comunista Marco Rizzo, che dopo aver militato nel Movimento studentesco di Capanna e in Lotta continua, dopo essere stato un ortodosso dirigente cossuttiano del PCI revisionista per un decennio dal 1981 al '91, dopo aver fondato il PRC di Bertinotti e il PdCI di Cossutta, dopo aver beneficiato degli scranni parlamentari per tre legislature e di europarlamentare per Sinistra europea e verde, cioè dopo aver seminato a piene mani revisionismo, trotzkismo e illusioni parlamentari e riformiste, si scopre improvvisamente nel 2014 marxista-leninista e rifonda un nuovo PC ispirato al pensiero revisionista di Gramsci e Secchia. In ciò corteggiato e favorito dai grandi network televisivi e dalla grande stampa borghese come Il Corriere della Sera . Un opportunista incallito che non ha esitato a manifestare tutto il suo sfacciato opportunismo quando si è venduto al socialimperialismo cinese e ne ha sponsorizzato l'espansionismo economico magnificando la Via della Seta.
Mentre continua a smascherare i partiti falsi comunisti a uno a uno, il Partito marxista-leninista italiano festeggia in piazza il suo 30° Anniversario nell'aprile 2007.
Festeggia i suoi 40 anni e prosegue la sua Lunga Marcia per radicarsi e diventare un Gigante Rosso anche nel corpo, seguendo la linea tracciata dal suo 5° Congresso nazionale svoltosi vittoriosamente nel dicembre 2008 e dalle successive Sessioni plenarie del 5° Comitato centrale dal respiro e valore congressuali.
 
L’organo del PMLI che si batte per l'Italia unita, rossa e socialista
All'inizio i marxisti-leninisti mancavano della strategia e della tattica per la conquista del potere politico da parte del proletariato in Italia, pertanto Il Bolscevico , in quanto organo del PMLI, ha passo dopo passo pubblicato, rilanciato, commentato e approfondito l'organica elaborazione della linea politica del Partito che attraverso i suoi Congressi e i suoi documenti programmatici ha prima definito la via dell'Ottobre italiano, poi indicato il disegno generale della futura società socialista nel nostro Paese e infine sintetizzato nella parola d'ordine "Per l'Italia unita, rossa e socialista" l'obiettivo strategico per cui il proletariato deve battersi.
 
Il giornale del proletariato cosciente e combattivo
Nel capitalismo la borghesia ha, col potere politico, il monopolio dell'informazione, giornali e mass media. La borghesia ha tutto, il proletariato non ha niente. Il Bolscevico è la voce marxista-leninista del proletariato e delle masse popolari, tratta dei loro problemi, delle loro aspirazioni, lotte, iniziative, sostiene le grandi e piccole battaglie di classe, nazionali e locali. Li mantiene politicamente autonomi e indipendenti dalla borghesia, li aiuta a combattere con successo il nemico di classe e il suo governo, difende coerentemente i loro interessi immediati e li spinge alla lotta più generale contro il capitalismo, per il socialismo, li mette in guardia dai falsi capi operai e dai revisionisti che sono pronti a tradirli e a svendere le loro lotte.
Tra le battaglie condotte dal Bolscevico in difesa dei lavoratori vogliamo ricordarne solo qualcuna.
Anzitutto la battaglia in difesa della scala mobile e delle pensioni, delle pensioni d’anzianità, del sistema retributivo e non contributivo, delle pensioni pubbliche e adeguate al costo della vita e non quelle integrative dei fondi di pensione privati, e contro le devastanti controriforme pensionistiche attuate, con la complicità dei sindacalisti confederali collaborazionisti e capitolazionisti, dai governi Amato, Dini, D’Alema, Berlusconi, Monti e Renzi.
Vogliamo ricordare la vittoriosa battaglia in difesa dell'articolo 18 sulla giusta causa nei licenziamenti, che il neoduce Berlusconi ha tentato invano di cancellare dalle aziende con più di 15 dipendenti, senza allora riuscirci grazie alla grandiosa mobilitazione dei lavoratori e alla raffica di scioperi e manifestazioni a Roma e in moltissime città della penisola.
Vogliamo ricordare la battaglia contro le politiche governative della destra e della “sinistra” borghese che con le leggi Treu e Biagi hanno dato via libera alla flessibilità della manodopera, trasformando i lavoratori in precari a vita, cancellando ogni loro diritto contrattuale e sindacale e riducendoli alla mercé dei pescecani capitalisti.
