“Il Bolscevico” si ispira alla “Neue Rheinische Zeitung” di Marx e Engels, all’“Iskra” di Lenin, alla “Pravda” di Lenin e Stalin e al “Quotidiano del popolo” di Mao
Il giornale del proletariato è un indispensabile strumento di propaganda, di organizzazione e di lotta rivoluzionaria contro il capitalismo, per il socialismo e la dittatura del proletariato

 
I giornali sono sempre stati e sempre lo saranno uno strumento della lotta di classe. Se sono in mano al proletariato, esprimono gli interessi e la volontà del proletariato. Se invece sono in mano alla borghesia esprimono gli interessi e la volontà della borghesia. Stando ai fatti, questa è una verità inconfutabile; ce lo hanno insegnato i grandi Maestri del proletariato internazionale, Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao che hanno creato e diretto i rispettivi giornali del proletariato quali indispensabili strumenti di propaganda e lotta rivoluzionaria, nazionale e internazionale, per il socialismo e la dittatura del proletariato.
Chi ha il potere nel capitalismo ha in pugno l'informazione e con essa può permettersi di manipolare a suo piacimento l'opinione pubblica. Il cosiddetto pluralismo della stampa e la pretesa indipendenza dei mezzi di comunicazione, testimoniati dal gran numero di testate giornalistiche esistenti, garantiscono sì la libera circolazione delle idee ma solo alle idee della classe dominante, e precisamente alle idee e quindi agli interessi dei raggruppamenti, frazioni e consorterie in cui essa si scompone. Mentre le idee e le aspirazioni degli oppressi e persino le notizie che li riguardano non circolano in alcun modo e sembra che non esistano neppure, così da isolarli l'un l'altro, scoraggiarli, indurli al pessimismo e convincerli di non essere capaci di esprimere una concezione del mondo e un modello di società alternativi a quelli dominanti. Non è un caso che ciò che scrive “Il Bolscevico” è totalmente ignorato.
Il giornale del proletariato è per questo la voce marxista-leninista del proletariato e delle masse popolari, che li mantiene ideologicamente autonomi e indipendenti dalla borghesia, li aiuta a combattere con successo il nemico di classe e il suo governo e a difendere i loro interessi immediati e li spinge alla lotta più generale contro il capitalismo e per il socialismo. La “Neue Rheinische Zeitung” di Marx e Engels è stato un faro che ha raccontato, illuminato e organizzato le lotte rivoluzionarie di metà ottocento in Germania e in Europa, l’ “Iskra” di Lenin ha portato alla formazione del primo Partito bolscevico della storia, con la “Pravda” di Lenin e Stalin ha accompagnato la prima vittoriosa Grande Rivoluzione proletaria socialista e la nascita del primo grande Stato socialista del mondo, l’URSS, il “Quotidiano del popolo” di Mao ha annunciato al mondo la nascita della grande Repubblica popolare cinese, uno storico paese socialista, e rotto le tenebre calate sulla lotta di classe e tra gli sfruttati dopo che i rinnegati del comunismo, kruscioviani e dei vari Paesi, avevano definitivamente ammainato la bandiera del socialismo.
In occasione del 50° Anniversario del glorioso giornale dei marxisti-leninisti italiani “Il Bolscevico”, erede diretto dei giornali del proletariato storici, ripercorriamo in sintesi quelle straordinarie esperienze, traendone linfa vitale nella lotta contro il capitalismo, l’imperialismo, il neofascismo, il razzismo, il revisionismo, il riformismo e l'elettoralismo che ci stanno di fronte e ci sbarrano la strada verso l’Italia unita, rossa e socialista.
 
 

La “Neue Rheinische Zeitung” (“Nuova Gazzetta Renana”) di Marx e Engels
 
Il 6 aprile 1848, abbandonata la Francia, Marx e Engels arrivarono a Colonia. In questo grande centro industriale tedesco esistevano ampie possibilità per pubblicare l’organo di stampa del proletariato e della rivoluzione. Constatato come la classe operaia tedesca fosse alquanto divisa, senza una sufficiente maturità politica, e che la Lega dei comunisti non poteva ancora svolgere il ruolo di nucleo per la formazione del Partito della classe operaia, Marx giunse alla conclusione che era necessario avviare quanto prima la pubblicazione del progettato quotidiano.
Durante la rivoluzione di marzo dello stesso anno il popolo tedesco, nel corso di una dura lotta, aveva conquistato la libertà di stampa. Erano state finalmente spezzate quelle catene della censura, che cinque anni prima avevano privato Marx della tribuna rivoluzionaria nella “Rheinische Zeitung” (“Gazzetta Renana”).
Il grande Maestro del proletariato internazionale non sminuiva le enormi difficoltà connesse alla creazione del giornale. Occorrevano mezzi finanziari, mezzi che non avevano né il Comitato centrale della Lega dei comunisti, né gli operai. Per la pubblicazione del giornale occorrevano come minimo 30.000 talleri, mentre la somma raccolta con la sottoscrizione fino a giugno raggiungeva appena i 13.000. Marx e Engels fecero altri tentativi per raccogliere i mezzi necessari tra l’ambiente operaio: le cartelle di sottoscrizione venivano distribuite durante le riunioni operaie, nei rioni operai, nelle taverne, nelle birrerie. I borghesi di orientamento liberale, che nel 1842 avevano sostenuto finanziariamente la “Rheinische Zeitung”, ora rifiutavano categoricamente l’aiuto.
Engels tentò senza successo di raccogliere fondi per il giornale a Barmen, oggi Wuppertal, città dove era nato e cresciuto. “… anche questi borghesi radicali di qui vedono in noi i loro principali nemici futuri – scriverà – e che non ci vogliono dare in mano nessun’arma che noi rivolgeremmo ben presto contro di loro. Dal mio vecchio (suo padre proprietario della Ermen & Engels, ndr) non c’è proprio niente da cavar fuori… invece di 1.000 talleri preferirebbe mandarci tra capo e collo 1.000 proiettili” . Insomma per poter assicurare la pubblicazione del giornale, Marx dovette nuovamente impiegare i mezzi dell’eredità paterna.
Marx, a capo della redazione della “Neue Rheinische Zeitung”, vi chiamò esponenti comunisti di talento, aderenti al movimento operaio. La mano destra di Marx continuava ad essere immancabilmente Engels, autore di numerosi articoli e svolgente altresì di numerose funzioni organizzative. “… è un vero lessico universale, - scrisse Marx in questo periodo entusiasta del suo grande compagno d’armi – capace di lavorare ad ogni ora del giorno e della notte, sbronzo e sobrio che sia, vivace come il diavolo nello scrivere e nel comprendere le cose...”. Segretario di redazione era Wilhelm Wolff, fedele amico e compagno di lotta di Marx. I suoi articoli sulla questione agraria, pubblicati sul giornale, ottennero vasta notorietà. Marx portò altresì a collaborare al giornale i noti poeti rivoluzionari Georg Weerth e Ferdinand Freiligrath, la cui arte poetica raggiunse l’apice in questo periodo. Altri redattori furono Heinrich Bürgers, Ernst Dronke e Ferdinand Wolff. I principali corrispondenti erano a Berlino, Francoforte, Vienna e Parigi. Il primo numero vide la luce il 1° giugno 1848, ne usciranno altri 300 insieme a frequenti supplementi, con una tiratura oscillante tra le 5.000 e le 6.000 copie.
Se in senso lato la “Neue Rheinische Zeitung” fu la creatura del proletariato rivoluzionario tedesco, in quello stretto fu la creatura di Marx. A lui apparteneva il piano della fondazione del giornale, la scelta dei corrispondenti, il suo orientamento, la scelta dei materiali. “La costituzione della redazione – scriverà Engels in seguito – si riduceva alla dittatura di Marx. Un grande quotidiano, che deve essere pronto a un’ora determinata, non può mantenere con nessun altro regime una posizione conseguente. Nel nostro caso inoltre la dittatura di Marx era una cosa naturale, fuori discussione, accettata volentieri da noi tutti. E furono soprattutto la perspicacia della sua intuizione e la sicurezza della sua linea politica che faceva del nostro foglio il più famoso giornale tedesco degli anni della rivoluzione”. Fu proprio così, il talento teorico di Marx e le sue doti di pubblicista rivoluzionario, di organizzatore della lotta fecero della “Neue Rheinische Zeitung” il più influente organo di stampa del proletariato e di fatto un quartiere del movimento rivoluzionario. “Quello era un periodo rivoluzionario, e in un tale periodo lavorare nella stampa quotidiana è tutto un piacere – scrisse Engels -. Vedi di persona l’azione di ogni parola, vedi come gli articoli colpiscono letteralmente simili alle granate e come esplode il proiettile lanciato”.
