Lo Stato islamico attacca una base militare in Niger
Il capofila dell'imperialismo francese condanna l'attacco

 
Il 10 dicembre, con un messaggio riportato su Site, il gruppo Iswap (Stato islamico nella provincia dell’Africa occidentale) annunciava che “i mujahedin dello Stato islamico hanno attaccato la base militare di Inates, l’hanno occupata per diverse ore e hanno giustiziato oltre 100 militari”. L'attacco alla base militare di Inates, in Niger lungo il confine con il Mali, era confermato dal Ministero della Difesa nigerino secondo il quale l'attacco era stato condotto da “diverse centinaia di combattenti, pesantemente armati, organizzati tatticamente e ben equipaggiati”.
Il governo di Niamey dichiarava tre giorni di lutto nazionale e il presidente Mahamadou Issoufou convocava un vertice d’urgenza tra i presidenti dei paesi del G5 Sahel (Mali, Burkina Faso, Niger, Ciad e Mauritania) con l’obiettivo di “trovare nuove sinergie per contrastare il fenomeno jihadista sempre più virale in tutta l’area”.
Il capofila dell'imperialismo francese, il presidente Emmanuel Macron, condannava l'attacco ma non poteva fare altro che registrare un nuovo smacco alla presenza militare della Francia nell'area del Sahel dove sono attivi gli oltre 4.500 soldati impegnati nell’operazione “anti-terrorismo” Barkhane. Neanche due settimane prima, il 26 novembre, aveva dovuto incassare la morte di 13 militari francesi nella regione di Liptako, al confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, mentre erano impegnati in una operazione contro le milizie jihadiste attive nella zona. ufficialmente “in uno scontro accidentale tra due elicotteri”, “caduti in missione, morti per la Francia nella dura lotta al terrorismo nel Sahel”, sosteneva una nota della presidenza della Repubblica mentre secondo la stampa maliana erano caduti vittime “dei missili terra-aria dei miliziani”.
A fronte del vertice convocato d'urgenza da Mahamadou Issoufou, Macron non poteva che posticipare dal 6 dicembre all'inizio del prossimo anno il vertice con i cinque paesi del Sahel annunciato al vertice Nato di Londra per discutere sulla presenza francese nella regione. Secondo il presidente maliano Ibrahim Boubakar Keita, portavoce dei cinque presidenti africani, “la situazione è critica e pensiamo che la forza congiunta del G5 Sahel non abbia ottenuto ciò a cui mirava e ciò che è stato promesso dalla comunità internazionale per contrastare la minaccia jihadista”. Una chiara richiesta di aumento della presenza militare imperialista, che nell'area vede già impegnati soprattutto Francia, Usa e Italia in una delle guerre non formalmente dichiarate contro lo Stato islamico e al-Qaeda che nella regione sono rappresentate dallo Stato islamico nel Grande Sahara (Eigs), dal Gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani (Gsim), da Boko Haram e da formazioni come l’Iswap, filiale dello Stato Islamico in Nigeria, nato da una scissione all’interno di Boko Haram, e al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi).
All'appello intanto rispondeva l'Unione europea imperialista con un messaggio di Josep Borrell, l'Alto rappresentante Ue per la politica estera: “la Ue è a fianco del Niger nella sua lotta contro il terrorismo. È una lotta che riguarda tutti noi e che richiede una maggiore mobilitazione”.


24 dicembre 2019