E in particolare ci preme ricordare la battaglia dei lavoratori Fiat, perché la riteniamo emblematica degli esiti letali a cui portano le politiche dei vertici sindacali arrendevoli e capitolazionisti e la direzione dei revisionisti moderni, come Fassino, Bertinotti e Cossutta, che poi successivamente avrebbero finito per dare ragione ad Agnelli e Romiti e torto ai lavoratori. Lo storico episodio della lotta di classe del 1980 vide gli operai della Fiat lottare ininterrottamente per 35 giorni contro i licenziamenti imposti dagli Agnelli per tagliare la testa agli operai di avanguardia, zittire i lavoratori e il sindacato, ristrutturare e tagliare selvaggiamente i posti di lavoro fino a ridurre nel tempo gli organici ai minimi termini. Una lotta proseguita fino ai nostri giorni, che ha visto affiancarsi agli operai di Mirafiori, e di Arese i giovani e combattivi operai del Sud, di Melfi, Termini Imerese e Pomigliano, e più di recente della Whirlpool di Napoli.
Il Bolscevico denuncia incessantemente i crimini commessi dallo sfruttamento capitalistico contro la classe operaia, e nel contempo si batte in difesa del diritto di sciopero e sostiene la grande manifestazione indetta dalla Cgil al Circo Massimo contro il governo Berlusconi nonché la sacrosanta battaglia della Fiom contro l'accordo separato vergognosamente firmato da Fim e Uilm col padronato.
Vogliamo infine ricordare le battaglie di ferma opposizione alla controriforma pensionistica Fornero e al famigerato Jobs Act del nuovo Berlusconi Renzi, che con la complicità di Bersani e la benedizione di Napolitano ha soppresso l'articolo 18 e lo Statuto dei lavoratori e ha regalato illimitata libertà di licenziamento ai padroni.
 
Una lancia puntata contro i governi della borghesia
Il Bolscevico è da sempre una lancia acuminata puntata contro tutti i governi della borghesia, a cominciare dai governi democristiani, reazionari e anticomunisti, ma anche dei governi del compromesso storico e solidarietà nazionale che vedevano il vertice revisionista del PCI abbandonare definitivamente ogni ipotesi di rivoluzione e di socialismo e ridursi a sgabello della DC per strappare l'assenso delle masse alla politica dei sacrifici, di austerità e di difesa delle traballanti istituzioni borghesi. È una lancia acuminata contro le loro politiche antipopolari che hanno fatto scempio soprattutto del Mezzogiorno.
Grande è stato l'impegno politico ed editoriale per denunciare per tempo e in modo convincente lo sciagurato colpo di acceleratore che il governo Craxi aveva impresso all'attuazione del disegno di seconda repubblica mutuato dalla P2 di Gelli, la sua indole antioperaia e antipopolare (vedi la cancellazione d'imperio della scala mobile e il suo sistematico attacco ai sindacati e alla storia e al patrimonio del movimento comunista), e le sue velleità neocolonialiste e imperialiste in politica estera.
Dopo aver chiarito il vero significato di Tangentopoli, che accomunava tutti i partiti parlamentari ridottisi a cosche mafiose, e l'uso che ne è stato fatto per chiudere definitivamene con la prima Repubblica e la Costituzione borghese antifascista del '48 e passare alla seconda repubblica neofascista, Il Bolscevico ha denunciato con forza il primo tentativo di marcia su Roma compiuto nel 1994 dal governo piduista Berlusconi che portava per la prima volta al governo le camicie nere di Fini e fascio-leghiste di Bossi, tentativo solo temporaneamente stoppato e rimandato al 2001 per responsabiltà dei governi di “centro-sinistra”, da Prodi a D'Alema ad Amato, e dei gruppi dirigenti dei DS-PD, SD, PRC e PdCI che non hanno mai voluto portare fino al cuore l'affondo contro il neoduce Berlusconi, e anzi prima gli hanno dato spazio, fornendogli credenziali e riconoscimenti, laddove occorreva isolarlo e perseguirlo per i suoi crimini sistematici e banditeschi, e poi ne favorirono il ritorno al governo.
