Quando affiggevamo e diffondevamo “Il Bolscevico”

di Monica Martenghi *
 
Fin dal primo numero de Il Bolscevico e fino a quando è uscito in forma cartacea, l’OCBI m-l, prima, e il PMLI, poi, hanno fatto dei grandissimi sforzi per diffonderlo in modo militante davanti alle fabbriche, alle scuole, alle università, nei quartieri popolari, nelle manifestazioni di massa locali e nazionali.
Nel capitolo sulla storia del Partito contenuto nel Rapporto al 3° Congresso nazionale del PMLI, il compagno Giovanni Scuderi scrive: “Uno sforzo prolungato e del tutto particolare lo abbiamo compiuto fin dai primi mesi del 1970 verso Milano, consapevoli della sua importanza strategica ai fini della conquista della classe operaia. Per 3 anni di seguito, ogni volta che usciva Il Bolscevico alcuni militanti con alla testa la compagna Lucia andavano a diffonderlo tra gli operai delle grosse fabbriche di Milano”.
Certo i primi anni furono i più duri perché eravamo tutti collettivamente e individualmente ancora più poveri e privi di ogni mezzo rispetto ad oggi. Molti giovani e studenti e pochissimi compagni che potevano contare su un minimo di reddito, fra cui il Segretario generale e la compagna Lucia che si sono letteralmente levati il pane di bocca per finanziare l’uscita del giornale. E anche l'auto su cui viaggiavano per ore, con qualsiasi tempo, i compagni verso Milano, una vecchia Renault 4, era la loro.
Per andare alle manifestazioni fuori Firenze in treno o in pullman ci sono sempre volute ore e ore, e i compagni spesso viaggiavano di notte per giungere in tempo a Torino, Milano, Roma, Napoli, Palermo con pesanti zaini sulle spalle carichi di giornali oltreché di volantini, bandiere, striscioni.
Ma la diffusione e l’affissione militante era l’unico modo per far conoscere Il Bolscevico fra i lavoratori, i giovani, le donne e contrastare la propaganda delle decine e decine di partiti e testate comuniste, in realtà revisioniste, trotzkiste e borghesi che agivano fra il proletariato e le masse per irretirle e deviarle dall’autentico marxismo-leninismo-pensiero di Mao e dalla lotta di classe per il socialismo.

Un impegno difficile
Diffondere e affiggere “abusivamente” Il Bolscevico non è mai stato un impegno semplice. Le compagne e i compagni spesso sono stati oggetto di provocazioni e persecuzioni sia da parte della polizia che degli scagnozzi dei padroni, del partito revisionista e del sindacato delle fabbriche e delle aziende dove andavamo a diffondere. Durante le diffusioni, anche durante le manifestazioni, o le affissioni accadeva spesso che le compagne e i compagni venissero fermati, perquisiti, intimiditi, portati in questura e anche “pestati”. Uno di loro, che poi ha tradito, è stato persino arrestato per presunto furto durante un’affissione. E poi c’erano gli scontri verbali anche violenti con i capetti revisionisti davanti alle fabbriche, le scuole e durante le manifestazioni che a volte sfociavano in delle vere e proprie provocazioni, spintoni, tentativi di estrometterci e zittirci.
I compagni più anziani ricordano ancora le diffusioni dei primi numeri del Bolscevico a Castelfiorentino e a Prato. Vi andavano la domenica con una o due auto. Strillonavano per le strade: “Leggete Il Bolscevico , il giornale della classe operaia e della rivoluzione socialista”. Memorabile l’inseguimento per le strade in salita di Castelfiorentino del compagno Scuderi da parte del maresciallo dei carabinieri.
Non è mancata la persecuzione giudiziaria, con ripetuti processi all’allora direttore politico de Il Bolscevico, il compagno Scuderi, e le multe che miravano e mirano a strangolarci completamente sul piano finanziario. Il sindaco di Firenze, per esempio, imbestialito per la regolare e massiccia presenza sui muri della città de Il Bolscevico, nei primi anni ’70 ha inflitto all’OCBI m-l la bellezza di 12 multe.
Il costo e la limitatezza dei circuiti di affissione pubblica ci costringono a usarli solo saltuariamente e non come necessario e auspicabile. Ancora oggi non siamo riusciti ad avere in ogni città una bacheca pubblica del Partito dove poter affiggere Il Bolscevico, come c’è per esempio a Villa Rosa (Teramo) e a Rufina (Firenze), e come auspicato dal compagno Scuderi nel Rapporto alla 6ª Riunione plenaria del 4° Ufficio politico del PMLI del settembre 2002.
Diffondere Il Bolscevico non è stato solo un sacrificio, ma è sempre stata anche una gioia