Quando il 14 giugno 1848 gli operai di Berlino presero d’assalto l’arsenale impossessandosi delle armi, il giornale plaudì a questa eroica battaglia, spiegando al tempo stesso le cause della sua sconfitta dovuta alla disorganizzazione e isolamento degli operai. Gli articoli sul parlamentarismo e in particolare sull’Assemblea nazionale di Berlino e su quella nazionale tedesca di Francoforte sul Meno sorte dopo le rivolte di marzo, dimostrarono quanto fosse vano sperare nel loro operato, incapaci di risolvere i compiti delle trasformazioni democratico-borghesi. Quelli sulla questione agraria venivano letti dai contadini e, secondo le informazioni dei corrispondenti, provocavano “una impressione sbalorditiva”. Nella strategia politica di Marx e Engels occupavano una posizione di grande rilievo gli aspetti internazionali della rivoluzione, i problemi di politica estera e dell’internazionalismo proletario e, in primo luogo, l’aiuto ai popoli sollevatisi alla lotta liberatrice. Essi spingevano i lettori a riflettere sullo stretto nesso tra la politica interna e la politica estera, sull’unità del suo contenuto di classe, in quanto la politica di asservimento di altri popoli derivava dalle classi sfruttatrici, le quali asservivano prima di tutto il proprio popolo.
Nel settembre del 1848, all’assemblea popolare a Colonia, alla quale parteciparono tra le 5 e le 6.000 persone, fu creato un comitato di sicurezza in cui entrarono Marx, Engels e altri redattori del giornale, accanto ai rappresentanti dell’Associazione operaia. Tuttavia le persecuzioni poliziesche avevano indebolito la redazione della “Neue Rheinische Zeitung”. Per evitare l’arresto Engels fu costretto a lasciare temporaneamente Colonia, così come altri 5 membri della redazione. In quelle condizioni Marx si accollò quasi l’intero lavoro del giornale. Utilizzando gli ultimi mezzi finanziari personali egli pagò i numerosi debiti, trasformando il giornale da impresa azionaria di fatto in proprietà privata. Ma sempre più aumentavano le repressioni poliziesche contro il giornale. Il 7 febbraio 1849 Marx e Engels comparvero dinanzi al tribunale con l’imputazione di “vilipendio delle autorità”, il giorno successivo Marx da solo in relazione agli appelli del giornale a rifiutare di pagare le tasse e per sobillazione alla rivolta. Al processo contro il giornale la sua autodifesa era stata chiara e motivata: “È dovere della stampa intervenire a favore degli oppressi nelle sue più immediate vicinanze. E, signori, l'edificio della servitù trova i suoi più veri sostegni nelle autorità politiche e sociali subordinate, che stanno direttamente di fronte alla vita privata della persona, all'individuo vivente. Non basta combattere i rapporti generali e i poteri supremi. La stampa deve decidersi a battersi contro questo gendarme, questo procuratore, questo consigliere provinciale. Contro quale scoglio è naufragata la rivoluzione di marzo? Essa ha riformato soltanto il vertice politico supremo, non ha toccato nessuna delle sue sottostrutture, la vecchia burocrazia, il vecchio esercito, le vecchie procure, i vecchi giudici nati, cresciuti e ingrigiti al servizio dell'assolutismo. Il primo dovere della stampa è ora di minare tutte le fondamenta dell'ordine politico costituito”. E come ricorderà Engels: “Invano la 'Kreuzzeitung' ['Gazzetta della Croce'], denunciò 'la insolenza alta come il Cimborazzo' con la quale la "Neue Rheinische Zeitung' attaccava ogni cosa sacra, dal re e dal reggente sino al gendarme, e ciò in una fortezza prussiana che aveva allora 8.000 uomini di guarnigione. Invano si dettero da fare i filistei liberali renani, subitamente diventati reazionari. Invano lo stato d'assedio proclamato a Colonia nell'autunno 1848 sospese per un lungo periodo di tempo la pubblicazione del giornale. Invano il ministro della giustizia del Reich a Francoforte denunziava al procuratore di Colonia un articolo dopo l'altro esigendo un processo. Il giornale continuò a essere redatto e stampato tranquillamente, in faccia al corpo di guardia principale la sua diffusione e la sua fama crebbero a misura che i suoi attacchi al governo e alla borghesia diventavano più violenti. Quando si produsse in Prussia il colpo di Stato del novembre 1848, la 'Neue Rheinische Zeitung', con un appello pubblicato in testa a ogni numero invitava il popolo a rifiutarsi di pagare le imposte e a rispondere alla violenza con la violenza”.
Enorme importanza ebbe la pubblicazione nel giornale (dall’inizio di aprile del 1849) dell’opera di Marx “Lavoro salariato e capitale”, dove in forma divulgativa il grande Maestro espose l’essenza dello sfruttamento capitalistico e spiegò le contraddizioni inconciliabili tra lavoro e capitale, contribuendo a far comprendere agli operai la loro posizione nella società capitalista come classe sfruttata, che poteva liberarsi solo per via rivoluzionaria.
La repressione dell’insurrezione popolare in Germania del maggio 1849 in difesa della nuova Costituzione federale respinta dal re prussiano, dall’imperatore austriaco e dalla maggioranza dei principi tedeschi segnarono la fine del giornale del proletariato tedesco. L’11 maggio Marx ricevette l’ingiunzione a lasciare entro 24 ore i confini della Prussia. I suoi tentativi di continuare a pubblicare il giornale consentirono di prolungarne la stampa solo per pochi giorni. Seguirono nuove persecuzioni poliziesche, le incriminazioni giudiziarie contro Engels e Wolff. “Contro ciò non si poteva far niente, - scrisse Engels -, in quanto dietro il governo c’era un intero corpo d’armata. Fummo costretti ad abbandonare la nostra fortezza, ma ci ritirammo con armi e bagagli, con la fanfara in testa e con la bandiera spiegata dell’ultimo numero rosso”.
Si perché l’ultimo numero della “Neue Rheinische Zeitung”, 19 maggio 1849, 20.000 copie, fu stampato integralmente nel colore della riscossa e della vittoria del proletariato mondiale e nel quale campeggiava l’indirizzo agli operai dove Marx e Engels e tutta la redazione dichiaravano solennemente che “… la loro ultima parola sarà sempre e ovunque: emancipazione della classe operaia!”
Prima della imposta partenza Marx pagò integralmente i debiti del giornale, gli stipendi agli operai tipografi, lasciando i restanti talleri ai compagni di lotta di Colonia.
“Il Bolscevico” quale organo del PMLI ha reso omaggio con un suo redattore per la prima volta a Marx nell’agosto del 1988 visitando la sua tomba a Londra e nell’aprile del 1991 deponendo vari numeri storici sulla scrivania del giovane Marx presente nella sua casa natale di Treviri. Nel 1998 è stato l'allora direttore politico, Mino Pasca a rendergli omaggio sempre alla sua tomba, con un numero dedicato al “Manifesto del Partito comunista”. Nell’agosto del 2015, il compagno Erne Guidi, delegato del Comitato centrale del PMLI, anch’egli membro della Redazione centrale, ha omaggiato Engels deponendo vari numeri de “Il Bolscevico” a lui dedicati alla base della grande statua presente nell’Engels Haus di Wuppertal sua città natale. Nel maggio 2018, infine, la delegazione del CC del PMLI a Treviri, tra cui il grafico e fotografo storico de “Il Bolscevico”, compagno Giancarlo Canfailla, ha deposto il numero speciale sul duecentesimo Anniversario della nascita di Marx e altri numeri sia alla nuova statua eretta che alla casa natale e nuovo museo dedicati al grande Maestro del proletariato internazionale e cofondatore, con Engels, del socialismo scientifico.
Per chi fosse interessato alla gloriosa esperienza della “Nuova gazzetta renana” di Marx e Engels consigliamo di visitare i due centri natali di Treviri e Wuppertal dove, sia nella Marx Haus che nella Engels Haus. si possono vedere numeri originali del giornale, pannelli riassuntivi, composizione della redazione. Per chi conosce il tedesco è disponibile digitalmente l’intera collezione dei 301 giornali pubblicati e i supplementi, andando su www.deutschestextarchiv.de/nrhz.
