Sciopero dei lavoratori “Legno-arredo” e dei driver della Lombardia

Venerdì 21 febbraio si sono fermati i lavoratori del settore legno-arredo industria. Il contratto è scaduto il 31 marzo del 2019 e riguarda circa 150 mila lavoratori che assieme ai sindacati dicono: “noi non ci stiamo”.
Hanno organizzato la mobilitazione le sigle Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Feneal-Uil che in un comunicato denunciano: “no all’aumento della precarietà e alla riduzione dei diritti”, perché i lavoratori del settore “aspettano risposte da quasi un anno e non meritano il trattamento riservato finora da una controparte che intende affermare un modello di impresa basato non sulla qualità del lavoro, sugli investimenti, sulla professionalità e sul benessere organizzativo, ma sulla riduzione dei costi e su una gestione unilaterale dell’organizzazione del lavoro”.
I rappresentanti padronali hanno abbandonato il tavolo perchè al di là delle parole, in realtà non vogliono discutere di ambiente e sicurezza, formazione e diritti, aumenti retributivi. Sull’interruzione della trattativa da parte di Federlegno erano intervenuti anche i segretari generali delle tre categorie, Panzarella, Turri e Genovesi: “Altro che relazioni industriali partecipative, altro che scommettere sulla qualità del prodotto e sull’innovazione, altro che investimenti per sostenere le imprese più serie e competitive”. Ma questo, è bene ribadirlo, sono i frutti della concertazione tanto cara ai sindacati confederali, che prevede i lavoratori completamente subalterni agli interessi padronali.
“Per Federlegno -accusano i sindacalisti- le aziende italiane del mobile e arredo possono vincere nel mondo solo aumentando precarietà e sfruttamento. I dirigenti della nostra controparte, come bambini capricciosi, quando al tavolo di trattativa hanno capito che avrebbero dovuto confrontarsi nel merito e che non avrebbero ottenuto quella totale precarizzazione dei rapporti di lavoro richiesta, hanno preso il pallone e se ne sono andati. Un comportamento irresponsabile e gravissimo che non possiamo tollerare”.
Tra l'altro il settore, dopo anni di crisi, si trova adesso in buona salute, dietro solo alla filiera agroalimentare per quanto riguarda l'export. Se altri contratti firmati di recente si attestano su aumenti di 80-100 euro lordi mensili, difficilmente si potrà scendere al di sotto nel legno-arredo. Ma il problema sta anche nelle modalità poiché i padroni intendono spostare eventuali aumenti o ex-post, ovvero alla fine del periodo contrattuale e dopo aver verificato l'inflazione, oppure tutti indirizzati sul welfare aziendale. Purtroppo su questo prevediamo che troveranno facilmente l'assenso di Cgil-Cisl-Uil.
Le 8 ore di sciopero sono state correlate da quattro grandi manifestazioni collocate in altrettanti distretti del mobile o in città limitrofe. In piazza a Milano sono confluiti sopratutto i lavoratori della Brianza ma anche dalla non lontana Piacenza. A Treviso è si è concentrato tutto il nord-est, mentre in migliaia sono arrivati a Pesaro da tutte le Marche e dal centro Italia. Infine Bari ha visto la partecipazione dei lavoratori della Puglia e di altre regioni del sud.
Due giorni prima, il 19 febbraio, hanno incrociato le braccia i driver di Amazon della Lombardia, un altro sciopero molto significativo che ha avuto successo. Sono duemila e lavorano per le 12 piccole società di logistica a cui il gigante americano si appoggia in appalto per spendere meno dopo aver abbandonato i corrieri più importanti: Dhl, Ups, Gls ecc. La strategia è stata quella di creare Assoespressi, associazione che gestisce i rapporti fra le società che formalmente rispettano il contratto nazionale ma spesso non riconoscono gli straordinari, trattenute, ferie non maturate, rispetto delle pause, riposi e turnazioni.
Pian piano questi lavoratori hanno acquisito coscienza e dopo un lungo percorso di sindacalizzazione adesso sono in grado di mettere in difficoltà la società di Bezos che opera quasi in condizioni di monopolio nell'ambito del commercio on line. Assieme ai sindacati chiedono che sia Amazon a farsi carico direttamente dei driver. “Nelle aziende in appalto - spiega Barosselli della Filt-Cgil - si usano i programmi Amazon, le interfaccia Amazon, le rotte le decide Amazon, gli orari li decide Amazon. Insomma, questi sono lavoratori di Amazon”.
E visto che a Padova il tribunale del lavoro ha dichiarato illecito un appalto in cui la committente esercitava un controllo mediante sistemi automatizzati, si spera che grazie anche alla pressione e agli scioperi dei lavoratori, sia abbandonata la pratica degli appalti esterni.
 

26 febbraio 2020