La mia esperienza
La diffusione e l’affissione de Il Bolscevico erano nel programma fisso delle istanze di base. Quando ho iniziato a fare questa attività non avevo neanche 14 anni e frequentavo ancora quella che allora si chiamavano medie inferiori. Dal marzo 1973 ero diventata membro del Gruppo di studio e di propaganda del pensiero di Mao “III Internazionale”, un’organizzazione di massa ideata dai primi pionieri del Partito, che operava nel quartiere popolare dell’Isolotto e che affiancava ed era diretta dalla Cellula “Engels” della quale entrai a far parte circa un anno dopo. Entrambi erano diretti dal compagno Mino Pasca. Ricordo che ogni volta che usciva Il Bolscevico, prima mensilmente e poi ogni quindici giorni, l’istanza si riuniva per discutere i documenti e gli articoli principali. A volte, vista la complessità dei temi affrontati, leggevamo collettivamente gli articoli più importanti per poterli analizzare e discutere insieme cercando di capirne e assimilarne ogni insegnamento.
Successivamente ogni compagno aveva il compito di diffondere anche da solo il giornale nel proprio ambiente di lavoro o di studio e quindi nel quartiere dove operavamo. Essendo il nostro un classico quartiere dormitorio di periferia, avevamo in cura anche delle fabbriche, specie quelle metalmeccaniche, o delle scuole che pur al di fuori del nostro territorio dovevano essere oggetto di diffusioni e di affissione del giornale. La mia Cellula aveva in carico le fabbriche, allora ancora esistenti, Stice, Billi, Moranduzzo, Manifattura tabacchi.
Queste diffusioni iniziavano molto presto la mattina, intorno alle 6, perché in questo modo potevamo prendere sia il turno di notte in uscita che quello di giorno in entrata e poi raggiungere i rispettivi luoghi di lavoro e di studio. Avevamo individuato anche la diffusione alla passerella dell’Isolotto, un ponte pedonale che attraversa il fiume Arno e che mette in collegamento l’Isolotto con la parte nord di Firenze, perché avevamo capito che da lì la mattina presto passavano tutti i lavoratori e gli studenti che in bicicletta, in motorino o in autobus, raggiungevano le fabbriche a Novoli e l’Osmannoro (Fiat, Nuovo Pignone, Manifatture tabacchi, ecc.) e le facoltà e le scuole superiori come Agraria e Iti. D’inverno avevamo regolarmente mani e piedi congelati dal freddo.
La nostra Cellula aveva anche deciso di essere presente ogni domenica mattina in piazza dell’Isolotto che era un po’ il cuore politico del quartiere. Un’iniziativa che ci permetteva di avere grandi discussioni con la base del PCI revisionista e degli altri partiti riformisti e trotzkisti. Contemporaneamente, quando il numero dei compagni ce lo permetteva, andavamo a diffondere Il Bolscevico porta a porta come all’epoca facevano ancora alcuni attivisti del PCI con “l’Unità”. Qualcuno ci diceva che aveva già comprato “l’Unità” e noi rispondevamo che allora dovevano comprare anche Il Bolscevico per metterli a confronto, e spesso così avveniva.
 

Le affissioni
Anche le affissioni “abusive” de Il Bolscevico erano un’attività impegnativa. Si trattava di sfuggire al controllo della polizia per non essere fermati e schedati ma anche per non farsi sequestrare le copie del giornale assieme al secchio e alla colla. In più dovevamo evitare che gli altri partiti, che avevano ben altri mezzi rispetto a noi, sopraffiggessero subito il nostro materiale cosicché i nostri sacrifici economici, fisici e personali sarebbero stati vanificati. Organizzavamo anche dei turni di guardia nel quartiere per impedire che il nostro materiale fosse sopraffisso e fu proprio nel corso di uno di questi giri di ricognizione che in piazza dell’Isolotto alcuni funzionari del partito sedicente marxista-leninista di Aldo Brandirali, il cui organo era “Servire il popolo”, aggredirono e spararono con una pistola, che fortunatamente si inceppò, contro nostri compagni, fra cui Mino Pasca.
Personalmente ricordo ancora le fughe nottetempo, assieme al compagno Mino Pasca e altri compagni, per le viuzze dell’Isolotto di Firenze inseguiti dai poliziotti che ci avevano scoperti mentre affiggevamo.
Le affissioni, come ogni attività di propaganda, erano precedute da precisi piani d’azione. C’erano i compagni che facevano gli attacchini e compagni che facevano i “pali” e che dovevano segnalare l'eventuale arrivo di polizia o provocatori. I compagni che affiggevano in genere erano i compagni più veloci per accelerare al massimo tutta l’operazione. E a questo scopo era stato anche allestito una sorta di addestramento che svolgevamo nel sottosuolo della sede dei Gruppi di studio in via Ghibellina 54 a Firenze per imparare a fare una buona colla, risparmiando al massimo nella polvere, e ad affiggere velocemente e bene in modo da rendere più difficile la deaffisione.
Le nostre affissioni venivano fatte la notte tardi e nel centro cittadino addirittura ancor prima dell’alba quando in circolo vi erano meno pattuglie della polizia e squadre di affissione di altri partiti. La nostra Cellula in più non aveva neanche un’auto che riusciremo a comprare, seppur vecchia e scassata, solo dopo un paio di anni, cosicché le affissioni venivano fatte, anche in pieno inverno, con due ciclomotori di cilindrata 50.
Il Bolscevico veniva pubblicizzato non solo con le periodiche affissioni ma anche con grandi manifesti murali scritti a mano con la vernice. Ne ricordo uno enorme di 8-10 metri con scritto “Leggete e discutete Il Bolscevico” che affiggemmo, con non pochi problemi, sui muri del nostro quartiere.
Fra riunioni, diffusioni e affissioni in sostanza in quegli anni si dormiva veramente poco e si correva molto. I più giovani compagni come me, specie se donne, dovevano anche inventare mille scuse in famiglia per poter uscire di casa prima dell’alba o fare tardi la sera.
 

