Appello sottoscritto da oltre 50 esperti di salute pubblica, accademici e intellettuali su iniziativa dell'Istituto Negri di Milano e di Medici senza frontiere
Appello per l'accessibilità universale ai farmaci e ai vaccini

La pandemia di Covid-19 fa tornare di attualità la questione dell’accesso alle cure. In meno di quattro mesi, il virus ha contagiato già due milioni e mezzo di individui e le persone suscettibili sono miliardi, in ogni angolo della terra. Si tratta di un potenziale mercato farmaceutico senza precedenti, su cui molte aziende vorrebbero mettere le mani. I brevetti giocano un ruolo decisivo in questa partita: grazie al brevetto, lo scopritore di un vaccino o di un farmaco può acquisire un monopolio ventennale sulla sua produzione e commercializzazione. Potrà quindi fissare il prezzo secondo la propria convenienza, magari a un livello così elevato da renderlo inaccessibile ai sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo.
I firmatari dell’appello intendono ricordare al governo che la via del brevetto non è l’unica contemplata dal diritto commerciale internazionale. In presenza di crisi sanitarie conclamate come quella che stiamo attraversando, un governo può autorizzare la produzione di un farmaco senza pagare le licenze al detentore del brevetto emettendo una «licenza obbligatoria». Non si tratta di un esproprio proletario, ma di una procedura prevista anche dall’Organizzazione Mondiale del Commercio, dopo una lunga battaglia vinta dalle associazioni di pazienti per l’accesso ai farmaci anti-Aids nei Paesi in via di sviluppo all’inizio degli anni Duemila. Come ricorda l’appello, i parlamenti di Cile, Israele, Ecuador e Germania hanno già adottato risoluzioni in cui si dichiara che l’epidemia globale di Coronavirus giustifica l’uso di licenze obbligatorie per vaccini, farmaci e test diagnostici. Dunque si può fare, ma è richiesta una precisa volontà politica.
È importante che altri Paesi, Italia compresa, facciano altrettanto in tempi rapidi quanto lo sviluppo dei vaccini: ce ne sono già una cinquantina in fase di sviluppo e il protrarsi dell’emergenza aumenta il potere contrattuale delle aziende. Anche le terapie che si sperimentano sui pazienti pongono un problema di accesso. Il Remdesivir, il farmaco antivirale ritenuto più promettente, è stato messo a punto dalla società farmaceutica Gilead.
È un nome tristemente noto a chi si occupa di accesso ai farmaci: si tratta della stessa società che per altri farmaci antivirali, quelli contro l’epatite C, qualche anno fa arrivò a far pagare fino a 80 mila dollari per trattamento sul mercato americano e decine di migliaia di euro anche qui in Europa, finché nuovi antivirali concorrenti non ne hanno calmierato il prezzo. Altri farmaci ritenuti promettenti, come l’idrossiclorochina, costano assai meno. Ma l’attuale capacità produttiva è ridotta e i blocchi alle esportazioni rischiano di ridurne ulteriormente la disponibilità. L’intervento di governi e agenzie internazionali è necessario per allargare la produzione e garantire la distribuzione dei farmaci laddove servono, e non solo a chi offre di più.

6 maggio 2020