 

L’“Iskra” (“La Scintilla”) di Lenin
 
Ideato da Lenin come giornale dell’allora Partito operaio socialdemocratico russo (POSDR), “Noi vogliamo – si leggeva nel Progetto di dichiarazione della redazione del settembre 1900 scritto da Lenin - un giornale che registri periodicamente sia le denunce degli operai, sia gli scioperi operai, nonché le altre forme della lotta proletaria, e tragga determinate conseguenze da ciascuno di questi fatti in vista dei fini ultimi del socialismo e dei compiti politici del proletariato (...) È quindi comprensibile che non intendiamo fare del nostro organo di stampa un semplice ricettacolo di concezioni diverse. Noi lo dirigeremo, viceversa, nello spirito di una tendenza rigorosamente definita. Questa tendenza può essere enunciata con una sola parola: marxismo, ed è quasi superfluo aggiungere che siamo per lo sviluppo coerente delle idee di Marx e di Engels e respingiamo risolutamente quelle bastarde correzioni vaghe ed opportunistiche, divenute ora tanto di moda grazie alla fortuna di cui godono E. Bernstein, P. Struve e molti altri”.
L’“Iskra” (”La Scintilla”) vide la luce il 24 dicembre 1900, allorché il suo primo numero fu stampato in una tipografia clandestina di Lipsia. I numeri successivi saranno pubblicati a Monaco, Londra e Ginevra. Il motto accanto alla testata era: “Una scintilla può incendiare la prateria”, tratto da uno scritto di Vladimir Odoyevsky, nel quale si difendevano gli intellettuali antizaristi, i poeti “decabristi”, condannati all’esilio dallo zar Nicola I.
Nella riunione fondativa dell’aprile 1900, a cui avevano partecipato Lenin, Martov, Protesov, Radcenko, Tugan-Baranovskij e Jakovlev, era stato stabilito che il giornale, data la sua natura illegale, sarebbe stato redatto e stampato all’estero per essere poi introdotto clandestinamente in Russia.
Insediato il primo comitato di redazione formato da Lenin, Plechanov, Vera Zasulic, Akselrod, Protesov e Martov, l’apertura del primo numero fu dedicata all’importante articolo di Lenin “I compiti urgenti del nostro movimento”, in aperta polemica con gli economicisti del “Rabocee Delo” (“La classe operaia”), i quali mettendo da parte i compiti politici del proletariato, sostenevano che i lavoratori dovevano limitarsi a condurre, in alleanza con i liberali, una lotta per ottenere miglioramenti economici. Per Lenin occorreva invece mantenere uno stretto collegamento tra lotta politica e lotta economica, rappresentando gli interessi del movimento operaio nel suo complesso, il quale si emancipa solo con il socialismo.
Il nuovo giornale leninista svolse un’ampia critica anche contro il partito piccolo-borghese dei “socialisti- rivoluzionari”, sorto nel 1901. In una serie di articoli Lenin mise in luce la mancanza di principi del loro programma, miscuglio eclettico di pregiudizi populisti e di revisionismo. I socialisti-rivoluzionari erano apparentati agli economisti dalla negazione del ruolo della teoria rivoluzionaria e della necessità della dittatura del proletariato. Grave danno arrecò al movimento rivoluzionario la loro tattica terroristica che Lenin definì “avventurismo rivoluzionario”.
Nel suo numero 18 del 1902 l’”Iskra” pubblica l’opera di Lenin “Che Fare?” dove il principale artefice della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre concepisce il giornale del proletariato come “una piccola parte di un gigantesco mantice, capace di attizzare ogni scintilla della lotta di classe e dell’indignazione popolare per farne divampare un immenso incendio”.
Per Lenin “In una parola, il ‘piano di un giornale politico per tutta la Russia’ non è l'opera teorica di persone affette da dottrinarismo e da mania letteraria (come hanno potuto credere coloro che non vi hanno abbastanza riflettuto); è, al contrario, il mezzo più pratico per ottenere che da ogni parte ci si metta senza indugio al lavoro e ci si prepari all'insurrezione, senza dimenticare neppure per un istante il lavoro quotidiano” . Lenin altresì paragonava il giornale alle impalcature, con l’ausilio delle quali viene eretto tutto l’edificio del partito del proletariato. “Il giornale – scriveva nel maggio 1901 in “Da che cosa cominciare?” - non è solo un propagandista e un agitatore collettivo, ma anche un organizzatore collettivo”.
In poco tempo insomma l'“Iskra”, (“La Scintilla”) pubblicando cronache, corrispondenze inviate da tutta la Russia, resoconti di scioperi, tumulti, dimostrazioni, battaglie su questioni teorico-pratiche, era divampata e riconosciuta come il giornale del proletariato russo nella lotta contro lo zarismo e per la rivoluzione. Tanto che già il 17 gennaio 1901 un rapporto dell’Ochrana di Mosca, la polizia zarista, segnalava che l’”Iskra” circolava a Pietroburgo con un articolo che indicava la possibilità di “cominciare la lotta politica dal momento che gli operai hanno già imparato a condurre la lotta economica”. E Zubatov, capo dell’Ochrana moscovita, affermava che “Vladimir Ulijanov ha ricevuto la missione di trasformare questa formula astratta in carne e ossa” e che sarebbe stato bene “mettere le mani su questo signore” e che era altresì necessario “tagliare con urgenza quella testa dal corpo rivoluzionario” essendo “Ulijanov l’elemento più importante nella rivoluzione”.
I corrispondenti dell’”Iskra” svolgevano in Russia un lavoro molto difficile e pericoloso. Soggetti a costanti repressioni poliziesche i vari Sverdlov, Kalinin, Babushkin, Bauman, Zelikson, Petrovskij, Stasova, diffondevano le copie del giornale, le ristampavano con tipografie in loco, inviavano alla redazione lettere, articoli, materiali, organizzavano le raccolte dei fondi. Fu Lenin a spronare Rosa Luxemburg e Kautzki a inviare articoli al giornale per ravvivare il dibattito e lo spirito critico.
Lenin non si stancava di ripetere che “la forza di un’organizzazione rivoluzionaria sta nel numero dei suoi collegamenti”. E proprio in virtù di questi collegamenti che l’”Iskra” potrà percorrere clandestinamente le maggiori arterie europee: da Londra a Kiev per Vienna e Leopoli, da Londra a Varna, porto bulgaro sul Mar Nero da dove raggiungeva Odessa, e poi ancora da Londra al Mar Nero via Alessandria d’Egitto, da Tabriz (estremo nord della Norvegia) ad Arcangelo in Russia, da Stoccolma a Riga e Pietroburgo.
Dopo che Lenin e alcuni redattori furono costretti a trasferirsi a Londra nel giugno 1902 per evitare l’espulsione dalla Germania, ormai il gruppo dell’”Iskra” era sempre più riconosciuto ed interpellato, in particolare dagli studenti tedeschi che simpatizzavano per loro, il lavoro redazionale ricadde quasi tutto sulle spalle del grande Maestro del proletariato internazionale, mentre Plechanov e Axelrod, tornati in Svizzera si limitarono a collaborare in modo discontinuo, non avvertendo con l’urgenza dovuta il compito di legare il socialismo scientifico al movimento operaio.
A Londra, tra il 1902 e il 1903, uscirono 17 numeri del giornale, che passò anche da mensile a quindicinale.
Nella primavera del 1903 Lenin è costretto a lasciare Londra per Ginevra, dove comincerà ad elaborare insieme alla redazione un progetto di Programma del Partito. Resosi conto che la linea dell’”Iskra” aveva già conquistato la maggioranza fra i comitati marxisti russi, pensò fosse giunto il momento per preparare il II congresso del POSDR che aprì i suoi lavori nell’estate del 1903 a Bruxelles e si concluse a Londra. Fu teatro di una grande lotta sulle questioni tattiche, programmatiche e organizzative, dove gli appartenenti al gruppo dell’”Iskra” si batterono efficacemente contro gli economicisti, i bundisti e altri elementi opportunisti spalleggiati da Trotzki.
Al II Congresso del POSDR fu approvato un Programma coerentemente marxista, quale non possedeva all’epoca nessun altro partito operaio al mondo, un programma che i militanti dovevano accettare integralmente, impegnandosi di persona in una delle organizzazioni del partito. “Bisogna preparare – aveva scritto Lenin sul n.1 dell’“Iskra” - uomini che consacrino alla rivoluzione non solo le sere libere, ma tutta la loro vita” . In esso si univano organicamente la definizione dello scopo finale, la rivoluzione socialista, e l’indicazione dei compiti immediati del partito nella rivoluzione democratico-borghese ormai imminente: rovesciamento dell’autocrazia e sua sostituzione con la repubblica democratica, introduzione della giornata lavorativa di 8 ore, soppressione rivoluzionaria delle sopravvivenze della servitù della gleba, diritto delle nazioni all’autodeterminazione.
