Milano
La giunta regionale Fontana vuole chiudere gli ospedali San Paolo e San Carlo
Previsto il taglio di un terzo dei posti letto in un'area di ottocentomila abitanti
Flash mob dei lavoratori in Piazza Duomo

Dal nostro corrispondente della Lombardia
La giunta regionale lombarda guidata dal governatore leghista Attilio Fontana vuole chiudere gli ospedali cittadini San Paolo e San Carlo che servono la zona ovest, una vasta area che ricomprende i municipi 5, 6 e 7 e che, considerando anche i comuni limitrofi, ha circa ottocentomila abitanti.
Nel 2017 con la delibera X/7060 la Regione Lombardia aveva approvato un protocollo d’intesa con ministero della Salute, comune di Milano, ATS della Città Metropolitana, Università di Milano e ASST Santi Paolo e Carlo per la realizzazione di una nuova struttura ospedaliera pubblica nel bacino in cui opera quest'ultima. L'assessore regionale al Welfare Giulio Gallera (Forza Italia) ha però sponsorizzato un progetto da lui definito “avveniristico” che in cambio della realizzazione di una nuova struttura situata più a sud in zona San Cristoforo, nell'area dismessa della cava di Ronchetto sul Naviglio, prevede la contemporanea chiusura dei due attuali ospedali giustificandola con la loro presunta vetustà. In realtà le due strutture sono relativamente recenti ma necessiterebbero di manutenzioni che non vengono mai fatte a causa del continuo dirottamento di fondi pubblici verso la sanità privata da parte tutte le giunte susseguitesi negli ultimi anni, inclusa quella di Fontana che si muove in perfetta continuità.
L’Ospedale San Paolo è stato inaugurato nel 1978 nel quartiere Barona in via Di Rudinì 8, dispone di 635 posti letto di degenza e viene anche denominato “polo universitario” perché ospita le sezioni distaccate della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Milano e la sezione del corso di laurea in infermieristica e fisioterapia. Il San Carlo Borromeo che è stato inaugurato nel 1967 in via Pio II nel quartiere di San Siro ha invece 500 posti letto attivi e ogni anno vi sono circa ventimila ricoveri metà dei quali inviati dal Pronto Soccorso, vengono inoltre erogate circa un milione di prestazioni specialistiche nel poliambulatorio
La “riforma” regionale del 2015 ha accorpato i due ospedali in un'unica Azienda Socio Sanitaria Territoriale e ora appare evidente come si sia trattato solo di un primo passo verso la realizzazione un ospedale unico il quale però, nonostante il progetto faraonico della giunta preveda una struttura di mega dimensioni, avrebbe solo 750 posti letto, un numero quindi inferiore di 1/3 rispetto alla somma di quelli ora esistenti. Il costo dell'opera è di 390 milioni dei quali 330 sono stati presi dai fondi ottenuti dal governo e 60 da un fondo di 90 milioni precedentemente stanziato proprio per il San Paolo e il San Carlo cui quindi ne resterebbero solo 30 per gli interventi di manutenzione ordinaria.
Le proteste da parte dei lavoratori preoccupati per il loro futuro occupazionale e dei comitati di difesa della salute pubblica sono state immediate a partire da una raccolta che è già arrivata a 7.000 firme. Lo scorso 18 gennaio è poi stato organizzato un flash mob in piazza Duomo anche per contestare fortemente le parole dell'assessore Gallera che di fronte alle continue obiezioni sul rischio che tutta l'immensa area possa ritrovarsi allo sbando senza un'adeguata ed efficiente assistenza sanitaria ospedaliera pubblica, risponde sempre sprezzantemente che “a Milano ci sono tanti ospedali, uno può andare dove vuole”. Durante l'iniziativa è stato chiesto che i due ospedali non vengano chiusi e che la popolazione con i suoi organismi associativi sia coinvolta nelle decisioni predisponendo un piano territoriale generale per rispondere a tutti i suoi bisogni di salute. È stato inoltre chiesto che venga garantita la massima trasparenza dei denari e delle risorse e che nessun nuovo ospedale privato in costruzione venga convenzionato con il pubblico.
 

5 febbraio 2020