Ecco dove porta la privatizzazione della Sanità
Strage nelle residenze sanitarie per gli anziani

Le agghiaccianti immagini delle decine di povere salme accatastate una accanto all'altra nella camera mortuaria del Pio Albergo Trivulzio di Milano (oltre milletrecento anziani ricoverati, il polo geriatrico più importante d’Italia) sono la spietata testimonianza della strage che si sta consumando in queste strutture trasformatesi nelle ultime settimane da presidi di cura e assistenza dei nostri anziani in lazzaretti del contagio di Covid-19 e in mortali trappole per degenti e operatori sanitari.
Eppure si sapeva quanto il Covid-19 fosse potenzialmente fatale per coloro che si trovano in l'età avanzata. Lo documenta l'Istituto superiore di Sanità che al 30 marzo fornisce il quadro dei deceduti attribuiti al Coronavirus stimandoli al 69,2% di età media 78 anni. Il documento precisa anche che su una letalità complessiva del 10,6% (ovviamente sui dati certificati e quindi assolutamente parziali vista la scarsità di tamponi fatti), nella fascia dai 70 ai 79 anni l’indice di mortalità si impenna al 19,8%, tra gli 80 e gli 89 sale addirittura al 28,1%.
In questo quadro già drammatico di per sé, l'approssimazione e la carenza di strutture sanitarie e dei dispositivi di protezione, unita alla ricerca del profitto che muove la sanità privata al pari di qualsiasi altra impresa capitalistica, ha lasciato gli anziani delle RSA di tutta Italia in balia del contagio, insieme a parenti e amici che, ignari, varcavano le soglia delle strutture sociosanitarie pubbliche, ma soprattutto private.
Le notizie drammatiche trapelate dalle case di riposo hanno spinto familiari e parenti delle centinaia di vittime a puntare il dito sulla mancata adozione di tempestive misure di contenimento, sull'uso scorretto delle strutture stesse e sulla scarsa sanificazione dei locali.
 
Il questionario dell'ISS sulla Residenze Sanitarie Assitenziali
L’Iss assieme al Garante delle persone private della libertà, ha curato un dossier sulla diffusione del virus in queste strutture. In sostanza le residenze socioassistenziali contano in Italia 340.593 posti letto, età media 85 anni, il 60% con l’Alzheimer. Al questionario hanno risposto appena 236 strutture delle 1.634 contattate, su un totale di 2.556 Rsa pubbliche o convenzionate che fanno parte dell’Osservatorio Demenze dell’Iss.
Su questo campione, a dire il vero piccolo (poco più del 9%), i numeri più significativi dicono che 204 Rsa (pari all’86%) hanno avuto difficoltà nel reperimento di Dispositivi di protezione individuale; 28 (12%) hanno avuto difficoltà nel trasferire i residenti positivi negli ospedali e 63 (27%) hanno avuto difficoltà nell’isolamento dei residenti positivi.
Infine il dato più falso: su 1.845 decessi, solo 57 sarebbero stati catalogati Covid-19 positivi e 666 con sintomi simil-influenzali (39,2%). Come avranno potuto eseguire i tamponi se quasi 9 strutture su 10 affermano addirittura di essere stati privi persino dei più banali dispositivi di sicurezza?
È evidente che ci troviamo di fronte a un dato anch'esso parziale e bugiardo, che si lega a doppio filo anche con l'ipotesi più generale dei contagi che ad esempio a Bergamo, secondo un'inchiesta dell'Eco di Bergamo, stimano in 4.500 i morti in città nel solo mese di marzo, più del doppio del dato ufficiale (2.060), poiché le persone decedute in casa o proprio nelle residenze per anziani con sintomi riconducibili al Coronavirus, non rientrano nel computo delle autorità predisposte alla statistica.
È evidente che solo dopo aver fatto il tampone a tutti potremmo sapere quanti sono stati i contagiati e qual è l'effettiva mortalità del Covid-19; e tuttavia le morti “domestiche” e quelle nelle RSA sono due delle principali “zone d'ombra” che non permettono di fare chiarezza.
 
