Per il lavoro e gli stipendi arretrati
In lotta i lavoratori dei supermercati Fortè in Sicilia

Sono a rischio centinaia di posti di lavoro. Stiamo parlando della vertenza Fortè, la catena di distribuzione siciliana che nei suoi 87 punti vendita sparsi per tutta l'isola occupa oltre 500 dipendenti. Il marchio appartiene alla Meridi di Nino Pulvirenti, padrone del Catania Calcio.
Un capitalista noto anche per essere un evasore fiscale, per le sue frodi sportive, per bancarotta fraudolenta, per atteggiamenti antisindacali nelle sue aziende e per la sua condotta finanziaria a dir poco spregiudicata che in pochi anni ha visto sgretolarsi il suo impero economico che comprendeva alberghi, ristoranti e persino una compagnia aerea come la Wind Jet (già fallita), le cui conseguenze sono state fatte ricadere sui lavoratori.
Negli ultimi anni si è aggravata la situazione anche dei supermercati. Le prime avvisaglie nel 2015 con i “contratti di solidarietà” che andavano a tagliare i già miseri stipendi del lavoratori del commercio. In seguito sono cominciati i ritardi dei pagamenti dei salari, tanto che ad agosto 2019 la mobilitazione dei lavoratori andava via via crescendo con un susseguirsi di scioperi e sit-in davanti a negozi e sedi istituzionali siciliane.
I lavoratori lamentavano il mancato pagamento degli ultimi stipendi e il mancato rispetto degli orari di lavoro e delle qualifiche di assunzione, e chiedevano l'apertura di una trattativa con l'azienda per affrontare la questione. Trattativa che Pulvirenti rifiutava. Nel frattempo gli scaffali dei supermercati Fortè si sono fatti sempre più vuoti perché i fornitori esigono di essere pagati.
Uno stato di agitazione permanente, organizzato dai sindacati non confederali Usi e Sinalp e da quelli di categoria di Cgil, Cisl e Uil, ma spesso attivato spontaneamente dagli stessi lavoratori costringeva alla fine la proprietà a ricercare un punto d'incontro. Nonostante la promessa di nuovi investimenti e di sanare gli arretrati non si andava al di là di generiche affermazioni tanto che gli stipendi non corrisposti a fine 2019 ammontavano a 6 mensilità.
Il rappresentante dell'Usi denuncia che i dipendenti sarebbero costretti a lavorare anche fino a settanta ore settimanali, senza corsi per la sicurezza, Tfr non versato per cinque anni, mancato pagamento della tredicesima del 2018, della quattordicesima del 2019 e mancati rimborsi dei 730. E accusa la società di trasferimenti discriminanti per chi fa parte di un sindacato e di far svolgere ai dipendenti mansioni diverse rispetto a quanto indicherebbe il contratto.
A novembre Meridi-Fortè e Apulia Distribuzione annunciavano di aver raggiunto un preliminare di affitto di rami di azienda. La nuova proprietà pugliese avrebbe acquisito fino a un massimo di 60 punti vendita (su 87) e 300 lavoratori (su oltre 500). Un passaggio non certo indolore visto il taglio occupazionale, in una situazione, quella siciliana, già al collasso, con la grande industria statale pressoché smantellata e i privati che aprono solo per intascare soldi pubblici e poi chiudere. Una soluzione parziale inaccettabile ma che lavoratori e sindacati speravano con la lotta di poterla estendere a tutti i dipendenti.
Ma il temporeggiare di Meridi (mentre i debiti crescevano) e la richiesta fatta dall'azienda il 9 dicembre di accedere all’amministrazione controllata cristallizzava tutto e allontanava anche questa possibilità. Oltretutto per il momento il tribunale di Catania ha respinto tale richiesta perché è prevista soltanto nei casi in cui temporanee difficoltà impongano la sospensione dei pagamenti ai creditori al fine esclusivo di consentire la prosecuzione dell’azienda, che deve però essere funzionante e autosufficiente, e questo non sembra essere il caso della Meridi.
I punti vendita stanno chiudendo in tutta la Sicilia ma nonostante la drammaticità della situazione i lavoratori non si danno per vinti e con scioperi e manifestazioni davanti alle prefetture di Palermo e Catania chiedono anzitutto la riscossione degli arretrati. “Non abbiamo neppure i soldi per comprare il pane” denuncia un commesso intervistato durante uno dei tanti sit-in effettuati nel periodo natalizio. Famiglie allo stremo, spesso monoreddito, che perdendo questo lavoro verranno gettate letteralmente sul lastrico.
I lavoratori sono tornati in piazza il 10 gennaio a Palermo questa volta con una marcia per il lavoro contro la chiusura della Forté, da corso Tukory fino davanti palazzo D'Orleans sede del governo regionale. I sindacati chiedono un intervento della Regione affinché venga istituito un tavolo di crisi sulla grande distribuzione, e al governo aiuti per il settore della grande distribuzione in grave crisi in tutta la Sicilia. Come richiesto dai lavoratori è stata ricevuta una delegazione.

22 gennaio 2020