 
La storica battaglia contro la seconda repubblica e il regime neofascista
Nessun giornale ha avuto il coraggio storico del Bolscevico nel lanciare ripetuti allarmi antifascisti e nel denunciare in modo tempestivo e appassionato la seconda repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista e federalista progettata dalla P2 di Gelli e da sempre nei piani dei fascisti e golpisti. E lo ha fatto fin dal 1979, pochi giorni dopo il lancio della "grande riforma" istituzionale da parte di Craxi. Quella del Bolscevico è stata una battaglia impari, da solo contro tutti i partiti parlamentari supportati dalla grande informazione televisiva e della carta stampata, che hanno martellato sia pure con proposte diversificate sulla necessità delle riforme istituzionali. È stata una battaglia contro questo nero disegno imposto anche quando al governo non si trovava più Craxi, azzoppato da Tangentopoli, ma gli altri governi di "centro", "centro-destra" e "centro-sinistra", da Ciampi a Dini, da Prodi a Berlusconi, da D'Alema ad Amato, da Renzi a Salvini.
Cambiavano i suonatori ma la musica non cambiava. Si trattava di capire, e Il Bolscevico lo ha capito per tempo e caparbiamente denunciato che si stava attuando il nero spartito della P2 di Gelli indipendentemente dai protagonisti che negli anni si avvicendavano e primeggiavano sulla scena politica e governativa italiana. Craxi, Berlusconi, Renzi e Salvini sia pure con le loro differenze personali legate ai tempi e alle loro origini politiche e partitiche, hanno recitato tutti quello stesso nero spartito piduista finendo per reincarnare e per imporsi via via come i nuovi Mussolini.
All'attuale regime neofascista non siamo arrivati attraverso un percorso politico-istituzionale lineare né improvvisamente a seguito di un unico golpe istituzionale: i neri tasselli di tale regime sono stati aggiunti negli ultimi decenni per mano della destra e della “sinistra borghese” uno dopo l'altro attraverso l'approvazione di controriforme costituzionali che hanno fatto a pezzi e stravolto la Costituzione borghese del '48 favorendo l'esautoramento del parlamento a vantaggio dell'esecutivo, l'imposizione del maggioritario ai danni del proporzionalismo, il presidenzialismo, il federalismo, il “fiscal compact”, l’interventismo imperialista italiano all’estero.
 
Contro il fascismo vecchio e nuovo
Il Bolscevico ha tenuto alta la bandiera della Resistenza e della lotta contro il fascismo vecchio e nuovo, ha fatto da argine agli attacchi alla guerra partigiana sferrati sia dai suoi nemici storici, come i fascisti, i monarchici, i democristiani e i peggiori reazionari, sia da Craxi e dai nuovi liquidatori del PCI. Attacchi velenosi che avevano il duplice obiettivo di denigrare e criminalizzare i partigiani comunisti negando peraltro il ruolo politico e militare decisivo svolto dall’URSS di Stalin nella vittoria contro il nazi-fascismo e insieme di sdoganare gli eredi dei fascisti e dei repubblichini e riabilitare il ventennio mussoliniano e la "repubblica sociale" di Salò. Un modo per dimenticare lo stragismo fascista, per giustificare l’anticomunismo della DC e il golpismo di Gladio, per stracciare la Costituzione borghese antifascista e antimonarchica, e un viatico per il rientro dei criminali Savoia in Italia e per l'equiparazione degli aguzzini repubblichini ai partigiani capovolgendo ruoli e responsabilità di vittime e carnefici.
Invece di essere messi al bando i gruppi e partiti neofascisti sono stati incoraggiati, protetti e sdoganati fino a spadroneggiare in lungo e in largo per la Penisola, esattamente come facevano le squadracce mussoliniane nel '22, e hanno contribuito ad alimentare l'avanzata del fascismo del XXI secolo. Capeggiato dal fascio-leghista Salvini, tale fascismo unisce ai tratti caratteristici del fascismo storico il razzismo, la xenofobia, l'omofobia, l'oscurantismo, l'egostica secessione economica delle regioni più ricche del Nord, la licenza di uccidere e l'imbarbarimento dell'intera vita sociale.
