Viva la concezione proletaria del mondo! Viva la cultura del proletariato! Viva i discorsi di Scuderi su questi temi!

di Franco Montagne
Il Centro del PMLI ha chiesto al compagno Franco Montagne della provincia di Reggio Calabria, entrato recentemente nel Partito, la sua opinione sugli importanti discorsi del compagno Giovanni Scuderi sulla concezione proletaria del mondo.
Ecco quello che ha scritto.
 
L’opuscolo n. 9 di Giovanni Scuderi dal titolo “Mao, la concezione del mondo e le due culture” contiene due importanti discorsi da lui pronunciati a Firenze in occasione del XV e del XXV Anniversario della scomparsa di Mao.
Due discorsi complementari di carattere filosofico che rientrano nella campagna di studio lanciata dal Partito per trasformare il mondo e noi stessi.
Nonostante la complessità degli argomenti trattati, il compagno Scuderi espone con estrema sintesi e chiarezza la teoria filosofica che appartiene al proletariato precipitato purtroppo in una condizione pre-marxista a causa dello sfascio ideologico perpetrato dai sedicenti partiti comunisti, in realtà revisionisti e riformisti che seguendo la via del parlamentarismo e dell’elettoralismo, l’hanno deviato dalla sua missione storica: rovesciare attraverso la lotta di classe la borghesia e conquistare il potere politico. È intorno a questo asse centrale che ruota la concezione proletaria del mondo.
“La grande scoperta scientifica del materialismo dialettico e storico costituisce in un tempo lo sviluppo del pensiero filosofico progressista di tutti i tempi e la formulazione originale inedita della filosofia proletaria, cioè la concezione proletaria del mondo”.
Il materialismo dialettico e storico, la cui giustezza teorica è stata dimostrata dalla pratica sociale, elaborato inizialmente da Marx ed Engels, successivamente da Lenin, Stalin e Mao, è dunque l’arma scientifico-filosofica del proletariato. Ma anche la borghesia ha la sua arma filosofica che usa da diversi secoli per preservare il suo ordine sociale. Quest’arma è l’idealismo.
Idealismo e materialismo sono due correnti filosofiche inconciliabili e in continua lotta tra loro. Questa lotta, come vedremo, non è sempre esistita e cesserà una volta che scompariranno le classi. Per l’idealismo il mondo ha origine dallo spirito (coscienza, idee, soggetto) mentre la materia (mondo naturale, società, oggetto) è un fenomeno da esso derivato. Il materialismo invece afferma l’opposto: il mondo ha origine dalla materia che esiste indipendentemente dallo spirito che è un fenomeno da essa derivato.
L’idealismo nasce dall’ignoranza e dalla superstizione degli esseri umani primitivi che non potendo ancora comprendere le leggi della natura, attribuivano la loro esistenza e quella del mondo ad un essere superiore: dio.
Successivamente, lo sviluppo delle forze produttive e della conoscenza scientifica, gettarono le basi per la nascita della filosofia materialista che rispetto a quella idealista, fondamentalmente conservatrice e reazionaria, aveva un carattere progressista e rivoluzionario.
Tuttavia, questo non segnò l’indebolimento o la scomparsa dell’idealismo che si rafforzò ulteriormente. Come si verificò questo? Con la divisione del lavoro, con la divisione della società in classi e con il sorgere della proprietà privata.
Un gruppo di uomini dediti al lavoro intellettuale iniziò a considerare il lavoro manuale fonte di guadagno e di ricchezza, si venne così a creare una classe dirigente sfruttatrice e una classe di lavoratori sfruttati.
La concezione idealista del mondo capovolgeva completamente il rapporto tra le classi: si iniziò così a pensare che non erano i lavoratori a fornire ai membri della classe dominante i mezzi per vivere, ma viceversa.
L’idealismo basato sulla metafisica, riflettendo e proteggendo gli interessi della classe sfruttatrice trovava così modo di svilupparsi e tenere testa al materialismo che essendo ancora “meccanicista”, poiché attribuiva un ruolo passivo al pensiero che veniva considerato come uno specchio in cui la natura si rifletteva, non poteva superarlo. Fu grazie al contributo teorico di Marx ed Engels che il “dualismo”, tra spirito e materia venne investigato dialetticamente e superato.
Ma la dialettica di Marx ed Engels a differenza di quella hegeliana di cui aveva salvato solo il “nucleo razionale”, non viveva nel mondo delle idee e dell’astrazione; ma in quello delle scienze naturali, della storia, della concreta materialità, un mondo non più statico e immutabile, ma un mondo in continuo movimento e mutabile. La storia della società costituiva il vero campo d’indagine e andava studiata e interpretata dialetticamente in base ai rapporti economici di produzione susseguitisi nel corso dei secoli. Stalin spiega: “La storia dello sviluppo della società è innanzitutto storia dello sviluppo della produzione che si susseguono nel corso dei secoli, storia dello sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione tra gli uomini. Vuol dire che la storia dello sviluppo sociale è nello stesso tempo storia dei produttori stessi dei beni materiali, storia delle masse lavoratrici che sono le forze fondamentali del processo di produzione e producono i beni materiali necessari all’esistenza della società” .