La vittoria del giornale, divenuto organo centrale del Partito, fu purtroppo di breve durata. I profondi dissensi venuti alla luce nel corso del Congresso fra la maggioranza iskrista (bolscevichi) e la minoranza economicista (menscevichi) determinarono ben presto gravi conseguenze. Approfittando della posizione conciliante assunta da Plechanov, i menscevichi si impadronirono della gloriosa testata. A capo di questa campagna antibolscevica si posero Martov, Axelrod e Trotzki. A partire dal n.52, 1° novembre 1903, l’”Iskra”, divenuta organo dei menscevichi prese il nome di “Nuova Iskra”. Nel 1914 in “Come si viola l’unità gridando che si cerca l’unità” Lenin ricorderà: “Trotzki fu un ardente iskrista nel 1901-1903, e Rjazanov descrisse il suo ruolo nel Congresso nel 1903 come ‘il randello di Lenin’. Alla fine del 1903, Trotzki fu un ardente menscevico (cioè un transfuga passato dagli iskristi agli ‘economicisti’). Egli proclama che tra la vecchia e la nuova Iskra c’è un abisso”. Altro che! L’uscita di Lenin dalla redazione mise in tali difficoltà il giornale che nel 1905 cessò le pubblicazioni.
Valutando il ruolo dell’”Iskra” Lenin scriverà più tardi: “In tre anni di lavoro (1901-1903) l’Iskra mise a punto il Programma del partito socialdemocratico, i principi della sua tattica e le forme di collegamento dell’azione economica e politica degli operai sulla base del marxismo conseguente”.
Conscio che il proletariato russo non poteva rimanere senza una campana marxista, Lenin insieme a Bogdanov pubblicherà a Ginevra il 4 gennaio 1905 il primo numero del “Vperiod” (Avanti) che uscirà per 18 numeri e che sarà sostituito dal maggio 1905 al III Congresso del POSDR da “Il proletario”.
Per chi volesse approfondire l’esperienza dell’”Iskra”, visionando i numeri originali che furono pubblicati, a Londra può recarsi alla Marx Memorial Library, interessante luogo di raccolta di libri, periodici, volantini e manifesti sul marxismo-leninismo e la storia dei movimenti operai, tra cui anche alcuni numeri del nostro “Il Bolscevico”, che ha sede nel palazzo dove veniva redatto il glorioso giornale leninista. Il piccolo ufficio di Lenin, la “Lenin room” è perfettamente conservato e riconosciuto come monumento storico.
 

La “Pravda” (“Verità’”) di Lenin e Stalin
 
La “Pravda”, in russo “Verità”, fu stampata per la prima volta a San Pietroburgo il 22 aprile (5 maggio) del 1912, per rispondere alle preoccupazioni di Lenin, da anni in esilio, di diffondere le idee marxiste nella classe operaia e in tutto il popolo e altresì di trasformare la stampa in un organizzatore del Partito del proletariato. Fondato dopo la VI Conferenza di Praga del POSDR, che da quell'Assise si qualificò come bolscevico assumendo la nuova denominazione di POSDR (b), tenutasi nella Casa del popolo della città boema dal 5 al 17 gennaio 1912, nella quale i bolscevichi decisero di creare una propria organizzazione indipendente, per iniziativa di Stalin, Olminski e Poletaiev, il giornale, rispondente all’obiettivo di Lenin e Stalin di essere fatto dai lavoratori per i lavoratori, veniva pubblicato proprio grazie ai fondi raccolti dai lavoratori di San Pietroburgo. Esso creò una rete di corrispondenti e redattori operai che in un anno pubblicò ben 11.000 corrispondenze operaie, oltre a permettere ai principali dirigenti bolscevichi di far conoscere le loro posizioni alle masse. La novità della “Pravda” fu proprio la sua integrazione in seno alle masse operaie che lo considerarono da subito il loro organo d’espressione. Esso raccontava le dure condizioni degli operai, i loro problemi e le loro speranze. Per commemorare la nascita della “Pravda” il 5 maggio fu proclamato in seguito dall’URSS giorno di festa della stampa operaia.
Prima ancora della nascita della “Pravda , usciva il settimanale bolscevico “Zvezdà”, “Stella” , destinato agli operai di avanguardia. La “Zvezdà aveva assunto una grande importanza nel movimento operaio russo. Vi apparve una serie di ardenti articoli politici di Lenin di Stalin, che mobilitavano la classe operaia per la lotta. Ma, nelle condizioni di ascesa rivoluzionaria, un giornale solo settimanale non era più sufficiente per il partito bolscevico. Era necessario un giornale quotidiano politico di massa, per i più larghi strati operai. E la “Pravda fu questo giornale. Così Stalin saluterà la sua nascita ne “I nostri obiettivi” pubblicato sul primo numero: “Mettendoci al lavoro noi sappiamo che la nostra strada è irta di spine… Ma le spine non possono fare paura se anche in futuro la Pravda riscuoterà come adesso la simpatia degli operai. Da questa simpatia essa attingerà l’energia per la lotta! Noi vorremmo che questa simpatia crescesse. Vorremmo inoltre che gli operai non si limitassero a dimostrare simpatia, ma partecipassero attivamente al lavoro di redazione. Non dicano gli operai che lo scrivere è per loro un lavoro ‘fuor dell’ordinario’: gli operai scrittori non cadono bell’è pronti dal cielo; soltanto nel corso del lavoro pubblicistico essi a poco a poco si formano. Bisogna solo accingersi intrepidamente all’opera: si inciampa una volta o due e poi si impara a scrivere… Dunque, con il massimo slancio, al lavoro!”.
Dal 1912 fino alla sua proibizione da parte del regime zarista nel 1914, vennero pubblicati 280 grandi e piccoli articoli di Lenin. Stalin, che fu l’artefice della pubblicazione dei suoi primi numeri, fu anche membro del comitato di redazione nel 1912 e 1913 e insieme a Lenin dette un grande contributo alla lotta di linea allora imperante nel Partito. “Finché il partito – affermerà Stalin - mi affiderà la direzione della "Pravda", nessuno, sapete, riuscirà ad alterare il pensiero di Lenin” . All'interno della socialdemocrazia russa continuavano seppur con diversa intensità e alterni risultati, i tentativi disgregatori delle diverse correnti opportuniste. Sconfitti sul piano politico e, dopo la VI Conferenza del POSDR (b), in netto declino anche sul piano organizzativo, i liquidatori non avevano tuttavia ancora rinunciato ai loro progetti. Progetti che si concretizzarono nell'organizzazione, verso la fine di agosto del 1912, di una cosiddetta conferenza di partito da tenersi a Vienna su iniziativa soprattutto di Trotzki. Una iniziativa del resto completamente fallita dato che Trotzki si ritrovò solo con qualche vecchio arnese liquidatorista o rimasuglio vperiodista, ma non trovò l'adesione nemmeno dei menscevichi partitisti di Plekhanov, dei bolscevichi conciliatori, dell'organizzazione polacca e di nessuna organizzazione rappresentativa socialdemocratica russa. Ciò che dimostrò la giustezza di quanto consigliato da Lenin ai redattori della "Pravda" di Pietroburgo, in merito alla risposta da dare ad alcune lettere di Trotzki con contenuti al solito ignobili e falsi, scritte al solo scopo di fomentare la rissa con i bolscevichi. Scriveva infatti Lenin il 19 luglio di quell’anno alla redazione della "Pravda" di Pietroburgo: "L'infame campagna di Trotzki contro la Pravda è un cumulo di menzogne e cavilli. Un noto marxista, il plekhanoviano Rothstein (Londra), ci ha scritto che ha ricevuto una lettera rissosa di Trotzki e gli ha risposto: non posso accusare di nulla la Pravda di Pietroburgo. Ma questo azzeccagarbugli e liquidatore mente a tutto spiano.
Consideratemi a vostra disposizione. V. Ulianov
P.S. Sarebbe meglio rispondere a Trotzki, alla casella postale: 'Trotzki (Vienna). È inutile che vi affanniate a inviare lettere rissose e cavillose. Non avrete risposta'" .
Un giornale interamente finanziato dagli operai attraverso specifiche sottoscrizioni di gruppo: 620 nel 1912, 2181 nel 1913, 2873 nei primi cinque mesi del 1914. Dalle pagine della “Pravda” furono lanciati appelli al proletariato per unirsi e ribellarsi contro l’ingiusto sistema esistente, utilizzando qualsiasi mezzo, nella legalità quanto nell’illegalità. Le sue denunce e l’attività organizzativa del giornale portarono la polizia zarista a bloccarla, tanto che alla vigilia della prima guerra mondiale imperialista la “Pravda” fu messa al bando. Stalin e Molotov ritenuti i capi furono arrestati. In 2 anni e 3 mesi l’uscita del giornale fu vietata per ben 8 volte, confiscati 41 dei 636 numeri e aperti 36 procedimenti giudiziari. Ma la redazione, eroicamente, la fece riapparire sempre con nomi diversi: “Rabochaya Pravda” (Verità dell’operaio), “Severnaya Pravda” (Verità nordica), “Pravda Truda” (Verità e lavoro), “Za Pravdu” (Per verità), “Proletarskaya Pravda” (Verità proletaria), “Put Pravdy” (Il senso della verità), “Rabochy” (L’operaio), “Trudovaya Pravda” (Verità del lavoro).
