Striscione apparso lungo l'autostrada nei pressi di Bergamo

Nonostante il dilagare dei contagi, migliaia di morti e la mobilitazione degli operai
Il decreto sulla chiusura delle fabbriche è un bluff: è dettato dalla Confindustria
Scioperi spontanei immediati nei settori non essenziali e nelle fabbriche che non garantiscono la salute dei lavoratori
Conte schierato con i padroni, occorre lo sciopero generale

Non è bastato che il coronavirus contagiasse tutta l'Italia con oltre 69 mila infettati e quasi 7 mila morti per convincere il governo Conte a prendere misure serie per proteggere la salute di chi, a parte il personale sanitario, stava rischiando la propria vita più di tutti: gli operai. Quando i morti hanno superato di gran lunga quelli della Cina ponendo il nostro Paese in cima a questa poco invidiabile classifica, e la sera del 21 marzo il Presidente del Consiglio Conte è apparso in tv annunciando che sarebbero state prese misure più stringenti, a partire dalla chiusura di tutte le fabbriche e servizi non essenziali, milioni di lavoratori hanno tirato un sospiro di sollievo.
Ma il giorno dopo, quando allegata al decreto è stata diramata la lista delle attività esentate dal blocco produttivo è apparso chiaro come si trattasse di un bluff, un inganno bello e buono. Qualche dubbio si era insinuato fin dall'inizio, quando sabato sera Conte affermava: “l'Italia non si ferma, rallenta”; dubbi che aumentavano quando il documento ufficiale tardava ad uscire. È stato poi lo stesso Conte ad ammettere come il decreto fosse già pronto sabato ma si è dovuto aspettare domenica per far fronte alle forti pressioni delle varie categorie economiche (padronali).
E le pressioni hanno sortito il loro effetto perché cambia ben poco rispetto alla situazione preesistente: si fermerà una parte della metalmeccanica, la manifattura strettamente legata alla moda, e tra i servizi, gli studi notarili. Il ventaglio di aziende che possono rimanere aperte va ben al di là dell'essenziale. Nel decreto, dopo aver elencato alcune attività chiaramente necessarie nell'emergenza si precisa subito che “sono consentite le attività dell'aerospazio e della difesa, nonché le altre attività di rilevanza strategica”. Definizione assai ampia e vaga, quali sono quelle strategiche? E per “difesa” cosa intendiamo? Evidentemente anche la produzione di armi, non a caso la produzione in Piemonte dei cacciabombardieri F-35 non si è fermata. Veramente essenziale! È gravissimo che con questa emergenza ci si preoccupi di non far mancare le armi al nostro esercito imperialiste e magari salvaguardare le esportazioni.
Andiamo poi a vedere l'elenco delle attività esentate, identificate attraverso il codice Ateco (ATtività ECOnomica). Non staremo a elencarle tutte ma ci limiteremo a qualche esempio. La chimica può lavorare, non solo quella di base o farmaceutica, ma tutta, anche quella per l'industria generica. Fabbricazione di articoli in gomma e materie plastiche di qualsiasi tipo, quindi anche pezzi per auto e moto, magari anche armi. Imballaggi in legno, anche per la spedizione di articoli futili e non necessari, fabbricazione di corde, funi e reti, e via di questo passo. Ma anche attività all'apparenza indispensabili in realtà si potevano limitare, come ad esempio l'industria delle bevande: indispensabile produrre bibite gasate?
Non si ferma del tutto nemmeno l’edilizia. Rimangono aperti in particolare i cantieri delle grandi opere inutili, costose e dannose per i territori. Dalla Tav Torino-Lione al Terzo Valico fino alla Brescia-Verona. Prosegue anche la ricostruzione del ponte Morandi di Genova, nonostante le proteste dei lavoratori ivi impiegati. Da considerare inoltre il punto dove si specifica che sono consentite anche le “attività funzionali ad assicurare la continuità delle filiere delle attività allegate”. Una concessione che lascia spazio all'esercizio di ulteriori lavori. Insomma, una gamma molto ampia che lascerà in giro per le fabbriche non essenziali ancora migliaia di operai.