Durante le grandi manifestazioni di massa
C’erano poi le diffusioni durante le manifestazioni di massa nelle città dove eravamo presenti, che specie all’epoca erano praticamente settimanali se non quotidiane, e soprattutto le grandi manifestazioni nazionali dove il Partito ha sempre cercato di essere presente. Ricordo con particolare emozione le grandi manifestazioni nazionali a Roma dei metalmeccanici per il contratto, delle donne per l’aborto, sempre delle donne a Napoli per il lavoro, degli studenti e dei giovani durante le Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette come quelle contro le numerose e ripetute stragi fasciste e l’uccisione di giovani antifascisti e quella storica del 12 marzo 1977 a Roma. E poi le oceaniche manifestazioni per la pace e contro l’imperialismo americano e il socialimperialismo sovietico. Ricordo con particolare emozione quella a Torino durante la grande battaglia degli operai Fiat contro i licenziamenti nel 1980, quella di Roma in difesa della scala mobile e dell’articolo 18, e quella contro gli euromissili che si tenne a Comiso il 4 aprile 1982. Di quest’ultima manifestazione, a cui partecipai con la compagna Lucia e i compagni Dario e Marcello, rimane in me indelebile il ricordo della presenza del padre del compagno Scuderi che ci accompagnò in tutta quella missione e volle diffondere con noi orgogliosamente Il Bolscevico.
Una delle più grandi e storiche diffusioni di massa de Il Bolscevico è stata quella durante la manifestazione nazionale di 500 mila antifascisti per il 49° Anniversario della Liberazione dell'Italia dal nazifascismo e contro la seconda repubblica che si è svolta a Milano il 25 Aprile 1994. In quell’occasione la nostra delegazione nazionale, diretta dal compagno Dario Granito, e di cui facevano parte tanti dirigenti nazionali del Partito fra cui il compagno Emanuele Sala e la compagna Nerina “Lucia” Paoletti, sotto una pioggia torrenziale riuscì a diffondere ben 500 copie del giornale. Quel giornale, fra l’altro, portava in prima pagina a caratteri cubitali l’importante e impegnativa parola d’ordine, ancora oggi di piena attualità,: “A morte la seconda repubblica neofascista. No alla pacificazione fra antifascisti e fascisti” con in mezzo un grande fotomontaggio in cui si vedevano appesi per i piedi Berlusconi, Fini e Bossi per ricordare ciò che accadde a Piazzale Loreto di Milano dopo la Liberazione con le salme di Mussolini e di altri gerarchi.
Se Il Bolscevico ha potuto percorrere tanta strada è stato grazie in primo luogo al Partito che l’ha sempre curato e ispirato, alle nostre gloriose Penne Rosse che l’hanno redatto con tanto impegno, ma anche grazie ai suoi diffusori militanti. Per questo in occasione della Festa per il 40° anniversario de Il Bolscevico nel dicembre 2009, la Direzione della Redazione centrale consegnò ai migliori diffusori de Il Bolscevico degli attestati in riconoscimento del loro importante contributo, estendendo idealmente tale riconoscimento anche alle rispettive istanze di appartenenza nel loro complesso. E i primi tre attestati furono dedicati agli scomparsi e indimenticabili compagni Nerina “Lucia” Paoletti, Vincenzo Falzarano e Ferruccio Panico, storici diffusori militanti del nostro e loro amatissimo giornale. E poi diversi a giovani e anche giovanissimi delle varie città.
Il pugno di pionieri che cinquant’anni fa dettero vita a Il Bolscevico , con alla testa il compagno Giovanni Scuderi con a fianco i compagni Mino Pasca, Nerina “Lucia” Paoletti e Patrizia Pierattini, erano animati dalla volontà incrollabile di creare un grande organo di stampa per il proletariato italiano. E ci sono riusciti perché hanno fornito al proletariato una voce autorevole, indomabile, di classe, che ha sempre rispecchiato fedelmente la sua ideologia, la sua concezione del mondo e i suoi interessi di classe e gli ha illuminato concretamente la strada della sua emancipazione.

 

* Direttrice responsabile de “Il Bolscevico” dal primo numero del 1987

11 dicembre 2019