SuIl’assassinio del quindicenne napoletano
La delinquenza giovanile e i carabinieri dalla pistola facile sono generati dal capitalismo e dai suoi governanti
De Magistris se ne è lavato le mani, ma è responsabile dell'abbandono dei Quartieri Spagnoli e dei quartieri periferici
La soluzione non è la militarizzazione di Napoli

 
Redazione di Napoli
 
È la notte tra sabato 29 febbraio e domenica 1 marzo a Napoli quando secondo una dinamica che tutt’ora è al vaglio della Procura, un carabiniere 23enne fuori servizio avrebbe esploso quattro colpi di pistola nei confronti del 15enne Ugo Russo, un ragazzo dei Quartieri Spagnoli di Napoli.
La dinamica possibile risulterebbe questa: Ugo, assieme ad un suo complice minorenne, affiancava un'auto Mercedes all’altezza delle stradine di via S. Lucia – esattamente via Orsini - per farsi consegnare dagli occupanti - il carabiniere e la sua fidanzata -, un orologio Rolex, puntando una pistola – poi rivelatasi giocattolo – alla tempia. Una volta qualificatosi come rappresentante delle “forze dell’ordine”, l'autista tirava fuori la pistola e colpiva una prima volta Ugo al torace; il ragazzo scappava verso il complice che faceva il palo con il motorino, ma veniva raggiunto dietro la nuca da un altro colpo che lo tramortiva facendolo morire dissanguato. Giunto al pronto soccorso dell’Ospedale “Pellegrini” a Montesanto il ragazzo spirava alle 3:50 senza che né medici né infermieri potessero salvargli la vita.
In breve tempo decine e decine di persone, forse centinaia scendevano dai quartieri popolari e letteralmente accecati dalla rabbia devastavano il pronto soccorso dell’Ospedale. Subito dopo alcune “stese” propugnate dalla camorra per cavalcare l’odio contro i carabinieri, venivano sparati diversi colpi verso la caserma “Pastrengo” sede del comando provinciale, provocando la rottura di alcuni vetri antistanti le stanze del comando.
Domenica 1 marzo il clima a Montesanto e nei Quartieri Spagnoli era tesissimo e lo avvertivamo anche noi marxisti-leninisti impegnati nella diffusione de “Il Bolscevico” chiedendo alle masse come stava la situazione. Innanzitutto emergeva la contrarietà alle dichiarazioni del carabiniere contenute nelle dichiarazioni del 17enne complice di Ugo che parlava né più né meno di una vera e propria esecuzione da parte del carabiniere che non si sarebbe affatto qualificato, ma anzi avrebbe agito in maniera diretta e ferma.
Il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale dei minorenni, Angela Draetta, a quel punto disponeva il fermo del complice in una comunità per ragazzi, indagandolo per concorso in rapina aggravata; contemporaneamente la Procura di Napoli, nelle vesti del pm Simone De Roxas e del procuratore aggiunto Giovanni Melillo, comunicava alla stampa che sarebbe stata effettuata l’autopsia del corpo di Ugo e la prova balistica dei colpi esplosi per verificare l’effettiva quantità (due o quattro?) nonché la loro effettiva direzione; infine indagava il carabiniere dalla pistola facile per omicidio volontario e non per eccesso di legittima difesa come si affermava in un primo momento.
La famiglia di Ugo Russo si chiudeva nel dolore ma rilasciava importanti dichiarazioni alla stampa per contribuire a far luce sulla vicenda. Innanzitutto prendeva le distanze dalle “stese” camorristiche dando la solidarietà ai carabinieri con un piccolo presidio venerdì 6 marzo dinanzi alla caserma “Pastrengo”, chiedendo di pagare i danni all’Ospedale anziché fare donazioni alla famiglia disagiata; confermava che Ugo andava a scuola in un Istituto tecnico e che quella sera voleva avere qualche soldo in più in tasca, da questo, poi, il tentativo di rapina; confermava la dinamica iniziale attraverso il padre Vincenzo che ribadiva che il carabiniere aveva commesso un crimine non sparando la seconda volta verso il piede o le gambe e mirando invece direttamente alla testa, dopo aver sparato un primo colpo al torace ed un secondo probabilmente alle spalle.
“Mio figlio era un angelo, voleva fare un corso per pizzaiolo con gli assistenti sociali di Napoli. Guadagnava 50 euro come barista, 70 con il fruttivendolo e 10 come muratore”, racconta ancora il padre affranto. “Poi gli dicevo: ai 400 euro mensili che guadagni, lo sai che sono pochi, te ne aggiungo altri, basta che stai lontano da brutti ambienti”. Quasi a confermare la voce straziante del padre sono gli operatori sociali della zona che conoscevano la situazione di Ugo Russo: “era a noi già nota: i bambini dei Quartieri Spagnoli vengono da famiglie con situazioni economiche distrutte, vivendo in case sovraffollate dove sarebbe impossibile studiare; la scuola non è stata mai una esperienza positiva”.