In quel periodo, l'importanza della “Pravda” fu immensa. Il quotidiano che conquistava al bolscevismo le grandi masse della classe operaia, poté resistere alle continue persecuzioni poliziesche, alle multe, ai sequestri per gli articoli e le corrispondenze che non piacevano alla censura, solo perché decine di migliaia di operai d'avanguardia lo sostennero attivamente. La “Pravda” poté pagare le enormi multe con cui era colpita solo grazie alle grandi sottoscrizioni fatte dagli operai. Sovente, gran parte dei numeri sequestrati giungeva egualmente ai lettori, perché gli operai d'avanguardia, nel fondo della notte, si recavano in tipografia a prendere i pacchi del giornale. Dopo due anni e mezzo di lotta tenace contro i liquidatori per ricostruire un partito operaio rivoluzionario di massa, i bolscevichi riuscirono, verso l'estate del 1914, a far sì che i quattro quinti degli operai politicamente attivi della Russia seguissero il partito bolscevico e applicassero la tattica «pravdista». I bolscevichi erano allora, chiamati i «pravdisti». E se ne ebbe la prova allorché, nel 1914, su un totale di 7 mila gruppi operai che, durante l'anno, avevano lanciato sottoscrizioni per i giornali operai, 5.600 gruppi raccolsero fondi per la stampa bolscevica, e soltanto 1.400 per quella menscevica.
Insieme alla Pravda fioriva un'intera generazione di proletari rivoluzionari: i futuri artefici della Rivoluzione Socialista d'Ottobre. Decine e centinaia di migliaia di operai si stringevano attorno alla Pravda . Così, negli anni dell'ascesa rivoluzionaria (1912-1914) si ponevano le basi del partito bolscevico di massa, quelle solide basi che le persecuzioni zariste, durante la guerra imperialistica, non poterono distruggere. Come dirà Stalin “La ‘Pravda’ del 1912 ha posto la prima pietra per la vittoria del bolscevismo nel 1917” .
Il giornale riprese le pubblicazioni solo dopo la rivoluzione del febbraio 1917. La redazione era composta da Stalin (direttore), Kamenev, Kalinin, Muranov e la sorella di Lenin, Maria Ulianova. Lenin dall’esilio inizia ad inviare le sue “Lettere da lontano” che in breve diventano la linea editoriale del giornale, e nell’aprile 1917 la pubblicazione delle celebri “Tesi di Aprile” daranno l’impulso alla Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre.
Seppur chiusa ancora una volta nel luglio 1917 da Kerensky, la “Pravda” esercitò il ruolo di quartier generale dell’imminente rivoluzione russa. E dopo il suo esito vittorioso, il 3 marzo 1918 avviene il trasferimento definitivo negli uffici di Mosca, diventa il giornale più importante del Paese e organo ufficiale del Comitato centrale del Partito bolscevico. Accanto alla testata compare lo slogan di battaglia di tutti i comunisti del mondo: “Proletari di tutto il mondo unitevi!”.
Nel Rapporto organizzativo del CC del Partito comunista russo (bolscevico) del 17 aprile 1923 Stalin scriverà: “La stampa non è un apparato di massa, un'organizzazione di massa, ma cionondimeno stabilisce un legame di importanza incalcolabile fra il partito e la classe operaia, un legame che per la sua forza può paragonarsi a qualsiasi apparato di trasmissione che abbia carattere di massa. Si dice che la stampa è la sesta potenza. Io non so quale potenza essa sia, ma la sua forza e il suo grande peso specifico sono indiscutibili. La stampa è lo strumento più forte mediante il quale il partito quotidianamente, ora per ora, parla con la classe operaia nella sua lingua, nel linguaggio che ritiene più adatto. Non esistono in pratica altri strumenti con i quali stabilire dei legami spirituali fra il partito e la classe e non esiste un altro apparato altrettanto duttile. Ecco perché il partito deve rivolgere una attenzione particolare a questo settore e possiamo dire che qui abbiamo già ottenuto un certo successo”. (…)
E pochi giorni dopo, 6 maggio 1923, ne “La stampa come organizzatore collettivo” sempre Stalin affermerà: “Ora è chiaro che, nonostante tutta l'importanza della funzione agitatoria della stampa, l'aspetto più immediato del nostro lavoro di edificazione è oggi la funzione organizzativa della stampa. Non importa solo che il giornale agiti e denunci, ma soprattutto che abbia una ricca rete di attivisti, di rappresentanti e di corrispondenti in tutto il paese, in tutti i centri industriali e agricoli, in tutti i circondari e i distretti, che il filo, il quale parte dal partito, passi, attraverso il giornale, a tutte le regioni operaie e contadine, senza eccezione, che l'influenza reciproca fra il partito e lo stato da un lato; fra le regioni industriali e contadine dall'altro, sia completa”. (…)
Tema ulteriormente sviluppato nel giugno 1924 ne “I corrispondenti operai”: “L'importanza della partecipazione degli operai alla direzione del giornale consiste anzitutto nel fatto che questa partecipazione crea la possibilità di trasformare un'arma tanto efficace della lotta di classe, qual è il giornale, da strumento di asservimento del popolo in strumento di liberazione. Soltanto i corrispondenti operai e contadini possono operare questa grande trasformazione. Soltanto come forza organizzata, i corrispondenti operai e contadini possono adempiere, nel processo di sviluppo della stampa, la funzione di portavoce e interpreti dell'opinione pubblica proletaria, denunciare le deficienze della vita pubblica sovietica, combattere senza tregua per il miglioramento della nostra edificazione. (...) I corrispondenti operai e contadini non possono essere considerati soltanto come dei futuri giornalisti o come attivisti di organizzazioni sociali nell'officina, nel senso ristretto della parola: essi sono soprattutto quelli che denunciano le deficienze della nostra vita pubblica sovietica, essi combattono per eliminare queste deficienze, essi sono coloro che dirigono l'opinione pubblica proletaria, che cercano di convogliare le inesauribili forze di questo grandissimo fattore per venire in aiuto al partito e la potere sovietico nell'ardua opera dell'edificazione socialista.
Di qui deriva anche il problema del lavoro educativo fra i corrispondenti operai e contadini. È senza dubbio necessario insegnare ai corrispondenti operai e contadini un minimo di nozioni tecniche sull'arte del giornalismo. Ma questo non è l'essenziale. L'essenziale è che i corrispondenti operai e contadini imparino nel corso del proprio lavoro a sviluppare in se stessi quel fiuto da giornalista-attivista sociale, senza il quale un corrispondente non può adempiere la propria missione e che non può essere inculcato con nessun mezzo artificioso di insegnamento, nel senso tecnico della parola”.
Gli operai consideravano la “Pravda” come il loro proprio giornale, le dimostravano molta fiducia e ne ascoltavano attentamente la voce. Ogni copia della “Pravda” , passando di mano in mano, era letta da decine di lettori, ne formava la coscienza di classe, li educava, li organizzava, li chiamava alla lotta.
In ogni numero della “Pravda” si potevano leggere decine di corrispondenze di operai i quali descrivevano la loro vita, il feroce sfruttamento, le numerose angherie e i maltrattamenti a cui eran sottoposti dai capitalisti, dai loro amministratori e capi tecnici: aspra e bruciante accusa verso l'ordine capitalistico.
La “Pravda” esponeva i bisogni e le rivendicazioni degli operai delle varie officine e industrie e riferiva come gli operai lottassero per le loro rivendicazioni. Quasi ogni numero, trattava degli scioperi scoppiati nelle diverse imprese. Durante gli scioperi più importanti e più lunghi, il giornale, aprendo sottoscrizioni tra gli operai delle altre fabbriche e industrie, organizzava l'aiuto agli scioperanti. A volte, per gli scioperi, si raccoglievano decine di migliaia di rubli: somme enormi in quei tempi, se si tien conto che la maggioranza degli operai guadagnava da 70 a 80 copechi al giorno. È in questo modo che gli operai venivano educati nello spirito della solidarietà proletaria e della comunità dei loro interessi.