La strage degli anziani non risparmia nessuna regione
Questa che è stata definita una vera e propria “strage degli innocenti” non è una prerogativa esclusiva delle regioni più colpite dal Covid-19, ma nei fatti si riscontra in tutta Italia.
“In Lombardia abbiamo circa 60mila posti di Rsa accreditate e credo che alla fine di questa vicenda in difetto ne avremo persi almeno il 10%, ma se non vengono prese delle misure diverse, rischiamo di arrivare anche al 13-15%”; questo è il grido di allarme di Valeria Negrini, presidentessa di Confcooperative – Federsolidarietà Lombardia e vicepresidente nazionale con delega al welfare.
Addirittura, alla fine di febbraio, l’Associazione delle case di riposo del Bergamasco (Acrb) chiese all’azienda sanitaria di Bergamo di chiudere le residenze sanitarie assistenziali di città e provincia. Eppure, alla richiesta dell’associazione la Regione Lombardia oppose un netto rifiuto: le case di riposo dovevano restare aperte.
Solo oltre un settimana dopo e a contagio ormai sfuggito, sarebbe arrivato il dietrofront, con una circolare che invitava i vertici delle Rsa a valutare la necessità di sbarrare gli accessi a chiunque provenisse dall’esterno. Nel frattempo però, il virus aveva già contagiato gli anziani e, al di la dei tamponi non fatti, è un dato incontrovertibile che nel solo mese di marzo si siano contati oltre 820 decessi tra gli ospiti delle residenze nella sola provincia di Bergamo, circa il 20% del totale.
La Regione Lombardia è responsabile diretta più di ogni altra poiché, per liberare posti in terapia sub-intensiva, con la sciagurata delibera XI-2906 che ordinava alle Ats di fare una ricognizione dei posti letto disponibili per le cure extra-ospedaliere, individuando le Rsa dotate di strutture autonome ed “adeguate” per l’assistenza a bassa intensità dei contagiati, ha scaricato i malati in eccesso negli ospedali a strutture che ospitano anziani con patologie croniche e a massimo rischio contagio.
Vergognoso l'insabbiamento al Pio Albergo Trivulzio di Milano, che per tutto il mese di marzo ha occultato la diffusione del Covid-19 nei suoi reparti, dando modo al virus di contagiare numerosi nuovi pazienti e operatori sanitari. A dirigerlo Giuseppe Calicchio, scelto dalla Regione Lombardia di concerto col sindaco Sala e in carica dal primo gennaio 2019, forte di stretti legami con l’assessore regionale alle Politiche sociali, Stefano Bolognini, cerchia ristretta di Salvini, al cui fianco si trovava anche l’estate scorsa al Papeete di Milano Marittima. Poco è cambiato rispetto al passato, se si considera che Tangentopoli partì nel 1993 proprio dal Trivulzio, quando il craxiano Mario Chiesa gettò nel wc le banconote di una tangente ricevuta.
Anche la situazione delle Rsa in Piemonte è drammatica e si contano decine di morti in ogni provincia. Si susseguono le aperture di fascicoli d'inchiesta della Procura di Torino e gli interventi dei NAS. Dopo il tardivo blocco degli ingressi, sono state anche qui le segnalazioni dei familiari dei degenti, che lamentavano di non ricevere adeguate risposte dalla Rsa, a sollevare il caso, già segnalato dai sindacati che l'avevano definito “una bomba a orologeria”, poi scoppiata nel silenzio omertoso dei responsabili sanitari delle strutture come la San Giuseppe, privata ma accreditata con il Servizio sanitario nazionale.
Tutte le indagini finora accertate convergono sul fatto che i contagi sarebbero arrivati tutti dall’ospedale di Chivasso, focolaio del territorio, soprattutto per la carenza di dispositivi di difesa personale degli operatori che facevano la spola e per i pazienti in via di guarigione che vi venivano trasferiti.
In Sardegna ospiti e personale positivi al Covid-19 di tre grosse strutture in provincia di Sassari, presentano tassi percentuali di contagiati, in rapporto alla popolazione, vicini a quelli medi delle regioni del centro-nord con il 65% dei contagiati sardi in quest’area geografica. Molte le critiche mosse alla macchina organizzativa allestita dalla regione Sardegna e dalla protezione civile, sempre in termini di prevenzione e di mancato isolamento dei pazienti contagiati; accuse che hanno indotto alle dimissioni l’intera dirigenza dell’Azienda ospedaliera di Sassari dopo la decisione della Regione di affidare la guida a un commissario straordinario.
A Casa Serena, ad esempio, dal primo caso accertato il 17 marzo, i tamponi a ospiti e personale sono stati fatti soltanto il 27. Un ritardo criminale che ha causato, in assenza di misure precedenti, il contagio di 63 anziani e di 17 tra il personale. Per di più il sindaco di Sassari ha consigliato agli ospiti il rientro nelle proprie case, scaricando così sulle famiglie sia il problema rischio Covid, sia quello dell'assistenza stessa.
In Toscana, “fiore all'occhiello” della sanità federalista italiana, sono oltre 800 gli ospiti trovati positivi in pochi giorni dopo l'incremento dei tamponi eseguiti nelle case di riposo, ai quali si aggiungono circa 160 operatori positivi. Dal 29 marzo a oggi quindi, una media di oltre 160 casi giornalieri solo all'interno di queste strutture, ai quali andrebbero aggiunti i decessi e contagi dei mesi precedenti non registrati come conseguenza diretta o aggiuntiva ad altre patologie.
Questo screening di massa nelle RSA arriva quindi con almeno due settimane di criminale ritardo, così come in colpevole ritardo il governatore Rossi ha emanato un’ordinanza chiesta dai responsabili del settore, sindaci e personale sanitario da settimane per dividere le Rsa tra “Covid” e “no Covid” isolando i positivi e ricoverando i malati “instabili”.
Lo strage di anziani si allarga al centro Italia e al Mezzogiorno. Gravi problemi anche nelle Marche, in Emilia Romagna, in Umbria e nel Lazio, e si moltiplicano i casi di contagi tra gli ospiti e nel personale nelle RSA del Mezzogiorno, nonostante il Sud sia un passo indietro rispetto alle altre regioni del Paese. Un rischio potenziale per centinaia di migliaia di anziani ospiti delle strutture in larghissima parte private, delle quali i numerosi casi già accertati di Bari, Lecce, Catanzaro – per citarne alcuni – fanno capire che anche stavolta governo e regioni stanno agendo in ritardo. Un immobilismo colpevole e stragista che ha innanzitutto nei governatori regionali i suoi primi responsabili.
 