Quindi, il passaggio storico dal comunismo primitivo al capitalismo era determinato dall’economica di una data epoca e di una data società e non dal pensiero, è l’essere sociale degli uomini e delle donne, ovvero le loro condizioni reali e materiali di vita a determinare le loro idee, il loro pensiero, la loro coscienza, e non viceversa. La struttura economica è la base di ogni società e su questa struttura si erige una sovrastruttura costituita dallo Stato, dalla politica, dalla religione, dalla filosofia, dalla cultura, dalle idee. E’ lo sviluppo delle contraddizioni esistenti tra forze produttive e rapporti di produzione e tra le diverse classi sociali a spingere la società in avanti trasformandola. Più tardi Mao dirà: “Interpretare la storia da questo punto di vista è quel che si dice materialismo storico; porsi all’opposto da questo punto di vista è idealismo storico”.
Il proletariato, l’unica classe realmente rivoluzionaria, sorto storicamente in seguito alla rivoluzione industriale una volta acquisito coscienza della sua missione storica, può rovesciare violentemente la borghesia (la classe dei grandi capitalisti che possiedono i mezzi di produzione) conquistare il potere politico, e costituire un nuovo sistema di relazioni sociali. Dice Lenin: “Ogni lotta di classe è una lotta politica”. Infatti, la contraddizione principale tra il carattere sociale delle forze produttive e la proprietà privata dei rapporti di produzione può essere risolta solo con la rivoluzione socialista, solo così il proletariato può liberarsi dallo sfruttamento capitalistico, solo così può diventare la nuova classe dominante ed instaurare la sua dittatura.
Dopo avere illustrato a grandi linee la concezione proletaria del mondo, basata sul materialismo dialettico e storico, Scuderi ci avverte: “Essere proletari e marxisti-leninisti non significa avere automaticamente una concezione proletaria del mondo. Perché, nonostante l’origine di classe e la militanza politica rivoluzionaria siamo pur sempre figli di questa società capitalista che fin dalla culla ci educa in maniera borghese”.
Chiunque abbia maturato un certo livello di coscienza proletaria, può rendersene conto.
A prescindere dalla classe sociale a cui apparteniamo, appena nati, siamo tutti culturalmente “borghesi”. Non c’è da meravigliarsi più di tanto, la borghesia per assicurarsi il dominio di classe ha bisogno di creare un mondo a sua immagine e somiglianza.
Oltre a due concezioni del mondo esistono parallelamente due culture, due modi di pensare ed agire diametralmente opposti.
La cultura borghese mette al centro il successo personale e il benessere del singolo individuo, esalta gli “eroi” salvaguarda il liberalismo e il capitalismo proponendolo come un sistema sociale eterno e immutabile. Quella del proletariato mette al centro l’altruismo, il benessere della collettività, esalta le masse e il popolo, si oppone alle guerre imperialiste generate dal capitalismo che considera un sistema che può essere cambiato per mezzo della rivoluzione socialista, si prefigge la soppressione delle classi.
È facile dichiararsi marxisti-leninisti, ma è difficile esserlo realmente nella vita di tutti i giorni, la storia del PMLI lo dimostra. In 43 anni di vita parecchi membri del Partito non hanno retto alla lotta tra le due linee e hanno abbandonato vigliaccamente il Partito.
Eppure, avrebbero potuto respingere le “pallottole ricoperte di zucchero” della borghesia se solo avessero studiato di più e costantemente il marxismo-leninismo-pensiero di Mao.
A prescindere dall’esperienza politica rivoluzionaria maturata militando nel Partito, chiunque può cadere vittima del revisionismo, del liberalismo, del riformismo, del parlamentarismo, del costituzionalismo, dell’individualismo, dell’egoismo, del dogmatismo, dell’edonismo. Tutte prerogative tipiche della cultura dominante borghese che grazie alla dittatura esercitata in tutti i campi, sopratutto in quello dell'istruzione scolastica e universitaria e mediatico, ci propugna quotidianamente. Basta rendersene conto ascoltando la campagna di odio anticomunista portata avanti nei confronti di Stalin e Mao, dipinti come due “dittatori spietati” che al pari di Hitler e Mussolini avrebbero causato milioni di morti. Per non parlare della storia sulle “foibe” che i governi della “sinistra” e della destra borghesi vergognosamente commemorano ogni anno per screditare il socialismo e il comunismo. Per non parlare delle parole d’ordine democratiche borghesi e riformiste che ci “lavano il cervello”: Costituzione, legalità, partecipazione, coesione sociale, antiastensionismo, non violenza, memoria condivisa, mercato.
La cultura proletaria può essere acquisita solo studiando e assimilando il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, militando nel PMLI e partecipando attivamente alla lotta di classe. Non esiste altra via, pur consapevoli che: “... in ultima analisi è lo sviluppo del Partito che determina il corso, il carattere, i tempi, e la finalità della lotta di classe. Da qui la necessità e l’urgenza che tutti i rivoluzionari si uniscano nel PMLI, rompano col revisionismo di destra e di 'sinistra' e diano un grande impulso allo sviluppo nazionale del Partito”. Non importa il numero iniziale, quello che conta per crescere numericamente e per legarsi alle masse è possedere una linea politica proletaria giusta, autenticamente marxista-leninista, avere fiducia nel socialismo, nel Partito, nelle masse e in noi stessi. Come sostiene Mao: “Nulla è impossibile al mondo per chi osa scalare le vette più alte”.

11 marzo 2020