Accogliendo il ricorso della Cgil al Comitato dei diritti sociali
L'Ue boccia il Jobs Act del governo Renzi
Ripristinare l'articolo 18

Anche l'Unione Europea ha dato un colpo al Jobs Act. Il Comitato europeo dei diritti sociali si è infatti espresso sul reclamo collettivo proposto dalla Cgil, con il sostegno della Confederazione Europea dei Sindacati, affermando che, con la controriforma del lavoro renziana non viene rispettata la Carta sociale europea (trattato internazionale ratificato dall’Italia che, insieme alla Convenzione europea dei diritti umani, vanno a comporre “i diritti fondamentali dei cittadini dell’Unione”). Con decisione resa pubblica l’11 febbraio 2020, il Comitato di Strasburgo ha infatti pienamente accolto il ricorso presentato nel 2017 dalla Cgil.
Con il Jobs Act e il cosiddetto “contratto a tutele crescenti”, in vigore dal 7 marzo 2015, il governo Renzi aveva sostanzialmente abrogato per tutti i nuovi assunti l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (e cioè la reintegrazione nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo), sostituendolo con una modesta indennità risarcitoria: da un minimo di quattro a un massimo di 24 mensilità, agganciate semplicemente all’anzianità (due mensilità ogni anno di servizio).
Anche la Corte Costituzionale italiana aveva posto alcune osservazioni sulla legittimità delle nuove norme e l’indennità in questione era stata poi aumentata dal cosiddetto “Decreto dignità”, passando così a sei mensilità nel minimo e 36 nel massimo: misura del tutto insufficiente perché non aveva anzitutto rimesso la reintegrazione al centro del sistema sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi, ma anche dal punto di vista della mera adeguatezza economica.
Sul punto, si era di nuovo pronunziata la Consulta che era intervenuta riattribuendo al giudice il potere di stabilire il risarcimento ritenuto più congruo tra il minimo e il massimo di legge, in base a parametri anche diversi dalla mera anzianità di servizio. Ma anche questo intervento non è stato ritenuto sufficiente dal Comitato sociale europeo, il quale ha riscontrato una perdurante ed evidente violazione della Carta sociale, il cui articolo 24 garantisce il diritto di lavoratrici e lavoratori a ricevere un congruo indennizzo o altra adeguata riparazione in caso di licenziamento illegittimo, come ad esempio il reintegro.
In sintesi il Comitato europeo mette in discussione il “cuore” della controriforma del mercato del lavoro voluta da Renzi e dai padroni, ovvero il sistema sanzionatorio del Jobs Act che esclude a priori la reintegrazione nel posto di lavoro e prevedendo comunque un tetto massimo al risarcimento dovuto al dipendente. Al lavoratore vittima di un licenziamento illegittimo, invece, va assicurato il risarcimento integrale dal danno subito, senza limiti di sorta: “tale da incoraggiare, o quantomeno a non dissuadere, il ricorso al licenziamento illegittimo”. Solo così può essere considerato coerente con la normativa europea.
Rilevante, nella valutazione negativa della legislazione italiana, è stato anche il ruolo del meccanismo di conciliazione che prevede una ridotta possibilità del lavoratore di ottenere un indennizzo adeguato. La norma, infatti, garantisce ai padroni di evitare il giudizio offrendo una somma pari a una mensilità di retribuzione per ogni anno di servizio, esentata da oneri fiscali e contributivi; una somma che di norma il lavoratore è indotto ad accettare perché verosimilmente non di molto inferiore a quella che può sperare di ottenere dal giudice.
Le decisioni del Comitato sociale europeo, contrariamente a quelle della Corte di giustizia, non sono immediatamente esecutive nel nostro ordinamento. Tuttavia hanno un grande peso politico e costituiscono precedenti importanti per i giudici nazionali, i quali devono al più presto adeguarsi per evitare il rischio di vedere di nuovo condannato il nostro Paese per la mancata applicazione degli obblighi derivanti dalla appartenenza al Consiglio d’Europa.
La Cgil si è detta soddisfatta della sentenza e il segretario generale Maurizio Landini ha affermato: “Il Comitato dice che il Jobs Act viola dei diritti..... ora troverei utile che si tenesse conto di quello che dice l’Europa anche per quanto riguarda i vincoli sociali che ci pone, oltre a quelli economici e finanziari”. Ma sul piano politico-sindacale ora che succederà? Come minimo dovremo aspettarci una Cgil battagliera, che chieda immediatamente il ripristino dell'articolo 18, questo è quello che vogliono i lavoratori.
Purtroppo però non vediamo tutta questa volontà di riottenere i diritti perduti, ma si preferisce mantenere un profilo basso per non mettere in discussione l'idillio del sindacato con il governo Conte 2 e i rapporti con il PD e ovviamente Italia Viva di Renzi, colui che difendendo il “suo” il Jobs Act dichiarò “è l'operazione più di sinistra degli ultimi 20 anni”.

4 marzo 2020