Gli operai reagivano ad ogni avvenimento politico, ad ogni vittoria o ad ogni sconfitta, inviando alla “Pravda” lettere, saluti, proteste, ecc. Nei suoi articoli, la “Pravda” spiegava gli obiettivi del movimento operaio, da un punto di vista bolscevico conseguente. Essendo un giornale legale, non poteva incitare in modo aperto a rovesciare lo zarismo. Era giocoforza servirsi di allusioni tattiche, comprese però benissimo dagli operai coscienti, i quali, a loro volta, le spiegavano alle masse. Quando, per esempio, la “Pravda” parlava delle «rivendicazioni complete e integrali del 1905», gli operai comprendevano trattarsi delle parole d'ordine rivoluzionarie dei bolscevichi: rovesciamento dello zarismo, repubblica democratica, confisca delle terre dei grandi proprietari fondiari, giornata lavorativa di 8 ore.
Nel 1935 con Stachanov e il movimento stachanovista, nel 1937 e 1938 i giovani eroi che avevano compiuto grandi imprese nell’edificazione e difesa del socialismo, apparvero sulla prima pagina della “Pravda”, così come i militari, graduati e non, artefici dal 1941 al 1945 dei successi contro la belva nazifascita nella Grande guerra patriottica, più spesso rispetto alla figura di Stalin stesso. Del resto il compito principale della “Pravda” sarà sempre quello di mobilitare il popolo, dal combattere la guerra civile contro le armate controrivoluzionarie dei bianchi, per poi passare negli anni ad orientare la classe operaia e i contadini in tutte le grandi battaglie, dalla sconfitta dell’intervento imperialista straniero, la collettivizzazione delle campagne, l’industrializzazione, spingendole a lavorare per realizzare i progetti dell’Unione Sovietica socialista, fino alla difesa della Patria contro il nazismo, la ricostruzione del Paese devastato, la costruzione del socialismo e del campo socialista.
Alcuni slogan pubblicati a pagina manifesto come quelli con i bambini “Grazie compagno Stalin per la nostra infanzia felice” e “Per la Patria! Per Stalin!” durante la Grande guerra patriottica, campeggeranno incorniciati in tutte le case dello sterminato Stato delle Repubbliche sovietiche.
La “Pravda” pubblicò a puntate anche le due ultime importanti opere di Stalin prima della sua morte. “Il marxismo e la linguistica”, scritto tra il 20 giugno e il 28 luglio 1950, dove Stalin riesce mirabilmente a sottrarre questo tema, altrimenti relegato a un dibattito tra una ristretta cerchia di esperti e di addetti al lavoro, e lo porta al grande pubblico sulle pagine del più diffuso quotidiano nazionale, e, poco prima dell’apertura del XIX Congresso del PCUS che si aprì il 5 ottobre 1952, sempre a puntate videro la luce i quattro interventi di Stalin redatti tra il 1° febbraio e il 28 settembre 1952 sotto il titolo generale “Problemi economici del socialismo”. Un’opera altrettanto importante e fondamentale, che chiarisce alcune questioni chiave della costruzione del socialismo mettendo a frutto la preziosissima esperienza dei trentacinque anni di vita dell’URSS.
Con Krusciov prima e Breznev poi la “Pravda” diventerà megafono della borghesia russa tornata al potere dopo il colpo di Stato del XX Congresso del PCUS, il numero delle copie stampate e vendute calerà di anno in anno, fino ad arrivare alla sua chiusura per decreto del revisionista e fascista Eltsin nel 1992. Riportata in vita da magnati greci è oggi il quotidiano di riferimento del revisionista partito comunista della Federazione russa.
Il 5 marzo 2013, l’incaricato del CC del PMLI e della redazione de “Il Bolscevico”, renderà onore a Stalin nel 60° anniversario della morte alla sua casa natale di Gori, in Georgia. Il numero speciale dedicato al grande Maestro del proletariato internazionale richiamerà l’attenzione delle agenzie di stampa e televisioni internazionali presenti, mentre nell’attiguo grande museo dedicato a Stalin, la direzione allestirà un banchino con tutti i materiali donati dal PMLI e da “Il Bolscevico”. Nell’agosto del 2014 “Il Bolscevico” invierà a Mosca un suo redattore per un reportage sull’amore e il ricordo che legano ancora il popolo russo a Lenin e Stalin. Numeri speciali a loro dedicati saranno esposti sulla tomba di Stalin e al mausoleo di Lenin ed una intervista esclusiva sarà fatta alla curatrice di una mostra dedicata ai due grandi Maestri nella capitale russa. Nell’agosto del 2017, a nome del CC del PMLI, un membro della Redazione centrale de “Il Bolscevico”, compagno Ernesto Guidi, celebrerà il Centenario della Grande Rivoluzione socialista d’Ottobre rendendo omaggio al suo principale artefice, Lenin, visitando la città natale Ulyanovsk, quella di morte, Gorki Leninske e Mosca. Un numero de “Il Bolscevico” con la biografia di Lenin sarà deposto sulla scrivania del suo ufficio al Cremlino trasportato integralmente a Gorki in un museo a lui dedicato.
Oltre ai luoghi già indicati, per chi volesse rivivere l’epopea della “Pravda” di Lenin e Stalin, consigliamo di visitare il museo di storia contemporanea a Mosca e quello di storia politica della Russia a San Pietroburgo. Per onorare e ricordare gli avvenimenti che precedettero lo scoppio della Rivoluzione d’Ottobre, dove Lenin e Stalin, scrissero gli articoli più forti e pungenti della “Pravda” dettandone la linea, occorre far visita a San Pietroburgo all’Istituto Smolnyi, e agli appartamenti museo degli Alluliev e degli Elizarov che ospitarono entrambi.
 
 

Il “Renmin Ribao” (“Quotidiano del popolo”) di Mao

 
Il “Quotidiano del Popolo” (“Renmin Ribao”) fu fondato il 15 giugno 1948 e fu pubblicato a Pingshan, fino a quando i suoi uffici furono trasferiti a Pechino nel marzo 1949. In tempo per celebrare degnamente la grande impresa storica di Mao, la nascita della Repubblica popolare cinese il 1° ottobre dello stesso anno, con una prima pagina altrettanto storica. A dirigerlo per lungo tempo fu il segretario personale di Mao Hu Qiaomu.
Alla base della sua linea editoriale stavano gli insegnamenti di Mao sul giornale del proletariato: “Spero – aveva scritto il grande Maestro del proletariato internazionale nell’introduzione all’uscita della rivista “L’operaio cinese” il 7 febbraio 1940 - che questa rivista sia ben fatta e pubblichi articoli pieni di vita; occorre guardarsi nella maniera più assoluta dallo stile rigido e stereotipato e dagli articoli piatti, insulsi e incomprensibili.
Una volta iniziata, una rivista deve essere portata avanti con scrupolo e serietà e bisogna compiere ogni sforzo perché abbia successo. Questa è la responsabilità non solo dei redattori ma anche dei lettori. I lettori devono dare suggerimenti e indicare, con lettere o articoli brevi, ciò che a loro piace o non piace. Questo è molto importante ed è il solo modo di assicurare il successo della rivista”. E nel "Discorso ai Redattori del Quotidiano dello Shanxi-Suiyuan'', 2 aprile 1948, per dare un corretto orientamento marxista-leninista alla stampa del Partito: "La nostra politica bisogna farla conoscere non solo ai dirigenti e ai quadri, ma anche alle larghe masse... La funzione di un giornale, ed in questo consiste anche la sua forza sta nella sua capacità di far conoscere alle masse, nella maniera più rapida e più estesa, il programma e la linea del Partito, i principi e le misure politiche del Partito, i suoi compiti e i suoi metodi di lavoro... Voi compagni vi occupate di giornalismo. Il vostro compito è di educare le masse, di renderle coscienti dei loro interessi e dei loro compiti, di far conoscere loro i principi e le misure politiche del Partito. Dirigere un giornale non è un lavoro come un altro; perché‚ il giornale sia ben fatto, perché sia vivace, deve essere fatto coscienziosamente. E anche nel caso dei nostri giornali, dobbiamo fare affidamento su tutti, sulle masse popolari, su tutto il Partito e non su alcuni individui soltanto che lavorano dietro porte chiuse... Essere capaci di trasformare la politica del Partito in azione delle masse, essere capaci di far comprendere e padroneggiare non solo ai quadri dirigenti ma anche alle larghe masse ogni movimento e ogni lotta che promuoviamo - questa è l'arte della direzione marxista-leninista... Per educare le masse, coloro che lavorano nei giornali devono anzitutto imparare dalle masse.
Noi comunisti abbiamo sempre disdegnato di mascherare le nostre opinioni. I giornali diretti dal nostro Partito e tutto il lavoro di propaganda del nostro Partito devono essere vivaci, chiari e incisivi, non dobbiamo mai rimanere nel vago. Dato che vogliamo insegnare al popolo a conoscere la verità e incitarlo alla lotta per la sua emancipazione, abbiamo bisogno di questo spirito militante. Un coltello spuntato non fa sprizzare il sangue''.