D’altronde nei quartieri popolari come Montesanto non solo i “bassi” napoletani ma persino vecchi negozi o garage vengono oggi riadattati come abitazioni senza né finestre né spazi, un fatto inconciliabile con lo sviluppo psico-fisico dei giovanissimi. Sempre gli operatori sociali smentiscono che non si riesce a frenare la dilagante dispersione scolastica, atteso il loro lavoro di spinta: sulla formazione le istituzioni nazionali e locali non investono, per non parlare del lavoro, piaga endemica di questi quartieri lasciati a loro stessi: “120 euro a nero a settimana per vendere scarpe nei negozi di via Toledo per 11 ore dal lunedì al sabato, oppure il barista, il garzone, il cameriere con 80 euro a settimana che diventano 100 se le mance vanno bene. Alla fine decidono di spacciare perché la legalità non è competitiva”.
A questo si aggiungono le altri sementi indispensabili per risanare un quartiere che vanno dalla formazione allo svago, dall’apertura di “sportelli sociali” per le masse fino a biblioteche, campi sportivi, sedi di ricreazione ma anche laboratori per sviluppare la propria creatività. Una immagine questa che viene rilanciata con dispiacere misto a rabbia dall’Associazione Quartieri Spagnoli Onlus che ha postato sul social network Facebook una foto di Ugo impegnato in attività laboratoriali. Ma sono tutte quelle messe in scena degli enti pubblici comunali e regionali che attivano corsi di formazione senza sbocco occupazionale e con la chimera di conferire 300 euro al mese ai giovanissimi del quartiere popolare. Corsi che si rivelano un fallimento e collidono con la fantomatica proposta di risanamento propugnata dalle istituzioni nazionali e locali in camicia nera che invece di offrire un lavoro stabile e a salario pieno, sfornano un esercito di schiavi per i padroni o i ricchi commercianti del centro di Napoli oppure scaricano il problema definitivamente nella delinquenza organizzata fino alla creazione delle agghiaccianti “paranze dei bambini” dove ragazzi tra i 9 e 14 anni coprono vaste zone di territori per imporre la violenza camorristica.
La mente ritorna all’assassinio del minorenne Davide Bifolco da parte del carabiniere Giovanni Macchiarolo poi condannato a quattro anni e quattro mesi per omicidio colposo in primo grado. Proprio la famiglia Bifolco ha fatto visita a quella Russo: “per noi Ugo, al pari di mio figlio sono vittime di Stato – ha detto il padre di Davide – prego la famiglia Russo di fare di tutto da oggi in poi per salvare i ragazzi dei Quartieri Spagnoli come noi cerchiamo di fare al Rione Traiano”.
Il neopodestà De Magistris pronunciava un timido e sbrigativo commento in cui affermava soltanto che “è sempre una tragedia quando muore un 15enne” lavandosi le mani e tacendo come al solito sulle responsabilità politiche. Stessa posizione del governatore regionale Vincenzo De Luca che si limitava a dare la solidarietà al personale ospedaliero; il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese optava per un pilatesco “sbagliato schierarsi”. Silenzio connivente, invece, sull’iniziativa voluta dal Prefetto Marco Valentini che ha richiamato i vertici delle “forze dell’ordine” propugnando come ricetta la solita militarizzazione del territorio come panacea di tutti i mali con la scusa dell’ordine e della sicurezza pubblica.
L’episodio gravissimo dell’assassinio del 15enne Ugo Russo vede emergere lo spaccato che da anni noi marxisti-leninisti denunciamo, ossia il grave abbandono delle periferie urbane, nello specifico dei quartieri popolari, lasciati a se stessi e alla camorra dalla giunta antipopolare De Magistris e dai suoi lacchè. La nuova esplosione di delinquenza giovanile e l’utilizzo facile delle armi per farsi giustizia da sé da parte del carabinieri sono le due facce della stessa medaglia che vede nella barbarie del capitalismo e dei suoi governanti in camicia nera che lo sorreggono la genesi.
I Quartieri Spagnoli, Montesanto, Scampia come le altre periferie napoletane abbisognano, subito, di un piano straordinario economico e sociale in modo da poter iniziare a risollevare questa parte della città dalla povertà dilagante, dal degrado sociale, ambientale e urbanistico, prosciugando infine l'acqua in cui nuota la criminalità organizzata e non. Questo piano straordinario, tra l'altro, deve prevedere il risanamento e la riqualificazione delle periferie con la costruzione di una fitta rete di servizi pubblici e gratuiti fino a completa copertura delle necessità e con orari e prestazioni in grado di soddisfare le esigenze lavorative e sociali, in particolare dei giovani e delle donne; ma soprattutto ha bisogno di un piano di lavoro vero – non come quelli cianciati da De Magistris e De Luca - e non di disoccupazione o di lavoro nero, precario e supersfruttato, come purtroppo la vicenda della morte di Ugo Russo tristemente insegna.

11 marzo 2020