Il Senato: Processate Salvini per il sequestro dei migranti della Gregoretti
L'aspirante duce d'Italia attacca “Repubblica” come da un mese fanno neofascisti e neonazisti

Il 12 febbraio il Senato ha accolto la richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti dell'aspirante duce d'Italia Matteo Salvini presentata dal Tribunale dei ministri di Catania per la vicenda dei 130 migranti sequestrati per quattro giorni sulla nave Gregoretti della Guardia costiera italiana nel luglio scorso.
Con 152 no (M5S, Pd, Italia Viva e Leu) e 76 sì (FI e FdI) il Senato ha respinto l'ordine del giorno presentato da FI e FdI che puntava a ribaltare la decisione dello scorso 20 gennaio assunta dalla Giunta per le autorizzazioni e le immunità del Senato e salvare in extremis il caporione fascioleghista dall'accusa di sequestro di persona aggravato da abuso di poteri in danno di minori che prevede una condanna fino a 15 anni di carcere in qualità di ministro dell'Interno pro tempore.
Cinque senatori della maggioranza, gli ex 5 stelle Saverio De Bonis e Carlo Martelli, insieme all'ex boss democristiano Pierferdinando Casini (citato e ringraziato da Salvini) del gruppo Aut (SVP-PATT, UV) e due rappresentanti delle Autonomie Dieter Seger e Durnwalder Meinhard, hanno votato a favore dell'odg di FI e FdI.
Mentre al momento del voto i 60 senatori della Lega hanno platealmente abbandonano l’aula come ordinato dallo stesso Salvini durante il suo intervento. Una ridicola retromarcia, rispetto alla linea imposta in giunta delle autorizzazioni a procedere alla vigilia del voto in Emilia, quando il 20 gennaio i leghisti avevano ricevuto l’ordine di votare per il processo.
Furibonda la reazione di Salvini che attacca a testa bassa la decisione del Senato e accusa: “Mi mandano a processo per avere bloccato per quattro giorni lo sbarco di 130 immigrati in attesa che cinque paesi europei accettassero la redistribuzione”; sfida i magistrati: “Non ho nulla di cui vergognarmi, anzi andrò in quell'Aula di tribunale rivendicando quello che ho fatto. Sono orgoglioso di quello che ho fatto da ministro... Il giudizio vero lo darà il popolo non la magistratura"; rivendica “a testa alta i decreti sicurezza, di aver chiuso i centri di accoglienza e i porti per combattere l’immigrazione clandestina e difendere i confini nazionali”; promette di “chiarire una volta per tutte davanti ai giudici se ho fatto il mio dovere e sono un sequestratore” perché, chiosa: “lo devo ai miei figli, per dimostrare loro che il papà non è un criminale e che ha solo difeso i confini del Paese”.
La verità è che Salvini le sta provando tutte per scappare dal processo perché sa molto bene che questa volta, a differenza del caso Diciotti, rischia davvero una condanna.
Basti pensare che durante il suo discorso in aula è arrivato addirittura a strumentalizzare il disagio dei propri figli e se ne è servito per sferrare un attacco frontale, senza precedenti e senza mai citarli esplicitamente al quotidiano “La Repubblica”, ai suoi giornalisti e al suo direttore Carlo Verdelli che da oltre un mese sono bersaglio di continui e gravissimi atti di intimidazione da parte di anonimi in risposta alle sue denunce dei gruppi neofascisti e neonazisti italiani e delle campagne d'odio scatenate dalla destra su istigazione del caporione fascioleghista.
"Non cerco vendette, non voglio cancellare nessuno – ha tuonato in aula il duce dei fascisti del XXI secolo - Ricordo però il titolo a tutta pagina 'cancellare Salvini' di un ex importante quotidiano. A mia figlia Mirta ho dovuto spiegare che quei giornalisti sono dei burloni e che nessuno vuole cancellare papà, è uno scherzo. Se quel titolo fosse stato scritto da Libero o dalla Verità sarebbero arrivati i caschi blu a rimuovere quel direttore".