Il profitto privato e il disimpegno dello Stato sono le cause di questa strage nella strag e
Insomma, muoiono a centinaia, in certe strutture non c’è nemmeno posto dove mettere le bare e i cadaveri restano per ore nei loro letti, vicino ai vivi che non ricevono né farmaci né l'assistenza dovuta. Gli anziani non autosufficienti diventano le vittime di una strage silenziosa. Non sappiamo nemmeno quanti siano, visto che i dati della Protezione civile non indicano i decessi avvenuti nelle RSA e soprattutto perché moltissime di quelle morti, in assenza di tampone, non sono nemmeno attribuite al Covid-19. Quando l’epidemia è partita però, era stato ampiamente detto dai sanitari competenti che quello che stava succedendo negli ospedali sarebbe stato niente rispetto a ciò che avrebbe potuto verificarsi nelle case di riposo.
Ciononostante, i pesanti tagli alla Sanità, la soppressione di oltre 200 ospedali pubblici e la carenza di strutture hanno fatto sì che le RSA fossero individuate come luoghi dove dirottare i malati accertati di Covid-19 che non presentavano più sintomi pur rimanendo potenzialmente contagiosi. La conseguenza è stata l'aumento dei profitti da parte delle RSA private ma anche la diffusione incontrollata del virus all'interno delle strutture stesse.
Non va dimenticato infatti che le RSA sono in larga prevalenza nelle mani dei privati, complice la carenza assistenziale statale. Preoccupate di salvaguardare più la propria immagine che la salute dei degenti, molte di esse hanno nascosto o imbellettato la verità e ritardato la comunicazione dei casi sospetti, hanno limitato l'utilizzo di mascherine, non hanno chiuso tempestivamente gli accessi agli estranei e parenti. Un atteggiamento criminale che ha finito per condannarle a diventare incontrollati focolai di contagio e di morte.
Del resto gli anziani, quando hanno concluso la loro vita produttiva, vengono considerati dal sistema capitalistico solo un peso e un costo da ridurre al minimo. E quindi scaricati alla sanità privata. Invece di istituire un adeguato servizio sociale pubblico e gratuito di assistenza domiciliare socio-sanitaria e riabilitativa per gli anziani e i disabili secondo le necessità e con personale dipendente dalle Asl, oltre al creare, con il concorso delle regioni e dei comuni, nuove residenze e centri diurni pubblici e gratuiti per disabili e anziani anche non autosufficienti fino a coprire tutte le richieste, dotate di servizio di trasporto domiciliare. Strutture completamente pubbliche che operano anche nei periodi estivi, con spazi attrezzati per le varie patologie degli anziani e la presenza di personale di sostegno, medici e personale infermieristico specializzato in malattie gravi come l'Alzheimer, patologia comune in quest'ambito, e soprattutto con il coinvolgimento continuo e permanente dei familiari dei "ricoverati" nella gestione di queste strutture.
Ogni comune o territorio, dovrebbe inoltre farsi carico di realizzare comunità-alloggio con personale di sostegno per anziani e disabili, in particolare per i non autosufficienti, dove ve ne sia richiesta.
Un miraggio nel capitalismo, un'alternativa da attuare nel socialismo, la società con cui dovrà fare i conti l'Italia del futuro perché come scrive il compagno Giovanni Scuderi nel suo Editoriale: “L’Italia futura che abbiamo in mente noi marxisti-leninisti vede invece il dominio del proletariato e del socialismo, la cancellazione di ogni tipo di disuguaglianza e l’inizio della soppressione delle classi che avverrà nel comunismo, la fine della disoccupazione e della povertà, il lavoro per tutti, il benessere del popolo, piena libertà e democrazia per il popolo. In sostanza una nuova economia e un nuovo Stato modellati secondo gli interessi del proletariato e delle masse lavoratrici e in grado di affrontare qualsiasi emergenza, a partire da quella sanitaria.
 
 
 

8 aprile 2020