“Ci mandano allo sbaraglio”
Infermieri e medici denunciano: “Violata la legge per la sicurezza sul lavoro”.
Cresce esponenzialmente il numero dei sanitari contagiati. Il decreto del 22 marzo mitiga ma non risolve la tragica situazione dei camici bianchi. Un F35 costa quanto 7113 respiratori polmonari
Squallido rimpallo di responsabilità tra Governo e Regioni

Dall’inizio dell’epidemia da Covid-19, al momento in cui scriviamo, il numero dei medici ed infermieri contagiati mentre prestavano servizio è salito ad oltre 5.211, mentre i morti nella sanità sono divenuti 24. Sostanzialmente il 9% dei positivi è un operatore sanitario colpito mentre lavorava con paghe scarse, in un solito (ormai) turno massacrante, col morale di chi sa costantemente di poter essere contagiato con eccessiva facilità. In totale, sono oltre 5.480 i morti, tanti di più di quelli della stessa Cina (3.405).
Il prezzo più alto lo stanno pagando gli operatori delle aree più colpite, Lombardia in testa, con oltre la metà degli ammalati, alla quale segue l'Emilia Romagna dove i dati dell’Istituto superiore della sanità segnalano oltre 180 casi.
Una emergenza nell'emergenza sia per l'altissimo tributo pagato dai camici bianchi, sia per l'attuale scarsità di personale nelle aree più esposte. Dopo lo scarso successo dell'iniziativa che aveva rivolto un appello al ritorno in servizio del medici in pensione (accolto solo dal 10% di essi), il governatore della Lombardia Fontana lancia un secondo appello a quelli italiani in servizio all'estero per rientrare ad aiutare i colleghi in prima linea.
Emanuele Monti, presidente della commissione Sanità della Regione Lombardia, conferma la ricerca di personale all'estero - oltre alla delegazione già presente – attraverso accordi bilaterali con i vari Paesi, valutando con il governo un precetto d’obbligo ed avendo già stabilito il blocco di chi avrebbe dovuto andare in pensione a breve.
In sostanza, dopo il contingente cinese, arriveranno a Milano 65 tra medici e infermieri da Cuba e da altri Paesi fino ad un totale di circa 300, come precisato anche da Conte, il quale pelosamente, ha sottolineato che il governo “è al fianco delle comunità che sono in prima linea nell’affrontare questa emergenza, continuiamo a combattere questa battaglia insieme a loro”.
Comunque, alla carenza di personale si aggiungono i fatti; come ha ammesso l’assessore alla Sanità lombarda, Giulio Gallera, in molti presidi ci sono più posti letto e nelle terapie intensive la saturazione è pressoché definitiva, ed ogni sera nei presidi arrivano oltre 50 persone con gravi problemi polmonari.
Insomma ecco dove i mortali tagli alla sanità pubblica hanno portato il nostro sistema sanitario nazionale (ma di fatto regionale), riducendolo a elemosinare interventi degli altri Paesi, uniti a precetti ed al blocco delle pensioni.
 
