Promosso da Si Cobas
Importante corteo a Prato per il ritiro delle multe ai lavoratori e l'abolizione dei decreti Salvini
Vi ha partecipato anche il PMLI. I manifestanti aggirano il cordone di polizia e occupano Piazza del Comune
Le “forze dell'ordine” sgomberano la piazza a suon di manganellate

Dal corrispondente della Cellula “G. Stalin” di Prato
In risposta alle ventuno multe, ciascuna di importo compreso fra i 1000 e i 4000 euro, inflitte nelle settimane scorse ad altrettanti manifestanti e a due studentesse solidali che lo scorso 16 ottobre presero parte allo sciopero indetto dal Si Cobas alla tintoria Superlativa, il 18 gennaio si è svolta a Prato una partecipata e combattiva manifestazione di protesta per abolire i decreti Salvini sulla “sicurezza” e tutte le norme che limitano il diritto di sciopero e chiedere l'immediata cancellazione delle sanzioni a carico dei lavoratori.
Il corteo, organizzato dal Si Cobas Prato, è partito da Piazza della Stazione e vi hanno preso parte migliaia di lavoratori, giovani, studenti, attivisti dei movimenti antifascisti e antirazzisti e varie organizzazioni locali, movimenti e partiti politici, fra cui il PMLI, tutti uniti e solidali coi lavoratori in lotta contro la criminalizzazione delle lotte operaie e la repressione poliziesca del regime neofascista, lo sfruttamento, i licenziamenti, i ricatti padronali e le intimidazioni.
Presenti fra gli altri delegazioni di lavoratori dei settori manifatturiero, trasporto logistica, commercio, terziario e dell’agroalimentare quali Unieuro, Gkn, Coop e Panificio Toscano insieme a attivisti No Tav giunti dal Piemonte, membri de “Il sindacato è un'altra cosa Toscana”, i Si Cobas di Firenze, Roma, Bologna e Modena, l'Assemblea antirazzista antifascista di Vicofaro, Sinistra Anticapitalista, PAP, PCL, Rifondazione, PC, Carc, e perfino alcuni militanti del PD e sindacalisti della Cgil con cartelli e striscioni di critica alle prese di distanza delle rispettive segreterie e del neopodestà renziano Matteo Biffoni.
Non a caso uno degli slogan più gettonati durante il corteo è stato: “sindaco Biffoni spiegaci come mai stai con i padroni e non con gli operai” insieme alla richiesta di dimissioni del questore Alessio Cesareo e della prefetta Rosalba Scialba: gli stessi che il 23 marzo scorso autorizzarono il corteo di Forza Nuova a Prato per festeggiare il centenario della fondazione del partito fascista e che ora hanno multato i lavoratori in sciopero.
Dal resto d’Italia sono arrivati in città 12 pullman. La questura aveva autorizzato appena 600 metri di corteo: da Piazza Stazione a Piazza San Marco completamente blindata da un ingente schieramento di polizia in assetto antisommossa senza precedenti.
Ciononostante i manifestanti non si sono lasciati intimidire e, invece di terminare subito il corteo in Piazza San Marco, hanno imboccato Via Pomeria, l’unica via laterale non bloccata dall’assurdo dispiegamento di “Forze dell’ordine”. Correndo e urlando “Prato Libera” i manifestanti hanno poi aggirato anche il blocco della celere in Via Del Ceppo Vecchio e infine hanno occupato Piazza Del Comune dove gli organizzatori hanno tenuto il comizio conclusivo dalla scalinata di Palazzo Pretorio.
Identificati 10 manifestanti tra cui gli organizzatori del corteo e l’autista del camioncino di testa che non ha potuto proseguire per le strette vie del centro. Non è escluso, come hanno già annunciato questore e prefetto, che nei prossimi giorni possano scattare nuove e ulteriori denunce.
“Loro dicono di essere contro le barbarie. Sono loro le barbarie! – ha urlato un operaio sotto le finestre del palazzo comunale – Non hanno permesso agli operai di scioperare, ci volevano impedire di manifestare, sappiamo chi sono i barbari!”.
Al termine della manifestazione, per sottolineare il successo della combattiva giornata di lotta, sono stati sparati anche alcuni fuochi di artificio. Immediata e violenta la reazione della Celere che ha caricato i manifestanti a suon di manganellate e sgomberato la piazza.
Le sanzioni a carico dei lavoratori in lotta sono state elevate dalla questura di Prato che ha applicato i decreti fascisti dei ducetti Salvini e Di Maio proprio per reprimere le proteste operaie.
Rappresentano un attacco gravissimo, di stampo apertamente fascista, a tutto il movimento operaio e sindacale sia a livello locale che nazionale.
Un giro di vite che l’allora ministro dell’Interno e attuale aspirante duce d'Italia Salvini ha rivolto contro chiunque, nell’ambito di manifestazioni, scioperi, picchetti e proteste di piazza ostruisca la circolazione stradale, anche soltanto con il proprio corpo.
Non è un segreto infatti che il blocco stradale e il picchetto, uniti allo sciopero, siano
tra le forme di lotta più efficaci per il movimento dei lavoratori in lotta per i propri diritti.
I primi a farne le spese a febbraio del 2019 furono una decina di pastori sardi indagati proprio per “blocco stradale” durante le proteste per il prezzo del latte. Ma i pastori sardi e gli operai della Superlativa di Prato non sono gli unici a essere colpiti. Nelle settimane è toccato anche ad alcuni lavoratori stranieri e sindacalisti del SI Cobas di Genova mutati per ben 100 mila euro per gli scioperi alla New Gel; mentre a Brescia il Tribunale ha respinto la richiesta di cancellare i fogli di via a carico di alcuni lavoratori stranieri in lotta per la vertenza in Penny Market.
