“Chi scava la fossa ci casca dentro”
La Russia del nuovo zar Putin minaccia un giornalista della “Stampa”
Debole reazione del governo italiano: non difende la sovranità dell'Italia e la libertà di stampa

 
La vicenda della grave crisi generata dall'esplosione della pandemia del coronavirus e delle sempre più numerose vittime in Italia e nel modo porta con sé anche vicende che possiamo considerare minori quali le campagne di informazione o piuttosto di disinformazione con le quali i paesi imperialisti pensano di coprire le proprie responsabilità e nel contempo screditare gli avversari; basti l'iniziale scambio di accuse reciproche tra la Cina e gli Usa su dove fosse partita l'epidemia. Ma se resta difficile a volte distinguere le notizie vere da quelle propagandistiche nessun dubbio ci deve essere nel rivendicare il pieno e completo rispetto della sovranità di ogni paese e del diritto alla libertà di stampa. Che è la questione principale al centro della vicenda delle inaccettabili minacce della Russia del nuovo zar Putin a un giornalista de La Stampa per parte delle sue cronache sugli aiuti di Mosca inviati in Italia, respinte da una larga solidarietà di giornalisti e comitati di redazione cui cui associamo e che hanno tra l'altro messo ancora più in evidenza la debole reazione del governo italiano a difesa della sovranità dell'Italia e della libertà di stampa.
Il giornale torinese a fine marzo pubblica tre servizi a firma del giornalista Jacobo Iacoboni che nel dare notizie sugli aiuti inviati da Mosca e destinati nel bergamasco per l'emergenza coronavirus, 120 esperti militari e mezzi, sostengono che le attrezzature sarebbero “inutili all'80%” e che la missione anti-Covid19 avrebbe come obiettivo strategico quello di intaccare i rapporti fra l'Italia e la Nato.
A fine marzo l'ambasciatore russo in Italia, Sergej Razov, inviava una lettera aperta di contestazione delle tesi “complottiste” al direttore de La Stampa , il filoatlantico Maurizio Molinari, cui faceva seguito una protesta del ministero degli Esteri russo. Il 2 aprile la protesta era espressa da un comunicato stampa del portavoce del ministero della Difesa di Mosca, il generale Igor Konashenkov, che si concludeva accusando il quotidiano italiano di “russofobia” e di propagare “fake news”. Condita dalla minaccia: “Per quanto concerne i committenti veri della campagna mediatica russofoba di La Stampa, che ci sono noti, consigliamo loro di imparare un’antica saggezza: Qui fodit foveam, incidet in eam (chi scava la fossa ci casca dentro). O, per essere ancora più chiari: Bad penny always comes back (un vecchio proverbio inglese che tradotto letteralmente significa: la moneta falsa ti ritorna sempre indietro, ndr)”. Una pesante e inaccettabile minaccia, condita in stile mafioso, magari poteva dirlo anche a noi chi sono i “committenti”, in linea con la politica repressiva del regime del nuovo zar del Cremlino contro la stampa russa non allineata.
Il direttore del giornale Molinari rispondeva difendendo il legame fra Italia e Russia che non poteva “essere indebolito dal lampante mancato rispetto per il diritto di cronaca che traspare dagli espliciti insulti ricevuti dal generale maggiore Igor Konashenkov”. Il giornalista Jacoboni respingeva la “frase minacciosa e intimidatoria” del generale russo e denunciava la mancata “reazione da parte del presidente del Consiglio”.
Dopo un contatto che sembra ci sia stato tra il presidente del consiglio Giuseppe Conte e il presidente russo Vladimir Putin, il commento italiano era affidato a una semplice nota dei ministeri della Difesa e degli Esteri nella quale i ministri Lorenzo Guerrini e Luigi Di Maio si dilungavano sugli interventi di Mosca, ribadivano che “l'Italia è grata per gli aiuti della Russia”, e chiudevano con un “non si può non biasimare il tono inopportuno di certe espressioni utilizzate dal portavoce del ministero della Difesa russo nei confronti di alcuni articoli della Stampa italiana”.
Caso chiuso. Tanto che il 10 aprile all'aeroporto bergamasco di Orio al Serio, il capo di Stato Maggiore dell'esercito italiano, il generale Enzo Vecciarelli, incontrava il vice comandante delle truppe russe di Protezione NBC, il generale Sergey Kikot, alla guida della squadra di esperti militari russi in Italia, e lo ringraziava per l'alto livello di interazione militare nella lotta contro il COVID-19 nella provincia di Bergamo.
Il comitato di redazione de “La Stampa” denunciando “il grave attacco del ministero della Difesa russo al nostro giornale e al giornalista Jacopo Iacoboni”, respingeva l'intimidazione e reclamava l'intervento del governo italiano per “immediati chiarimenti” e soprattutto le “necessarie scuse”, che non ci sono stati. Il comitato di redazione di La Repubblica ribadiva che “le minacce del portavoce del ministro della Difesa russo al giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni sono una minaccia al ruolo della libera stampa in tutto il nostro Paese. Il diritto di cronaca non può essere intimidito da chicchessia”.

15 aprile 2020