A Sud è peggiorata la situazione dei trasporti
11 ore e 21 minuti per fare in treno 266 chilometri tra Siracusa e Trapani

 
Dal corrispondente della provincia di Reggio Calabria e della Calabria
Il 5 dicembre del 2009, l’allora duce d’Italia Silvio Berlusconi, inaugurava la linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Salerno lunga oltre 1000 km. Un’opera pubblica costata 15 anni di lavori e 32 miliardi di euro, simbolo della corruzione e del malaffare, realizzata per essere data in concessione alle compagnie private che, per fare transitare i loro treni, avrebbero pagato allo Stato un canone irrisorio e del tutto inadeguato a coprire i costi di manutenzione, spremendo continuamente profitti, speculando sul prezzo di biglietti e abbonamenti (non più per tutte le tasche) e licenziando personale.
Dicevamo che i treni superveloci in grado di viaggiare ad oltre 300 km/h e accorciare i tempi di percorrenza tra le principali città, potevano rappresentare una valida alternativa all’aereo e “unire” finalmente Nord e Sud. In realtà, a distanza di dieci anni, non è andata proprio così. Ad evidenziarlo, il dossier “Pendolaria 2019” redatto da Legambiente, presentato a Palermo il 3 febbraio scorso.
 

Un Sud sempre più lento e distante dal Nord
Il rapporto, che ogni anno fotografa la situazione dei trasporti su ferro, ci racconta un’Italia che viaggia a due velocità. Come al solito a farne le spese, sono le povere regioni del Mezzogiorno dove emergono differenze enormi nella qualità e nell’offerta del servizio ferroviario rispetto a quelle del Nord.
Finché si resta all’interno delle direttrici dell’Alta velocità (AV), presentata come un “clamoroso successo” (tra Firenze e Bologna sfrecciano giornalmente 164 treni AV in entrambi i sensi di marcia) e delle regioni più ricche che in questi anni hanno investito riqualificando le linee, come la Lombardia e l’Alto Adige, tutto sembra procedere bene (salvo incidenti gravi con morti e feriti come quello recente sulla linea Milano-Bologna): sempre più italiani si spostano in treno, le percentuali sono in netto aumento. Ma una volta usciti da queste direttrici, il quadro della situazione muta drasticamente, diventando drammatico.
A farne le spese le regioni del Sud Italia dove muoversi da una città all’altra sia su percorsi brevi che lunghi è causa di enormi disagi: i treni regionali e gli Intercity negli ultimi dieci anni sono stati drasticamente ridotti, quei pochi rimasti sono vecchi (età media 19,3 anni rispetto ai 12,5 del Nord) e viaggiano su linee in larga parte a binario unico e non elettrificate; inoltre, mancano le coincidenze e i collegamenti intermodali. Tra Napoli e Bari non esistono treni diretti, stesso discorso vale per Cosenza e Crotone dove occorre un cambio e tre ore di viaggio per coprire una distanza di soli 115 km.
In Basilicata, tra Potenza e Matera, Trenitalia non offre collegamenti e con le ferrovie Appulo Lucane occorrono 2 cambi e 3 ore e 20 minuti di viaggio.
Va decisamente peggio in Sicilia. Chi arditamente decide di avventurarsi tra i due estremi dell’Isola, da Siracusa a Trapani, esistono solo tre possibilità e la più “veloce” impiega 11 ore e 21 minuti in un percorso di 266 km.
Altro che Freccia Rossa, altro che Italo! Al Sud si viaggia ancora su vecchi rottami a gasolio che trasportano i passeggeri a velocità da lumaca.
 

Tagli ai finanziamenti statali negli ultimi dieci anni
Tra il 2009 e il 2019 i finanziamenti statali per il servizio ferroviario regionale sono calati del 21,5% (1,4 miliardi in meno) a fronte di un aumento passeggeri dell’8%. La dotazione del Fondo Nazionale TPL - si legge nel rapporto - pari a 4.876.554 euro per il 2019 e 4.875.554 euro per il 2020 è del tutto inadeguato non solo per potenziare il trasporto ferroviario regionale ma anche per colmare il gap con gli altri Paesi europei.
Non è una novità. La necessità della borghesia capitalista italiana di puntare tutto sull’Alta velocità, considerata economicamente più redditizia, ha reso improduttivi gli investimenti per l’ammodernamento delle vecchie linee ferroviarie; ad essere più penalizzate sono sopratutto le regioni del meridione che hanno sempre meno fondi a disposizione.
Consapevoli che solo nel socialismo Nord e Sud viaggeranno alla stessa velocità, noi marxisti-leninisti continueremo a rivendicare un trasporto ferroviario pubblico e accessibile a tutti. Noi sosteniamo, che bisogna innanzitutto potenziare e riqualificare le linee ferroviarie esistenti. Occorre ampliare la flotta dei treni, che devono essere moderni e confortevoli e garantire un numero sufficiente di collegamenti giornalieri diretti ai pendolari, principalmente studenti e lavoratori. Bisogna battersi affinché gli stanziamenti destinati al servizio ferroviario locale vengano direttamente controllati dalle masse popolari onde evitare sprechi e usi impropri.

12 febbraio 2020