 
Per l’emancipazione femminile
Il Bolscevico ha da sempre visto l’emancipazione femminile intrecciata all’emancipazione del proletariato e dell’intera umanità. Ecco perché si è battuto non solo per la difesa e l’affermazione dei diritti democratici come il divorzio, l’aborto e di recente la fecondazione assistita, non solo per distruggere lo slogan mussoliniano “Dio, patria e famiglia", fatto proprio dai governi del regime neofascista, ma è impegnato in due battaglie strategiche per l’emancipazione femminile: una per il lavoro e l’altra per la socializzazione del lavoro domestico. Cioè si batte per un’occupazione stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato per tutte le donne e per imporre la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale a cominciare dal Mezzogiorno.
Grande spazio hanno sulle pagine del Bolscevico quelle lotte popolari in cui le masse femminili hanno un ruolo di punta. Ricordiamo tra le altre:
- la lotta della popolazione campana contro le megadiscariche e la devastazione ambientale;
il movimento contro la privatizzazione dell'acqua;
la lotta contro le mafie e per il lavoro e lo sviluppo del Mezzogiorno.
il movimento femminista Non una di meno a cui il PMLI ha dato il suo apporto e sostegno indipendentemente da talune divergenze ideologiche e strategiche
 
Ai giovani rivoluzionari che vogliono cambiare il mondo
Il Bolscevico è stato fondato da giovani e si alimenta grazie alla linfa vitale dei giovani. Se la Grande Rivolta del Sessantotto ha segnato l’irrompere delle masse studentesche nell’arena politica su posizioni di sinistra, rivoluzionarie e antimperialiste, dopo l’ondata anticapitalista e antirevisionista del Settantasette sono seguite altre fasi in cui le redini del movimento giovanile in Italia sono state riprese gradualmente dai riformisti, pacifisti, revisionisti, neorevisionisti e trotzkisti. Nell’appoggiare i movimenti studenteschi di opposizione alle controriforme scolastiche e universitarie varate da Berlinguer, dalla Moratti e dalla Gelmini fino alla famigerata “Buona scuola” di Renzi, Il Bolscevico sostiene i tre cardini della politica scolastica del PMLI, ossia si batte: per una scuola pubblica intesa come servizio sociale goduto dal popolo e dal popolo controllato; per una scuola di cui gli studenti siano i padroni; per un movimento studentesco che fiancheggi il movimento operaio e sia stabilmente guadagnato alla lotta contro il capitalismo e per il socialismo.
Il Bolscevico cerca di occuparsi delle condizioni dei giovani e di educarli alla lotta di classe per il socialismo. Occuparsi delle condizioni dei giovani significa per Il Bolscevico conoscere e trattare i loro problemi concreti e immediati, nella scuola e nel lavoro, nella socializzazione e nei rapporti di coppia, nella ricreazione e nello sport, ma anche rispondere alle loro ansie per il futuro e aspirazioni al cambiamento. Ed educarli alla lotta di classe per il socialismo significa appoggiare i grandi movimenti giovanili e le lotte che li vedono protagonisti per orientarli in senso anticapitalistico, in senso rivoluzionario, nella direzione della lotta per il socialismo, aiutandoli a liberarsi dall’influenza borghese, pacifista, riformista, interclassista o genericamente ribellista e velleitaria.
Mentre la borghesia cerca con ogni mezzo di cancellare ogni memoria storica tra le giovani generazioni e le educa ad accontentarsi di rimanere all’interno del quadro politico capitalistico e dei suoi valori, Il Bolscevico le educa ad avere fiducia nel socialismo e nei metodi di lotta tradizionali del proletariato, come le lotte di piazza, gli scioperi, le occupazioni di fabbriche, scuole e università e sta cercando dialetticamente di orientare il dilagante movimento contro i cambiamenti climatici perché riesca a liberarsi dalla illusione di poter raggiungere i suoi ambiziosi obiettivi cambiando semplicemente modello di sviluppo e senza rovesciare il rapace e insaziabile sistema economico capitalistico.
