Aumenta la violenza domestica contro le donne
In un mese crescono del 74,5% le richieste di aiuto ai centri antiviolenza

L'emergenza sanitaria per il Covid19 e le misure di isolamento forzato, il cosiddetto “lockdown”, imposte dal governo Conte hanno aggravato tutte le piaghe del capitalismo come quella della violenza domestica sulle donne. Nel rilevamento della rete D.I.Re (Donne in rete contro la violenza) in un campione di 80 centri anti-violenza dal 2 marzo al 5 aprile le donne che hanno richiesto aiuto sono state 2.867, Il 74,5% in più della media dello stesso periodo del 2018.
Da un lato aumentano le richieste di donne già seguite dai centri antiviolenza dall'altro, ed è il dato che più preoccupa la rete D.I.Re, diminuiscono le “nuove” richieste d'aiuto, cioè da parte di donne che non si sono mai rivolte ai centri anti-violenza, che rispetto al monitoraggio del 2018 sono in forte calo. In questo mese su 2.867 richieste di aiuto solo 806, pari al 28% sono le donne “nuove” rispetto al 78% della media mensile del 2018.
Alcuni centri hanno avuto un numero di contatti superiore a 120 fino a oltre 300 che riguardano soprattutto la Lombardia, la Toscana e il Veneto. Le donne che hanno richiesto ospitalità sono state il 5%. E solo il 3,5% le donne che hanno chiamato il numero pubblico di emergenza 1522.
Questi dati confermano che la convivenza forzata imposta dal governo Conte si sta rivelando un incubo per molte donne che già vivevano situazioni di violenza domestica e che fattori come la mancanza di un lavoro, la poca disponibilità economica, la paura di rimanere senza un tetto sulla testa per sé e per i figli, fattori che già pesavano 53 giorni fa, ma che ora con l'emergenza sanitaria si sono amplificati, fanno sì che molte donne subiscano questa violenza e non chiedano aiuto.
Un altro dato che emerge è che i centri antiviolenza sono un punto di riferimento per molte donne a prescindere dal numero istituzionale 1522, ma questi servizi essenziali non sono mai stati citati nei vari DPCM di Conte, che da un lato, per scaricarsi la coscienza, promuove campagne come “fermiamo l'emergenza nell'emergenza” rivolgendosi alle donne che subiscono violenze domestiche, e dall'altro, ad oggi non ha stanziato un centesimo a favore dei centri antiviolenza per affrontare appunto l'emergenza che prevedibilmente sarebbe esplosa.
I centri antiviolenza comunque stanno proseguendo le loro preziosa attività nonostante le enormi difficoltà sanitarie ed economiche grazie all'instancabile lavoro delle donne nelle associazioni antiviolenza: “Nonostante avessimo chiesto risorse straordinarie e le necessarie protezioni per gestire l’accoglienza, i centri antiviolenza e le case rifugio hanno dovuto nella maggior parte dei casi provvedere in autonomia a mettersi in sicurezza e a reperire alloggi di emergenza”, fa notare Antonella Veltri Presidente di D.i.Re che aggiunte: “I fondi del 2019 sbloccati dal Dipartimento Pari Opportunità il 2 aprile devono ora transitare per le Regioni e ad oggi nessuna Regione risulta essersi attivata”, denuncia ancora Veltri che aggiunge: “Inoltre non si tratta di risorse aggiuntive, ma di risorse destinate a fondamentali attività aggiuntive, quali la formazione e l’inserimento lavorativo delle donne, che ora verranno meno”.
La violenza domestica sulle donne è la più bieca espressione della concezione patriarcale e maschilista dei rapporti fra i sessi e della famiglia, che ispira e impregna il capitalismo e la cultura borghese. In quella famiglia borghese in cui le donne sono una colonna portante poiché attraverso la schiavitù domestica e familiare assicurano al capitalismo servizi sociali e assistenziali privati senza sottrarre un centesimo al monte profitti.
La violenza maschilista e di genere sulle donne si estirperà soltanto con l'abbattimento del capitalismo e costruendo sulle sue ceneri il socialismo, l'unica società in grado di abbattere tutte le disuguaglianze compresa quella di sesso. Fin da subito, però, per contrastare questa violenza, dobbiamo lottare per un lavoro per tutte le donne che deve essere a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato che le renda indipendenti economicamente dai partner violenti. Dobbiamo lottare per la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale, a partire dal Mezzogiorno compresi i centri antiviolenza da costruire dove attualmente non ci sono e da finanziare in modo diretto senza passare dalle Regioni, centri totalmente autogestiti dalle donne stesse. In ultima analisi dobbiamo lottare contro il governo Conte che ha assunto un carattere dittatoriale al servizio del regime capitalista neofascista che sta inasprendo le disuguaglianze sociali, territoriali e di sesso.

6 maggio 2020