Il 20 aprile 1950 il “Quotidiano del popolo” pubblica una serie di citazioni di Mao col titolo “Sviluppiamo decisamente la critica e l’autocritica” e il 20 maggio 1951 sarà Mao stesso dalle sue colonne a criticare il film, uscito a Shanghai nel dicembre 1950, “La vita di Wu Xun”. Costui, vissuto nel XIX secolo, propagandava la cultura feudale e non la lotta di classe, per cambiare il mondo.
Nel gennaio del 1958 parlando con un gruppo di giornalisti del “Quotidiano del popolo” Mao ne sintetizzò così l’importanza: “Il Quotidiano del popolo è un dipartimento del Comitato centrale, come lo sono il dipartimento di organizzazione e quello di propaganda. Ognuno di voi quindi deve apprendere qualcosa dalle varie località. Un compito molto importante del giornale è quello di ristampare le notizie pubblicate sui giornali locali. Fate di ciò una questione di responsabilità politica: questo incoraggerà i giornali locali e farà in modo che essi leggano il Quotidiano del popolo. Si possono fare anche dei commenti ideologici. Essere rossi ed esperti rimane un’importante questione che deve, però, essere sempre inquadrata nell’ambito di un dibattito sulle condizioni attuali. Cosa molto importante è che i titoli attirino l’attenzione della gente”.
Dalla politica interna volta alla costruzione del socialismo in Cina a quella estera basata sull’internazionalismo proletario e sull’antimperialismo il giornale riporterà fedelmente, finché Mao fu in vita, tutti gli atti del governo, dando delle preziose anteprime per preparare il terreno alla discussione in tutto lo sterminato paese asiatico. Importante e chiarificatore fu l’editoriale del 5 novembre 1956, “Ci congratuliamo per la grande vittoria del popolo ungherese”, con cui il “Renmin Ribao” attaccò i controrivoluzionari ungheresi. Così come la pubblicazione, il 19 giugno 1957, del discorso, rivisto dallo stesso Mao, “Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo”, pronunciato all’undicesima sessione allargata della Conferenza suprema di Stato tenutasi il 27 febbraio precedente. Si tratta di una grande opera marxista-leninista, che rappresenta uno sviluppo del marxismo-leninismo in campo teorico, filosofico e politico, in particolare per quanto riguarda la costruzione del socialismo e la denuncia del revisionismo moderno.
Immenso fu il suo ruolo nello smascheramento del revisionismo moderno a partire dal colpo di Stato kruscioviano del ‘56 al XX Congresso del PCUS. Tutte le teorizzazioni revisioniste di Krusciov e del suo successore Breznev vengono sistematicamente denunciate e smantellate.
Iniziando da “Sull’esperienza storica della dittatura del proletariato” (5 aprile 1956) e “Ancora sull’esperienza storica della dittatura del proletariato” (29 dicembre 1956). Ufficialmente questi articoli furono scritti dalla redazione del giornale in seguito a delle discussioni svoltesi in una riunione allargata dell’Ufficio politico del CC del PCC. Certe fonti affermano invece che siano stati scritti da Mao. In ogni caso si avverte l’ispirazione personale di Mao. Negli articoli si fa un bilancio del socialismo in URSS sotto Stalin e si spiegano dialetticamente i meriti e gli errori di questi. In sostanza si respingono le calunnie e gli attacchi di Krusciov a Stalin mentre si attacca il revisionismo moderno.
Per poi proseguire nell’aprile del 1960 per il novantesimo anniversario della nascita di Lenin con la pubblicazione di un lungo articolo intitolato “Viva il leninismo”, che denuncia gli errori revisionisti del XX Congresso del PCUS, attribuito da certe fonti allo stesso Mao. Come gli importanti articoli apparsi sul “Quotidiano del Popolo” nel 1962 e su “Bandiera rossa” nel 1963 anch’essi redatti, o quanto meno ispirati e approvati da Mao, dal titolo “Le divergenze tra il compagno Togliatti e noi” e “Ancora sulle divergenze tra il compagno Togliatti e noi”, che criticavano aspramente il leader e il gruppo dirigente del PCI su tutta una serie di questioni: sul pericolo di una guerra mondiale nucleare, pretesto dei revisionisti per ingabbiare lo sviluppo della lotta di classe e delle rivoluzioni, sulla coesistenza pacifica tra sistemi economici diversi, sulla lotta di classe, sul passaggio pacifico al socialismo, teorizzato da Krusciov e subito fatto proprio da Togliatti e dal PCI.
Il 14 giugno 1963 il CC del PCC risponde alla lettera del 30 marzo 1963 del CC del PCUS. Questa storica e fondamentale lettera viene pubblicata tre giorni dopo dal “Renmin Ribao” col titolo “Proposte riguardanti la linea generale del movimento comunista internazionale”. In essa vengono smantellate, una per una, tutte le tesi dei revisionisti sovietici e avanzata una linea generale del movimento comunista internazionale. Si tratta di un documento fondamentale per capire le contraddizioni esistenti allora tra i marxisti-leninisti e i revisionisti moderni a livello internazionale. Non a caso il CC del PCUS si rifiutò di renderla pubblica. In questa lettera tra l’altro si afferma che “la più importante esperienza del movimento comunista internazionale è che lo sviluppo e la vittoria della rivoluzione dipendono dall’esistenza di un partito rivoluzionario proletario”. Inoltre per la prima volta si dà indirettamente l’indicazione di costruire Partiti marxisti-leninisti: “Se il gruppo dirigente del partito adotta una linea non rivoluzionaria e fa del partito un partito riformista, allora i marxisti-leninisti dentro o fuori del partito si metteranno al suo posto per condurre il popolo a fare la rivoluzione”.
Il 13 settembre 1963 è la volta di un importante editoriale intitolato “Sulla questione di Stalin”. Più fonti sostengono che questo articolo del “Quotidiano del popolo” è stato scritto, quasi interamente e personalmente, da Mao. Esso fa un’analisi obiettiva marxista-leninista dei meriti e degli errori di Stalin, che viene definito “un grande marxista-leninista, un grande rivoluzionario proletario, che dette un indelebile contributo al movimento comunista internazionale in una serie di scritti teorici che sono immortali opere marxiste-leniniste”.
Il 1° ottobre 1965 il “Quotidiano del popolo” pubblica l’articolo “Serviamoci della concezione proletaria del mondo per creare un nuovo mondo”, dove si sostiene che bisogna rompere definitivamente con i “quattro vecchi”: le vecchie idee, le vecchie nozioni, le vecchie abitudini e le vecchie convenzioni.
Durante la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria i suoi articoli venivano studiati in tutta la nazione. Essi fornivano l’alfa e l’omega del pensiero di Mao. Nel 1966, il 3 giugno, il giornale pubblica una decisione del CC del PCC relativa alla destituzione del corpo direttivo del giornale. A luglio grande risonanza ebbe l’editoriale dal titolo “Strappiamo la maschera borghese di libertà, eguaglianza e fratellanza”. Il 1° ottobre in occasione del 17° Anniversario della fondazione della RPC il “Quotidiano del popolo”pubblica l’importantissimo editoriale “Armare con il pensiero di Mao Zedong i 700 milioni di cinesi”.
Nel 1967 a gennaio il "Renmin Ribao'' ripubblica l'opera di Mao "Come correggere le idee errate nel Partito'' preceduta da una nota redazionale. Il 2 aprile è la volta dell’articolo titolato "Criticare e ripudiare a fondo il responsabile n. 1 che, in seno al partito, ha intrapreso la via capitalista'' dove si denuncia il cattivo effetto del libro scritto da questo responsabile, cioè dal futuro rinnegato Liu Shaoqi. Ed il 6 aprile esce l’articolo dal titolo "Sotterrare la sottomissione servile predicata dal Kruscev cinese'', cioè Liu Shaoqi, redatto dal Distaccamento congiunto delle Guardie rosse del Dipartimento di Filosofia e di Scienze sociali del pensiero di Mao dell'Accademia Scientifica cinese.
Il 18 maggio in occasione del primo anniversario della Circolare del 16 maggio che dette il via alla Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, i Comitati di redazione di "Hongqi'' e del "Renmin Ribao'' pubblicano un articolo dal titolo "Un grande documento storico'' e il 17 giugno "Abbasso la sottomissione servile, osservare rigorosamente la disciplina rivoluzionaria proletaria''.
