Incompetenze, contagi evitabili, approssimazioni e incongruenze nelle comunicazioni nella gestione dell'emergenza sanitaria
Il Coronavirus porta a galla le colpe e deficienze della Sanità pubblica molisana
Nella RSA “Tavola Osca” di Agnone 13 anziani infettati in breve tempo, lasciati senza colazione, abbandonati per ore e salvati da Protezione civile e Croce rossa con un trasferimento di notte presso una struttura lontana e scarsamente attrezzata
Flash mob di protesta per come è gestita l'emergenza


Dal nostro corrispondente del Molise
Continua a palesare tutte le sue deficienze e approssimazioni, nonostante il coraggioso e titanico sforzo di tutto il personale sanitario, la gestione della sanità “pubblica” in Molise. Non si contano i casi di direzioni fin troppe improvvisate delle varie emergenze: dai pochi DPI a disposizione al personale medico insufficiente, alle tardive e scarse assunzioni, al basso numero di tamponi effettuati che stanno portando, probabilmente, a una sottovalutazione del reale numero di contagiati in Molise.
Cerchiamo di mettere ordine nel marasma in corso (caratterizzato pure dai primi esposti e dalle prime denunce), partendo dall’ultimo, incommentabile, caso che ha scosso l’opinione pubblica, la vicenda della RSA “Tavola Osca” di Agnone. Qui, sostanzialmente nel giro di una giornata, si è preso atto che 13 ospiti e 10 operatori della struttura fossero positivi ai tamponi; quindi, personale a casa, mancanza di sostituti, cucine chiuse e anziani lasciati a digiuno per ore. Poi un vergognoso tira e molla fra istituzioni e proprietario della struttura che alla fine si conclude col titolare che consegna le chiavi andando via! Si è reso necessario, pertanto, un trasferimento in fretta e furia, nella notte stessa (fra il 6 e il 7 aprile), dei 13 anziani presso il SS Rosario di Venafro, cui si sono aggiunti, sempre nelle stesse ore, altri 5 anziani prima ospitati in una casa di riposo a Cercemaggiore, poi smistati all’ospedale di Larino e ora, appunto, a quello di Venafro. 18 persone fragili, costrette ad una sorta di viaggio della speranza discutibile anche dal punto di vista logistico: una carovana di ambulanze (giunte persino da Roma visto che ormai scarseggiano pure queste) e forze di polizia, che ha richiamato subito alla mente le tragiche colonne militari viste in questi tristi giorni operare in Lombardia… e che ha finito per creare in loro nuove angosce e timori.
Ma questo è “l’ultimo” dei problemi. Purtroppo, difatti, ci sono altri aspetti da denunciare:
Come è possibile, con l’epidemia in corso da settimane, con i moniti alla prevenzione, che in una RSA si siano registrati 23 casi di positività fra ospiti e personale?
Possibile che nel giro di poche ore questa struttura privata abbia chiuso baracca e burattini scaricando esseri umani bisognosi di amore, su due piedi, a protezione civile e croce rossa?
È vero, come sembrerebbe, che il titolare della RSA in questione abbia tranquillamente avuto accesso all’ospedale Caracciolo di Agnone dove gestiva altri servizi in appalto, correndo il rischio di veicolare la diffusione del virus?
D’accordo che tale ospedale non poteva gestire questi nuovi degenti poiché in esso è collocato anche il distretto sanitario (quindi, grosse difficoltà a pianificare “percorsi separati”, poco spazio, ecc), ma dato che si sta parlando di pazienti asintomatici, non sarebbe stato meglio requisire una struttura alberghiera della zona?
