Bollettino dell'INAIL
Strage del lavoro: 52 morti
Infortuni e decessi sul lavoro in aumento

Non è il Coronavirus, ma miete molte più vittime e lo fa in sordina, senza che nessuno ne parli. È questa l'apertura di pressoché tutti gli articoli che commentano il bollettino dell'Inail relativo agli incidenti sul lavoro nel mese di gennaio. Il dramma delle morti sul lavoro non fa notizia in situazioni normali, figuriamoci adesso che tutta l'attenzione mediatica è assorbita dal Covid-19.
Un inizio anno che conferma come questo vero e proprio eccidio non accenni a dimiminuire. “Se il buongiorno si vede dal mattino, non abbiamo di che gioire” commenta Zoello Forni, presidente dell'Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro (Anmil). Un quadro drammatico anche a livello europeo dove comunque l'Italia si colloca ai primi posti.
Solo a gennaio 2020 ben 52 persone hanno perso la vita in incidenti sul lavoro, otto in più rispetto alle 44 registrate nel primo mese del 2019 (+18,2%). Sono aumentate sia le denunce di incidenti mortali avvenuti in itinere, cioè nel tragitto casa-lavoro (da 13 a 19), sia per infortuni sul posto di lavoro che sono passati da 31 a 33. Si muore più nel Nord Est (si è passati da 9 a 14 casi mortali), poi al Centro (da 9 a 12) , un po’ meno al Sud (da 8 a 9) e nelle Isole (da 4 a 5).
Dati che il razzista leghista Zaia ha contestato, assieme a quelli dell'anno appena passato. “Ritengo che il Veneto sia la regione che maggiormente si è impegnata per ridurre la piaga delle ‘morti bianche’, del lavoro nero e del caporalato” ha detto. A stretto giro è però arrivata la replica di Christian Ferrari, segretario generale della Cgil in Veneto.“I morti sono il triplo di quanto dice la Regione. È davvero fuori luogo il trionfalismo del presidente. Non si può lanciare il messaggio che vada tutto bene, a fronte di tragedie che continuano a funestarci”.
Dobbiamo comunque tenere presente anche il peso dell'apparato produttivo e la popolazione per cui, ad esempio, il dato di Sicilia e Sardegna non è meno allarmante delle altre zone d'Italia. Allo stesso modo gli incidenti mortali hanno toccato un po’ tutti i settori: industria e servizi (da 39 a 43 denunce), agricoltura (da 5 a 7) e conto Stato (da 0 a 2). Di gran lunga più coinvolti gli uomini (evidentemente impiegati in lavori più pericolosi) che delle donne, 49 contro 3. Sale il numero dei caduti italiani e cala quello degli stranieri ma si sa, lo sfruttamento capitalistico non fa distinzioni di colore della pelle.
Diminuiscono invece le denunce di infortunio. I dati rilevati al 31 gennaio di ciascun anno evidenziano a livello nazionale un lieve decremento dei casi avvenuti in occasione di lavoro, passati da 41.475 a 40.712 (-1,8%), più sostanzioso quelli occorsi nel tragitto di andata e ritorno tra l’abitazione e il posto di lavoro, che hanno fatto registrare un calo pari al 10,3%, da 6.433 a 5.771. Il calo di denunce di infortunio, a livello geografico, ha riguardato in modo sostanzialmente uniforme tutto il Paese interessando sia gli uomini che le donne e praticamente tutte le fasce d’età, ad eccezione di quella degli under 20, che registra un +4,2%.
Ma anche questo è un dato da prendere con le molle perché in molte piccole aziende, specie per gli infortuni di minore entità, il padrone costringe il lavoratore a non fare denuncia all'Inail “invitandolo” a dichiarare che si sia trattato di un incidente domestico.
“Continuiamo ad assistere con sgomento a tragedie sempre prevedibili e ingiustificate“ ha commentato il presidente dell’Anmil, sottolineando come l’Italia sia ancora lontana dall’era della sicurezza negli ambienti di lavoro. La mancanza di verifiche tecniche nella costruzione e manutenzione delle infrastrutture, la scarsa adozione di misure collettive ed individuali di protezione, la carenza di ispezioni e controlli nei luoghi di lavoro, unite alla precarietà continuano ed essere tratti caratteristici del nostro sistema produttivo.
Ma i caduti sul posto di lavoro e per le malattie professionali, così come i morti a causa dell'inquinamento industriale, per il sistema capitalistico sono solo “effetti collaterali” nemmeno degni di considerazione mediatica.
 

18 marzo 2020