Promosso da Uiki
Corteo a Roma: “Libertà per Öcalan”

 
Il 15 febbraio del 1999 il fondatore del Pkk Abdullah Öcalan era catturato in Kenya da agenti dei servizi segreti turchi. Il leader curdo si trova ancora rinchiuso e in totale isolamento nel carcere sull’isola di Imrali, nel mar di Marmara tra Istanbul e Bursa, e a distanza di 21 anni l'anniversario è stato ricordato con un presidio nei territori curdi della Rojava, a Strasburgo di fronte al Consiglio d’Europa e con manifestazioni a Copenaghen, Oslo, Stoccolma e a Roma. Nella capitale italiana la manifestazione era promossa da Uiki, l'Ufficio informazioni del Kurdistan in Italia, assieme a Comunità curda, Centro Ararat e Rete Kurdistan; un corteo vivo e combattivo è sfilato da piazza della Repubblica fino a piazza Venezia con la parola d'ordine “Libertà per Öcalan” e dei prigionieri politici nelle carceri turche. “Turchia terrorista / Erdoğan assassino” è lo slogan più volte ripetuto dai manifestanti.
Al corteo di Roma che ha inondato le vie della città con le tinte rosso-giallo-verdi di striscioni e bandiere hanno partecipato delegazioni provenienti da molte città, Milano, Modena, Torino, Firenze, Grosseto, Campobasso, Napoli, Genova, Pisa, Brindisi, Cosenza, Palermo, Bari, Vasto; da tante associazioni romane, centri sociali, movimenti di lotta per la casa, studenti universitari, partiti, sindacati, associazioni.
Fra gli interventi che hanno chiuso la manifestazione registriamo quelli di denuncia della complicità del governo italiano guidato allora da D'Alema nel consegnare 21 anni fa il leader curdo ai servizi turchi. Per quasi due decenni Abdullah Öcalan, “Apo”, era rifugiato in Siria che fu costretto a lasciare nel 1998 e a passare senza ricevere asilo da Damasco a Mosca, Atene, Roma e Amsterdam fino a raggiungere il Kenya da dove venne deportato in Turchia, in violazione della legalità internazionale.
Ricordiamo che il Pkk di Öcalan è nato come organizzazione marxista-leninista fedele al pensiero di Mao e che il suo obiettivo iniziale era la realizzazione di uno Stato curdo indipendente e socialista. A partire dal 1999 Öcalan dal carcere ha cambiato posizioni, ha abbandonato ufficialmente il marxismo-leninismo e rimosso il simbolo della falce e martello dalla sua bandiera; ha sostituito l'obiettivo del socialismo con quello del Confederalismo democratico che oggi è realizzato in Rojava e portato ad esempio come sistema fondato sulla democrazia dal basso. Che non può essere un modello efficace per l'emancipazione del proletariato e delle masse popolari e neppure per l'indipendenza nazionale. È una versione con spiccate caratteristiche sociali ma pur sempre borghese. E tuttavia ribadiamo di essere al fianco del popolo curdo e appoggiamo con convinzione la corretta richiesta della liberazione del suo leader Öcalan, come quella degli altri prigionieri politici dalle carceri turche del fascista Erdogan.
“Per noi questi cortei sono fondamentali a spezzare l’isolamento di Ocalan e degli altri prigionieri del Pkk, un isolamento che in passato è stato possibile rompere per qualche giorno grazie alla solidarietà internazionale e agli scioperi della fame dei deputati curdi in Turchia” spiegava Yilmaz Orkan dell’Ufficio informazione del Kurdistan in Italia (Uiki). Che denunciava la continua negazione dei diritti del popolo curdo a partire da quello all’autodeterminazione negato anche nel nord est della Siria dai carri armati della Turchia con l'occupazione militare iniziata il 9 ottobre scorso e avallata da Washington e Mosca. “La rottura dell’isolamento di 'Apo' è un passo fondamentale per l’avvio di qualsiasi processo di pace”, concludeva Orkan.

26 febbraio 2020