Unica nota positiva, la decisione del Tar di Modena, resa nota in queste ore, di cancellare i fogli di via in risposta alle lotte dello scorso anno in Italpizza.
“Quando i lavoratori hanno deciso di entrare in agitazione – sottolineano Luca Toscano e Sarah Caudiero del Si Cobas Prato in merito alla vertenza Superlativa – non ricevevano stipendio da sette mesi. Ma non solo. Protestavano contro il mancato rispetto dell’accordo sindacale sottoscritto a luglio dopo 30 giorni di sciopero che avrebbe dovuto aprire un percorso di regolarizzazione. E invece niente. Dopo il primo mese di arretrato pagato, tutto è ripreso come prime: lavoro nero, turni di 12 ore per 7 giorni la settimana, paghe di mille euro, niente ferie, malattie o permessi. Queste le condizioni che i lavoratori insieme al sindacato denunciavano, tutte confermate dal controllo dell'Ispettorato Territoriale del Lavoro che per la terza volta in 4 anni procedeva alla sospensione dell'attività e all'apertura di un fascicolo presso la Procura della Repubblica per sfruttamento”. Perciò, denunciano ancora i dirigenti del Si Cobas: “L’applicazione del Decreto Salvini contro le legittime proteste dei lavoratori è un campanello di allarme sullo stato di salute delle libertà democratiche sul nostro territorio. Ancora più grave che questo accada andando a 'sanzionare' lavoratori in sciopero che non recepiscono retribuzioni da sette mesi e sono impegnati nella denuncia di situazioni gravissime di sfruttamento ed illegalità imprenditoriale che purtroppo contraddistinguono ancora il distretto pratese. Dalle misure di vero e proprio razzismo istituzionale alle misure di limitazione del diritto di dissenso, il Decreto Salvini porta avanti una e vera e propria guerra ai più deboli in nome di una presunta ‘sicurezza’”.
Lo scorso 16 ottobre, raccontano alcuni lavoratori, ci furono anche momenti di vera e propria rappresaglia contro il presidio di protesta davanti ai cancelli della fabbrica. I manifestanti hanno subito tre aggressioni violente da parte di persone “fedeli all’azienda” che hanno fatto ricorso a crick e spranghe di ferro “fino all’investimento volontario di un attivista del sindacato da parte di una macchina in uscita dalla fabbrica”. A completare l'opera intervenne anche la polizia in assetto anti sommossa che fece largo uso del manganello per sgomberare i manifestanti e “liberare” i cancelli d'ingresso dell’azienda.
Quando furono approvati i decreti fascisti Salvini-Di Maio-Conte, 24 settembre e 4 ottobre 2018, fu chiaro che l’obiettivo non era solo quello di scatenare una vera e propria caccia all'immigrato, abolendo la protezione umanitaria. Tra i contenuti dei provvedimenti c'era infatti anche la reintroduzione del reato di “blocco stradale” (depenalizzato nel 1999) con pene fino a sei anni di reclusione e l’estensione delle misure previste dal cosiddetto “DASPO urbano” per chiunque “ponga in essere condotte che limitano la libera accessibilità e fruizione” non solo di infrastrutture di trasporto ma anche di “aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati e pubblici spettacoli”, di zone di interesse turistico o di presidi sanitari.
L’inasprirsi della legislazione sull’immigrazione a cominciare dalle leggi liberticide Minniti-Orlano e Renzi-Lupi che hanno spianato la strada ai decreti Salvini, ha ulteriormente aggravato le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori in tutto il Paese.
A Prato in quel poco che è rimasto dell'ex distretto tessile l'impatto è devastante e rischia di trasformare interi settori produttivi in una sorta di “modello” dello sfruttamento capitalista del terzo millennio con capannoni dormitorio (dove nel 2013 morirono sette operai ma furono poi assolti i proprietari dell’immobile), lavoro nero, turni di 12 ore al giorno sottopagati o addirittura non retribuiti, zero tutele e totale mancanza di sicurezza sul posto di lavoro. E se fino al 2012 ed essere colpita era prevalentemente la comunità cinese (circa il 10% dei residenti di Prato) oggi, complice anche il basso livello di specializzazione richiesto dal settore tessile, la presenza di una vasta comunità straniera in condizioni di irregolarità e l'acquiescenza e il collaborazionismo dei vertici sindacali confederali offrono ai pescecani capitalisti la possibilità di sfruttare e ridurre in schiavitù migliaia di lavoratori non solo stranieri.
Un “modello produttivo” completamente illegale basato sullo sfruttamento bestiale di lavoratori in gran parte immigrati, completamente in nero o assunti con falsi part time e costretti a lavorare fino a 14 ore al giorno, per 7 giorni settimanali, in cambio di 800-1000 euro mensili: ovvero 2-3 euro per ora lavorata.
Dunque, altro che “sicurezza e legalità”. I decreti fascisti che portano il nome dell'aspirante duce d'Italia Salvini, varati dal governo Conte con il pieno appoggio dei Cinquestelle, servono solo ai padroni e alla classe dominante borghese per reprimere i lavoratori in sciopero, soffocare la lotta di classe, criminalizzare e sfruttare gli immigrati e perciò vanno immediatamente abrogati.

22 gennaio 2020