416 indagati, 334 arrestati
Retata di mafiosi, massoni, carabinieri, imprenditori e politici di FdI, AN, PD
Coinvolto Adamo (PD) e Incarnato (PSI), vicinissimo al governatore Oliverio. Smantellata la struttura di 'ndrangheta del clan Mancuso

Giovedì 19 dicembre la DDA di Catanzaro, guidata da Nicola Gratteri, ha fatto scoppiare un vero e proprio terremoto giudiziario che ha visto impegnati tremila carabinieri, per eseguire 334 ordinanze di custodia cautelare, 260 in carcere, 70 ai domiciliari, 4 divieti di dimora in Calabria, per un totale di 416 indagati per la bellezza di 250 capi d'imputazione, 15 milioni di euro sequestrati.
Il maxiblitz, denominato “Rinascita-Scott” (Scott è il nome di un esponente della Dea americana deceduto che collaborò alle indagini) ha scoperchiato l'ennesimo perverso intreccio tra le 'ndrine, in particolare i Mancuso di Limbadi (la stessa 'ndrina a cui sembrerebbe stato legato “il re del tonno” Callipo, candidato dal PD di Zingaretti alle prossime regionali) e i loro alleati del vibonese, diversi politicanti borghesi di destra e di “sinistra“, massoni, professionisti, imprenditori, funzionari pubblici e uomini degli apparati dello stato deviati.
Lo stesso Gratteri ha definito l'inchiesta che ha portato all'operazione “la più grande inchiesta antimafia dopo il maxiprocesso di Palermo”.
L'uomo chiave dell'inchiesta è il massone del Grande Oriente d'Italia, ex senatore di FI, passato con i fascisti di FdI, Giancarlo Pittelli, che fungeva da cerniera tra i Mancuso e gli “affari” milionari ed estesi non solo in tutta Italia ma persino in Germania, Bulgaria e Svizzera perché: “avrebbe messo sistematicamente a disposizione dei criminali il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni, anche per acquisire informazioni coperte dal segreto d’ufficio e per garantirne lo sviluppo nel settore imprenditoriale”. Il colletto bianco massone, fascista e mafioso secondo gli inquirenti riusciva a corrompere “importanti esponenti delle istituzioni e/o della pubblica amministrazione, in particolare delle Forze dell’Ordine”, come l’ex comandante dei carabinieri di Teramo, Giorgio Naselli, arrivando, secondo Magistratura Democratica a proporre disegni di legge in grado di garantire l'impunità agli imputati eccellenti e facendo pressione sul CSM attraverso Lorenzo Cesa, allora segretario dell'Udc.
E pensare che la fascista Giorgia Meloni con l'“acquisto“ di Pittelli (già sospettato nel 2007 di essere mafioso e massone al tempo dell'indagine, poi affossata, “Why Not” insieme ad Adamo e all'ex governatore Chiaravallotti) parlava di “valore aggiunto” per FdI sui social, come fece pochi mesi prima con il passaggio di Sandro Nicolò sempre da FI al suo partito in consiglio regionale, poi arrestato per 'ndrangheta. Ecco perché in Calabria ormai il suo partito fascista è soprannominato “Fratelli di 'ndrangheta”.
Fra gli arrestati con accuse gravissime anche Gianluca Callipo, dimissionario sindaco PD di Pizzo Calabro e presidente dell'Anci Calabria, perché considerato totalmente al servizio delle 'ndrine vibonesi. Ex renziano, sfidò Oliverio alle primarie regionali anche con l'appoggio della 'ndrina Arena di Crotone che gestiva il Cara di Isola Capo Rizzuto, ponendosi come intermediario fra la 'ndrina e lo stesso “giglio magico” di Renzi, negli ultimi mesi si è palesemente schierato con la destra e con Mario Occhiuto, allora sicuro candidato governatore unitario della destra, poi sostituito dalla Santelli, che adesso correrà da solo per la regione.
Arrestato anche il capo dei vigili di Vibo Valentia Filippo Nesci, Danilo Tripodi, impiegato del Tribunale di Vibo Valentia, più una serie di professionisti.
Fra i boss l'arresto più eclatante è certamente quello dello stesso Luigi Mancuso, al vertice della 'ndrina egemone del vibonese e quindi ai vertici della stessa 'ndrangheta, anche per volere dei suoi alleati, i Piromalli in primis, ai quali Marcello Dell'Utri chiese ed ottenne aiuto ed appoggio per la fondazione di FI nel 1994.
Fra i tanti politicanti borghesi coinvolti anche molti altri esponenti della “sinistra“ borghese, come il consigliere comunale di Vibo Valentia Alfredo Lo Bianco del Pd e il fratello Orazio Lo Bianco, non poteva mancare ovviamente il plurinquisito Nicola Adamo, ex vicegovernatore e boss del PCI-PDS-DS-PD, marito della deputata Enza Bruno Bossio (che sputa veleno contro Gratteri, parlando di “operazione mediatica”) il quale viene colpito dal secondo divieto di dimora in Calabria in cinque anni, con l'accusa di traffico di influenze illecite, perché sospettato dagli inquirenti di avere tentato di alterare alcune sentenze del Tar Calabria, attraverso il giudice Nicola Durante, in cambio di una mazzetta di 50mila euro, per favorire l'aggiudicazione di un appalto ad un'impresa mafiosa catanese sostenuta dall'ex consigliere regionale PD, membro della locale di Piscopio, Pietro Giamborino, ora ai domiciliari.
Lo stesso Giamborino è anche accusato di voto di scambio insieme al segretario regionale del Psi Luigi “gigino” Incarnato, commissario liquidatore della Sorical, la società di gestione delle risorse idriche calabresi, ed ex assessore regionale con lo stesso Adamo ai tempi di Agazio Loiero.