Nel 1968, il 25 febbraio, il "Renmin Ribao'' pubblica un articolo dal titolo "L'anarchismo è il ponte politico che conduce alla controrivoluzione'' e il 24 marzo "La linea revisionista in campo economico'' dove si condanna Liu Shaoqi per essersi opposto a dare il primo posto alla politica nell'economia del paese. Il 27 maggio la Cina aderisce e appoggia incondizionatamente il maggio francese e i movimenti giovanili e studenteschi in Europa e nel mondo occidentale. Ripetutamente la stampa cinese interviene esaltando tali avvenimenti. Il "Quotidiano del popolo'' pubblica un editoriale dal titolo "Una grande tempesta''. A settembre la stampa pubblica direttive di Mao sulla rieducazione degli intellettuali. Il "Renmin Ribao'', "Hongqi'' e il "Jiefangjun bao'' pubblicano un articolo delle rispettive redazioni dal titolo "Conduciamo fino in fondo la rivoluzione sul fronte del giornalismo''.
A dicembre il "Renmin Ribao'', "Hongqi'' e il "Jiefangjun bao'' pubblicano un editoriale dal titolo "Studiare coscienziosamente la storia della lotta tra le due linee''. Il "Quotidiano del popolo'' chiude l’anno pubblicando un articolo dal titolo "Liu Shaoqi, traditore e nemico giurato della classe operaia''.
Nel 1970, 15 maggio, il giornale pubblica un articolo dal titolo "Mettiamoci tutti al lavoro, contiamo sulle nostre forze''. L'articolo è il risultato di uno studio del testo di Mao "Sulla produzione da parte dell'esercito per il proprio sostentamento e sull'importanza dei due grandi movimenti per la rettifica dello stile di lavoro e per lo sviluppo della produzione'' scritto nel 1945. Il 1° giugno "Renmin Ribao'', "Hongqi'' e "Jiefangjun bao'', in occasione del 28° anniversario della pubblicazione dei "Discorsi alla Conferenza di Yan'an sulla letteratura e l'arte'', pubblicano un editoriale dal titolo "Rimodelliamo la nostra concezione del mondo''. Sempre gli stessi giornali il 1° luglio pubblicano un editoriale in occasione del 49° anniversario della fondazione della RPC dal titolo "I membri del Partito comunista cinese devono essere elementi avanzati del proletariato''.
Nel 1971, a gennaio, “Il Quotidiano del popolo” pubblica un articolo dal titolo "Studiamo e applichiamo in modo creativo il pensiero filosofico del presidente Mao per migliorare il nostro livello di coscienza riguardo alla lotta tra le due linee''. Il 10 marzo in commemorazione del centenario della Comune di Parigi è la volta dell’importante articolo “Viva la vittoria della dittatura del proletariato”.
L’anno dopo,1972, luglio, è la volta di un articolo dal titolo "Una nuova variante della concezione idealistica secondo cui 'la storia è fatta di eroi'''. E poi ancora nel 1973, 8 marzo, il "Renmin Ribao'' pubblica, in occasione della Giornata internazionale della donna, un editoriale dal titolo "Le donne lavoratrici sono una grande forza rivoluzionaria''. Nel 1974, 1° febbraio, esce un articolo intitolato "Intenzione malevola e manovra abbietta'' che critica il film anticinese "Chung Kuo-Cina'' girato dal regista italiano Michelangelo Antonioni.
Nel 1975, 16 dicembre, muore Kang Sheng. In data 28 dicembre, l'agenzia di Stato "Xinhua'' dà notizia che il "Renmin Ribao'' ha pubblicato il messaggio di condoglianze inviato dall'OCBI m-l, antesignana del PMLI. Siamo nel 1976. Il 1° gennaio decolla il V piano quinquennale cinese. Appaiono sul giornale due importanti poesie di Mao dal titolo "Ritorno ai Monti Jinggang'' e "Dialogo di uccelli'' scritte rispettivamente nel maggio e nell'autunno 1965. Il "Renmin Ribao'', "Hongqi'' e il "Jiefangjun bao'' pubblicano un editoriale dal titolo "Niente è difficile al mondo se si è decisi a scalare la vetta'' a commento di queste due poesie, in cui si cita l'ultima direttiva di Mao: "Stabilità e unità non significano rifiuto della lotta di classe. La lotta di classe è l'asse principale da cui dipende tutto il resto''.
L’8 gennaio muore Zhou Enlai membro del CC del PCC, dell'Ufficio politico e del Comitato permanente dell'Ufficio politico del CC, vice presidente del CC del Partito, primo ministro del Consiglio di Stato e presidente del Comitato nazionale della Conferenza politico-consultiva popolare. Il 16 gennaio il "Renmin Ribao'' pubblica il messaggio di condoglianze dell'Organizzazione comunista bolscevica italiana marxista-leninista (OCBI m-l) che il 9 Aprile 1977 darà vita al PMLI e tre giorni dopo dà notizia della visita di condoglianze del Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, all'Ambasciata della RPC a Roma.
Il 17 febbraio il "Renmin Ribao'' pubblica in prima pagina un articolo intitolato "Il nodo cruciale è la restaurazione del capitalismo'' dove si denuncia che il "vento di destra'' nei settori della scuola e della ricerca ha origine in una manovra architettata ai vertici del partito. E il 10 marzo sferra un duro attacco a Deng (senza citarlo), accusato di mettere in discussione i giusti verdetti della Rivoluzione culturale.
Il 23 agosto il “Quotidiano del popolo” in un editoriale afferma che la lotta contro la linea revisionista controrivoluzionaria di Deng non è finita con la destituzione di Deng.
Il 9 settembre muore Mao a 82 anni di età. Grande è la commozione e il rimpianto nella Cina e in tutto il mondo. Il 15 settembre un editoriale congiunto del "Renmin Ribao'', "Hongqi'' e "Jiefangjun Bao'' contenente una frase di Mao: "Procedere secondo l'orientamento stabilito'', che successivamente viene contestata da Hua, di fatto invita il paese a tenere duro sulla via del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. L'editoriale ha per titolo "Il presidente Mao vivrà in eterno nei nostri cuori''. Nel nostro Paese, il 16 e 18 settembre, più di diecimila persone partecipano a Roma, a una manifestazione di piazza per rendere omaggio a Mao. Un'altra manifestazione di massa si svolge a Milano. In entrambe le manifestazioni è presente l'OCBI m-l, che diffonde un'edizione speciale de "Il Bolscevico'' sulla morte di Mao aperta dal titolo a grandi caratteri "Gloria eterna a Mao Zedong, grande maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi'' sovrastante una grande foto di Mao.
Il 18 settembre si concludono con un imponente raduno di massa di oltre un milione di persone in piazza Tian An Men le onoranze funebri più grandiose, solenni e commoventi che la storia ricordi. Tutta la Cina si è fermata per dare l'ultimo saluto a Mao. La solenne cerimonia di piazza Tian An Men è stata seguita attraverso la radio e la televisione dal popolo di ogni nazionalità di tutta la Cina, che si trovava raccolto o in imponenti raduni di massa, nelle principali città e centri, come a Shanghai e Tianjin dove erano presenti rispettivamente un milione e mezzo milione di persone, oppure nelle miniere, nelle fabbriche, nelle comuni, nelle scuole, nelle caserme dove è stata interrotta ogni forma di attività per seguire la cerimonia centrale di Pechino e dove successivamente sono state tenute le commemorazioni locali. L'OCBI m-l ha l'onore di avere accanto al feretro di Mao le corone offerte rispettivamente dalla Direzione centrale e dal Segretario generale dell'Organizzazione, compagno Giovanni Scuderi. Il "Quotidiano del popolo'' e i mezzi di comunicazione di massa cinesi danno particolare risalto alle numerose iniziativa dell'OCBI m-l per commemorare il grande maestro scomparso.
A quarant’anni di distanza, il 9 settembre 2016, il PMLI rinnoverà il suo saluto militante a Mao rendendo visita al suo corpo esposto nel Mausoleo in piazza Tien an men a Pechino, dopo aver reso onore al grande timoniere a Shaoshan, città natale, e Changsha. Copie de “Il Bolscevico” annuncianti l’imminente Commemorazione tenuta a Firenze dal Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, con lo storico e lungimirante discorso da “Marx a Mao” e altri numeri speciali dedicati al grande Maestro del proletariato internazionale, delle nazioni e dei popoli oppressi, assieme al manifesto e ai volantini stampati ad hoc, saranno accolti entusiasticamente dai maoisti e da persone comuni giunti a Pechino da tutta la Cina e dal mondo.
Tutt’oggi il “Quotidiano del popolo” esce giornalmente in milioni di copie e in più lingue ma è diventato un organo di stampa anti marxista-leninista, la voce della borghesia che ha instaurato una dittatura fascista in Cina, lo strumento della superpotenza imperialista cinese e grancassa del neo imperatore Xi Jinping, impegnati nella lotta per il dominio del mondo con USA e Russia.
 
 

11 dicembre 2019