Antimperialismo e internazionalismo proletario
La lotta dei popoli dei cinque continenti contro l'imperialismo ha sempre visto il nostro giornale al loro fianco, a cominciare dalla grande vittoria dei popoli indocinesi contro l'imperialismo americano, dalla lotta dell’indomito popolo palestinese contro l’imperialismo sionista, fino alla Resistenza armata in Iraq e in Afghanistan contro le truppe di occupazione imperialiste capeggiate dagli Usa e con l’esercito italiano impegnato in prima fila e, più di recente, contro l'invasione e la pulizia etnica dei curdi del Nord della Siria condotte dall'esercito del dittatore fascista, imperialista e colonialista Erdogan, con la complicità dell'imperialismo internazionale, Usa, Russia, Ue e della stessa Italia di Conte. Lo ha visto schierato nelle mobilitazioni popolari contro la guerra imperialista, quando si trattava delle aggressioni all’Iraq o all’Afghanistan o alla Serbia o alla Siria.
Poiché il primo dovere di ciascun popolo è di mettere nel mirino anzitutto il “proprio” imperialismo, il più grande, concreto ed efficace contributo dato dal Bolscevico alla lotta contro l'imperialismo è stato quello di combattere con tutte le nostre forze l’imperialismo italiano, e la politica guerrafondaia dei suoi governi, l’imperialismo europeo e la UE.
In particolare contro la superpotenza europea, di cui abbiamo smascherato fin dall'inizio, sempre da soli, il volto antipopolare, imperialista e guerrafondaio che oggi comincia ad apparire sempre più chiaro ai popoli europei, come dimostra la loro crescente ostilità nei confronti della UE espressa peraltro dal massiccio astensionismo che ormai si ripete ogni nuova elezione del parlamento europeo. Per contro la galassia degli opportunisti (dal Manifesto trotzkista, a Potere al Popolo, al PC di Rizzo) si riduce a contestare certa sua politica e certi suoi aspetti secondari senza mai indicare, come fa il PMLI, che l'UE è irriformabile e va distrutta.
La lotta all'imperialismo è da sempre un tutt'uno con l'internazionalismo proletario, perché per noi marxisti-leninisti il proletariato e i popoli del mondo non hanno altre frontiere che non siano le frontiere di classe: tutti i popoli devono unirsi per combattere l’imperialismo sostenendosi l’un l’altro sulla base dell’internazionalismo proletario. Attaccare l’imperialismo da tutti i lati e in ogni parte del mondo, anche nelle sue roccaforti, lo indebolisce, lo divide e lo demoralizza.
Il nostro giornale ha sempre appoggiato i Paesi che si oppongono ai ricatti, ai soprusi, all'ingerenza, alla sopraffazione, all'oppressione e all'aggressione dell’imperialismo, indipendentemente delle forze che li governano, le cui politiche interne ed estere possono trovarci in disaccordo.
Una campagna di stampa particolarmente coraggiosa e delicata è stata quella che lo ha impegnato per far chiarezza tra i sinceri antimperialisti e per convincerli a schierarsi correttamente tra la Santa alleanza imperialista internazionale nata per annientare lo Stato islamico e quest'ultimo che combatte per impedire che l’imperialismo sia il padrone assoluto dell’Iraq, della Siria e dell'intera regione che va dal Medioriente all’Africa del Nord e centrale e allo Yemen. Quantunque tra noi e lo Stato islamico esista un abisso incolmabile dal punto di vista ideologico, culturale, tattico e strategico, e noi non ne condividiamo tutti metodi di lotta, atti e obiettivi, Il Bolscevico ha cercato di spiegare che il discrimine fondamentale è quello della lotta senza quartiere all’imperialismo ed è questo discrimine fondamentale a rendere secondaria ogn'altra divergenza e a costituire il perno della comune alleanza antimperialista di fatto con esso.
Nel contempo Il Bolscevico sostiene l’antimperialismo che si manifesta tra le masse, come l’esemplare lotta della popolazione di Vicenza contro la base Usa Dal Molin e quella della popolazione siciliana organizzata nel movimento No Muos e No Droni per la chiusura dell’impianto di telecomunicazioni Usa a Niscemi e la smilitarizzazione dell'Isola a cominciare dalle basi aeree di Sigonella e di Birgi.
 
I diffusori militanti e i lettori
Se Il Bolscevico ha potuto percorrere tanta strada è grazie alle due gambe robuste su cui poggia e cammina: i suoi diffusori militanti e i suoi lettori.
