Golpe in Ungheria
Orban si prende i pieni poteri
L'UE e il Ppe non lo cacciano

La linea che divide le necessarie misure mediche e sociali dall'inaccettabile limitazione delle libertà democratiche borghesi e costituzionali, nella lotta contro il coronavirus, è molto sottile e per i governi borghesi il pretesto dell'emergenza sanitaria è stata una occasione che in diversi hanno colto al volo per dare un'altra sterzata a destra. Il fascista premier ungherese Victor Orbán senza mezze misure si è preso i pieni poteri con un vero e proprio golpe parlamentare.
Il partito Fidesz, che controlla l'Assemblea nazionale di Ungheria, il parlamento con sede nella capitale Budapest, assieme ad alcuni deputati dell'estrema destra ha approvato con 138 voti favorevoli contro 53 contrari una legge che “democraticamente” consegna un potere assoluto a Orban: il premier può governare coi decreti, chiudere il Parlamento, cambiare o sospendere leggi esistenti, ha la facoltà di bloccare le elezioni e di decidere quando finirà lo stato di emergenza, di mandare in galera chi diffonde “false notizie” a suo giudizio ovviamente. Lo stato di emergenza peraltro in Ungheria è già in vigore dal 2015 per tenere il paese blindato contro i migranti. In altre parole Orban può concludere il lavoro del suo governo per smantellare tutto il sistema delle garanzie formali dello Stato borghese, mettere il bavaglio alla stampa, controllare la magistratura, rendere ancora più marginale una opposizione parlamentare che aveva tentato inutilmente di inserire nel testo della legge un limite temporale di 90 giorni ai pieni poteri del premier.
Scontato il plauso “all'amico Orban” e alla “libera scelta del parlamento ungherese”, che si è comportato come quelli italiano e tedesco che dettero i pieni poteri a Mussolini e Hitler, proveniente dai camerati italiani Matteo Salvini e Giorgia Meloni che sperano di saldare l'alleanza formando un gruppo al parlamento europeo. Confermato l'atteggiamento accondiscendente e complice di Antonio Tajani di Forza Italia che spera di tenerlo dentro al gruppo del Ppe.
Né la Ue né il Ppe lo cacciano come meriterebbe. Il golpe in Ungheria è passato quasi sotto silenzio nella Ue concentrata sul tema emergenza coronavirus. Il belga Didier Reynders, commissario alla Giustizia, si limitava a annunciare che le misure decise da Budapest sono sotto esame e ricordava che da tempo l'Ungheria, come la Polonia, si trova sottoposta a procedura di indagine della Commissione per violazione dello stato di diritto. Un esame inutile e in fin dei conti complice da parte della Ue dato che eventuali sanzioni contro il paese incriminato devono essere prese all'unanimità; quando i paesi incriminati sono due, come nel caso di Ungheria e Polonia, in sede Ue si assiste alla farsa che ogni decisione è bloccata dai veti di Budapest e Varsavia che si proteggono reciprocamente.
Stesso atteggiamento di complicità verso il fascista Orban si registra nel gruppo dei partiti democristiani e popolari del parlamento europeo, il Ppe. Giusto un anno fa, il 20 marzo 2019, il partito Fidesz era stato solo sospeso dall'assemblea politica del Ppe e la sua attività sottoposta al monitoraggio di tre probiviri in seguito alla messa in stato di accusa per aver approvato leggi illiberali, ristretto la libertà di stampa e lo stato di diritto borghese in Ungheria, discriminato le minoranze musulmane e rom. Orban accusava anche la Commissione allora presieduta da Juncker di “minacciare la sicurezza dell’Ungheria” con i piani di ridistribuzione dei migranti, tanto ridicoli e inefficaci che l’Ungheria ha potuto rifiutare senza pagare pegno. Si erano schierati in difesa del fascista Orban e avevano bloccato l'espulsione di Fidesz dal gruppo dei popolari a Strasburgo, Forza Italia di Berlusconi e Tajani e il Ppe spagnolo. La missione di monitoraggio dei probiviri non si era ancora conclusa e a fronte delle nuove misure del golpista ungherese il Ppe non ha trovato di meglio che rimandare alla prossima riunione in programma a giugno la decisione sull'espulsione richiesta di nuovo da alcuni partiti e capi di governo tra i quali il greco Kyriakos Mitsotakis e la norvegese Erna Solberg. Una iniziativa che non ha ricevuto l'appoggio del Partito popolare spagnolo ma neanche della Cdu tedesca.

8 aprile 2020