La denuncia di medici e infermieri punta il dito contro i criminali tagli alla sanità pubblica
Esasperati da questa situazione, nonostante gli sforzi di una categoria già additata dalla stampa borghese come “privilegiata”, attraverso un protocollo di sei pagine, i medici hanno denunciato alla magistratura l’assenza delle condizioni di sicurezza per il personale sanitario che in Piemonte sta fronteggiando l’emergenza coronavirus. “Ci stanno mandando allo sbaraglio: vogliamo sapere di chi sono le responsabilità”, sostiene Chiara Rivetti, segretaria regionale dell’Anaao, il sindacato dei dirigenti medici che ha firmato l’esposto inviato alla Procura di Torino e all’Ispettorato territoriale del lavoro ipotizzando il reato di violazione della legge 81 del 2008, sulla sicurezza sui luoghi di lavoro.
Non solo in Piemonte, ma nelle zone colpite dall'epidemia di tutta Italia, i dispositivi di protezione individuale come le mascherine FFP2 e FFP3 sono ormai introvabili, ed infatti altri esposti saranno promossi nei prossimi giorni in Emilia Romagna, Veneto, Lazio, Lombardia e via di seguito nel Mezzogiorno. Mancano ovunque anche le protezioni per gli occhi.
Il sindacato dei dirigenti medici punta il dito sul criterio di distribuzione dei presidi in essere e sulla esecuzione dei tamponi, addossando le responsabilità primarie degli accadimenti ai “dieci anni di tagli indiscriminati alla spesa sanitaria che ci hanno portati al mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza”.
Già prima del coronavirus mancavano in organico 52 mila infermieri ma ora le Regioni riempiono i buchi non con contratti a tempo determinato ma con contratti precari e temporanei di collaborazione con paghe di fame: nella zona rossa di Piacenza si sono inventati incarichi libero professionali che possono essere revocati in ogni momento. Mentre le paghe di fame vanno dai 30 euro lordi orari, da cui sottrarre tasse e contributi, in Lombardia ai 19 lordi in Liguria, che possono scendere fino a 13 euro.
Dal sito quotidianosanità.it emerge che negli ultimi dieci anni in Italia sono stati tagliati 200 ospedali, 45.000 posti letto, 10.000 medici e 11.000 infermieri. I tagli hanno riguardato in particolar modo la sanità pubblica, quella che disperatamente sta tentando di reggere l’urto dell’epidemia, mentre è relativamente cresciuto nel tempi il comparto privato accreditato, oltre il 48% del totale, che solo oggi, dopo tre settimane drammatiche di scoppio della malattia, viene chiamato a svolgere un ruolo complementare a quello dei sanitari in prima linea e comunque non uniforme in tutte le regioni italiane contro pagamento dello Stato del 100% del valore requisito, ignorando così i contributi pubblici alla sanità privata che si ripetono, sempre più insistenti, da anni.
In particolare il taglio selvaggio dei posti letto ne ha fatta crollare la media a 3,2 ogni 1.000 abitanti, ben al di sotto della media OCSE di 4,7. Nella UE chi sta “meglio” è la Germania con 8 poti letto ogni 1000 abitanti, ma oggi si rivela particolarmente interessante il confronto con la Corea del Sud, Paese nel quale lo stesso virus ha determinato esiti pandemici ben diversi dai nostri e dove la mortalità da Covid-19 ad oggi si attesta intorno all’1%, contro il 9% circa dell’Italia. Ebbene, la Corea de Sud oggi dispone di 12 posti letto ogni 1.000 abitanti, quasi quattro volte le misere disponibilità italiane. Ma allora, è proprio vero che la sanità italiana rimane una delle migliori al mondo? Si direbbe di no, ma d'altra parte l'attuale spesa sanitaria in Italia, in termini di incidenza percentuale sul PIL è la più bassa fra i principali Paesi dell'UE.
Insomma, i problemi attuali del personale sanitario si mutano in dramma anche a causa della criminale irresponsabilità della politica borghese ad ogni livello, da Conte ai governatori regionali poiché, con l'articolo 7 del decreto 14 il governo ha disposto il richiamo al lavoro di tutto il personale sanitario che era in quarantena ma che è asintomatico, nonostante la scarsità dei tamponi sia tale da non consentire di testare nuovamente il personale entrato in contatto col virus, con il conseguente aumento esponenziale del rischio di diffondere ulteriormente l’epidemia. Una scelleratezza propria di chi non sa più che pesci pigliare.
 
I Contenuti di settore nell'ultimo Decreto legge tamponano ma non risolvono il problema
Come già accennato, c'è voluto l'ennesimo decreto prima di applicare una misura che avrebbe dovuto essere adottata fin dall'inizio: le aziende ospedaliere private anche non convenzionate dovranno essere a disposizione personale, locali e strumenti, e su tutto vigilerà un commissario straordinario, insieme alla Protezione Civile. L’intervento su quest’ultima e sulla sanità vale circa 2,5 miliardi a fronte – non dimentichiamolo – delle decine di miliardi tagliate negli ultimi decenni e di quelle “gentilmente” erogate alla sanità privata che fino ad oggi ha potuto sostanzialmente lavarsene le mani.
Secondo l'ultimo decreto, per le mascherine (quasi introvabili nel nostro Paese) cade l’obbligo della certificazione CE, rendendo sufficiente una autocertificazione del produttore sul rispetto degli standard di sicurezza che di fatto facilita il ricorso a prodotti che arrivano dalla Cina o comunque extra Ue.
A chi lavora nei settori delle imprese “indispensabili alla produzione dei farmaci e dei dispositivi medici e diagnostici” non si applicherà la misura della quarantena con sorveglianza attiva neanche se siano stati in stretto contatto con casi confermati Covid-19, ma solo se positivi e sintomatici.
Il Decreto prevede inoltre l’arruolamento temporaneo di 120 ufficiali medici e 200 infermieri militari per un anno, laureati e abilitati in medicina o in infermieristica.
Misure non risolutive se sommate al lungo elenco di attività considerate essenziali ancora aperte, se considerato che in Cina, che notoriamente non è la “patria del socialismo” ma una dittatura imperialista di stampo fascista, per oltre un mese il cibo è stato consegnato dall’esercito poiché il blocco era totale sulla distribuzione, trasporti pubblici e tutto il resto. A Wuhan, considerato epicentro del virus e dove oggi non ci sono nuovi casi, gli ospedali hanno potuto iniziare a trattare i pazienti e ridurre il numero delle persone ammalate un mese dopo aver adottato il blocco completo che ancora in Italia, a causa delle cosiddette “compatibilità aziendali” (leggi profitti per le aziende), non si è attuato. Se ne sono finalmente accorti anche i sindacati confederali che unitariamente hanno minacciato lo sciopero delle categorie ancora attive, fino a quello generale se non saranno rispettati i seppur timidi protocolli previsti.
 
