Aumentano le disuguaglianze nel mondo e in Italia
La ricchezza di 2.153 miliardari è pari a quella di 4,6 miliardi di persone
In Italia l'1% più ricco possiede quanto il 70% della popolazione. Il dominio di classe e quello patriarcale sono fondati sullo sfruttamento del lavoro di cura delle donne non retribuito
Patrimoniale, più tasse per i ricchi e meno per i lavoratori e pensionati, pensioni a 60 anni

Il dominio di classe e quello patriarcale di una, minoranza di sfruttatori contro la stragrande maggioranza di sfruttati e oppressi acuiscono sempre di più le disuguaglianze economiche e sociali in tutti i paesi del mondo e la concentrazione della ricchezza globale, in forte crescita tra giugno 2018 e giugno 2019, resta fortemente a loro appannaggio al punto che a giugno 2019, mese di riferimento dei dati relativi alla distribuzione della ricchezza nel mondo e in Italia, l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, detiene più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.
Segno evidente che a livello mondiale operano circa 2.153 pescecani imperialisti che concentra nelle proprie mani più ricchezza di 4,6 miliardi di persone, circa il 60% della popolazione globale. Mentre il patrimonio delle 22 persone più ricche è superiore alla ricchezza di tutte le donne del continente africano.
È questo il turpe mondo della globalizzazione imperialista e del capitalismo del XXI secolo fotografato in “Time to care – Aver cura di noi”, il nuovo rapporto sulle diseguaglianze sociali ed economiche pubblicato nelle settimane scorse dalla Ong inglese Oxfam (Oxford committee for Famine Relief ) alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos.
Un mondo in cui il 46% della popolazione è costretta a sopravvivere con meno di 5,50 dollari al giorno. Un mondo dove già nel 2017, la stessa ong inglese, calcolava che un lavoratore inquadrato nella fascia del 10% con retribuzioni più basse, avrebbe dovuto lavorare quasi tre secoli e mezzo per raggiungere la retribuzione annuale di un padrone collocato fra il 10% dei super-ricchi a livello mondiale. Mentre in Italia, la quota del reddito da lavoro del 10% dei lavoratori con retribuzioni più elevate (pari a quasi il 30% del reddito da lavoro totale) superava complessivamente quella della metà dei lavoratori italiani con retribuzioni più basse (25,82%).

Le disuguaglianze in Italia
Tra i diversi Paesi una delle peggiori situazioni di disuguglianza si registra proprio in Italia. Rielaborando dati e metodologie utilizzati da Credit Suisse per il suo Global Wealth Report, la ong inglese certifica che in Italia il 20% più ricco detiene quasi il 70% della ricchezza nazionale e al 60% più povero resta appena il 13,3% della ricchezza nazionale. La posizione patrimoniale netta dell’1% più ricco (che detiene il 22% della ricchezza nazionale) vale 17 volte la ricchezza detenuta complessivamente dal 20% più povero della popolazione. E la situazione nel tempo è andata peggiorando: tra l’inizio del nuovo millennio e il primo semestre del 2019, le quote di ricchezza nazionale netta detenute dal 10% più ricco dei connazionali e dalla metà più povera della popolazione italiana hanno mostrato un andamento divergente. La quota di ricchezza detenuta dal 10% più ricco è cresciuta del 7,6% mentre quella in mano alla metà più povera degli italiani è lentamente e costantemente scesa riducendosi complessivamente negli ultimi 20 anni del 36,6%.

I giovani vittime sacrificali
Non solo. Oxfam fa notare anche come questa situazione tenda a persistere nel tempo “perché nella Penisola l’ascensore sociale è fermo”. Secondo un recente studio di Francesco Bloise, dottorando in Economia e Finanza alla Sapienza di Roma, il 32% dei figli di genitori più poveri, sotto il profilo patrimoniale, è destinato a rimanere fermo al piano più basso, quello in cui si colloca il 20% più povero della popolazione, mentre il 58% di quelli i cui genitori appartengono al 40% più ricco manterrà una posizione apicale. Del resto, “per i discendenti del 10% più povero ci vorrebbero cinque generazioni per arrivare a percepire il reddito medio nazionale“. È così che “le diseguaglianze si perpetuano” da una generazione all’altra.
Grazie alla deregolamentazione delle condizioni di lavoro e alle controriforme pensionistiche imposte dai governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni e Conte, oggi oltre il 30% degli occupati giovani guadagna mediamente meno di 800 euro lordi al mese. Mentre il 13% degli under 29 italiani versa in condizione di povertà lavorativa e tantissimi altri, i cosiddetti Need, sono talmente sfiduciati e abbandonati a se stessi che non studiano, non lavorano o sono costretti ad accettare salari risibili pur di sbarcare il lunario.
I 15-29enni in particolare “mostrano un trend costante di riduzione delle retribuzioni annue medie e più marcato rispetto alle classi dei lavoratori in età tra i 30 e i 49 anni e gli over 50. Un trend che ha visto, fatta 100 la media dei redditi sulla popolazione in un dato anno, i redditi dei giovani ridursi da 76.3 del 1975 a 60 del 2010 per calare ancora a 55.2 nel 2017".