Incarnato avrebbe cercato voti di mafia per la sua elezione alla camera, non avvenuta, alle ultime politiche nel collegio Paola-Castrovillari, cercando per ottenere voti di aiutare l'imprenditore Pino Cuomo a realizzare un centro di accoglienza migranti presso l'Hotel Alahambra di Paola, coinvolgendo Giamborino e il bandito sindaco di Paola, anch'esso del Psi, Roberto Perrotta, il quale incontrò Cuomo ma non poté aiutarlo nell'affare criminoso perché il comune di Paola aveva già aderito al circuito Sprar di accoglienza migranti (non certo perché non gli sarebbe piaciuto intascare qualche mazzetta e aiutare il suo amicone Incarnato, che fra l'altro lo fece mangiare, a 5mila euro al mese, alla Sorical come “consulente” quando non era sindaco tra il 2012 ed il 2017 ed era senza stipendio).
Anche per Cuomo è stata disposta la misura del divieto di dimora in Calabria.
Giamborino pretese comunque il pagamento di una mazzetta dall'imprenditore e spostò il criminoso progetto di Cuomo sui martoriati migranti a Vibo Valentia.
Incarnato è sotto inchiesta anche da parte della DDA di Reggio Calabria, insieme all'ex senatore di An Domenico Kappler, all'ingegnere Alberto Scambia della Smeco e tanti altri, per l'indagine riguardante il dominio sulla città della “cupola” al cui vertice stanno i De Stefano-Tegano ed il fascista ex deputato Psdi Paolo Romeo.
Inquietanti i dettagli che emergono dall'inchiesta rivelati dai vari “pentiti” su centinaia di casi di estorsione, omicidi, regolamento di conti, sviluppo di ogni forma di business, legale e non, in 11 regioni italiane e all'estero, con la complicità della massoneria, dei politicanti borghesi e dei funzionari pubblici corrotti.
Ennesimo spaccato dello strapotere della 'ndrangheta non solo in Calabria ma nell'intero paese e proiettata verso il dominio del mondo come una vera e propria multinazionale, che svela il ruolo chiave della massoneria e dei colletti bianchi che fungono da anello di congiunzione tra le 'ndrine, i politicanti borghesi, i funzionari statali e persino membri delle “forze dell'ordine“ e delle istituzioni corrotte ed irriformabili del regime neofascista, così tanto che lo stesso Gratteri ammette: “Costretti ad anticipare il blitz per una fuga di notizie. Una cosa da folli spostare 3mila uomini in 24 ore” e “amareggia vedere asserviti uomini delle istituzioni”.
Ma del resto che siano marci anche consistenti settori della magistratura (oltre che sottomessa all'esecutivo secondo i piani della P2), è cosa nota, basti pensare che uno dei collaboratori di Gratteri, il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Luberto, è sotto accusa da parte della procura di Salerno per corruzione aggravata dal metodo mafioso, avrebbe preso doni dall'ex parlamentare calabrese del PD Ferdinando Aiello.
Grande il clamore in Calabria e a Vibo in particolare per la maxioperazione, si sono svolte in questi giorni e sono previste nei prossimi manifestazioni e sfilate di cittadini per il centro della Città e presso il comando dei Carabinieri per dimostrare la voglia di reagire contro lo strapotere di questa gentaglia, molto attiva in questo senso l'associazione Libera.
Il PMLI da sempre pratica un'ampia politica di fronte unito contro le mafie, per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del nostro martoriato meridione.
Non possiamo accettare all'interno del fronte unito però le “forze dell'ordine”, l'apparato repressivo e quindi le stesse istituzioni borghesi del regime neofascista al servizio del capitalismo, le quali, come si può vedere anche in questo caso, sono corrotte, irriformabili e filomafiose.
Non è accettabile quindi il comunicato di Libera Vibo che sostiene fra l'altro: “Un profumo di libertà pervade Vibo Valentia. La gratitudine della gente comune dimostrata alle forze dell’ordine con fiori, caffè e biglietti di ringraziamento è il segno che qualcosa sta cambiando... Cittadini e cittadine che non vedono l’ora di vedere una nuova primavera, fatta di responsabilità e impegno di ciascuno ma anche di diritti e lavoro... Per mostrare vicinanza ad uno Stato che ha lavorato e che lavora senza sosta per l’affermazione di principi di legalità come strumenti di giustizia sostanziale”. (sic!)
Pur avendo sempre appoggiato le più importanti inchieste giudiziarie antimafia, noi marxisti-leninisti ci teniamo a ribadire con forza che la lotta contro le mafie è parte integrante della lotta contro il capitalismo che le genera e per il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato che è l'unica via per distruggerle per sempre.
Da questo punto di vista occorre delegittimare, disgregare e distruggere le istituzioni borghesi, attraverso la lotta di classe e di massa, anche in chiave antimafiosa, non riaccreditarle e sostenerle, perché esse sono al servizio del capitalismo e quindi in ultima analisi delle mafie stesse. Occorre buttare giù la giunta comunale vibonese della fascista Maria Limardo di “Fratelli di 'ndrangheta” (lo stesso partito di Pittelli e Nicolò), i governi provinciali e regionali della destra e della “sinistra” borghese, con e senza le stelle, spazzare via il governo liberale trasformista Conte al servizio del regime capitalista e neofascista, impugnando fin dalle prossime regionali del 26 gennaio l'arma dell'astensionismo tattico marxista-leninista, creando le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo basate sulla democrazia diretta, la parità di genere e a carattere permanente: le Assemblee popolari e i Comitati popolari.

24 dicembre 2019