Respingere la proposta di Landini
No all'alleanza sindacati, governo e padroni. No alla cogestione Sì alla lotta di classe
Il “nuovo modello di sviluppo” o è socialista o è capitalista

“Un alleanza con governo e imprese per impedire che il Paese si sbricioli”. Questo è l'eloquente titolo dell'articolo apparso su la Repubblica dove si riporta la lunga intervista concessa dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini al quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, megafono della sinistra borghese.
In estrema sintesi l'ex leader della Fiom ripropone la cogestione, ma in forma organica, come stretta alleanza con i capitalisti e il governo borghese, in questo momento rappresentato dal Conte-bis sostenuto da PD e 5 Stelle. Meraviglia? Sorpresa? Fino a un certo punto perché il Landini di qualche anno fa, quello che sembrava volersi mettere alla testa della risposta operaia contro il “modello Marchionne” e il Jobs Act, non esiste più da tempo.
I marxisti-leninisti lo appoggiarono quando si mise di traverso ai diktat della Fiat e alla Camusso che non vi si contrapponeva risolutamente, chiedendo diritti e democrazia in fabbrica e nel sindacato. Un appoggio con riserva perché conoscevano bene i suoi trascorsi politico-sindacali, il suo riformismo che si esprimeva nella sua vicinanza, allora, con il partito Sinistra e Libertà (SeL) del falso comunista e poi liberale Niki Vendola.
Dopo la fallimentare proposta di un nuovo soggetto politico riformista, la Coalizione Sociale , Landini si è concentrato sul sindacato e dopo aver accettato il Testo unico sulla rappresentanza sindacale (Tur) che limita la conflittualità e la rappresentatività nelle aziende, aver messo la firma su accordi a perdere con Cisl e Uil e fatto la pace con la Camusso, gli si è aperta la strada per sedere sulla poltrona di segretario generale della Cgil.
Da allora in poi tutte le sue mosse sono andate nella direzione di un sindacato istituzionale e cogestionario. L'intervista a la Repubblica conferma che sta proseguendo su quella strada. Landini risponde alle domande su vari temi: dalla richiesta degli italiani di avere un “uomo forte” (secondo il Censis), alle sardine , alla legge di Bilancio, senza lesinare complimenti al governo.
Sull'intervento pubblico nell'economia lo considera imprescindibile per salvare la produzione dell'acciaio. In generale però l'intervento dello Stato lo preferisce molto ridotto ma è disponibile alla collaborazione anche su questo tema. Infatti per finanziarlo, accanto ai fondi della Cassa depositi e prestiti e delle Fondazioni bancarie, è disposto a mettere sul banco anche i soldi dei lavoratori attraverso i loro fondi pensione.
Quando poi l'intervistatore Roberto Mania gli chiede: Propone un nuovo patto sociale?”, Landini risponde: “Propongo di ricercare un progetto comune, un progetto condiviso per il paese in cui ciascuno faccia la sua parte e nel quale sia riconosciuta pari dignità tra lavoro e impresa”.
E quale ruolo affida ai sindacati, gli chiede l'interlocutore? Oltre a quelli “naturali” (ma mica tanto scontati) della difesa del lavoro e dei diritti Landini indica “ la partecipazione nella definizione degli obiettivi strategici nazionali e, a livello micro, nelle aziende ”. “Pensa alla cogestione?”, è l'ovvia domanda dell'intervistatore. Landini non lo vuole ammettere ma la risposta ci dice di sì.
E si arrampica sugli specchi per giustificarlo, come quando afferma che i lavoratori devono partecipare alle scelte aziendali perché “il modello taylorista è ampiamente superato ”, come se il superamento di organizzazione e sfruttamento industriale debba per forza far collaborare i proletari con i padroni. Ma non sono mica scomparsi i rapporti economici capitalistici!
Lo stesso discorso ambiguo Landini lo fa quando affronta i temi dell'innovazione digitale e dell'inquinamento ambientale che stanno mobilitando le nuove generazioni. Essi pongono la “domanda di un nuovo modello di sviluppo compatibile con la difesa dell'ambiente ”. E quale sarebbe? I modelli sono sempre due, quello capitalista e quello socialista, non ci sono alternative. Finché rimane il capitalismo, fondato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e la ricerca del massimo profitto, non c'è sensibilità ambientale che possa fermare lo scempio del pianeta e delle risorse naturali.
Quello che propone Landini non rappresenta niente di nuovo, richiama molto da vicino la famigerata “svolta dell'Eur”. Quando nel 1978 la Cgil fece propria la politica dei sacrifici per i lavoratori e il sindacato, per la prima volta in maniera organica, invitava i lavoratori a “tirare la cinghia” per aiutare le industrie italiane in difficoltà.
Un richiamo a quella stagione non solo nel merito, ma anche nel metodo. Infatti quella svolta fu anticipata da un'intervista del segretario Cgil di allora, Luciano Lama, allo stesso giornale, la Repubblica , fatta direttamente da Scalfari. Dove si annunciava che le rivendicazioni salariali dei lavoratori cadevano in secondo piano rispetto alle esigenze delle aziende italiane. In cambio si sarebbero ottenuti importanti risultati dal punto di vista occupazionale.
Nonostante siano passati più di 40 anni rimane inalterata la subalternità della visione sindacale alle regole capitaliste: moderazione salariale, riduzione dei diritti, maggiore produttività e arretramento della coscienza di classe in cambio di un illusorio rilancio degli investimenti e dell'occupazione, che non ci fu allora, ne ci sarà adesso, anche perché ciò è legato all'andamento dello scontro economico tra i vari imperialismi e alle dinamiche globali dei mercati.
Occorre rifiutare questa impostazione cogestionaria rilanciata da Landini, che abbandona la lotta di classe per la collaborazione con i padroni e il governo che ha sempre peggiorato alle condizioni dei lavoratori. Invece la lotta paga, come hanno dimostrato in Francia le grandi manifestazioni di piazza e lo sciopero a oltranza per fermare la “Fornero francese”, mettendo a ferro e fuoco il Paese e facendo fare retromarcia a Macron che ha dovuto per il momento stoppare la controriforma delle pensioni.
Un atteggiamento ben diverso da quello tenuto dai sindacati confederali italiani che 8 anni fa di fronte alla legge Fornero proclamarono vergognosamente soltanto 3 ore di sciopero.


24 dicembre 2019