Proteste al porto di Genova
Stop alle navi con a bordo armi per la guerra in Yemen
Solidarietà ai lavoratori del porto espressa dal presidente di Pax Christi che chiede alla Cgil di coprire i camalli

 
Come era già accaduto in passato anche lo scorso 17 febbraio gli operai portuali di Genova hanno incrociato le braccia come hanno fatto anche gli operai di altri porti europei, esattamente come fecero i loro predecessori di oltre un secolo e mezzo prima, per tentare di impedire che un altro regime criminale, in questo caso quello dell'Arabia Saudita, utilizzasse il porto del capoluogo ligure per farvi attraccare una delle sue navi che, cariche di armi, alimentano la micidiale guerra in Yemen, che ha già provocato decine di migliaia di morti civili.
A Genova lo scorso 17 febbraio, alle 10 e trenta del mattino, è attraccata la nave saudita Bahri Yanbu, carica di armi destinate ad alimentare la guerra che sta distruggendo lo Yemen, e ha trovato la durissima protesta degli operai portuali, i camalli, che hanno incrociato le braccia e protestato insieme ai pacifisti proprio quando la nave è entrata nel porto di Genova.
Dopo il successo dello sciopero del maggio scorso, però, le autorità portuali hanno deciso di militarizzare il porto, proibendo l'ingresso a chi non vi lavora e facendo presidiare i varchi dalle forze dell’ordine, così che almeno trecento attivisti hanno dovuto protestare lontani dalla nave, organizzando un presidio sotto ponte Etiopia che è durato fino alle 15.
Al presidio hanno partecipato antimperialisti e pacifisti, attivisti di Amnesty con lo striscione “Shame” (“Vergogna”) , che hanno intonato cori e acceso fumogeni per protestare contro l’attracco.
Al presidio mancava però la Cgil - alla quale il Calp (Collettivo autonomo lavoratori del porto) aveva chiesto di indire uno sciopero cittadino - che invece aveva tenuto un presidio davanti alla prefettura del capoluogo ligure, conclusosi con l’incontro con il prefetto a cui era stata richiesto “maggior controllo, rispetto della Costituzione e della risoluzione parlamentare sulla sospensione di fornitura di armi in Yemen” .
Il prefetto, complice la mancata proclamazione dello sciopero come richiesto dal Calp, ha poi precettato i lavoratori portuali.
Monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi, dopo avere chiesto, invano, alla Cgil di coprire la protesta: “esprimo la mia solidarietà ai lavoratori del porto che si rifiutano di collaborare per non essere complici della guerra. Anche papa Francesco aveva detto 'hanno fatto bene'. Da tempo denunciamo questa situazione in cui anche l’Italia vende armi, prodotte dalla Rwm, all’Arabia Saudita che poi le usa per bombardare lo Yemen. Tutto questo è inammissibile” .
Il Calp aveva espressamente contattato il ministero degli Esteri, chiedendo “ai sensi della legge 185 del 1990 che norma il transito sul suolo italiano delle armi, che la nave non potesse attraccare” , ha detto un delegato Filt Cgil che fa parte del Calp, il quale ha poi riferito la risposta del ministero: tale normativa, che avrebbe impedito l'attracco della nave se non per motivi di emergenza, non era applicabile alla guerra in Yemen in quanto dal punto di vista formale è il governo dello Yemen ad aver chiesto l’intervento dell’Arabia.
Ovviamente, ma questo evidentemente il ministero degli Esteri fa finta di non saperlo, l'attuale governo yemenita è un regime fantoccio nelle mani dell'Arabia Saudita.
La mancata proclamazione dello sciopero da parte della Cgil, e la conseguente precettazione dei lavoratori portuali, ha consentito l'imbarco sulla nave soltanto di due trattori, di cinque camion senza rimorchio e di un ampio tonnellaggio di lingotti di alluminio, con esclusione di qualsiasi materiale militare.
La gigantesca nave da carico saudita - lunga 220 metri, larga 32 metri, con un pescaggio di 8 metri e con una portata lorda di 25.504 tonnellate - è ritornata in Europa dopo avere imbarcato nei terminal militari atlantici degli Stati Uniti e del Canada, dove tutte le operazioni di carico e scarico sono gestite esclusivamente da personale militare, armamenti per almeno 20.000 tonnellate. Prima di attraccare a Genova gli operai del porto tedesco di Bremerhaven, del porto inglese di Tilbury Docks e di quello francese di Cherbourg si sono mobilitati in modi analoghi a quello dei loro colleghi genovesi controllando che non venissero imbarcate armi, mentre le autorità belghe hanno addirittura vietato alla nave di attraccare nel porto di Anversa a seguito di una ampia mobilitazione popolare che ha visto proteste in varie città delle Fiandre contro la sosta dell'imbarcazione nel porto fiammingo, e anche in Germania, nel Regno Unito e in Francia erano divampate proteste contro l'attracco della nave.
 

26 febbraio 2020