Poche ore prima del fattaccio, quasi per un beffardo scherzo del destino, abbiamo assistito all’apoteosi del “tragicomico” (se si può usare il termine visto il momento): il consiglio regionale aveva incaricato Donato Toma, presidente della Regione nonché commissario per l’emergenza, ad attivarsi per trasformare le strutture di Larino e Venafro in ospedali Covid, con priorità per il primo (Venafro, quindi, è in grado di gestire solo pazienti in via di dismissioni o poco più!); ecco, lo “show”: prima l’annuncio fatto dal consiglio regionale, poi una prima retromarcia sulla priorità di Larino e infine l’uscita del DG dell’ASREM Molise Oreste Florenzano che ha subito dichiarato: “Per attrezzare le due strutture sanitarie, occorrerà tempo. Non basta acquistare i ventilatori polmonari per farlo. Serve una struttura di supporto che esiste solo nell’Hub di Campobasso”. E chiudiamola qui che ce n’è già abbastanza …
Un evento fotocopia era accaduto pochi giorni prima (della serie, le lezioni non servono) quando gli ospiti di una RSA di Cercemaggiore sono stati inviati al Vietri di Larino. Qui sembrerebbero (il condizionale è d’obbligo) emergere altri gravi problemi: i pazienti, non sarebbero stati gestiti nel pieno rispetto dei protocolli sanitari nazionali. La struttura era stata difatti sì disinfettata prima del loro arrivo ma (sembrerebbe) il sistema d’accoglienza sarebbe stato predisposto rapidamente non ottemperando al 100% alla normativa vigente per le misure di contenimento. Grave poi che in questa struttura fosse sì presente una sala di rianimazione ma che inizialmente non fosse stata neanche inaugurata per via di indagini giudiziarie. Solo dopo molto tempo, scaduti i termini giudiziari, è stata messa in funzione e poi bloccata. Per di più, la struttura non dispone nemmeno di una TAC, tanto per citare una delle numerose mancanze strumentali, e in essa lavorano un numero di OSS assolutamente ridicolo, insufficienti a garantire l’assistenza necessaria (a riguardo, ha registrato tantissime visualizzazioni e approvazioni, sui social, lo sfogo di una cittadina locale che ha denunciato con parole a dir poco forti questa situazione).
Che dire poi del S. Timoteo di Termoli che dopo essere stato chiuso il 5 marzo (a seguito di infezione Covid di diversi operatori sanitari) per due settimane, ha avuto non pochi problemi nel riaprire i pochi reparti sopravvissuti ai tagli di questi anni … e ancora oggi, dopo venti giorni dalla riapertura, ancora non è pienamente operativo? Ma si può lasciare un ampio territorio come il Basso Molise senza strutture sanitarie per due settimane? Si può attendere tanto per la piena operatività di pochi reparti? Che dire poi della lentezza, veramente preoccupante, con cui sono giunti i DPI al personale in prima linea e ai cittadini? Da apprezzare peraltro le varie iniziative di privati cittadini (specialmente ad Isernia e Termoli grazie ai fondatori dell’“Aggregazione di liberi cittadini in lotta a sostegno della sanità pubblica”) che si sono adoperati per la distribuzione di mascherine a chi ne aveva necessità e non aveva ancora ricevuto alcun aiuto dalla Regione.
A proposito di Venafro constatiamo amaramente che questo presidio è privo di personale medico. Ad oggi vi lavorano soltanto solo pochi infermieri e OSS! E perché i bandi per assumere medici per l’emergenza sono usciti così in ritardo? Qualche assunzione, per correttezza di informazione, è stata fatta ma, ancora a oggi, mancano, ad esempio, gli anestesisti rianimatori, nonostante in 6 si siano fatti avanti per dare il proprio contributo.
Rivolgiamo il nostro plauso al forte senso di solidarietà scattato fra i molisani che han mostrato un sentito appoggio verso chi è in prima linea nel combattere l’epidemia. Sull'esempio di quanto sta avvenendo in Brasile (dove si è diffusa la protesta contro la gestione del governo Bolsonaro di questa emergenza), anche nel Molise, primo caso in Italia, è partito un flash mob di protesta. Da sabato 4 aprile, difatti, dalle ore 18, nei vari centri della Regione, per alcuni minuti tante molisane e molisani si affacciano dai balconi per protestare rumorosamente con pentole e quant’altro contro la gestione dell’emergenza Covid da parte delle istituzioni regionali. Non mancano, ovviamente, striscioni e cartelli appesi un po’ ovunque. L’iniziativa non è passata inosservata alle testate giornalistiche locali che ne hanno dato risalto. Speriamo che si possa trasformare il carattere di questa protesta che mette nel mirino le incompetenze dei vertici istituzionali molisani, da regionale a nazionale! Un buon modo, quindi, per continuare a protestare e tenere alta la guardia nonostante il sacrosanto divieto di uscire di casa. Con la speranza, sempre più certezza, che le masse popolari, terminata l’emergenza, scenderanno nelle piazze più numerose, più agguerrite e con una maggiore consapevolezza della propria forza e dei propri diritti. Il PMLI è al loro fianco con le parole d’ordine: NO alla sanità privata, SI a fondi, personale e strutture capillarmente diffuse sul territorio autogestite dagli operatori sociosanitari pubblici!

9 aprile 2020