Ma tutto questo non basta ai padroni. Confindustria ha fatto pressioni sul governo fino all'ultimo, dettando le condizioni: stilando una lunga lista per la proroga di alcuni giorni e includendo non poche attività di supporto a quelle di manutenzione e vigilanza non indispensabili. Queste hanno fatto breccia nel governo tanto da essere accettate. Vincenzo Boccia ha avuto la faccia tosta di continuare a insistere: “Non si può chiudere tutto. Perderemo 100 miliardi al mese. Il 70% del tessuto produttivo italiano chiuderà. Entriamo in economia di guerra", protestava dal microfono di una radio nazionale.
Anche i sindacati hanno protestato, ma per motivi opposti. Landini ha dichiarato: “il decreto chiudi Italia è stato stravolto”. Cgil-Cisl e Uil hanno chiesto un nuovo incontro per chiedere l'inclusione di ulteriori attività, minacciando lo sciopero generale dopo che "è stato raddoppiato l'elenco delle produzioni non essenziali" rispetto a quello concordato con il governo, sotto le pressioni di Confindustria.
Mentre il ministro dello Sviluppo Economico, il 5 Stelle Patuanelli, rasentavano il ridicolo affermando: “non abbiamo ceduto agli industriali” quando è apparso chiaro a tutti che Conte e il suo governo si sono schierati con i padroni. Un governo che costringe operai, autisti, impiegati ad andare al lavoro, magari gomito a gomito sui mezzi pubblici, a stretto contatto nelle catene di montaggio, nelle postazioni che prevedono lavori di squadra, a utilizzare spazi comuni affollati. Un governo che terrorizza chi porta il cagnolino a fare pipì o va a fare una corsetta, ma molto, molto “comprensivo” nei confronti dei padroni.
Chi sembra avere le idee chiare sono i lavoratori che non hanno accettato passivamente il nuovo decreto. Nelle fabbriche già lunedì mattina erano in atto gli scioperi operai spontanei. Molti nel settore aerospazio, comunica la Fiom Lombardia, che segnala mobilitazioni in Leonardo, Ge Avio, Fata Logistic System, Lgs, Vitrociset, MBDA, DEMA, CAM e DAR. Scioperi anche nel Torinese negIi stabilimenti “Avio Aero”, alla “Alessio Tubi” e “Officine Vica”, nelle aziende aerospaziali e della difesa dell'area Fiorentina e a macchia di leopardo un po' in tutta Italia. I sindacati di base avevano già iniziato lo stato d’agitazione dopo la firma del precedente accordo tra governo, sindacati e industriali. Adl cobas e Si Cobas proseguono gli scioperi in difesa del diritto alla salute. Per il 25 marzo l’Usb ha proclamato lo sciopero generale.
Intanto anche i sindacati confederali dei lavoratori della chimica e della metalmeccanica lombarda hanno annunciato uno sciopero di otto ore sempre per mercoledì. Minacciano di andare nella stessa direzione anche i metalmeccanici di Lazio e Toscana e le rappresentanze dei bancari. Proseguono le agitazioni per il rispetto della sicurezza in settori che rimangono aperti come il commercio.
La Cgil al momento in cui scriviamo afferma di appoggiare tutte le lotte dei lavoratori delle fabbriche rimaste aperte ma che non sono essenziali, mentre il comunicato congiunto delle tre sigle confederali invita a “mettere in campo tutte le iniziative di lotta e di mobilitazione fino alla proclamazione dello sciopero” lasciando la responsabilità alle categorie e RSU/RLS. Veramente troppo poco, qui serve uno sciopero generale che esiga la chiusura delle aziende non essenziali e la sicurezza in quelle veramente indispensabili, la copertura finanziaria al 100% a chi non lavora senza intaccare lo stipendio e le ferie dei lavoratori.
 
 

25 marzo 2020