I diffusori militanti gli garantiscono un'ineguagliabile capacità di penetrazione e lo fanno pulsare in simbiosi con le masse, sono una rete di distribuzione che non ha niente a che vedere con le tradizionali reti commerciali di distribuzione ed è viva, composta da dirigenti e militanti, da redattori e simpatizzanti, e da tutti quegli amici interessati a garantirgli il successo. Tra i primi ed esemplari diffusori vogliamo ricordare i compagni scomparsi: Nerina “Lucia” Paoletti, Vincenzo Falzarano, Ferruccio Panico. Questi indimenticabili compagni rappresentano un modello a cui devono continuare a ispirarsi i tanti formidabili e infaticabili diffusori militanti del Bolscevico . Non finiremo mai di ringraziare abbastanza i diffusori militanti del Bolscevico per come lo trasmettono e lo rendono vivo tra le masse, dando un volto e un corpo alla sua linea politico-giornalistica. Se Il Bolscevico è il seme, loro sono i contadini che lo aiutano a germinare nel terreno fertile della lotta di classe.
Anche grazie al contributo dei diffusori militanti, degli amici e dei lettori del Bolscevico che è stato possibile realizzare esemplari iniziative come la prima storica Festa del Bolscevico tenutasi a Troina (Enna).
Oltre alla sua linea politico-giornalistica, Il Bolscevico ha un secondo carattere originale e davvero speciale, diverso da ogn'altro giornale borghese: ed è il rapporto speciale che ha coi suoi lettori, chiamati, come sono, a scriverlo oltreché leggerlo, a diventare cioè artefici e non semplici spettatori delle sua Lunga Marcia. Sono tante e tante Penne Rosse che settimanalmente lo scrivono insieme ai redattori centrali e locali (quest'ultimi peraltro non sono giornalisti professionisti ma prestano la loro opera gratuita al termine di lunghe giornate lavorative).
A disposizione dei lettori ci sono numerose rubriche come la "Corrispondenza delle masse", inaugurata per la prima volta nel '78, alla quale si aggiungeranno nel tempo “Corrispondenze operaie", "Dialogo con le lettrici e i lettori", "Contributi", "Lettere" e poi ancora “Voci”, che riprende e rilancia opinioni e interventi esterni che pur coincidendo solo in parte con le nostre posizioni possono concorrere al fronte unito e alla causa delle battaglie comuni.
E così sono sempre di più i lettori che gli inviano corrispondenze, servizi, notizie, temi da dibattere, documentazioni tanto da renderlo sempre più forte nel contenuto e nella veste grafica, più completo e radicato nelle diverse realtà locali, più preciso e rispondente alla vita, alle aspettative e alle rivendicazioni delle masse popolari, più adeguato alle necessità della lotta di classe. Il Bolscevico ha sgretolato la muraglia cinese che divide nel capitalismo le figure dei giornalisti dai lettori ed è impegnato a trasformare i suoi lettori da semplici e passivi destinatari dell'informazione a collettori e fonti originali di quelle notizie e quell'informazione che la stampa borghese censura o si guarda bene dal raccogliere e rilanciare.
"Non importa solo - dice Stalin - che il giornale agiti e denunci, ma soprattutto che abbia una ricca rete di attivisti, di rappresentanti e di corrispondenti in tutto il paese, in tutti i centri industriali e agricoli, in tutti i circondari e i distretti, che il filo, il quale parte dal partito, passi, attraverso il giornale, a tutte le regioni operaie e contadine, senza eccezione" (Stalin, La stampa come organizzatore collettivo, Opere, Ed. Rinascita, vol. 5, p.337).
Noi vogliamo, indica Lenin, “un giornale che registri periodicamente sia le denunce degli operai, sia gli scioperi operai, nonché le altre forme della lotta proletaria, e tragga determinate conseguenze da ciascuno di questi fatti in vista dei fini ultimi del socialismo e dei compiti politici del proletariato” (Lenin, Progetto di dichiarazione delle redazioni dell'"Iskra" e della "Zarìa", Opere complete, Ed. Riuniti, vol. 4, pag. 359).
“La funzione di un giornale -spiega Mao- ed in questo consiste anche la sua forza, sta nella sua capacità di far conoscere alle masse, nella maniera più rapida e più estesa, il programma e la linea del Partito, i principi e le misure politiche del Partito, i suoi compiti e i suoi metodi di lavoro” (“Mao discorso ai redattori del quotidiano dello Shansi-Suyuan”, 2 aprile 1948)
 
 

11 dicembre 2019