Le condizioni di sfruttamento della donna
Quest'anno il rapporto presta particolare attenzione alle condizioni di supersfruttamento del lavoro domestico e a quello di cura non retribuito che grava, quasi globalmente, sulle spalle delle donne.
Secondo i dati diffusi dalla Ong inglese le donne a livello globale impiegano 12,5 miliardi di ore in lavoro di cura non retribuito ogni giorno, un contributo all’economia globale che vale almeno 10,8 trilioni di dollari all’anno, tre volte il valore del mercato globale di beni e servizi tecnologici; nel mondo il 42% delle donne di fatto non può lavorare perché deve farsi carico della cura di familiari come anziani, bambini, disabili. Solo il 6% degli uomini si trova nella medesima situazione; in Italia, al 2018, l’11,1% delle donne, per prendersi cura dei figli, non ha mai avuto un impiego. Un dato fortemente superiore alla media europea del 3,7%, mentre quasi 1 mamma su 2 tra i 18 e i 64 anni (il 38,3%) con figli under 15 è stata costretta a modificare aspetti professionali per conciliare lavoro e famiglia. Una quota superiore di oltre 3 volte a quella degli uomini; le donne svolgono nel mondo più di tre quarti di tutto il lavoro di cura, trovandosi spesso nella condizione di dover optare per soluzioni professionali part-time o a rinunciare definitivamente al proprio impiego nell’impossibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro. Pur costituendo i due terzi della forza lavoro retribuita nel settore di cura – come collaboratrici domestiche, baby-sitter, assistenti per gli anziani – le donne sono spesso sotto pagate, prive di sussidi, con orari di lavoro irregolari e carichi psico-fisici debilitanti.
Questo capitalismo è “sessista e sfruttatore” si legge nel rapporto. Il dominio di classe e quello patriarcale sono fondati sullo sfruttamento del lavoro di cura non retribuito delle donne costringendole a lavorare precariamente e ad essere tra l’altro soggette alla violenza sociale e a quella in famiglia.
“I monopoli sempre più grandi nei settori del cibo, della farmaceutica, dei media, finanza e tecnologia e i ricchi azionisti che li sostengono – si legge nel rapporto – sono responsabili dell’accelerazione della disuguaglianza economica. Permettono a queste società, e agli azionisti, di estrarre profitti dal mercato e di condividerli tra loro. Questo alimenta direttamente l’accumulo di ricchezza per pochi, a spese dei cittadini comuni, rendendo ancora più difficile la riduzione della povertà”.
Basti pensare che circa un terzo della ricchezza miliardaria proviene dall’eredità. Alcuni individui come il presidente Usa Trump ereditano miliardi di dollari. La ricchezza ereditaria ha creato una nuova aristocrazia che rafforza un potere tramandato da generazioni. I super-ricchi usano il patrimonio anche per pagare meno tasse, impiegando eserciti di consulenti specializzati nell’elusione e nell’evasione fiscale.