Il riferimento è al titolo pubblicato da “Repubblica” il 15 gennaio scorso relativo ad una intervista al capogruppo del Pd alla Camera Graziano Delrio, intervista nella quale l'esponente dem sollecitava il superamento dei decreti sicurezza varati dallo stesso Salvini quando era ministro dell'Interno. Il titolo si riferiva chiaramente a quella richiesta. Tant'è che il giorno successivo alla pubblicazione dell'intervista, in risposta alla polemica sollevata da Salvini, il direttore di Repubblica Carlo Verdelli aveva risposto con un intervento sul sito dal titolo "Eppure Salvini sa leggere", in cui spiegava che quel titolo era riferito in maniera inequivocabile ai cosiddetti decreti sicurezza.
Dunque, altro che “difesa a testa alta”! Quella di Salvini è pura demagogia di stampo fascista condita da menzogne a buon mercato.
In primo luogo va chiarito che il voto del Senato non apre nessun processo nei suoi confronti. Ma più semplicemente autorizza la procura di Catania di procedere con l'iter giudiziario e chiedere al Giudice per indagini preliminari di rinviare a giudizio o prosciogliere il caporione fascioleghista.
In secondo luogo va ricordato che quando Salvini dice di aver “difeso i confini della patria” in realtà dice una grande falsità perché la Gregoretti, come anche la Diciotti (per la quale il 20 marzo scorso il M5S e il premier Conte negarono l’autorizzazione a procedere sempre per sequestro di persona a carico dell'allora ministro Salvini), è una nave militare italiana e pertanto è a tutti gli effetti considerata già territorio italiano e di conseguenza anche tutte le persone che si trovano a bordo hanno di fatto già varcato i confini dell'Italia e quindi hanno tutto il diritto di essere sbarcati in un porto sicuro.
In sostanza quando Salvini si vanta di aver difeso i nostri confini dalla “pericolosa invasione” di una nave militare italiana va ben oltre il ridicolo e addirittura contraddice quei decreti sicurezza che lui stesso ha imposto al Paese.
Nella richiesta di autorizzazione a procedere inviata al Senato i giudici del tribunale dei ministri di Catania (gli stessi che si occuparono della Diciotti) precisano proprio le differenze fra i due casi e il diverso quadro normativo in cui la condotta di Salvini si prefigura a tutti gli effetti come un reato. Infatti, quando la Gregoretti accolse a bordo i migranti era appena entrato in vigore il decreto sicurezza-bis che esclude espressamente che il divieto di ingresso in acque italiane e di sbarco possa essere applicato a navi militari italiane che, in quanto tali, non possono essere considerate un pericolo per la sicurezza nazionale.
La Diciotti, chiariscono i giudici nella richiesta, è "un natante appositamente attrezzato per operazioni di soccorso in mare", la Gregoretti è invece "destinata all'attività di vigilanza da pesca" e "la sua inadeguatezza ad ospitare un così elevato numero di migranti e le precarie condizioni di salute di alcuni sono state tempestivamente segnalate al Viminale" che quindi aveva l'obbligo di farli sbarcare subito.
E mentre nel caso della Diciotti ci fu una controversia tra Italia e Malta, nel caso della Gregoretti "è assolutamente pacifico che il coordinamento e la responsabilità primaria dell'intera operazione, seppure avviata in acque Sar maltesi, siano stati assunti dallo Stato italiano su esplicita richiesta di quello maltese".
Infine, come ha chiarito in aula anche l’ex comandante della Guardia costiera ed ex M5S Gregorio De Falco, va detto che la Gregoretti a differenza della Diciotti: “è una nave di 60 metri, costruita per l’attività di vigilanza alla pesca e non può tenere a bordo un gran numero di persone per tanto tempo e sotto il sole: fu un’inutile crudeltà”.
Ma non è finita. Perché Salvini a breve deve fare i conti anche con l’autorizzazione a procedere sempre per sequestro di persona chiesta dal tribunale dei ministri di Palermo per la Open Arms, la giunta del Senato voterà tale richiesta il 27 febbraio. Mentre i Pubblici ministeri di Milano sempre entro fine febbraio chiederanno il giudizio per diffamazione nei confronti della capitana della Sea Watch Carola Rackete.

19 febbraio 2020