Il governo francese prima ritira e poi ripropone l'età pensionabile a 64 anni
Il più lungo sciopero dal '68 contro l'aumento dell'età pensionabile
Oltre 50 giorni di protesta contro la controriforma delle pensioni. Dal 5 dicembre 216 cortei
La protesta continua

Venerdì 24 dicembre la Francia è stata interessata dall'ennesimo sciopero generale e dalle manifestazioni che da quasi due mesi chiedono il ritiro della controriforma pensionistica voluta dal governo e dal presidente della repubblica Macron, proprio nello stesso giorno in cui il decreto legge veniva presentato in Consiglio dei Ministri. Una “riforma” più volte sospesa dal governo di fronte all'estendersi delle proteste, ma che non è mai stata ritirata definitivamente e che Macron sembra intenzionato a far approvare a tutti i costi.
Già altri capi stato d'Oltralpe avevano tentato di colpire le pensioni ma alla fine, di fronte alla reazione operaia e popolare avevano dovuto rinunciare. Ma qualsiasi presidente che si avvicenda all'Eliseo ci riprova perché anche in Francia la crisi economica capitalistica e le direttive di austerità dell'Unione Europea “impongono” tagli alla spesa pubblica.
Dopo le riforme in senso peggiorativo dei sistemi previdenziali in quasi tutti i paesi dell'Unione, Italia compresa, quello francese rimane uno dei migliori sia dal punto di vista economico (retributivo) che dell'età pensionabile (in media 60 anni), tra le più basse della UE. È quindi naturale che i capitalisti e il governo francesi abbiano messo nel mirino le pensioni, con l'intenzione di abbassarle, aumentare la contribuzione, alzare il limite minimo a 64 anni.
Ma l'ampiezza del movimento contro la “riforma” pensionistica in Francia non ha avuto paragoni in altri Paesi. Senza andare lontano basti guardare all'Italia, dove Cgil-Cisl-Uil proclamarono appena tre ore di sciopero contro la legge Fornero e, nonostante dai lavoratori si levassero subito e spontaneamente delle forti proteste, i vertici sindacali sostanzialmente avvallarono quella controriforma che in molti aspetti è di gran lunga peggiore di quella che vuole imporre Macron.
In Francia invece alcune categorie scioperano ininterrottamente da quasi due mesi, dal 5 dicembre. È il caso dei lavoratori della RAPT, ossia della metro e dei trasporti della regione parigina, della SNCF, le ferrovie nazionali francesi, degli operai dei petrolchimici. Come risultato i trasporti da settimane vanno a singhiozzo, anche nel pieno delle feste natalizie, e in certi periodi 7 raffinerie su 8 sono state chiuse. Questa tenacia ha ricevuto la solidarietà dagli altri lavoratori che attraverso i sindacati, con le casse di resistenza, hanno raccolto denaro per aiutare economicamente chi non percepisce il salario da settimane.
In prima fila anche gli operai portuali, sia delle città affacciate su Atlantico e Manica che sul Mediterraneo. In particolare a Marsiglia, città del sud della Francia, dove il movimento operaio e sindacale è storicamente molto forte, accanto ai lavoratori del porto hanno scioperato quelli dei trasporti urbani e i netturbini.
Un importante contributo al movimento di lotta è venuto dal settore della cultura. I lavoratori impiegati nei più importanti monumenti e istituzioni parigine hanno dato vita a svariate dimostrazioni. La torre Eiffel e il museo del Louvre hanno dovuto ridurre l'afflusso di turisti e in alcuni giorni chiudere del tutto. I lavoratori dell'Opéra hanno messo in scena davanti al più famoso teatro francese ben 4 spettacoli gratuiti dove si denunciava la controriforma delle pensioni voluta da Macron.
Anche in questo caso viene in mente un parallelo con l'Italia. Quando a Roma alcuni anni fa fu ritardata di due ore l'apertura della biglietteria del Colosseo per un'assemblea sindacale (contro i tagli degli organici) si scatenò un linciaggio mediatico contro i lavoratori, con Marino e Renzi (sindaco e premier di allora) in prima fila e tutta la stampa borghese al seguito, al grido di “in un altro Paese non sarebbe mai successo”, che i fatti hanno smentito clamorosamente.
Anche in Francia non sono comunque mancati gli attacchi ai manifestanti. Quando i lavoratori dell'enegia hanno simbolicamente staccato l'elettricità in alcune zone di Parigi, sono stati denunciati dal gestore Enedis. Ma sono stati usati anche i manganelli, con scioperanti e giornalisti picchiati dalla polizia. Persino la UE ci si è messa in mezzo, invitando chi manifestava alla “moderazione”.
Ma l'effetto sortito è stato solo quello di accrescere la rabbia dei manifestanti contro la “riforma” e il suo paladino Macron, inseguito e contestato nelle sue apparizioni pubbliche parigine. I sondaggi danno la popolarità dell'inquilino dell'Eliseo al minimo, mentre oltre il 60% dei francesi sta con il movimento di lotta contro la “riforma” delle pensioni e pensa che il governo la debba ritirare. Del resto anche l'ultima manifestazione del 24 gennaio è stata un sucesso, con oltre 350 mila partecipanti a Parigi e 1,3 milioni in tutta la Francia.
Ma la protesta continua. Nonostante il tentennamento di alcune sigle come la collaborazionista CFDT, l'intersindacale Cgt, FO, Solidaires, FSU ha annunciato un nuovo sciopero interprofessionale per mercoledì 29 gennaio. Con oltre 50 giorni di proteste si tratta del più lungo sciopero mai visto in Francia dal 1968. Centinaia di cortei, migliaia di picchettaggi e sit-in ci raccontano un movimento di lotta esteso, sfaccettato, che non si arresta di fronte a chi chiede tregue natalizie o forme di protesta soft, anzi non disdegna la lotta dura, i blocchi stradali e regisce alla violenza poliziesca.
Un esempio anche per gli altri Paesi, che dimostra come la lotta di classe, la mobilitazione di piazza, la determinazione, possano contrastare le politiche economiche dei tagli alla spesa pubblica dei governi europei che vogliono far lavorare di più e pagare di meno i lavoratori, facendoli andare in pensione più tardi e con un assegno più basso, scaricando su di loro e sulle masse popolari le conseguenze della crisi economica del capitalismo globalizzato.
 

29 gennaio 2020