La responsabilità delle istituzioni al centro del tracollo
Non possiamo dimenticare perché oggi ci troviamo a questo punto. La comparsa di questo virus fu dichiarata “emergenza sanitaria internazionale dall'OMS fin dal 31 gennaio, ma il direttore dello Spallanzani, Giuseppe Ippolito dichiarò in conferenza stampa che “Il rischio di ulteriori limitate trasmissioni da persona a persona all’interno dell’Ue è da basso a molto basso”.
Il 21 febbraio arriva il “paziente uno” a Codogno, nel basso Lodigiano e immediatamente Salvini intima a Conte di “chiudere, blindare, proteggere, controllare e bloccare tutto”; tuttavia neanche una settimana dopo e dopo le restrizioni lombarde, si grida da più parti all'allarmismo ingiustificato: il sindaco di Milano Sala chiede al governo di riaprire i musei, riapre i locali dopo le 18 e indossa la t-shirt con lo slogan #milanononsiferma, facendosi ritrarre mentre prende lo spritz. La sfrontata demagogia di Salvini che evidenzia le speculazioni del capo dei fascisti del XXI secolo si smaschera quando egli va da Mattarella a chiedere di “Riaprire tutto e far ripartire l’Italia”.
Poche ore dopo, in previsione di ulteriori restrizioni visto il dilagare dell'epidemia, è il turno di Confcommercio che addirittura stila un decalogo: “Sono gli ultimi giorni di saldi: approfittane! Vai dal parrucchiere o dall’estetista! Incontra gli amici al bar per un aperitivo, non sono più chiusi dopo le 18! Esci a cena, i ristoranti sono aperti! Fai una passeggiata e mangia un gelato prima di tornare a casa”. Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia addirittura denuncia al Corriere i danni della psicosi da Coronavirus minacciando ricorsi.
Si arriva così all'8 marzo quando la Lombardia e 14 province nel nord vengono dichiarate “zona rossa”. Di li in poi la tragica escalation che conosciamo.
Compatibilità aziendali, arrendevolezza sindacale, l'incedere assoluto del profitto e uno Stato complice e capace solo di correre a ripari tardivi sulla pelle di chi ancora lavora, sono crimini di un capitalismo che sta già facendo attraverso la Borsa che non si ferma, grandi utili, e che ne farà altri in seguito innanzitutto in campo farmaceutico, sulla pelle dei malati, delle lavoratrici e dei lavoratori dei servizi “essenziali” - in primis quelli del sistema sanitario – lasciati allo sbaraglio.
Infine, neanche l'Unione Europea imperialista ne esce pulita, anzi. Negli ultimi dieci anni, la sanità è stata bersaglio privilegiato dei programmi europei di austerità. I budget per la ricerca sono stati decimati in tutti i Paesi periferici come l'Italia, la Spagna, la Francia, la Grecia, l'Irlanda, e ad semestre europeo, i tecnocrati incaricati di rivedere le spese sociali dei paesi membri hanno preteso nuovi tagli sul personale sanitario, sugli ospedali, ritenendole superflue rispetto al sacrosanto 3% del deficit. In nome della “razionalità” economica, avere dei posti letto supplementari era considerato uno spreco. Con l'epidemia di Covid-19, il Re rimane nudo, ed emergono evidenti danni di questa politica capace di schiacciare il welfare come nessun governo sovrano aveva mai osato prima, ma che oggi non esita ad eseguire da suddito i tagli imposti dalla superpotenza dei padroni europei, tolti dalle tasche delle popolazioni ed introdotti direttamente o indirettamente nelle già grasse tasche dei privati.
In sostanza, se pensiamo che un solo caccia F35 costa quanto 7113 ventilatori polmonari, e che oggi abbiamo F35 ma non respiratori polmonari, tutto ci appare più chiaro. Non c'è dunque da stupirsi se Conte ha incluso tra le attività essenziali le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica per l’economia nazionale.
 

24 marzo 2020