Qual è la causa fondamentale delle disuguaglianze?
Se da un lato, il Rapporto Oxfam denuncia giustamente le tremende e crescenti disuguaglianze prodotte dall'imperialismo e dalle sue crisi, dall'altro lato, non è accettabile che la stessa Ong inglese si accontenti solo di ridurle senza considerare minimamente il fatto di cancellarle e quindi di eliminare la povertà, l'oppressione femminile e la divisione per classi dalla faccia della terra.
Secondo Oxfam basterebbe adottare un sistema di tassazione che colpendo i più ricchi potrebbe redistribuire la ricchezza in termini di servizi pubblici, nella sanità e nella scuola, specie a vantaggio delle donne.
Questa ricetta è condivisibile ma non sufficiente se non si liquidano il capitalismo e 'imperialismo dalla faccia della terra. Non può bastare in quanto non tiene conto del fatto che questi Stati sono sovrastrutture e organismi nelle mani delle classi dominanti borghesi e non delle entità ''al di sopra delle classi'' in grado di ''aggiustare'' la sperequazione della ricchezza prodotta dal capitalismo.
Nei Paesi imperialisti poi gli Stati sono totalmente al servizio dei monopoli capitalistici, non il contrario. Non dice nulla a chi ha scritto il Rapporto il dato dell'evasione fiscale? Non può esistere insomma un ''capitalismo dal volto umano'' da raggiungere per via fiscale.
Il Rapporto rimastica le solite trite ricette socialdemocratiche e riformiste anche di natura fiscale che non escono dal terreno del capitalismo e dell'imperialismo, anzi li presuppongono, non viene compreso quindi che l'origine delle disuguaglianze sociali e il loro aggravarsi è una conseguenza del modo di produzione capitalistico e della legge fondamentale del capitalismo arrivato al suo stadio ultimo e finale, ossia l'imperialismo: la legge del massimo profitto.
La quale è quindi la causa inesorabile di tutto questo, tanto che non è possibile nemmeno per i capitalisti sottrarsi a questa legge, anche a costo di andare incontro a crisi cicliche di sovrapproduzione, scaricate poi sulle masse, anche a costo di sanguinosi conflitti, anche mondiali, per difendere le proprie aree di influenza e sottrarle ai paesi imperialisti concorrenti.
Insomma l'imperialismo non può mutare se stesso, è pure utopia.
Il conflitto fra il capitale e il lavoro su cui si fonda il capitalismo, la contraddizione tra le forze produttive e i rapporti di produzione, le guerre imperialiste, la crescente miseria, le migrazioni, il razzismo ed il fascismo, le discriminazioni sessuali e di genere, l'inquinamento e tutte le ''delizie'' generate dal capitalismo stesso, non possono essere cancellate dalla classe dominante borghese o ''ridotte'' dalle ingannevoli “ricette economiche” dei riformisti.
Il capitalismo e l'imperialismo sono delle tigri di carta dal punto di vista storico e sono destinati a scomparire dalla faccia della terra per effetto dell'azione del proletariato, la classe più rivoluzionaria della storia, sotto la direzione dei suoi Partiti nei vari Paesi del mondo e delle guerre di liberazione nazionali prodotte dalle aggressioni imperialiste ma sono anche tigri vere che si cibano di carne operaia e provocano devastazione e lutti.

La lotta del PMLI contro le disuguaglianze
In Italia il PMLI, lotta per migliorare, per quanto possibile nel capitalismo, le condizioni di vita, lavoro, studio e salute delle masse, attraverso un'ampia politica di fronte unito, impugnando con forza la sua linea generale e di massa.
I marxisti-leninisti lottano da sempre per una tassazione più equa e progressiva, basata sulla progressività, sulle imposte dirette (quelle indirette vanno gradualmente soppresse), fondata sul principio ''più si ha, più si paga” che significa più tasse per i ricchi, i padroni e i borghesi e meno tasse per i lavoratori dipendenti, i pensionati (che vanno collocati a riposo a 60 anni di età) e nessuna tassa per i più poveri. Ecco perché occorre una patrimoniale sui redditi dei più ricchi.
Nel capitalismo il reddito si ripartisce in profitti, rendite e salari, più crescono i primi più diminuiscono i salari (e viceversa), ecco perché lottiamo per: “La completa abolizione di tutte le imposte indirette e la loro sostituzione con un'imposta progressiva sul reddito, vera e non fittizia (...) Questo provvedimento, senza intaccare le basi del capitalismo, procurerà subito un enorme sollievo ai nove decimi della popolazione" (Lenin).
Occorre inoltre una lotta vera, intransigente ed efficace alla grande evasione fiscale e all'elusione come illustrato sulla Piattaforma aggiornata del Programma d'azione del PMLI sul fisco.
Noi marxisti-leninisti siamo i primi a lottare per l'emancipazione della donna e per i servizi pubblici universali e gratuiti gestiti dalle masse attraverso la democrazia diretta, come detto.
Ma tutto questo per noi si inserisce nel quadro più generale della lotta contro il capitalismo la conquista del potere politico da parte del proletariato e l'edificazione del socialismo.

5 febbraio 2020